Nella posta recapitata il 17 aprile 1919 alla Procura del re di Cosenza c’è anche una lettera anonima, una delle tante che arrivano quasi quotidianamente. Ma questa è diversa, questa denuncia una pratica che tutti conoscono, ma che tutti fanno finta di non conoscere per tenere pulita la propria coscienza. Però qui si fanno nomi, cognomi, date, circostanze precise, si citano atti precisi e non si può più fare finta di niente:
Ritorniamo agli antichi tempi come la tratta delle schiave bianche, al barbarismo o, per meglio dire, all’infame mercato di carne umana. Ed appunto di questo indegno mercato esercitato su larga scala in codesta città dove gli innocenti vengono negoziati ad infame prezzo e dopo poi condannati a morire per fame, vengono inflitti i più duri maltrattamenti ed infine vengono finanche a morire, previa somministrazione di medicinali come papavero in gran quantità ed altre erbe dannifere.
Incominciamo a denunziare i colpevoli di tali manovre incivili e barbare.
La nominata Pugliese Filomena, agnominata “’a Santapetrise”, nota affittacamere in via Neve, ben nota all’Autorità Giudiziaria, per questa non poche ma diverse vite umane hanno sofferto. Solamente in casa sua si possono contare ben 4 decessi di bambini per opera della megera, la quale esercita l’infame commercio incettando i neonati che nascono da ignoti e con il pretesto di proporre balie per l’allattamento sfrutta il denaro accettando corresponsioni di tal natura ed anche di sopprimerne qualcuno che le si chiede siano disperse le traccie e sono di questi appunto che la Pugliese ne procura la morte, la quale spesse volte avviene per fame.
Questi possiamo chiamarli effettivi, mentre poi ci sono gli straordinari e cioè:
Che una ventina di giorni or sono, la Pugliese non potette tenere in casa uno di questi disgraziati neonati, mediante il compenso di lire 150 (questo rappresenta la tariffa della megera elargita alle così dette balie) affidava per l’allattamento un bambino ad una donna chiamata Petronilla, amante di un muratore (a tempo perso), abitante in via Messer Andrea 26, la quale, a sua volta, intascato il prezzo di mercato, conduceva il bambino affidatole in casa sua, infliggendolo ad ogni specie di maltrattamento. Buttato a giacere in un cantuccio da mattina a sera, chiuso in casa solo per intiere giornate, senza somministrarlo neanche di una goccia di latte, ma bensì ogni mattina gli si fa incerire una buona dose di papavero e tanto vero che il ragazzo è diventato uno scheletro da far pietà e la morte non gli sarà lontano. Per i dovuti accertamenti la S.V.Ill.ma potrà affidarne le indagini all’Arma dei RR.Carabinieri.
A misura che i neonati periscono, ne vengono affidati degli altri i quali seguono l’istessa sorte dei primi e così l’infame mercato si allarga, non tenendo presente, poi, di quelli che nascono e che vengono poi dichiarati allo stato civile dopo 3 o 4 mesi ed anche con fatte denunzie delle quali in grande stile, commettendo falsità in atto pubblico, ad opera della levatrice Simonetti Raffaella mediante buonissimi compensi finanziarii.
Lo stesso mercato viene pure esercitato dall’istessa levatrice. Ed appunto la sera del 5 corrente questa incettava un bambino, frutto di una tresca illecita, trattandosi che la madre del bambino per non perdere il sussidio governativo per l’avvenuta morte di suo marito in seguito al servizio militare. La Simonetti, assieme al bambino, percepiva una buona somma impegnandosi a far scomparire per sempre il neonato affidatole, distruggendo perfino ogni minima traccia, si suppone che il bambino si sia fatto morire. Per le ricerche dell’atto di nascita, il bambino è nato il 28-2-1919, numero d’ordine del registro dei nati N° 126. per la responsabilità dei colpevoli si crederebbe opportuno affidare l’espletamento dell’accertamento all’Arma dei RR. Carabinieri.
La presente denuncia non viene da noi sottoscritta per la ragione cioè: poiché i responsabili dell’infame mercato, quasi tutti, fanno testa alla malavita cosentina, per ragioni di incolumità personali siamo costretti inviarla ignota.
Cosenza 13-4-1919
Che la situazione del brefotrofio sia a dir poco disastrosa con le percentuali di morti entro il primo anno di vita di oltre il 90% è noto da più di una settantina di anni senza che nessuno vi abbia posto rimedio e che vi sia un mercato delle balie è altrettanto noto a tutti, tranne che, evidentemente, a chi dovrebbe stroncare questo infame mercato. Ma adesso la Giustizia lo sa e qualcosa dovrà pur fare. Ad essere incaricati delle indagini non sono i Carabinieri, come auspicato dall’anonimo, ma è la Questura e precisamente i navigati Delegati di P.S. Francesco Cilento e Carlo Chiriaco, coadiuvati dal Brigadiere Vincenzo Puma i quali, dopo quasi un mese di indagini, relazionano:
La nominata Pugliese Filomena, di anni 50 da S. Pietro in Guarano, qui abitante in via Giuseppe Campagna, da più tempo si occupa, mediante forti compensi, del collocamento di bambini nati da amori illeciti e più volte contro di lei vennero redatti ricorsi anonimi i quali richiamano l’attenzione di cotesta R. Procura e di questo ufficio di P.S.
Infatti con mio rapporto dell’11 ottobre 918 N° 1841 vennero date altre informazioni sul conto della suddetta Pugliese Filomena, anche relativamente al lamentato commercio immorale di neonati.
Dalle unite dichiarazioni, raccolte dal delegato Sig. Chiriaco, risultano infatti tali commerci che la Pugliese Filomena portò a termine con la nominata Mazzei Angelina e Gigliotti Petronilla mediante compenso di lire 150. La bambina consegnata alla Mazzei ed identificata per Ranieri Maria d’ignoti, nata il 1 ultimo in Marano Marchesato, è deceduta il 3 corrente; il bambino, tale Falcone da Celico, affidato alla Gigliotti, trovasi attualmente in disperate condizioni, come può rilevarsi dall’unito certificato medico rilasciato a richiesta di questo ufficio dal Dott. Marini.
A seguito di perquisizione operata d’urgenza nel domicilio della Gigliotti allo scopo di rinvenire le sostanze indicate nell’anonimo, si constatò da parte di questo Brigadiere Puma Vincenzo, che il bambino Falcone, affidato alla Gigliotti, era chiuso nell’abitazione, senza cura ed assistenza.
I suddetti neonati Ranieri Maria e Falcone vennero portati in casa della Pugliese da tale Chiappetta Giovanna di anni 60 da Rende. Costei, sottoposta ad interrogatorio, ebbe a dichiarare che circa due mesi fa la Pugliese ebbe consegnato dalla levatrice del comune di Rende un bambino, identificato per Palermo Ernesto, mediante compenso di lire 450 e Kg 2 di caffè, figlio di amori illeciti, e che dopo due giorni della consegna esso bambino fu dalla Chiappetta stessa affidato a tale De Luca Francesca di anni 32 abitante in via S. Tommaso N° 3, mediante compenso di lire 250 versato dalla Pugliese nell’incasso delle 450. Detto bambino è deceduto il 19 and.
Circa poi la cooperazione in detti commerci da parte della levatrice Simonetti Raffaela di anni 48, qui domiciliata in Piazza S. Giovanni, non sono risultati elementi positivi.
Si è solamente accertato che il bambino nato il 23 febbraio 919 e denunziato il 29 detto mese N° 126 del registro nascite, venne alla luce mediante l’opera e l’assistenza della levatrice Falsetta Teresa di anni 70 da Cosenza e poi dalla Simonetti affidato alle cure di Valè Zumpano Concetta di anni 23 da Cosenza e abitante in via Archi di Ciaccio, mediante corrispettivo mensile di lire 60. Detto bambino, identificato per Santillani Giuseppe, è figlio anche di illeciti amori ed attualmente trovasi in buone condizioni di salute.
Non è stato possibile conoscere se e quando siansi verificati decessi di neonati in casa della Pugliese, come pure non sono risultati elementi circa la somministrazione ai bambini di bevande nocive.
Beh, sarebbe stato troppo riuscire a provare la somministrazione di bevande nocive, ma tutto il resto è esattamente come lo ha descritto l’anonimo e questa volta, probabilmente, la pluripregiudicata Filomena Pugliese pagherà per il suo infame commercio.
La frequentazione delle aule di giustizia da parte della Santapetrise è di lunghissima data, fin dal 1896 quando fu processata per abbandono di minori e prosegue negli anni con condanne per i reati più vari: esercizio arbitrario con violenza delle proprie ragioni, ingiurie pubbliche, lesioni, favoreggiamento della prostituzione minorile, furto, contravvenzioni alla legge di P.S., per finire alla diffamazione.
Adesso per lei si ipotizza l’accusa di omicidio colposo (non esistendo nel Codice Penale vigente un reato che preveda il traffico di esseri umani) e dalle testimonianze raccolte sembrerebbero esserci gravi indizi:
– Filomena Pugliese mi fece presente che aveva un bambino a casa e che desiderava collocarlo; mi pregò se volessi prenderlo io mediante compenso di lire centocinquanta. Siccome io avevo bisogno di guadagnare tale somma ed avevo latte a sufficienza – racconta Petronilla Gigliotti al delegato Chiriaco – mi decisi ad accettare la sua proposta. La Pugliese aggiunse, inoltre, che appena il bambino fosse deceduto non avrei dovuto fare altro che recarmi da lei per averne un altro con relativo nuovo compenso. Mi disse proprio le precise parole: “Se poi il bambino muore, salute a noi…”.
Angelina Mazzei fa un racconto simile:
– Nei primi giorni di aprile corrente, dietro compenso di lire centocinquanta, mi decisi a prendere una bambina che tale Pugliese Filomena mi aveva offerto. Però, siccome mi accorsi che lo stato di salute della bambina lasciava molto a desiderare, mandai mia suocera e mia cognata per far noto ciò a detta Pugliese. Questa disse loro che il deperimento della bambina dipendeva dalle molte medicine che la madre delle bambina stessa aveva usato per abortire. Disse ancora che io non mi sarei dovuta preoccupare della morte poiché, se ciò fosse avvenuto, non avrei dovuto fare altro che portare il cadaverino da lei. Mi raccomandò, allorché venne a casa mia, di non dir nulla a nessuno del fatto e mi promise che se la bambina fosse venuta a morire, avrebbe trovato il mezzo di darmene delle altre. Non mi premurò di allevare con cura la bambina, anzi mi disse le testuali parole: “Non te ne fregare se muore; se muore salute a noi, te ne darò altre”. So che la Pugliese suole fare di questi affari e che riceve in compenso lire 500…
Un cinismo agghiacciante.
Viene emesso un mandato di cattura nei confronti della Pugliese e per lei si aprono le porte del carcere.
– È vero che per compenso in danaro avrebbe accettato di collocare la bambina Ranieri Maria nata il 1° aprile ultimo in Marano Marchesato e deceduta il 3 Maggio successivo ed avrebbe deliberatamente cagionato la morte di costei per mancanza di nutrizione? – le chiede il Giudice Istruttore.
– È assolutamente falso l’addebito che mi si muove ed io lo respingo, spiegando che nel 1° aprile ultimo si presentò in casa mia certa Chiappetta Giovanna recando con sé una bambina e dicendomi che per incarico del segretario comunale di Marano Marchesato io dovevo occuparmi del collocamento di quella bambina nata da ignoti e dovevo trovarle una nutrice. Per tale collocamento il segretario comunale di Marano inviava £ 150 che io dovevo passare come primo compenso alla nutrice che si incaricava di alimentare la bambina. Io, in quello stesso giorno, ed appena un’ora dopo dalla consegna, affidai quella bambina alla stessa Chiappetta con l’incarico di affidarla a sua volta alla nutrice Mazzei Angiolina per allattarla, passandole anche le 150 lire inviatemi dal segretario per tale oggetto, oltre a pochi effetti di biancheria. La Chiappetta eseguì fedelmente l’incarico. Io non conoscevo neppure il nome della bambina e lo appresi pochi giorni dopo dall’atto di nascita inviatomi dal segretario comunale e che ho passato alla nutrice. Io non debbo quindi rispondere della morte della bambina perché avendola immediatamente affidata alla nutrice, ero uscita da ogni responsabilità. Ad onor del vero però debbo dire che la bimba è morta perché nata molto gracile e non per difetto di nutrizione, come mi riferì del resto la stessa nutrice ed il dottore Tafuri che ebbe a visitarla…
– E del bambino che mi dite? Risulta che avete ricevuto 450 lire e 2 chili di caffè…
– Anche questo secondo addebito io respingo perché infondato. Qualche mese fa si presentò a casa mia la levatrice patentata del comune di Rende, di cui ignoro il nome, recandomi un bambino e dandomi l’incarico di affidarlo per l’allattamento provvisorio a qualche nutrice di Cosenza, alla quale avrei dovuto passare un compenso di lire 400 che la levatrice mi ha consegnato e per la quale io le rilasciai ricevuta. Ma in quello stesso giorno, avendo io fatto consultare l’atto di nascita di quel ragazzo e visto che non risultava nato da Ignoto, mandai a chiamare a mezzo di Chiappetta Angiolina la levatrice di Rende per dirle che io non potevo ricevere il ragazzo né affidarlo a balie perché non risultava nato da Ignoti. Il giorno appresso ritornò da me la levatrice in compagnia della Chiappetta e poiché quest’ultima mi richiese di affidare a lei il bambino perché si sarebbe interessata lei di farlo nutrire, io lo consegnai alla Chiappetta insieme alle 400 lire ed io non so come la Chiappetta avesse ulteriormente provveduto al collocamento del bambino, né se quest’ultimo sia o meno deceduto.
– Sembra che siate esperta in questo settore…
– Io ho provveduto spesso al collocamento dei bambini nati da illeciti amori e non nego di aver percepito per questo qualche piccolo compenso in corrispettivo dell’opera da me prestata, ma è completamente calunnioso l’addebito che io avessi procurato la morte di bambini…
Una benefattrice dell’umanità!
– Ricordo di aver visitato una bambina affidata alle cure della nutrice Mazzei Angelina e la trovai in condizioni di sviluppo generale assai deficiente, tanto da farmi pronosticare non lontana la sua morte. Infatti, dopo qualche giorno, la stessa Mazzei o la madre di lei venne a riferirmi che la bambina era morta… – riferisce il dottor Tafuri.
– Secondo voi per quali cause è morta?
– Ritengo che la morte della bambina siasi verificata non per difetto di alimentazione ma per la sua gracilissima costituzione organica.
Però, di consigliare alla nutrice il ricovero in ospedale della bambina, al dottor Tafuri non gli è proprio passato per la mente.
– Quando ebbe ad affidarmela, la nutrivo con zucchero. Quando io porsi il capezzolo alla bambina ebbi l’impressione che la stessa non sembrasse affamata, ma io la risollevai e ciò malgrado è morta dopo un mese per le sue infelici condizioni organiche… – racconta Angelina Mazzei, che conclude – Non è vero che la Pugliese mi abbia mandato la bambina a mezzo di tal Chiappetta Giovanna, invece ebbe ad affidarmela personalmente.
– In uno dei primi giorni di aprile ultimo – racconta Giovannina Chiappetta – ebbi dal segretario comunale di Marano Marchesato incarico di portare al baliatico qui in Cosenza una bambina nata da ignoti. Io eseguii l’incarico ma, poiché al baliatico non ci erano posti disponibili ed io sapevo che Pugliese Filomena si occupava del collocamento dei bambini nati dalla colpa, mi recai da lei perché provvedesse appunto al collocamento di quella bambina.
– Come lo sapevate?
– In altra occasione io recai alla Pugliese un altro bambino perché si fosse incaricata del suo collocamento a balia… le diedi 150 lire ma non so se avesse trattenuto qualche cosa per lei…
– Perché il Segretario Comunale ha incaricato proprio voi?
– Come da certificato dell’amministrazione comunale di Rende, che esibisco, io sono incaricata del trasporto degli esposti per il relativo loro collocamento…
– E del bambino che potete dirmi?
– Circa due mesi fa la levatrice di Rende recò alla Pugliese un bambino. Io, che in quell’epoca ero a Cosenza, ebbi occasione di parlare con la Pugliese, la quale mi disse che pensava di restituire il bambino alla levatrice perché non trovava persone che lo potessero nutrire. Io, allora, per fare opera umanitaria, presi quel bambino e lo affidai alle cure della nutrice De Luca Francesca, consegnandole anche 250 lire che la Pugliese mi aveva dato per tale scopo. Dopo qualche giorno seppi che la Pugliese aveva ricevuto non 250 lire ma 450…
Ora, a voler ammettere che dietro queste strane morti ci sia stato un disegno criminale, che cosa ci si vuole aspettare dalle testimonianze delle persone implicate, oltre a scaricarsi vicendevolmente le responsabilità? A che cosa serve, nel 1919, accertare che le nutrici scelte dalla caritatevole Pugliese per allattare i bambini avessero latte buono in abbondanza? Forse c’è la possibilità di scoprire se quel latte buono e abbondante è davvero finito negli stomaci di quei poveri, sventurati bambini? No, questa possibilità non c’è, ma non c’è nemmeno la voglia di trovare nelle pieghe del Codice Penale qualcosa che possa, al di là della risibile accusa di omicidio colposo nei confronti di Filomena Pugliese (e perché non anche nei confronti delle nutrici?), stroncare questo infame mercato?
Comunque, la Procura del re è convinta che le prove e gli indizi raccolti siano sufficienti a chiedere il rinvio a giudizio di Filomena Pugliese, va avanti su questa unica ipotesi accusatoria e va a sbattere contro il muro della Sezione d’Accusa la quale, il 28 aprile 1922, decreta il non doversi procedere a carico di Pugliese Filomena per il delitto ascrittole per insufficienza di prove.[1]
[1] ASCS, Processi Penali.
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