Cosa sta succedendo nei vicoli dello Spirito Santo a Cosenza? La domanda gira di bocca in bocca ormai da un po’ di tempo, ma agli inizi del 1915 molti residenti pensano che il limite della decenza sia stato abbondantemente superato. Il problema è che nessuno vuole assumersi la responsabilità di metterci la propria faccia e denunciare tutto alla Delegazione di P.S. che è lì vicino, ma che sembra, unica e sola, ignara di tutto.
Di cosa stiamo parlando? Leggete le due lettere anonime, la prima indirizzata al Procuratore del re e la seconda al direttore del periodico Cronache di Calabria, e saprete.
Cosenza 13.2.915
Illustrissimo Sig. procuratore del Re – Città
Non mi sottoscrivo per non compromettere la mia dignità perciò con dolente vedere certe cose che guastano la idea e costrincono a certe persone di fare vedere che nulla fanno per non compromettersi. Da più tempo che al Vico Sireno e proprio vicino al forno a pianterreno abita una povera donna che lavora dalla mattina alla sera; questa tiene una figlia scimonita ed il padrino un bel giorno la sedusse anzi questa ragazza tiene un figlio, oggi è torna incinta per causa del suo detto padrino che chiamasi Leonardo Maltempo. Domando alla S.V. se giustizia cene è con castigare questo birbante. Annulla valsero le buone parole per convincere questo bruto di abbandonare la ragazza, il certo è che la mamma non ha messo causa al mal fatto, anzi ci sono state spesso delle quistioni in famiglia tanto che il figlio masco che lui tiene non si ritira più in casa per non vedere il bruto, come pure la figlia maritata non va più in casa della madre per non compromettersi collo sciagurato padrino. V.S. può con la sua autorità chiamare tutto il quartiere ed ognuno può assicurare alla S.V. la mala azione che a commesso Leonardo Maltempo verso la figliastra scimunita.
Fiducioso nella sua S.Ill.ma ne aspetta giustizia
I nomi dei testimoni che V.S. può chiamare sono: Peppino Leo, Ciccio Arcuro, Emilio Leonetti, Alessandro il fornaio ed altri che la S.V. creda chiamare.
Troppo facile nascondersi dietro l’anonimato e fare il nome di possibili testimoni.
La seconda lettera viene sicuramente da una persona colta e altolocata, forse un professionista, visto che usa una macchina per scrivere
PER UN CASO DI IMMORALISMO
Gentilissimo Sig. Direttore
Sento il dovere come cittadino e come uomo di denunziare dalle colonne del Suo benemerito giornale un caso di singolarissima aberrazione sessuale che, da tempo in barba ad ogni vigilanza e con la inesplicabile tolleranza del vicinato, si verifica in quel cul de sac che da Via Campana degli Angeli immette nei pressi del ponte di S. Agostino [Vico II Spirito Santo vicino al palazzo Palaia, nda].
Abita lì una lurida figura di megera che convive con una figlia demente; la megera è notoriamente la concubina di un satiro, di cui in questo momento mi sfugge il nome, ma che la questura riuscirà di leggieri ad identificare; ora, il satiro compie sotto l’egida della compiacente megera un innominabile connubio con la fanciulla demente, figlia cioè della sua druda; le tracce esteriori del connubio sono evidentissime; la demente, infatti, è periodicamente in stato interessante. Non solo: in tale stato è anche ignobilmente sfruttata dalla megera che la costringe ad accattare da mane a sera lungo le adiacenze di Via Spirito Santo ed a sera, spesso, mi vien riferito, sono busse e mazzate se non porta in casa una congrua sommetta.
In nome del buon costume denunzio alla Pubblica Sicurezza l’orribile e singolare sfruttamento, poiché diversamente non può chiamarsi il caso della megera che, per amore del suo drudo sacrifica a lui le insezienti carni della povera malcapitata demente, come ebbe a sacrificarne da principio l’onore e la verginità: è strano, stranissimo che il vicinato non sia insorto finora contro la pessima madre ed a difesa della disgraziata fanciulla.
Indifferenza deplorevole che mentre ha scosso terribilmente i nervi di chi scrive, lo ha incitato a denunziare il caso affinché siano presi i provvedimenti più esemplari e severi a carico della madre e sia allontanata dal suo ignobile grembo la demente sfruttata e che sia questa collocata in un ricovero ove possa trovare non le terribili sculacciate della madre ed il gesto inverecondo del drudo di lei, ma cure amorose che, per sempre, la detergano della scorie impure inconsapevolmente accumulate in quel povero cuore.
La ringrazio distintamente della ospitalità cortese.
Cosenza, 19 febb. 1915
Un abbonato.
Viene immediatamente investito del caso il Commissario di P.S. Cav. Misciasci il quale rintraccia subito la ragazza in questione che è Maria Santoro di anni 20, nata a Luzzi da padre ignoto e da Teresa Santoro e, in effetti, si tratta di una idiota che gira tutto il giorno chiedendo l’elemosina. Come hanno scritto gli anonimi ha un figlio ed è visibilmente incinta.
– Quanti anni hai? E quanti anni ha tuo figlio? – comincia a chiederle il Commissario.
– Ho dieci anni e mio figlio ha dieci anni… – da questa risposta è subito chiaro che Maria ha davvero qualche problema.
– Ti ha ingravidato il tuo patrigno? – le chiede a bruciapelo Misciasci.
– Mi ha ingravidato uno della villa che non conosco. Non è che è stato mio padre. Possa morire quella creatura che ho lasciato all’altra stanza se non dico il vero! Il bambino che ho lasciato all’altra stanza mi fu fatto fare da uno schifoso che mi prese in un portone… non so chi sia…
– Dai, lo sappiamo che è stato il tuo patrigno…
– Mio padre non è stato! Mi possano ammazzare in un ospedale! – si mette a urlare.
– Va bene, va bene, ti credo – cerca di tranquillizzarla Misciasci che continua – e di quanti mesi sei incinta adesso?
– Ora sono incinta di dieci mesi…
È chiaro che su Maria non si può fare affidamento per scoprire la verità. Il Commissario prova a far parlare la madre della ragazza.
– Una ventina di anni fa, quando ero nubile e abitavo a Luzzi, ebbi Maria. Prima avevo avuto un’altra figlia e dopo ho avuto un maschietto. Quando la bambina aveva tre anni, io e i miei figli ci siamo trasferiti a Cosenza e con l’andar degli anni mi persuasi che la disgraziata, oltre che affetta da epilessia, è scema. Sei anni fu mandata in una casa di correzione a Lecce dove se la tennero solo tre mesi e poi la rimandarono a casa perché è epilettica e perché dava scandalo davanti alle altre ragazze chiuse lì. Mentre Maria era al riformatorio mi sono sposata con Leonardo Maltempo, facchino di Rossano, il quale apparentemente non mi ha dato motivo a lamentare il suo contegno verso la povera giovane. Maria rimase incinta qualche mese dopo che tornò da Lecce ed io non ho mai potuto sapere da lei con precisione chi fosse stato a renderla madre. Quando partorì, io trattenni in casa il maschietto che chiamasi Umberto e conta ora circa 4 anni, senza che mio marito avesse opposto alcuna difficoltà al mantenimento di detto bambino. Ora mia figlia è un’altra volta incinta e secondo lei è al sesto mese di gravidanza…
– Questa volta vi ha detto chi è il padre?
– A me non ha voluto dire chi è stato a renderla incinta, dicendo soltanto: “è stato alla villa… è stato in un portone…” senza volere specificare altro.
– Tutti dicono che è stato vostro marito, voi che ne pensate?
– Dai vicini ho saputo che ad ingravidarla è stato, secondo le affermazioni di Maria, mio marito. Dichiaro in coscienza che io non mi sono accorta mai di niente.
– Cosa avete intenzione di fare?
– Mi querelo contro mio marito perché, in coscienza, non posso fare a meno di difendere mia figlia…
Di certo non c’è niente, solo le parole dei vicini. Ma adesso gli inquirenti hanno in mano la querela di Teresa e viene spiccato un mandato di cattura nei confronti di Leonardo Maltempo, il quale nega ogni addebito.
– Non è vero! Maria, prima che io sposassi la madre, aveva avuto rapporti sessuali ed era stata contagiata da mali venerei. Se il pubblico parla sul conto mio è perché quella disgraziata, essendo nuovamente incinta, per impietosire le persone a cui chiede l’elemosina dice, quando le si domanda da chi è stata ingravidata: “è stato papà Linardo”. Fatela venire alla mia presenza e vedrete se dirà la verità!
A prendersi la responsabilità di accusare direttamente Leonardo Maltempo sono tre vicini di casa che riferiscono di averlo visto spesso percuoterla ed accompagnarla a casa e di averle sentito dire non lo sai? è stato quello svergognato di papà Linardo. Anche Giulia e Giuseppe, i fratelli uterini di Maria, credono che sia stato papà Linardo.
Giulia, 23 anni, si è sposata e da quando la madre ha sposato Leonardo non mette più piede in quella casa e sostiene che la sorella parla con gli estranei, ma non con quelli di casa perché ha paura del Maltempo che le dà dei pugni nei fianchi.
Anche Giuseppe, nonostante abbia solo 13 anni, è andato via da casa perché non va d’accordo col patrigno. Sostiene che è naturale che sia stato Leonardo Maltempo a mettere incinta la sorella perché nessun altro si sarebbe azzardato ad abusare di una scema come lei.
Viene disposta una perizia medica che attesta come la gravidanza sia al sesto mese completo, ma non c’è alcun cenno a malattie veneree in atto o pregresse, come non vengono riscontrate sul corpo della ragazza tracce di violenza. Tutti smentiti.
Intanto il Procuratore del re di Cosenza, che coordina le indagini, relaziona alla Procura Generale di Catanzaro perché decida in merito e descrive il contesto, uno di quei bassifondi sociali dove s’annida quanto di più putrido e d’immorale possa concepirsi, in cui si è consumata la vicenda di Maria, manifestamente idiota ed epilettica. Continua ammettendo che ad accusare Maltempo ci sono solo delle testimonianze che riferiscono dichiarazioni e confidenze della stessa giovane Santoro, e per giudizio e convincimento del pubblico. D’altra parte nulla di preciso e di sicuro si desume dalle dichiarazioni della Maria Santoro, la quale peraltro riversa la colpa della sua gravidanza ad un tale della villa… La madre di lei, Santoro Teresa poi. prendendo, o fingendo di prendere, con troppa tardiva resipiscenza le difese della figlia sporge querela contro il marito perché dai vicini ebbe ad apprendere che ad ingravidare la figlia sarebbe stato proprio il detto marito.
Nonostante ciò, la Procura Generale ritiene sufficientemente provato, attraverso le testimonianze dei vicini e dalla perizia medica, che Maltempo Leonardo, già altre volte condannato, più volte si congiunse carnalmente con la propria figliastra che per le proprie condizioni mentali non era in grado di resistergli e ne chiede il rinvio a giudizio. Rinvio a giudizio che arriva puntuale il 22 novembre 1915 per i reati di violenza carnale, abuso di autorità e incesto.
Il dibattimento dura solo un giorno, il 18 dicembre 1916, e la giuria manda assolto Leonardo Maltempo per non aver commesso il fatto[1].
Non poteva finire diversamente senza uno straccio di prova.
Il verme che ha approfittato di Maria striscia soddisfatto tra megere e satiri in quei bassifondi sociali dove s’annida quanto di più putrido e d’immorale possa concepirsi.
[1] ASCS, Processi Penali.
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