IL FRATELLO MINORE

È il 13 gennaio 1927. Sono le 14,00 di una giornata molto tranquilla. Il Maresciallo Maggiore Giuseppe Lentini, comandante della stazione di Fiumefreddo Bruzio, i Carabinieri Domenico Armini e Angelo Manigrasso sono in caserma e si stanno riscaldando davanti alla stufa a legna di terracotta, in attesa di uscire per il normale servizio di pattuglia. Qualcuno bussa alla porta, Armini va ad aprire e si trova davanti un uomo in evidente stato di eccitazione.
– Devo parlare con il Maresciallo… è cosa grave e urgente…
– Chi siete?
– Mi chiamo Pietro Martire e vengo da Longobardi.
– Il motivo della vostra richiesta?
– È cosa grave… lo voglio dire al Maresciallo – Armini lo fa entrare e gli dice di attendere. Dopo un paio di minuti Martire viene fatto entrare nell’ufficio del comandante. Lentini lo fa sedere davanti a lui, gli fa ripetere di nuovo le generalità, poi gli chiede il motivo della visita:
Mi costituisco a Vostra Signoria avendo, oggi verso mezzogiorno, ucciso nel mio fondo in contrada Zagarone di Longobardi, mio fratello Antonio e mia moglie perché mi avevano tradito nell’onore. Antonio l’ho ucciso con due colpi di fucile e mia moglie con vari colpi di rivoltella e di coltello. Questa è la rivoltella e questo è il coltello – continua togliendo le armi dalle tasche della giacca e posandole sul tavolo, mentre il Carabiniere Armini scatta come una molla bloccandolo, nel timore che possa fare qualche gesto inconsulto.
– Li avete trovati mentre…
Non li ho sorpresi in flagrante fatto illecito, ma siccome da parecchi giorni avevo dei sospetti che fra mia moglie e mio fratello vi doveva essere una tresca, ho sempre sorvegliato onde accertare bene il fatto.
– Quindi non li avete visti e i vostri sono solo sospetti. Badate che la cosa è grave…
– Sospetti? E allora perché il 28 dicembre scorso, quando in pieno giorno Raffaela Garritano ha bussato alla porta di casa mia nessuno si è fatto vedere, non ostante dentro vi fossero mia moglie e mio fratello? – il tono diventa quasi rabbioso e il Maresciallo lo invita a calmarsi.
– Ve l’ha detto la Garritano?
– No, un’altra persona che non ricordo come si chiami…
– Questa non è una prova… e nemmeno un sospetto…
– E allora ieri?
– Ieri cosa?
Ieri mi son recato al mercato della marina di Longobardi e prima di partire avevo ordinato a mia moglie che non doveva distaccarsi dalle mie sorelle che lavoravano nel fondo Zagarone, ma quando sono tornato constatavo ch’era invece stata a legnare da sola in località Zagarone di Sotto, distante circa mezzo chilometro e che ivi era stata raggiunta da mio fratello Antonio. L’ho al riguardo interrogata e mi ha assicurato che lei non era stata affatto a legnare ed io, pur non rimanendo convinto della sua affezione, non ho fatto altre domande a chicchesia
– Onestamente non capisco… – fa il Maresciallo, ma Pietro Martire gli fa segno che ha altro da aggiungere:
– Stamattina, mentre io e tutto il resto della mia famiglia mangiavano nella contrada Zagarone, ho sentito dire a mia sorella Maria che se non fosse stato per mia moglie, nella giornata si sarebbero trovate, esse donne, senza legna e, nello stesso tempo, mi sono accorto che fra mia moglie e mio fratello si scambiavano dei segni con gli occhi. Questo fatto e l’ingenua dichiarazione di mia sorella mi hanno turbato perché mi confermavano il sospetto di infedeltà di mia moglie e per quanto abbia cercato di trattenere l’emozione, non ci son riuscito
È tutto molto confuso nelle parole di Pietro, ma pare davvero che ci siano due morti ammazzati e bisogna andare a fondo. Chiuso il reo confesso in camera di sicurezza, Lentini va nel posto indicato.
Antonio Martire, d’anni 22, giace supino sopra un materasso nel luogo dov’era caduto, senza giacca e con gli indumenti completamente imbrattati di sangue, che continua ad uscire da una larga ferita da arma da fuoco nella regione clavicolare destra ed altra ferita all’anca dello stesso lato.
La moglie dell’omicida, a nome Martire Maria, contadina di anni 18, contrariamente a quanto aveva asserito l’imputato, non è morta, bensì gravemente ferita da sette colpi di coltello e uno di rivoltella nella regione ascellare sinistra e da varie altre piccole lesioni prodotte da palline, evidentemente nell’esplosione del fucile contro il fratello. Maria è gravissima e il medico ordina di portarla all’Ospedale di Cosenza per le cure urgenti.
Prima di partire, Maria riesce, faticosamente, a rispondere alle domande del Maresciallo.
– Ti ha ferita tuo marito?
– Si… dopo che ha sparato al fratello…
– Tu e il fratello avevate una relazione illecita?
– No.
– È successa qualcosa quando sei andata a legnare? Antonio era con te?
– Sono andata a legnare da sola e non ho incontrato nessuno.
– E il 28 dicembre? Perché non hai aperto quando hanno bussato?
– Non è vero che ero in casa con Antonio e non ha bussato nessuno…
Sul posto c’è Raffaela Garritano, la donna che avrebbe bussato, e conferma quanto ha detto Maria.
Io non ho mai bussato al portone di Maria.
La sorella minore di Pietro, invece, lascia pensare che la tresca esistesse davvero:
– Ieri Maria, mentre lavorava con me si è allontanata e dopo poco si è allontanato anche Antonio. Dopo circa mezz’ora sono ritornati. Prima mia cognata e poi mio fratello, percorrendo però la stessa strada
Ma se esistono opinioni diverse sulla presunta tresca, tutti sono d’accordo sulla dinamica dei fatti. Racconta Domenico Martire, il padre di Pietro e Antonio:
Pietro aveva contratto matrimonio con Maria il 12 ottobre dell’anno scorso e, pur essendo sposato, stava in casa mia. Stamattina, mentre eravamo intenti a zappare la terra, Pietro mi disse che si sentiva male. Allora io lo consigliai di smettere e di andare a casa a riposarsi, il che egli fece subito. Pietro chiamò la moglie che era poco lontano e le disse che voleva una tazza di caffè. Maria andò a casa e dopo una decina di minuti fu seguita dal marito. Poco dopo uscirono entrambi: Maria avanti e Pietro dietro. Mio figlio portava sulla spalla un fucile a due colpi. Giunti entrambi sul posto dove lavoravamo, Pietro si fermò vicino ad una casupola e Maria mi offrì un bicchiere di vino dalla bottiglia che portava. Mentre faceva lo stesso verso mia moglie, Pietro chiamò Antonio dicendogli: “Oggi è tempo di divertirci”. Spianò il fucile contro il fratello e gli sparò due colpi, colpendolo in pieno petto. Intesi che profferiva anche queste parole: “Vigliacco, io non mi meritavo questo affronto!”. Avendo visto il mio Antonio a terra grondante sangue dal petto, ero quasi in stato di incoscienza per il mio grande dolore di padre
– Sapete perché lo ha ammazzato?
– Non lo so…
– Pare che Pietro sospettasse che Antonio e Maria avessero una tresca illecita.
– Non lo so… – dice con le lacrime agli occhi – pur vivendo assieme tutti in una istessa casa, io non mi sono mai accorto di illecite relazioni.
– E dopo aver sparato ad Antonio, cosa è successo?
Pietro ha estratto dalla tasca posteriore dei pantaloni una rivoltella … o pistola… non so precisare, e quindi ha sparato contro la moglie non so quanti colpi… ho visto mia nuora scappare, ma non mi sono dato carico di lei perché mi sono appressato a mio figlio Antonio per vedere se fosse morto o vivo.
– Avete visto se tra Pietro e la moglie c’è stata una colluttazione?
No… sia perché erano alquanto lontani, sia perché ero intento ad apprestare delle cure al mio Antonio… dopo circa due ore appresi da altre persone che Maria era stata gravemente ferita e giaceva sulla nuda terra
Il Maresciallo non insiste oltre, rispettando il dolore di un padre.
Giovanna Attanasio è la madre di Antonio ma non di Pietro, nato dal primo matrimonio di suo marito:
Credevo che Pietro avesse sparato a qualche uccello e non ho visto Antonio cadere. Ho visto Pietro che buttava il fucile a terra e l’ho visto estrarre una rivoltella che puntò contro la moglie, sparando diversi colpi. Maria, per evitare di essere colpita, si diede alla fuga dicendo: “Perché mi ammazzi?”. Pietro la inseguì e, raggiuntala, le vibrò diversi colpi con un coltello. Io, non sapendo cosa era capitato ad Antonio, mi avvicinai a Maria e le dissi: “Vai da tua madre se no Pietro ti ammazza!”. Intanto Pietro era scappato e fui informata dalle mie figlie che Antonio giaceva cadavere per terra
Anche Giovanna ignora la tresca.
Visto che tutti confermano di avere visto entrare in casa prima Maria e poi Pietro e di averlo visto armato di fucile quando uscì di casa, il Maresciallo ritiene che proprio in quei pochi minuti di permanenza in casa debba essere scattata la molla nella testa di Pietro e le uniche persone a sapere cosa sia accaduto sono marito e moglie. Maria al momento non può dire niente perché è in viaggio verso l’ospedale, quindi bisogna che dica qualcosa Pietro.
Invitai mia moglie che fosse andata a casa a prepararmi una tazza di caffè perché sentivo un mal di stomaco. L’ho subito raggiunta ed in casa le ho contestato la contraddizione in cui si era venuta a trovare, cioè il fatto che mi aveva negato di essere stata a legnare ieri. Non solo, le contestai quanto ormai fosse palese la tresca con mio fratello in seguito allo scambio di segni avvenuto fra di loro poco prima. Lei dapprima ha continuato a negare, ma poi ha confessato d’essere effettivamente stata a legnare, soggiungendo, senza che io glielo avessi domandato, che Antonio, mio fratello, non era stato con lei. Questa nuova affermazione è stata per me un’altra rivelazione del tradimento… eccitato, mi sono armato
Sembra ancora troppo esile come movente, a meno che Pietro non sia un tipo patologicamente geloso. Ma le minute indagini del Maresciallo portano a conclusioni opposte: non ebbe mai a farsi notare geloso. Allora la tresca deve essere vera, ma pare proprio di no: nessun fatto peccaminoso è emerso a carico della giovane sposa dell’accusato.
Lentini allora ipotizza un raptus di follia. Si vedrà.
Intanto, Maria è arrivata in ospedale e riesce a raccontare qualcosa agli Agenti di Pubblica Sicurezza:
– Mentre mi sparava, mio marito mi diceva: “Mi ai tradito!”. Tali discorsi me li aveva più volte ripetuti nei giorni precedenti… egli non credeva alla mia onestà e s’era, quindi, fissato ch’io effettivamente lo tradissi con suo fratello Antonio
Qualche giorno dopo, quando a Cosenza arrivano notizie più precise sul fatto e quando, soprattutto, Maria sta meglio, al Giudice Istruttore che la interroga, racconta gli avvenimenti precedenti al fatto in modo opposto al marito:
Mercoledì 12, mio marito andò al mercato ed io rimasi in casa unitamente al fratello Antonio ed alle sorelle Rosa, Maria ed Adelina. Nel pomeriggio, verso le 14, mentre stavo per rincasare dopo essere stata a raccogliere un fascio di legna, fui raggiunta da mio marito il quale mi domandò donde venissi. Gli risposi che ero andata a raccogliere un po’ di legna e poscia entrambi rientrammo in casa. Il giorno seguente, verso mezzogiorno, mio marito, riallacciando il discorso del giorno prima, mi fece osservare che io non gli avevo detto la verità in quanto la legna era stata una scusa per farmi allontanare da casa e che la verità si era, invece, che io mi ero recata ad un convegno fissatomi dal fratello Antonio. Io protestai energicamente la mia innocenza e, sia per respingere l’atroce e ingiusta accusa, sia per allontanare dalla sua mente questa folle idea di gelosia nei confronti del proprio fratello, dissi che Antonio, nel momento in cui io ero andata a raccogliere la legna, era rimasto a lavorare nel fondo per proprio conto, circostanza che risponde a verità. A tali mie giustificazioni, mio marito parve momentaneamente acquietarsi. Poi però, di lì a poco, accingendosi ad uscire di casa, mio marito si armò di fucile. Alla mia domanda a che cosa gli servisse quell’arma, egli rispose che doveva recarsi da una sua sorella maritata, che abita alquanto distante. Gli prestai fede e mi accompagnai a mio marito. Giunti sul posto dove erano gli altri familiari, è successo quello che è successo…
– Lui dice che aveva motivo di sospettare… parla di segnali…
Ignoro quali fossero le ragioni che gli facessero arguire ciò. Certo si è che io, non solo non ho mai avuto tali rapporti, ma non mi sono mai accorta che il povero Antonio mi circuisse o meno a tal fine… forse qualche persona maligna ha dovuto insinuare tali sospetti nell’animo di mio marito, diversamente dovrei dire che è stato assalito da una improvvisa follia
Non se ne esce. Non c’è una sola persona che possa dire male di Maria e l’unica ipotesi rimasta è proprio quella dell’improvvisa follia.
Pietro viene nuovamente interrogato il 19 marzo per contestargli le dichiarazioni di Maria e dice una cosa nuova:
Giorno 13 gennaio, quando io e mia moglie ci trovavamo nella cucina di casa, mia moglie mi confessò che mio fratello le aveva imposto la sua volontà e quindi l’aveva buttata a terra e l’aveva posseduta. Se mia moglie mi avesse detto quanto, bugiardamente, ha riferito a Vostra Signoria, io non avrei commesso l’omicidio in persona di mio fratello, che tanto volevo bene, e nemmeno avrei tentato di uccidere lei
Resterebbe da capire perché ha aspettato due mesi per fare questa dichiarazione. In ogni caso adesso la palla passa in mano di Maria.
– In cucina Pietro mi disse che se io non dicevo tutta la verità mi avrebbe ammazzata. Io continuai a negare, ma infine confessai a Pietro che, effettivamente, mentre mi trovavo a legnare, Antonio venne e mi richiese di congiungermi carnalmente con lui. Dissi pure a Pietro che chiamai “bestia” mio cognato, appunto perché mi aveva fatta quella disonesta proposta e che poi, posto sulla testa il fascio di legna, tornai a casa. Non è vero che io gli abbia detto che Antonio mi abbia buttato a terra con violenza e abbia goduto di me
– Quindi finora anche tu hai mentito.
Non ho detto la verità perché ancora ero inasprita contro Pietro per avere egli attentato alla mia vita non ostante la mia innocenza. Adesso ho perdonato mio marito e poiché mi punge la coscienza ho voluto far conoscere alla Giustizia la verità
Gli inquirenti danno credito a Maria e, a conclusione delle indagini, chiedono il rinvio a giudizio di Pietro Martire per omicidio volontario e tentato omicidio. È il 19 maggio 1927.
Un mese dopo la Sezione d’Accusa accoglie la richiesta.
Per celebrare il processo nell’aula della Corte d’Assise di Cosenza ci vorrà il 5 dicembre 1928 e nell’udienza del giorno successivo viene emessa la sentenza di assoluzione poiché, secondo la giuria, Pietro Martire nel momento in cui uccise suo fratello e tentò di uccidere sua moglie si trovava in uno stato di infermità di mente tale da togliergli la coscienza e la libertà dei propri atti.[1] Il tutto senza lo straccio di un parere medico specialistico.

 

[1] ASCS, Processi Penali.

 

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