Tra la fine degli anni ’20 e la prima metà degli anni ’30 del Novecento, a Lago c’è una coppia che in 7 anni di matrimonio ebbe a convivere insieme solo pochi giorni non consecutivi, avendo però il tempo di mettere al mondo una bambina.
Il motivo? Anna Bossio, donna di pessimi costumi, rese tanto amara la vita al di lei marito, Carmine Porco, il quale intensamente l’amava, da provocare continue divisioni di fatto della durata di più mesi ogni volta, seguite dall’immancabile perdono di Carmine che ogni volta riprende in casa Anna.
Agli inizi del 1934, però, l’ennesimo tradimento di Anna porta a quella che sembra una rottura definitiva perché Carmine prepara le carte per la separazione legale:
– Firma la separazione – le dice Carmine davanti a due testimoni.
– Io non firmo proprio niente.
– Firma e finiamola, sono davvero stanco di tutto questo.
– Non firmo, te ne puoi andare!
– Firma che ti conviene…
– Noni. Anzi, lo sai che ti dico? Se fino adesso ti ho fatto le corna così… d’ora in poi te le farò più lunghe!
Il ventisettenne Carmine Porco, da tutti descritto come marito e padre affettuoso, oltre che onesto e instancabile lavoratore, se ne va scuro in volto. Ha sempre sopportato e perdonato tutto, ma essere chiamato cornuto dalla propria moglie è qualcosa che lo umilia oltre ogni immaginazione. Tuttavia la cosa principale è che Anna se ne vada da casa e gli lasci la figlia. Infatti Anna se ne va e va ad abitare in una casa isolata in contrada Vosci, la quale è composta di una stanzetta ed un sottoscala a pianterreno e di una stanza a primo piano. Alla casa si accede da un portoncino prospiciente alla mulattiera che da quella contrada porta a Lago, ma Anna pensa che quel portone sulla mulattiera non va bene perché chiunque passi da lì può vedere chi entra e chi esce da casa sua, allora pratica un buco nel muro del sottoscala (opposto a quello del portone) avente tali dimensioni da permettere il passaggio di un uomo, dissimulandone l’esistenza col tenerlo otturato con qualche fascio di frasche, facilmente rimovibile. Da questo buco può fare allontanare i ganzi che, venendo a comprare i suoi baci, intendono non esser visti da altra gente.
Sono le 4,30 del 27 giugno 1934. Salvatore Marotta sta percorrendo la mulattiera che passa davanti alla casa di Anna quando sente la voce di una donna provenire dall’abitazione. Si gira e, alla luce della luna piena, vede sulla porta Rosa Bossio, la sorella di Anna, ferita e sanguinante. Si avvicina e la donna gli dice che, durante la notte, ignoti penetrati in casa avevano ucciso Anna e ferito lei e lo prega di avvisare i Carabinieri.
– Possibile che non li hai riconosciuti?
– Dormivamo tutti… era buio e sono stata colpita per prima perché ero coricata vicino alla porta… poi sono caduta in deliquio…
Quando arrivano i Carabinieri trovano il cadavere di Anna Bossio disteso bocconi sul pavimento con le gambe ignude ed il corpo avvolto nelle coltri. Ha parecchie ferite da taglio, apparentemente tutte superficiali e concentrate per lo più sul viso, come se fosse stato usato un coltello senza punta e la morte sembra proprio un mistero. Poi arriva il medico legale e le cose appaiono più chiare perché viene accertato che la morte è stata causata da una violentissima coltellata, data sempre di taglio, alla regione parietale destra che ha provocato una frattura alla squama dell’osso temporale con lesione dell’arteria meningea madre. Morte pressoché immediata.
Anche Rosa Bossio è distesa sul pavimento, ancora in stato confusionale. Il medico le diagnostica, oltre ad un lieve taglio all’orecchio sinistro, una grave lesione alla fronte per frattura del tavolato osseo, prodotta da corpo contundente.
In casa c’è anche la figlia di Anna e di Carmine, che quella notte aveva dormito con la madre e la zia. Lei non si è accorta di nulla, ha scoperto lo scempio la mattina appena sveglia.
I sospetti dei Carabinieri cadono subito sul marito il quale, per la vita scandalosa della moglie, nutriva contro di lei felini rancori e su Raffaele Porco, cugino di Carmine, che per precedenti questioni odiava la vittima.
Le voci sui due sospettati si spargono in un baleno, tanto da irretire Rosa Bossio la quale si suggestiona a tal punto da non trovare difficoltà, dimenticando quel che aveva già detto, di dichiarare:
– Ci eravamo coricati verso le ore 21. Dopo mezzanotte mi sentii colpire con un bastone alla testa e con un pugnale all’orecchio. La finestra era chiusa ma, essendo serata di luce, entrava dalle fessure degli scuri un barlume di luce a mezzo del quale ho visto due individui che conobbi per Carmine Porco e Raffaele Porco. Quest’ultimo mi tenne per le braccia mentre l’altro mi colpì prima col bastone e poscia col pugnale. Frattanto svegliatasi, mia sorella tentò di dirigersi verso la finestra per chiamare aiuto, ma tutti e due la colpivano ripetutamente. Sicuramente mi hanno colpita perché mi hanno scambiato per mia sorella, contro la quale intesero vendicarsi.
Più giorni passano e più Rosa Bossio aggiunge altri particolari, sempre contrastanti tra di loro, arrivando a dire per esempio che riconobbe Raffaele Porco perché “nella stanza c’era il lume acceso” e tenta addirittura di far confermare questa circostanza alla nipotina.
Intanto Carmine e Raffaele Porco vengono arrestati e si dichiarano innocenti. Raffaele fa anche il nome di un possibile colpevole: Carmine De Pasquale (ammogliato e padre di cinque figli), uno degli amanti di Anna, che l’avrebbe ammazzata per potersi liberare da quella catena. È ovvio che, interrogato, Carmine De Pasquale ribalti le accuse contro Raffaele Porco.
La situazione rischia seriamente di sfuggire di mano in questo gioco di accuse palesemente false e contro accuse egualmente false, ma i Carabinieri mantengono la calma e continuando ad indagare hanno motivo di sospettare che alla consumazione del delitto non sia estraneo un intimo ed inseparabile amico di Carmine Porco: Leonardo Elettivo, il quale fu visto in compagnia di Carmine, prima del delitto, aggirarsi in modo sospetto intorno alla casa di Anna Bossio.
Lo fermano e lo sottopongono ad abile interrogatorio ed ottengono, dopo una iniziale protesta di innocenza, la confessione del delitto:
– Due o tre giorni prima dell’omicidio, Carmine Porco mi manifestò l’idea di volere uccidere la moglie non potendo più sopportare di essersi rifiutata ad acconsentire alla separazione legale, nonostante le corna fattegli. Cercai di distoglierlo ma egli, insistendo, pretese che lo aiutassi. Io mi rifiutai di promettergli il mio concorso ed il discorso non ebbe più seguito, se non che la sera del 26 giugno Carmine mi disse che per quella sera saremmo dovuti andare ad uccidere la moglie che sapevamo sola in casa e, nonostante io fossi riluttante, finì col trionfare. Verso la mezzanotte ci dirigemmo in casa di Anna, penetrandovi attraverso un buco nascosto da frasche, sotto le quali c’era un legno di cui Carmine s’impossessò. Salita con precauzione la scala, procedemmo nella stanza da letto e tosto a questo avvicinatici, Carmine colpì col legno Rosa Bossio, credendo che fosse la moglie, poscia la colpì anche col coltello. Svegliatasi, la moglie saltò dal letto tentando di raggiungere la finestra, ma Carmine le fu addosso e la colpì col legno ed a coltellate… dopo uscimmo per lo stesso buco ed appena fuori nascondemmo il legno presso un muricciolo, mentre il coltello se lo conservò Carmine…
Contestato a Carmine Porco il racconto del suo amico, conferma la dinamica dei fatti, cambiando un piccolissimo particolare:
– A commettere materialmente l’omicidio è stato Leonardo Elettivo… io la feci solo da spettatore…
Messi a confronto, i due si accusano a vicenda. Adesso c’è solo una cosa chiara: Raffaele Porco con l’omicidio non c’entra nulla e, infatti, il 12 ottobre 1934 il Giudice Istruttore lo proscioglie dall’accusa per non aver commesso il fatto, mentre i due amici vengono rinviati a giudizio con accuse pesantissime: omicidio premeditato, tentato omicidio e porto abusivo di coltello per Carmine Porco, concorso in tutti e tre i reati per Leonardo Elettivo.
Il dibattimento presso la Corte d’Assise di Cosenza si tiene l’11dicembre 1935 e c’è subito una sorpresa:
– La responsabilità dell’esecuzione materiale del delitto è solo mia. Leonardo Elettivo si limitò ad accompagnarmi, rimanendosene sul limitare della porta della stanza da letto… io non volevo colpire mia cognata, ma al buio l’ho scambiata per mia moglie, che sapevo sola in casa. Quando mi sono accorto dell’errore ho colpito mia moglie col coltello all’impazzata… io non avevo l’animo di uccidere, ma soltanto quello di ferirla…
Quest’ultima affermazione viene presa molto sul serio dalla Corte che, esaminando a fondo le carte dell’istruttoria, si rende conto che alcuni fatti sono stati sottovalutati. Intanto non è senza significato, né privo di rilevanza il fatto che i due prevenuti siano andati ad aggredire la Bossio quasi inermi, in quanto solo Carmine Porco era armato di un coltello, non a punta, mentre Leonardo Elettivo era inerme; e se pure è vero che per la consumazione del delitto fu usato anche un pezzo di legno quale corpo contundente, non è men vero che questo fu raccattato a caso sul luogo del delitto, né i prevenuti sapevano, in precedenza, dell’esistenza di esso. Tale deficienza di acconcio armamento non autorizza a giudicare che davvero i prevenuti avessero volontà di uccidere e benché prima del fatto essi abbiano parlato di omicidio, non per questo può dirsi che fossero davvero disposti all’omicidio, nulla vietando che essi, parlandone, vollero fare una rodomontata, per uno di quei soliti sfoghi verbali a cui è incline chi, credendo di aver ricevuto dei torti e non essendo rassegnato a subirli, minaccia uccisioni, stragi, cataclismi contro le persone odiate, tanto più se queste non sono a portata di mano per cui, la rodomontata, non potendo subito essere eseguita, non va oltre la portata e natura di un atto di pura iattanza. Poi la Corte continua con altri elementi: che il proposito omicida non fosse ben maturato nella coscienza dei prevenuti può anche dedursi dalla circostanza che quando consumarono l’aggressione, Elettivo nulla oprò e l’altro si limitò a dare cinque coltellate da taglio alle mani ed al viso. Ora, è da credere che Carmine Porco non avesse alcuna volontà di uccidere se, usando un’arma da taglio, risparmiava di colpire il collo della vittima sul quale l’arma da taglio poteva essere certamente efficace. Vero è che uno dei colpi ebbe a fratturare la squama temporale ed a recidere, per ripercussione, l’arteria meningea, ma ciò avvenne inopinatamente, essendo la squama sottile e frangibile, né è da supporre che Carmine Porco avesse di ciò conoscenza ed oprasse in conseguenza. Egli è uno zotico, per giunta agì al buio ed usò il coltello per tagliare, non per farlo entrare in cavità, onde l’evento ottenuto andò oltre il previsto ed il voluto. Egli da ben sette anni subiva quell’onta, reagendo soltanto con delle scenate e con separazioni personali, più o meno lunghe, finite sempre col perdono, anche quando la moglie ebbe ad inficiarlo di blenorragia.
Quindi, può serenamente affermarsi che l’evento eccedette il dolo dell’agente e però è giustizia dichiarare che il fatto costituisca omicidio preterintenzionale. Il titolo del reato viene, così, modificato.
Non solo. Poiché è fuor di dubbio che Carmine Porco commise il delitto per punire la inconcepibile infedeltà della moglie la quale, vendendo o donando i suoi baci, lo rendeva oggetto di scherno e di motteggi ingiuriosi, non gli si può negare l’attenuante di avere agito per motivi di particolare valore morale e precisamente a difesa del proprio onore, vilmente calpestato. E gli si deve concedere anche l’attenuante di avere agito in istato d’ira determinato da un fatto ingiusto essendosi la detta moglie permessa due giorni avanti, nel momento in cui egli tentava ancora una volta di richiamarla ai suoi doveri di madre e di sposa, apostrofarlo con la frase: “se fino adesso ti ho fatto le corna così… d’ora in poi te le farò più lunghe”. Senza dubbio tali parole dovettero pesargli come un incubo che egli non seppe dominare o soffocare, per quanto abituato alle più generose sopportazioni. E poiché nel tempo breve scorso tra l’ingiuria e la reazione, il suo animo esacerbato non ebbe mai un momento di pacata riflessione – quanto meno ne manca la prova – non si può affermare che Carmine Porco abbia agito con premeditazione.
In conseguenza di queste argomentazioni, anche il reato di tentato omicidio ai danni di Rosa Bossio non sta in piedi, ma si deve procedere per il reato di lesioni commesse per errore.
Ovviamente anche la posizione di Leonardo Elettivo si alleggerisce e l’accusa, adesso, è di concorso in omicidio preterintenzionale e lesioni. La Corte riconosce che egli nulla operò e che, anzi, a priori rifuggì dal proposito di far violenza di sorta, tanto da accorrere inerme sul luogo del delitto. Per questo motivo deve essergli riconosciuta l’attenuante di avere avuto la minima importanza sia nella preparazione che nella esecuzione del reato.
I due vengono, ovviamente, ritenuti colpevoli dei reati per come modificati nel dibattimento, ma è nella quantificazione delle pene che la Corte compie un capolavoro: in quanto alla pena da infliggere a Carmine Porco per l’omicidio preterintenzionale devesi, in considerazione dei suoi ottimi precedenti, partire dal minimo di dieci anni, aumentandolo di 1/10 per il rapporto di parentela e cioè ad anni 11. In merito al delitto di lesioni commesse per errore, esso è punibile con un’aggravante di pena che, in concreto, credesi adeguata aumentando la superiore pena da 11 a 12 anni. Or la suddetta pena di anni 12 credesi ridurla di 1/3 per la diminuente del valore morale e quindi ad anni 8 e poscia di 1/4 per la reazione in istato d’ira e quindi ad anni 6. In considerazione dei suoi ottimi precedenti, Carmine Porco deve beneficiare del condono di anni 2 per effetto del R.D. d’indulto del 25 settembre 1934. Il totale definitivo è di 4 anni di reclusione.
Per quanto riguarda Leonardo Elettivo, la Corte ritiene giusto, partendo da 12 anni di reclusione, ridurre la detta pena di 1/3 e cioè ad anni 8 e poi di 1/4 e cioè ad anni 6.
Il 18 marzo 1936 il ricorso per Cassazione degli imputati viene dichiarato inammissibile per difetto di presentazione dei motivi di ricorso.[1]
Insomma, Leonardo Elettivo per il fatto di avere accompagnato Carmine Porco si trova a scontare 2 anni di carcere in più dell’amico che ha ammazzato la moglie e ferito la cognata.
[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.
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