UNA SCORREGGIA E UNA SERENATA

Sono quasi le otto di sera del 9 agosto 1891 quando l’avvocato Vincenzo Del Buono, Giudice Istruttore facente funzioni pei titolari assenti, arriva in contrada Riforma a Cosenza. Piccoli capannelli di gente sono sparsi a commentare ciò che un paio di ore prima è accaduto. Qualcuno ne approfitta per mangiare una fetta di cocomero accanto a un chioschetto.

– Dov’è il morto? – chiede a un Carabiniere che gli indica il posto, propriamente la via che da Cosenza mena al Camposanto vecchio. Infatti, in un punto di detta via sulla destra di chi va, più vicino al limitare della via stessa, trova un cadavere  vestito e coperto da un panno.

– Chi è? – fa il Giudice.
– È mastro Giovanni Ragonese il pignataro – gli rispondono.
Il cadavere giace supino con le braccia lungo il corpo, le gambe appena divaricate ed i piedi pendenti ciascuno nel lato esterno del corpo; gli occhi sono semi aperti, la bocca quasi del tutto spalancata come in una espressione di sorpresa. Veste da artigiano, con barba piuttosto tosata ma che incornicia il viso in modo visibilissimo. Verso la gola, estendendosi al lato sinistro, si vedono macchie di sangue con ferita. Le macchie di sangue si estendono anche sulla camicia, di cui si vede parte da un’apertura esistente tra il giustacuore ed i pantaloni. A sinistra del cadavere, sul suolo, è un bastone ricurvo in una parte ed un sigaro vicino alla mano sinistra.
È ormai quasi buio e il Giudice, constatato che su un muro di cinta poco oltre il luogo dove giace il morto esistono due impronte di arma da fuoco l’una poco lontana dall’altra e dall’alto verso il basso, decide che è meglio far trasportare il cadavere nella camera mortuaria dell’ospedale e poi, la mattina seguente, al Camposanto per procedersi alla relativa autopsia.
– Si sa qualcosa? – chiede il Giudice all’Ispettore di P.S. Lauro.
– Pare che tutto sia nato per una questione di gelosia di donne tra due giovanotti, Pasquale Canonico di 21 anni e Mariano Rubino di 25 anni, conosciuto come Francesco Ragonese…
– Ragonese? Il cognome del morto…
– Si, in effetti Rubino fu affidato ai Ragonese, che lo hanno cresciuto.
– Dicevate della questione tra i due giovanotti…
– Pare che in seguito allo scambio di parole oltraggiose, il Canonico trasse fuori la rivoltella e lo stesso fecero due suoi amici, Vincenzo De Luca e Francesco Falbo, che con lui si accompagnavano. Essendo anche presente il Ragonese, appena vide in pericolo il Rubino, accorse in aiuto dello stesso ma i tre esplosero le rivoltelle ed egli cadde esanime al suolo, colpito da diversi proiettili. I colpevoli si diedero immediatamente alla fuga e li stiamo cercando…
– Pare tutto lineare… vedremo domani…
– Speriamo…
L’ispettore Lauro si sbaglia: Giovanni Ragonese è stato centrato da un solo proiettile alla regione clavicolare sinistra che, colpito e fratturato l’osso, ha deviato la sua traiettoria verso il basso recidendo completamente sia l’arteria che la vena succlavia e terminando la sua corsa vicino alla quarta costola, dopo aver attraversato tutto il polmone sinistro. Una morte praticamente istantanea.
Una sola rivoltella, una sola mano è stata ad uccidere il povero Giovanni Ragonese e le cose non possono che complicarsi, anche perché si scopre subito che le persone coinvolte sono molte di più di quante sembrassero all’inizio. La buona notizia è che i quattro giovanotti nominati dall’Ispettore Lauro sono stati arrestati e adesso si dovrebbe capire qualcosa di più sia sul movente che sulla dinamica dei fatti.
Il primo ad essere interrogato nel sul letto d’ospedale dove è ricoverato e dove è stato arrestato per le ferite riportate nella rissa è il ventunenne Pasquale Canonico:
Verso le 4 pomeridiane del giorno 9 corrente
io, uscito da casa mia che è situata in aperta campagna nella contrada Camposanto Vecchio, m’indirizzava verso la città per fare accomodare una rivoltella di mia proprietà che si era un po’ guastata e che io portavo meco per tal uopo ed era scarica. Quando, transitando per la via Viarocciolo dove fu commesso l’omicidio, venni chiamato da tale Mariano Rubino, conosciuto come Francesco Ragonese. Esso mi disse con accento alterato: “Se ora te la vuoi vedere lo puoi perché mi ci trovo”. Alla qual cosa io risposi: “Non intendo di vedermela o di non vedermela, lasciatemi andare per i fatti miei e voi andate per i vostri”, ma in questo mentre venni accerchiato da diversi individui che cercavano di percuotermi, anzi venni percosso al braccio destro e poscia un colpo di revolvers m’insanguinò il volto. In questo momento udii diversi colpi di revolvers; io caddi ma mi rialzai e volevo andarmene ma il Rubino (Ragonese) mi colpì più volte con il revolvers la testa. Egli batteva tanto forte che io non so come resistevo
– Di chi era il revolver?
Il revolvers di cui si serviva il Ragonese-Rubino era quello istesso che io portava ad accomodare e che egli mi strappò forzosamente dalle mani credendo che fosse carico e non me lo restituì più.
– In quale momento arrivò sul posto Giovanni Ragonese, la vittima?
Io non ho veduto il Giovanni Ragonese se non giacente al suolo morto. Se ha avuto parte o no nella rissa, io non lo soio sono innocenteil revolvers che io aveva era scarico
– Ma perché Mariano Rubino o Ragonese se la voleva vedere con te?
La causa è stata perché un 15 giorni prima io, trovandomi con Ragonese, ebbi a fare un rumore immondo che dispiacque al Ragonese il quale, domandato prima chi era stato ed avendogli io detto esserne stato l’autore, mi afferrò il giacco scuotendomi forte forte di fronte al muro; quando poi con una pazienza immensa fui libero di queste strette e me ne andai, egli si disse offeso per non avergli stretto la mano e dopo ciò, minacciandomi, voleva venire a casa per vedere se io ero al caso, come diceva lui, di contrastarlo.
– Eri ubriaco?
– No.
L’altro contendente, Mariano Rubino o Francesco Ragonese che dir si voglia, ricostruisce la dinamica dei fatti in modo completamente diverso:
Quattro settimane innanzi, la domenica ultima, io ebbi ad alterarmi con Canonico perché nel mentre eravamo uniti lui, io, Francesco Morelli, un altro mio fratello a nome Luigi Ragonese ed altri in casa di un mio compare ci fu una debolezza di corpo fatta da Canonico ad indirizzo di Francesco Morelli il quale dimandò chi fosse stato a fare quel rumore. A questo io, per togliere le occasioni, dissi di essere stato io, ma il Canonico udendomi disse subito: “Non è vero, sono stato io” e ciò portò un alterco che fu degenerato subito a vie di fatto tra il Canonico ed il Morelli. A questo mi buttai in mezzo per riappacificarli, ma dopo parole del Canonico al mio indirizzo ci afferrammo ed in ciò ne ebbe lui la peggio. Questa circostanza inacerbì il Canonico contro di me tanto che mi andò spiando per volere la rivincita e disgraziatamente la sera di domenica avvenne l’incontro ed eccone il come: io mi trovava in mia casa dalla porta della quale si vede la cantina di un tal Ferrise, innanzi cui mio padre discorreva con Canonico, la qual cosa a me sembrò non buona, stante gli antecedenti e fu per questo che mi avviai da quella parte, tenendo in mente di cercare con le buone a disunirli. Ma giunto appena presso di loro, il Canonico esclamò: “Oh! Appunto di te cercavo per dirti qualche parola”. Risposi io: “Vieni pure perché ne ascolterò anche di più, se vuoi” e ciò dicendo ci avviammo verso quel punto che poi fu il luogo della tragedia. Quivi, discutendo, egli mi diceva, e più volte me lo ripeté, che mi doveva rompere il culo un dieci o quindici volte, alla qual cosa io, stanco di tali schifose millanterie, dissi: “Anche io sono al caso di far lo stesso a te un venti volte”. A queste parole egli cacciò fuori la rivoltella impugnandola verso di me ed altri suoi compagni poco lungi da noi in diverse direzioni misero fuori ciascuno la rivoltella. Fu allora che il povero mio padre Giovanni Ragonese venne in mio aiuto, ma la rivoltella impugnata dal Canonico verso di me si rivolse contro di mio padre il quale cadde vittima al suolo. Io che vidi cadere mio padre mi spinsi verso il Canonico e strappandogli la rivoltella gliela battei più volte sulla testa ed ebbe ragione che detta rivoltella era già scarica, altrimenti non mi sarei contentato, nell’eccitamento in cui mi trovavo, dei soli colpi battutigli sulla testa. Io dalla mia parte subii un colpo sulla testa prodottomi con una pala di ferro con manico di legno da un tale di cui non conoscerei il nome, ma era unico armato in quella guisa. Devo pur fare rilevare alla giustizia che quando cadde mio padre, vi furono pure moltissimi colpi di revolvers provenienti e dal Canonico e dagli altri suoi compagni.
Dalle parole dei due sembrerebbe che tutto sia nato da una banale scorreggia e che entrambi avessero progettato di assalire l’altro in gruppo. Probabilmente ci fu uno scambio reciproco di colpi di arma da fuoco e in queste condizioni sarà davvero difficile stabilire chi sparò il colpo mortale, a meno che non si trovino dei testimoni che abbiano visto e raccontino la stessa cosa.
Il terzo ad essere interrogato è il ventenne Vincenzo De Luca che, secondo la Questura, accompagnava Canonico ed era armato di rivoltella come anche l’altro indagato, Francesco Falbo. De Luca dice alcune cose interessanti:
Domenica ultima avvertii Canonico ad andarsene perché contro di lui vi poteva essere qualche dispiacenza prodotta dalle antiche parole avute col Ragonese, ma il Canonico non mi volle sentire e dicendo che egli non aveva che fare con chicchesia, continuò a rimanere. Intanto Rubino (Ragonese. nda) lo chiamò dicendogli: “Vien qua, debbo dirti qualche parola”, alla qualcosa il Canonico si unì col Rubino avanzando verso la cantina di Ferrise e quivi fermati, vidi che il Rubino alzò verso la testa del Canonico un palo di cui andava armato.
– Che tipo di palo?
Era un bastone di ferro avvolto in una fodera di pelle… io mi gittai in mezzo onde scongiurare qualche disgrazia ma fui preso da mia madre e da mia sorella e così fui condotto in casa, ma avevo già visto che il Canonico, nel vedersi minacciato dal Rubino, fece mostra di cacciare dalla tasca interna della giacca un’arma, che credo fosse revolvers
– Hai visto quando è intervenuta la vittima?
Vidi cadere Giovanni Ragonese il quale, prima di cadere, con un bastone ordinario di legno minacciava tutti
– Hai sentito colpi di arma da fuoco?
I colpi di revolvers che io intesi, ma che non vidi sparare, furono diversi che non saprei numerare, però credo che fossero stati un otto o nove circa
– Anche tu eri armato di rivoltella…
Io non ero armato e me ne andai a casa mia e quindi lontano dal punto ove avvennero le cose… sono innocente…
Quindi, di certo spararono almeno due rivoltelle: una ha ferito di striscio al volto Canonico e l’altra ha ucciso Giovanni Ragonese. Ma non sarebbe sbagliato pensare che almeno altre due rivoltelle fecero fuoco quella maledetta domenica. Ora, però, è il momento di sentire ciò che ha da dire il ventenne Francesco Falbo, poi si cercheranno dei testimoni seri.
La sera del 9 agosto io mi ritirava dopo aver preso parte ad un battesimo. Giunto alla Riforma in vicinanza della cantina di Ferrise, vidi alle prese fra loro il figlio di Giovanni Ragonese, Pasquale Canonico, Gabriele Fascio ed altri di cui ignoro le generalità. Fra costoro eravi chi menava col bastone, chi con le mani, chi con la rivoltella, quando ad un tratto udii Pasquale Canonico che gridava ajuto ed era circondato e stretto dagli altri che lo percuotevano e gli facevano far sangue dal capo e dalla faccia. Io mi sono appressato per vedere ciò di cui si trattava, ma Gabriele Fascio e Giovanni Ragonese insieme con altri mi vennero addosso e cominciarono a percuotermi per avermi forse conosciuto come vicino ed amico del Canonico. Sopraffatto e sgomentato da quella aggressione e da colpi d’arma da fuoco che si esplodevano, fuggii senza sapere cosa altro accadesseio non presi alcuna parte a quella rissa, della quale non sapevo nemmeno la causa
– Però hai appena detto di essere stato aggredito, quindi hai preso parte…
Non so spiegare perché costoro così aggissero verso di me mentre io mi trovavo del tutto inerme
Un guazzabuglio, e adesso spunta questo tale Gabriele Fascio che nessuno aveva nominato finora.
Le cose che sembrano essere così contorte, forse vengono chiarite da un bambino di 7 anni, Antonio Matragrano, che è il più lucido e razionale dei testimoni ascoltati:
Mi trovai presente alla rissa avvenuta presso l’osteria Ferrise alla Riforma. In tale occasione vidi che Francesco Ragonese (Rubino Mariano) chiamò Pasquale Canonico che trovavasi in quella osteria e quando furono uniti udii che il Ragonese domandò al Canonico se vero fosse che egli si stimava capace di mazziarlo e che se voleva farlo lo facesse pure allora. Il Canonico, in atto di motteggio, gli rispose “Io ti tiro con questo”, alzando una mano e stendendo un dito, poscia ammenò uno schiaffo al Ragonese, estraendo anche da tasca la rivoltella. Il Ragonese afferrò prestamente il braccio del Canonico nella cui mano teneva la rivoltella e la esplodeva, per cui ne nacque un contrasto fra loro. In quel frattempo sopraggiunse Giovanni Ragonese in aiuto del figlio e con un bastone che teneva ammenò un colpo al capo del Canonico facendolo cadere a terra. Sopraggiunto anche Francesco Falbo e veduto a terra il Canonico che diceva “Amico ajutami che mi ammazzano”, estrasse da tasca una rivoltella e con quella incominciò a sparar colpi contro i Ragonese, un dei quali investì il Giovanni e l’uccise. Anche Vincenzo De Luca intervenne sul luogo armato di rivoltella e ne sparò tre colpi alla direzione dei Ragonese ma non so se colpì. Certo è che il Falbo fu il primo a sparare e vidi benissimo che fu lui che uccise Giovanni Ragonese.
La voce della testimonianza del bambino si sparge e altri trovano il coraggio di confermare il suo racconto. Anzi, si presentano un paio di persone che giurano di aver sentito Falbo, alla domanda di cosa fosse accaduto, rispondere:
Per la Madonna! Per Pasquale Canonico ò ucciso il pignataro!
E ci sono dei testimoni che giurano di aver visto Gabriele Fascio sparare contro Pasquale Canonico ed un altro amico di Rubino, rimasto sconosciuto, colpire il rivale con un sasso. Per esempio Giuseppina Rende:
L’altro compagno, che come ripeto non conosco affatto, lo colpì pure sul capo con un sasso. Viddi pure che unitosi al Ragonese (Rubino) anche tal Gabriele, che ò saputo di poi portare il cognome di Fascio, estrasse una rivoltella e dopo che il Canonico si fu rialzato gli esplose contro alcuni colpi, con uno dei quali lo investì nella faccia, per cui cadde novellamente a terra
A questo punto sembra ormai certo che furono utilizzate quattro rivoltelle e i colpi sparati dovettero essere almeno 15. La cosa assolutamente certa è che a uccidere Giovanni Ragonese fu Francesco Falbo. Al contrario, ciò che desta molte perplessità è il movente troppo banale per scatenare quell’inferno di fuoco: una scorreggia!
Secondo il ventenne calzolaio Luigi De Marco Esposito la causa dell’astio tra Pasquale Canonico e Mariano Rubino – Ragonese sarebbe invece una sorta di gelosia di donne, proprio come aveva subito ipotizzato l’Ispettore Lauro:
È a mia notizia che Pasquale Canonico aveva fatto sapere allo stesso Rubino Mariano Esposito che non si permettesse di andare più a cantare sotto le finestre di una ragazza sua parente perché altrimenti le cose sarebbero finite male. So inoltre che per questo fatto passavano rancori fra il Canonico ed il Rubino, tanto che io la sera della domenica nove corrente, trovato il Canonico presso l’osteria del Ferrise alla Riforma, mentre era meco a qualche distanza anche il Rubino, volli tentare di riappacificarli e chiamato il Canonico lo esortai in proposito. Il Canonico affermò in faccia al Rubino le imbasciate che gli aveva mandate a fare onde si astenesse di andare a cantare e così nacque un diverbio fra loro. Veduto che la faccenda potesse farsi seria e per evitare inconvenienti per me, me ne andai
Ma sia Mariano Rubino che Pasquale Canonico su questo non dicono una sola parola.
La Sezione d’Accusa, il 7 ottobre 1891, rinvia a giudizio Francesco Falbo per omicidio volontario in persona di Giovanni Ragonese e porto d’arma senza licenza; Gabriele Fascio Esposito per lesione personale con arma da fuoco in persona di Pasquale Canonico e porto d’arma senza licenza; Pasquale Canonico e Vincenzo De Luca per sparo di arma per fare atto di minaccia e porto d’arma senza licenza; Mariano Rubino Esposito, alias Francesco Ragonese per lesioni personali in danno di Pasquale Canonico.
L’11 dicembre successivo si apre il dibattimento davanti alla Corte d’Assise di Cosenza e dopo due udienze, il 14 successivo, la Corte dichiara Francesco Falbo colpevole di omicidio volontario e lo condanna, concesse le attenuanti, a 12 anni, 6 mesi e 6 giorni di reclusione; condanna Gabriele Fascio Esposito a 2 mesi di arresto; condanna Pasquale Canonico e Vincenzo De Luca a 4 mesi e 18 giorni di detenzione; Mariano Rubino Esposito, alias Francesco Ragonese a 5 giorni di detenzione.
Il 16 aprile 1892 la Suprema Corte di Cassazione rigetta il ricorso di Francesco Falbo e la pena diventa definitiva.[1]


Tutti i diritti riservati. ©Francesco Caravetta

Il plagio letterario costituisce reato ai sensi dell’articolo 171 comma 1, lettera a)-bis della legge sul diritto d’autore, che sanziona chiunque metta a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche mediante connessioni di qualsiasi genere, un’opera protetta (o parte di essa).

[1] ASCS, Processi Penali.

Lascia il primo commento

Lascia un commento