L’ONORE DELLE SORELLE MAGURNO

          – Stai qui davanti alla porta e quando vedi passare Felicia ci chiami, hai capito? – la bambina fa cenno di si con la testa mentre le sue sorelle maggiori, Cristina e Matilde rientrano in casa. Cristina, è visibilmente agitata, va nella stanza adibita a cucina, prende una bottiglia di vino e beve una generosa sorsata, poi va nella camera dei genitori, prende il pugnale del padre e se lo nasconde nella manica della camicia. Sono quasi le 18,30 del 24 maggio 1896  e la temperatura è mite a Buonvicino.

Non passano che pochi minuti e Amalia, la sorellina, le chiama avvisandole che Felicia Benvenuto, 40 anni, si sta avvicinando alla loro casa con in braccio il suo bambino di 3 mesi. Cristina e Matilde escono e affrontano la donna:
– Com’è questa storia che vai mettendo in giro? – le fa, a muso duro, Matilde.
– Quale storia?
– Fa la santa! La storia che noi due ce la faremmo con don Felice Forestieri… che usciremmo di notte da casa per fare la farsa
– Non ne so niente…
– Dicci la verità! – urla Matilde cercando di strapparle di mano il bambino – dicci la verità se no, quant’è vero che questo è figlio a nostro padre…
– Si… si… l’ho detto – ammette tenendo stretto il bambino.
Matilde le salta addosso alle spalle e la stringe tra le braccia robuste mentre Cristina fa uscire il pugnale dalla manica e comincia a colpirla sulle gambe. Quattro colpi che fiaccano la vivace resistenza di Felicia che capisce di dover lasciare il bambino per difendersi, così lo fa scivolare a terra. Cristina approfitta di questi brevi istanti per colpirla tre volte al petto. Felicia cade a terra, sembra morta. Le due sorelle la guardano ansimando, poi un urlo disumano le fa trasalire: Felicia si sta rialzando e, sebbene i suoi vestiti siano ormai rosso sangue, si scaglia su di loro che, terrorizzate da quella vista demoniaca, se la danno a gambe. Felicia barcolla ma le segue finché può. Molto poco in verità, nemmeno una quindicina di metri, e poi stramazza di nuovo a terra. Morta.
Le due sorelle non tornano a casa ma vanno dal Sindaco per consegnarsi. Non lo trovano, così affidano l’arma al figlio tredicenne e vanno a cercare il Vice Pretore al quale confessano tutto:
Il movente del delitto è stato quello di onore – comincia a raccontare Cristina Magurno – per essere io stata offesa nella mia reputazione di giovane onesta dalla Benvenuto, la quale andava divulgando nel pubblico che sì io che la mia sorella a nome Matilde avevamo delle illecite relazioni con un tale Forastiero Feliceantonio. Il discredito è stato quasi continuo e noi ne avevamo sempre consapevolezza, come l’abbiamo avuta anche pria che io mi fossi indotta a delinquere, da certa Fortunata Truscelli. Non potendo più oltre tollerare l’onta del disonore, tanto mio che della mia sorella, mi sono accesa d’ira e lì per lì ho proposto alla mia germana di domandarle soddisfazione, profittando dell’opportunità che la Benvenuto si trovasse allora a passare per vicino la nostra casa e senza porre tempo in mezzo mi sono armata di pugnale e sono scesa con lei nella pubblica via. Affrontatala con ardimento, dopo di averla fatta interpellare dalla ripetuta mia sorella sulla verità o meno della diceria sparsa sul nostro conto; ricevuta da essa la conferma le ho vibrato col pugnale diversi colpi fino al punto da renderla uccisa. La Benvenuto aveva in braccio un bambino di tre mesi appena, procreato col mio genitore, Magurno Giacomo, il quale fin dal mese di aprile dello scorso anno cominciò ad avere con lei una tresca nella nostra casa, dove si trovava in qualità di domestica. La stessa ci manteneva in continue inquietudini e disturbi e, per effetto dei nostri risentimenti, s’indusse a licenziarsi, serbando però i primitivi rapporti col detto mio genitore. Ciò ha influito non poco alla mia determinazione criminosa, vedendo mia madre afflitta e addolorata per la mancata fedeltà coniugale dal canto di mio padre
Ho concorso al delitto di assassinio perpetrato oggi da mia sorella Cristina prestandole il mio aiuto col tener ferma la vittima onde farle vibrare dei colpi di pugnale. Sono stata io per la prima che ho chiesto alla Benvenuto spiegazione e poi soddisfazione ad un tempo di un atto di calunnia da lei commesso al mio riguardo da sei mesi in qua col ventilare nel pubblico che io aveva illecite relazioni con Felice Antonio Forastiero ed uscivo anche di notte per aver convegno con lo stesso, appellandomi per questo porcella. Non era in me l’intenzione di fare massacrare la Benvenuto e se l’ho trattenuta è stato per eccitamento della mia germana
– Quando ha preso il pugnale tua sorella?
Non vidi quando mia sorella si armò di pugnale
– È vero che la Benvenuto aveva una tresca con tuo padre?
Ella aveva un bambino di tre mesi circa generato mercè illecita relazione avuta con mio padre in casa nostra e poscia fuori. Dapprima la Benvenuto si collocò in servizio nella nostra famiglia e cominciò allora la sua tresca con mio padre che data da circa un anno e poscia ne uscì dal servizio, continuandola fuori. La stessa era oggetto di continui malumori nella nostra casa e segnatamente di maltrattamenti alla nostra genitrice da parte di mio padre. Per questo e anche per l’amor proprio mio, mia sorella se n’era indispettita, tanto da formare il disegno di ucciderla. Io mi opponevo e cercavo di dissuadere mia sorella, ma senza pro perché ella si mostrò ostinata
Ammissioni sincere che, però, potrebbero portare dritto all’ergastolo. Forse per questo Cristina modifica la sua confessione dicendo:
In realtà non ebbi mai l’idea preconcetta dell’omicidio, come malamente mi espressi nel mio primo interrogatorio, quando ero ancora sotto l’incubo dell’azione commessa
 E forse è per lo stesso motivo che il loro padre scrive al Pretore di Belvedere:
Il sottoscritto Magurno Giacomo, padre delle infelici figlie Cristina e Matilde, detenute in cotesta prigione, rasegna alla Sua Giustizia quanto appresso: È da parecchio tempo che le dette sventurate mie figlie sono affette da isterismo e quinti inconscienti dei propri atti nel periodo simultaneo dell’acutezza del male.
Approvare ciò prego la Giustizia sottoporre le medesime a perizia medica, mentre il sottoscritto si riserba documentare il fatto.
Lo spero.
Buonvicino 17 giugno 1896
La richiesta rimane inascoltata, ma tutti i testimoni interrogati raccontano la stessa versione: La Benvenuto ripeteva le parole “puttane di bordello” alludendo alle sorelle Magurno a voce piuttosto alta, in modo da comunicare con persone anche lontane… mi costa direttamente che la Felicia divulgava in pubblico che le sorelle Magurno di notte abbandonavano la casa ed andavano vagando in paese. Essa, nei luoghi pubblici, come a dire nelle fontane e nel pantano dove si riuniscono le lavandaie, non lasciava di diffamare dette due sorelle, anzi, rivoltasi a me disse: “Quel cornuto del padre il giorno zappa e le figlie se la divertono nelle finestre, la notte poi vanno vagando…” Io esortavo la Benvenuto a finirla colle diffamazioni, ma mi mandò a farmi fottere… essendo venuta da me in campagna dove sto per chiedermi della scarola, mi tenne discorso sulle due detenute, dicendomi che costoro uscivano di notte per fare, dirò così, le libertine. Avendole io osservato che non aggiustavo fede alle sue parole, ella mi aggiunse che per questa loro condotta avea fatto sconchiudere un matrimonio con un giovane di Amantea… qualche mese pria del fatto, Felicia s’era posta a piangere e aveva così favellato: “Piango perché mi veggo alla disperazione con questo figlio alle braccia muoio di fame. Ma Dio gliela renderà a mastro Giacomo Magurno sulle sue figlie per quello che ha fatto a me, perché le stesse non fanno altro il giorno che far dei biglietti e gettarli ai loro innamorati e di notte uscir di casa travestite e fare la farsa…” Ho ritenuto sempre le sorelle Magurno di illibati costumi… Sulla loro morale non vi sono appunti di sorta…
Ma qualcuno, seppur confermando l’onestà di Cristina e Matilde, un’ombra la getta: le due Magurno sono bevitrici di vino, specie la Matilde, e boriose di sé stesse, credendo di avere il mondo a tutto loro potere e ciò per leggerezza di carattere anziché per malvagità
Ma le confessioni pesano e le due sorelle, il 6 ottobre 1896, vengono rinviate a giudizio. Cristina per avere ucciso con premeditazione Felicia Benvenuto, Matilde quale cooperatrice immediata nell’esecuzione dell’omicidio sudetto.
Il 2 dicembre successivo, però, la giuria le assolve entrambe.
L’onore proprio e quello della famiglia va salvaguardato. Sempre, tanto o non si paga niente o si paga poco.[1]

 

[1] ASCS, Processi penali.

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