IL RATTO DELLA RAGAZZINA

Alla detenuta La
Rosa Maria Sofia
Nelle carcire di Cosenza
Nicastro, 7 Gennaio 1906
Carissima moglie
Vi raccomando a non pigliarvi di collera, a
mangiare ed a bere e stare allegramente perché il tuo sposo Giovanni Mallamo
che penza per te e perciò non ti pigliare di collera di ciò che ti faccio
sapere.
Quello che ti prego che non appena ti giunge
questa lettera di mandare chiamando il giudice ed esponegli una querela come io
ti acchiudo a Cimino Salvatore
(???) perché
questo è stato la rovina di tua figlia, di te e di tutta la tua famiglia perché
è stato a Paola e si ha rapito a tua figlia e di sei giorni che si ritrova a
Nicastro a questi turri turri che gli sta facendo fare la mala donna. Io sono
stato per poterla raccogliere ed essa mi rispose che ne io e ne voi come madre
non gli potete fare niente perché essa e a mano di legge e gli dissi pure che
io gli passava 50 centesimi al giorno se si voleva ritirare a stare dove la sua
zia fino a che non vi ritiravate voi ed essa non volle facendomi questa
risposta. Il penziero della America te lo devi cacciare mentre tua figlia à
fatto questa riescita a scapparsi con Salvatore Cimino ed adesso già tutto
Nicastro à creduto che sei stata condannata innocente vedendo questo errore che
à fatto tua figlia. Io sono stato dall’avvocato per vedere di dargli la querela
, mi fece cacciare dal municipio la fede di nascita per vedere quanti anni
tiene e di questo è minorenne e bisogna che tu gli dessi la querela a Cimino
come io te la mando scritta perché non solo che si ha rapito a tua figlia, ma
quanto va dicendo che è stato nelle carcire di Cosenza per vederti e ti ha
lasciato cinque lire e tu stessa dice che gli ai detto di averci a piacere di
prendersi a tua figlia.
Per testimone, cara sposa, cè Carolina
Bruno, Pietro Bellissimo e Maria Sbaffita. Ti prego di fare ciò che io ti dico
perché io, cara sposa, non voglio che andassi carcerato per l’amore tuo e
poterti mandare qualche cosa mese per mese, altremente non appena mi avesse
incontrato il Cimino lo avrei fatto buchi buchi e perciò ho cercato a
rivolgerci con la legge, perciò ti prego di non ti ci pigliarti a niente e
stare allegra e contenta e dentro questi giorni ti spedirò un vaglia. Io verso
la fine di questo mese volevo venire a Cosenza ma ora che è successo questo
perché quello che mi debbo spragare io per viaggi, ci bisognano per farci gli
notaggi per la nostra casa.
Ti prego rispondere subbito. Io quando sono
stato dove tua cognata Francisca mi disse che tu non conti niente perché essa è
a mano di legge e perciò ti prega a fare ciò che io ti dico e fargli vedere se
conti o non conti.
Ricevi si saluti della famiglia dei miei
padroni come pure quelli di Maddalena e dio salutandoti di cuore mi dico tuo
sposo
Giovanni Mallamo
La presente lettera accludila colla querela
e mandala pure al Giudice Istruttore. Metti pure per testimone Lorenzo Lo Russo
da Nicastro
Un brutto
affare.
Maria Sofia
segue il consiglio del suo sposo e dal carcere di Cosenza presenta querela
contro Salvatore  Cimino e qui emergono
altri fatti:
la detenuta a margine segnata espone formale
querela contro Cimino Salvatore da Nicastro perché nel corso del corrente mese,
con inganni per fini di libidine, le rapì da Paola la figliuola ancora
minorenne Clementina Mazza.
La ricorrente si fa un dovere di prevenire la S.V. circa lo stato civile
del Cimino il quale è ammogliato ed è di cattiva condotta precedente
.
Si prevedono
guai grossi anche perché la sedicenne Clementina non ne vuole sapere di tornare
a casa e fa mettere a verbale:
Nel dicembre 1905 mi trovavo in Paola in
casa di mia sorella Vittoria, maritata ad un impiegato ferroviario. Il mio
amante Cimino Salvatore, col quale ora convivo, venne a visitarmi e mi persuase
ad allontanarmi dalla casa di mia sorella e andare con lui. Il 27 dicembre,
così, io partii da Paola in compagnia di Cimino e venni a Nicastro, donde da
quale giorno non mi sono mossa. Non intendo sporgere querela contro il Cimino
.
Chiarissimo.
Ma Clementina è minorenne e non può fare ciò che vuole o ciò che le consiglia
un Cimino qualsiasi, così il Giudice Istruttore del Tribunale di Cosenza procede
contro l’uomo per corruzione di minorenne. È il 12 maggio 1906. Dopo una decina
di giorni il ventisettenne Cimino viene rintracciato e interrogato
Sono merciaio ambulante, coniugato con
Eugenia Pandolfi e ho una figlia. Sono stato altre volte condannato. Nel
dicembre 1905 mi trovavo in Paola dove esercitavo il mio mestiere. Incontrai
Mazza Clementina, vecchia mia conoscenza, la quale coabitava con sua sorella
Vittoria, moglie del muratore Bruno Vannucci, e con suo fratello Gaetano di
anni 19. Col consenso di tutti costoro condussi con me la Clementina in Nicastro
dove da quel tempo l’ho tenuta nella mia abitazione
– E tua moglie
non ha avuto niente da obiettare? – gli chiede, perplesso, il Pretore di
Nicastro che lo interroga per rogatoria
Mia moglie risiede in Alessandria d’Egitto
da 10 anni
– Va bene,
però c’è una querela… non potevi fare quello che hai fatto
La Rosa Maria Sofia non poteva sporgere querela contro di
me perché ella, circa un anno fa, fu condannata per lenocinio in danno della
figlia Clementina ed in correità di Giovanni Mallamo
– risponde Cimino
lasciando di stucco il Pretore
In effetti
Maria Sofia non ha più la potestà genitoriale in conseguenza della condanna a
14 mesi di reclusione per induzione e sfruttamento della prostituzione in danno
della sua figlia minore, ma qualcosa bisognerà pur farla, Clementina non può
decidere da sola. Intanto la ragazza, l’11 settembre 1906, scrive al Pretore di
Nicastro una accorata lettera
Mazza Clementina fu Antonio fa ampia
protesta contro la madre Catina La
Rosa, stante che la giovanetta Mazza trovasi eziandio come
governante col giovane Cimino Salvatore il quale la protegge, la vuol bene e
nulla le fa mancare, tanto che ella è contentissima e si trova bene nello stato
in cui si trova.
Intanto la madre Catina La Rosa cerca, contro il
consenso della figlia, di farla emigrare per rovinarla del tutto, dimenticando
che per la vile somma di £ 500 la portò al macello, facendogli perdere l’onore,
l’avvenire e la sua reputazione e vi è sentenza di condanna di questo
Tribunale, sicché vorrebbe toglierla in braccio del giovane per continuare la
tresca mercenaria a danno della povera figliuola. Perciò si fa ampia protesta
ed intende che la madre non più si ingerisse di lei. Tanta opera l’avrà a
grazia
.
La soluzione
trovata dal Pubblico Ministero a cui è affidato il caso è quella più logica che
la legge offre: nominare un tutore prima di ogni altra cosa e quindi affidare
la decisione se persistere nella querela, sporta dalla madre di Clementina ma non
legalmente valida, al cosiddetto Consiglio di Famiglia, del quale la legge
chiama a far parte, oltre ai parenti più prossimi della minore, anche il
Sindaco, il Pretore e vari consulenti nominati dal Tribunale. Il 14 settembre
1906 è il giorno della decisione: tutore viene nominato il nonno paterno,
Gaetano Mazza, atteso la conosciuta
onestà e probità
, e per quanto riguarda la querela viene deciso di non
insistere perché i consulenti tutti fanno
notare che la Mazza Clementina,
convivendo col Cimino che la tratta bene e che nulla le fa mancare, ha
certamente una prospettiva migliore di quella che potrebbe avere facendo vita
libera, ovvero ritornando insieme alla madre
.
Il 14 ottobre
successivo il Giudice Istruttore, considerato che il reato contestato a Salvatore
Cimino è perseguibile su querela di parte, prende atto della decisione del
Consiglio di Famiglia e dichiara non
farsi luogo a procedimento penale contro l’imputato, stante la mancanza di
legale querela
.[1]
Catina La Rosa è fuori gioco,
Clementina e Salvatore possono stare tranquilli, sempre che non torni la moglie
da Alessandria d’Egitto…

[1] ASCS, Processi Penali.

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