Geniale Bernardo Ciddio, agiato contadino di Aiello Calabro, è sempre stato in continuo dissidio con i suoi germani e specialmente col fratello Giuseppe per quistioni d’interesse e tali dissapori si acuiscono dopo che Geniale, il 25 maggio 1948, acquistato da Gaetano Bernardo Ciddio il fondo agricolo Laurino, si mette in testa di sopprimere la via vicinale che interseca il fondo e si congiunge colla via comunale Casalina, impedendo così il passaggio non solo a suo fratello, ma anche a tutti i contadini della zona, che su questa stradina ci passano da tempo immemorabile con le greggi. Geniale sa che non potrebbe farlo perché la servitù di passaggio a favore del fratello e dei contadini grava sul fondo agricolo ed è anche scritto nell’atto di acquisto, ma non gli importa, la strada sarà chiusa e peggio sarà per chi vorrà passarci.
Molti non vogliono guai conoscendo Geniale, descritto come uomo avido e prepotente, e preferiscono fare una strada più lunga per raggiungere i propri fondi, ma Giuseppe ed altri no: è nel loro diritto passare per la via vicinale e ci passeranno.
Giuseppe prova con le buone e prega Geniale di desistere dal suo ingiusto comportamento, ma ottiene in cambio sempre gravi ed oscure minacce, come quella di pochi giorni dopo l’acquisto del fondo
– Non deve passare nessuno da questa strada, perché diversamente vi ammazzo tutti!
– Io ci passerò come ci passeranno gli altri e non è il caso di parlare di fucile perché io, piuttosto che usarlo contro mio fratello, preferirei rimanerci! – risponde Giuseppe, intendendo che preferirebbe morire piuttosto che sparare contro suo fratello e lo fa per smorzare i toni. Ma suo fratello lo gela
– Farò zappare il viottolo e così nessuno potrà metterci più piede!
Per riportare Geniale alla ragione si mette in mezzo anche la sorella Rosa, ma il risultato è sconfortante
– Se mio figlio tira una botta, con la vendita di pochi animali lo tiro fuori dalla galera… se Giuseppe non fa come dico io, un giorno o l’altro l’uccido!
E si va avanti così fino alla sera del 13 luglio 1948, quando una figlia di Geniale torna a casa e dice al padre di aver saputo che quella mattina zio Giuseppe, accompagnato dai figli, ha condotto il gregge lungo la via vicinale, che nel frattempo era stata zappata e chiusa in modo rudimentale dall’altro figlio di Geniale, Pietro.
Bestemmia, picchia un violento pugno sul tavolo ed esce di casa. Casualmente incontra suo nipote Orlando, uno dei figli di Giuseppe e lo aggredisce verbalmente
– Non la volete smettere di passare per quella via? Stamattina ci siete stati, è vero? Ma qualche giorno vi farò vedere io con la scoppetta!
– Pure tu ci sei passato per quella via quando la proprietà non era tua, che vuoi?
– Nuovo padrone, nuova legge! Ve la farò vedere io con la scoppetta!
Poi torna a casa furibondo e chiama suo figlio Pietro
– Stamattina sono passati dalla stradella, ne sai qualcosa? Li hai visti?
– No, lavoravo dall’altra parte…
– Ma hai chiuso bene?
– C’è zappato… l’ho pure chiusa con rami e frasche…
– Hanno abbattuto la chiusura
– Domani mattina vado a rifare la siepe e dove ho zappato pianto i fagioli così non passeranno…
È la mattina del 14 luglio 1948, Giuseppe con i figli Orlando, Guerino e Maurizio esce di casa per portare al pascolo il gregge sulle terre comunali. Ovviamente fanno la solita strada, quella della discordia
– Dove cazzo andate? – urla Pietro, fermo a gambe larghe sulla stradina – tornate indietro altrimenti vi sparo!
Giuseppe fa un passo avanti, sta per dirgli che ha diritto a passare per quel viottolo, ma non può farlo perche Pietro, senza por tempo di mezzo, prende il fucile che ha nascosto in un cespuglio li vicino e spara un colpo contro lo zio, colpendolo in pieno petto. È un colpo immediatamente mortale.
Pietro rimane immobile, come pietrificato, mentre i cugini si disperano per quella morte assurda.
Attirato dalla detonazione e dalle urla, dopo poco compare sul posto Geniale che, alla vista del cadavere del fratello, esclama
– Stai comodo ora? L’hai meritato! – poi, rivolto al figlio, aggiunge – Suma figliuma, suma ca c’è chi ti difende!
Alle parole del padre, Pietro si risveglia dal suo torpore e scappa.
Geniale, invece, viene subito arrestato e interrogato
– Da circa due anni ero in freddezza con mio fratello Giuseppe per questioni d’interesse. Poi ieri sera quando mia figlia mi disse che erano passati dalla stradella, mi arrabbiai e chiesi a Pietro se avesse chiuso il passaggio, lui mi disse di si e aggiunse che stamattina avrebbe rifatto la siepe… io non immaginavo…
– Non lo immaginavate, però i testimoni dicono che avete detto parole di disprezzo rivolte al cadavere…
– No! Quando ho visto il cadavere ho detto: Mio fratello morto e la mia famiglia rovinata!
– E, a detta dei testimoni, avete incitato vostro figlio alla fuga
– Si, gli ho detto: Ancora qui sei? Squagliatela!
Il trentacinquenne Pietro si costituisce cinque giorni dopo e rende la sua versione dei fatti
– Il 14 luglio, mentre lavoravo il terreno nel fondo Laurino, vidi avvicinarsi mio zio Giuseppe coi quattro figli armati di bastone che accompagnavano il loro gregge. Avvertii mio zio di far ritorno indietro rivolgendogli le parole: “Voltati, voltati, se hai documenti mostrali!” Ma mio zio rispose: “Oggi o la tua o la mia!” Fu allora che gli puntai il fucile, invitandolo di nuovo a ritornare indietro. Ma a tale invito rispose: “Questa volta il fucile te lo rompo in testa” e continuò a camminare seguito dai figli… fu proprio questo atteggiamento aggressivo che mi spinse ad esplodere il colpo di fucile…
– Dite la verità… vi ha istigato vostro padre?
– No!
Il problema, per Pietro, è che ci sono numerosi testimoni che hanno assistito a tutta la scena e la raccontano in modo alquanto diverso, aggiungendo anche che né Giuseppe e né i figli avevano bastoni, ma il solo attrezzo da lavoro che portavano era un falcetto per tagliare felci e, se non bastasse, anche le sorelle di Pietro, che stavano lavorando con lui, lo smentiscono, seppure parzialmente.
Il 4 settembre 1950 la Sezione Istruttoria ritiene le prove raccolte sufficienti e rinvia entrambi gli imputati al giudizio della Corte d’Assise di Cosenza: Pietro per rispondere di omicidio aggravato dalla premeditazione e suo padre Geniale di concorso in omicidio aggravato.
Assodato che Pietro Bernardo Ciddio ha sparato un colpo di fucile contro suo zio, uccidendolo, per la Corte la circostanza che sul luogo del delitto fossero presenti sia le due sorelle di Pietro e tre (non quattro come dichiarato dall’imputato) figli di Giuseppe, tutti minorenni, nonché il gregge di pecore, dimostra che né la vittima e né l’autore dell’omicidio avessero quel giorno propositi aggressivi, malgrado che fra le loro famiglie ci fossero da tempo rapporti tesi per il carattere gretto, meschino, schiavo solo degli interessi, puntiglioso ed estroso dei due germani Geniale e Giuseppe. È un’affermazione importante perché se Pietro non aveva propositi aggressivi vuol dire che non aveva premeditato il delitto. Vedremo.
Ma è pur vero che il comportamento di Pietro, che mutò lo stato dei luoghi e tentò di sopprimere la via vicinale sul tratto che costeggia il suo fondo, indubbiamente è stato arbitrario, mentre quello di suo zio Giuseppe, che tendeva a mantenere e conservare il suo diritto di passaggio su quella strada, è conforme al diritto.
Ma la difesa continua a sostenere che Pietro fu costretto a sparare perché suo zio e i suoi cugini gli si avvicinavano minacciosamente armati di bastone e quindi chiede che sia riconosciuta la discriminante della legittima difesa o, in subordine, l’attenuante della provocazione. La Corte, però, osserva che quando Pietro voleva imporre colla forza allo zio Giuseppe di tornare indietro, tentava di commettere una violenza privata a danno dello stesso, che, inerme, continuò il suo cammino. Dato che Pietro, col suo comportamento illegale, ha tentato d’impedire l’esercizio del diritto di passaggio del suo rivale e ha provocato il diverbio, per questo mancano tanto i presupposti della legittima difesa, che della provocazione.
Ora bisogna esaminare la posizione di Geniale: malgrado risulti che egli abbia, prima del delitto, più volte manifestato nei confronti del fratello Giuseppe propositi aggressivi ed abbia fatto opera sobillatrice sul figlio Pietro e mantenuto contegno cinico ed indifferente dopo del delitto, non sembra che tali elementi di prova siano sufficienti per ritenerlo correo dell’autore del delitto e quindi deve prosciogliersi con formula dubitativa.
Non resta che quantificare la pena da infliggere a Pietro: la Corte ritiene, vista la sua giovine età ed il carattere impulsivo ed irritabile dello stesso, nonché la sua condizione familiare, possansi accordare le attenuanti generiche e condannarlo ad anni 18 di reclusione.
È il 23 dicembre 1950.
A seguito di ricorso, la Corte di Cassazione, con ordinanza 4-4-52, trasmette gli atti alla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro per il giudizio di sua competenza.[1]
Al momento, la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro è introvabile.
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[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.