Quando la diciottenne greca di Creta Maria Kalochridaki scende dal treno proveniente da Bari, è il 12 luglio 1945 e a Cosenza fa molto caldo.
Maria è visibilmente incinta e sta quasi per svenire quando lo sbuffo di vapore del treno la investe in pieno. L’uomo che è con lei la sorregge e, piano piano, si allontanano destando la curiosità dei presenti.
Dopo qualche giorno, la ragazza greca viene ricoverata nel reparto maternità. Siccome a Cosenza non capita tutti i giorni di vedere una bella ragazza greca ricoverata in ospedale, la notizia incuriosisce molto e fa subito il giro della città, così viene all’orecchio del Vice Commissario di P.S. Tullio Corrado, il quale decide di andare a fare una chiacchierata con la suddita straniera. E la chiacchierata è davvero interessante
– Quando voi italiani avete occupato Creta, io ero poco più di una bambina, conobbi un soldato… Vittorio Granata, il quale frequentava casa mia perché era diventato amico di mio fratello. Poi venne l’armistizio dell’8 settembre 1943 e i tedeschi si misero a cercare gli italiani per arrestarli e deportarli, così aiutammo Granata nascondendolo in casa nostra, con grande pericolo, per circa tre mesi, salvandolo dalla cattura. Vittorio non poteva più stare nascosto, si sentiva inutile, così si unì ad un reparto di Andartes – questo era il nome dei patrioti greci – facendo poi ritorno ad Heraclion, scortato da un ufficiale degli Andartes, presso la mia famiglia e ci siamo innamorati… ci siamo innamorati e ci siamo sposati il 18 marzo 1945 a Nea di Alicarnasso, frazione di Heraclion, nella chiesa di San Nicola. In quel tempo l’isola era già stata occupata dagli inglesi i quali, nel mese di maggio, fecero rimpatriare alcuni soldati italiani che erano rimasti a Heraclion, compreso Vittorio il quale, al momento dell’imbarco, dichiarò che era sposato con me e così ottenne l’imbarco per tutti e due. Arrivammo a Taranto il 25 maggio e poi fummo costretti ad andare a Bari dove Vittorio fu rinchiuso in un campo perché durante la guerra era stato denunciato per diserzione. Io allora venni a Cosenza e fui ospitata per qualche giorno dalla madre di Vittorio. Poi arrivò anche Vittorio e cominciarono i primi dissidi con la famiglia della sua prima moglie…
– Prima moglie? Fermati un attimo – le fa il Vice Commissario – questo Vittorio Granata è vedovo?
– No… è sposato… io non ne sapevo niente quando ci siamo sposati a Heraclion… me ne ha solo accennato quando ci trovavamo sulla nave, ma io non gli ho creduto pensando che forse, all’ultimo momento, si era pentito di avermi portato con lui in Italia… adesso sono qui, incinta, senza un soldo, senza nessuno e non so cosa fare… – dice scoppiando in lacrime
– Stai tranquilla, ci penso io a te… e anche a lui… ma dimmi una cosa, qualcuno della famiglia di Granata ti ha minacciata? Ti hanno costretta a ricoverarti?
– No… venne una guardia che mi condusse al comando e poi su di una carrozza mi condussero in ospedale…
– Hai un documento che attesti il matrimonio?
– Nella mia casa di Heraclion ho avuto la dichiarazione dell’avvenuto matrimonio e ho avuto anche una dichiarazione degli inglesi, ma mi è stata rubata nei pressi di Bari con altre mie cose…
La Polizia rintraccia il ventottenne Vittorio Granata e lo interroga
– Durante la guerra mi trovavo a Creta e precisamente nei pressi di Heraclion. Quando l’Italia firmò l’armistizio e noi italiani stavamo per essere presi prigionieri dai tedeschi, io ed un altro mio amico ci rifugiammo in casa di alcuni greci che avevamo precedentemente conosciuto. In casa dei greci si trovava una ragazza, Maria, la quale sempre s’interessò di noi a rischio della propria vita. Mentre ero nascosto in casa di Maria, fui preso prigioniero dai ribelli greci e solo dopo tre mesi fui accompagnato di nuovo nei pressi di Heraclion da un ufficiale dei ribelli. Qualche tempo dopo, il 18 marzo del ’45, contrassi matrimonio con Maria nella chiesa di San Nicola, alla presenza del prete della chiesa. Il prete mi rilasciò anche regolare certificato di matrimonio, che però è restato ad Heraclion, dato che improvvisamente gli inglesi, che intanto stavano a Creta, ci fecero partire. Maria fu accolta sulla nave che mi trasportava in Italia, in quanto io dichiarai che era mia moglie
– Ma a Maria glielo avevi detto che sei sposato?
No… glielo comunicai solo quando eravamo sulla nave, ma non volle credermi e mi seguì ugualmente…
– E la tua moglie italiana come si chiama?
– Concetta Pennino… – il Vice Commissario lo guarda perplesso
– Pennino… Pennino… la figlia…
– Si, Commissà, la figlia di don Luigi, il capo della malavita!
– Ah! Un particolare da niente! E quindi?
– E quindi su’ cazzi, Commissà, scusate la frase!
Chi deve temere di più Vittorio Granata? Suo suocero o la Giustizia? Un bel dilemma.
Intanto, secondo il Pubblico Ministero, poiché all’epoca dei fatti Vittorio era sotto le armi, è chiaro che a doversi pronunciare è il Tribunale Militare di Guerra, al quale, il 6 agosto 1945, gli atti vengono trasmessi. Ma pare che, secondo il Pubblico Ministero del Tribunale Militare di Guerra di Napoli, la competenza sia del Tribunale Penale ordinario, al quale, il 24 agosto successivo, gli atti vengono rinviati. Si, in effetti è così. La patata bollente resta nelle mani dei giudici cosentini, ma si scopre subito un’altra cosa: dal momento che il reato è stato commesso da un cittadino italiano all’estero e in danno di una cittadina straniera, per procedere è necessaria la richiesta del Ministero della Giustizia.
Il primo ottobre 1945 ancora nessuna comunicazione è arrivata dal Ministero e così il Giudice Istruttore si affretta a dichiarare non doversi procedere contro l’imputato perché l’azione penale non avrebbe potuto essere iniziata per mancanza di querela o di richiesta del Ministero della Giustizia.
Un ostacolo è superato. Resterebbe l’altro, l’ostacolo più subdolo perché non ci sono avvocati che possano difenderlo da don Luigi.
Ma anche qui accade qualcosa che aiuta Vittorio: le Superiori Autorità, interessate dalla Questura di Cosenza, fanno rimpatriare Maria Kalochridaki accollandosi le spese di viaggio.[1] Venuta a mancare la questione del contendere, siamo fiduciosi che Vittorio sia stato perdonato.
Maria, che per amore si è fidata
dell’uomo sbagliato, partorirà nella sua Heraclion…
[1] ASCS, Processi definiti in istruttoria.
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