È l’otto dicembre 1924, il sole è già tramontato e una bella luna piena sta salendo nel cielo. Comincia a far davvero freddo a Fago del Soldato, in Sila.
Nel piccolo negozio di privative di Vincenzo Rie entra un segantino, che lavora in una segheria della zona, per comprare del tabacco mentre, dalle vicine baracche di legno, sulla destra della strada ci sono quelle di proprietà di Francesco Mazza e sulla sinistra quelle del signor Bilotta, si sente il latrare di un cane.
– Forse è tornato Gabriele, il cane sta abbaiando – fa il tabaccaio al suo guardiano Saverio Ambrosio – andiamo a vedere…
Chiusa la porta della rivendita, i due vanno alla baracca dove Gabriele De Angelis, meglio conosciuto come Marsico, abita con la moglie Caterina, Catina, Medaglia, svolgendo le funzioni di guardiano della proprietà di Francesco Mazza. Una volta in quella baracca c’era un ristorante e sulla facciata, quella che guarda il bivio tra la strada rotabile che da Cosenza va a San Giovanni in Fiore e quella che da lì conduce alla contrada Lagarò, campeggia ancora la grande scritta RISTORANTE FAGO DEL SOLDATO. Adesso, dove c’era la sala da pranzo ci sono dei letti e poche masserizie ammassate senza criterio.
Il cane non si era sbagliato, Gabriele è tornato portando anche una lepre cacciata lungo il cammino. Con lui, oltre a Catina, c’è anche Pasquale Belsito, di San Pietro in Guarano come Gabriele. I quattro uomini chiacchierano per una mezzoretta, poi il tabaccaio e il suo guardiano vanno via, dando appuntamento agli amici per l’indomani quando andranno a fare una battuta di caccia tutti insieme.
Dopo aver cenato e chiacchierato un po’, Vincenzo Rie e Saverio Ambrosio vanno a letto. Passano un paio di ore quando il tabaccaio si sveglia di soprassalto sentendo la detonazione di un colpo di fucile.
– Savè… Saverio… hai sentito?
– Che cosa? – gli risponde il guardiano con la voce impastata – stavo dormendo… che è successo?
– Hanno sparato dalla parte delle baracche di Mazza… – poi gli sorge un dubbio – il gatto era dentro quando hai chiuso la porta?
– Non ci ho fatto caso…
– Vuoi vedere che Gabriele mi ha ammazzato il gatto perché avrà messo le budella della lepre per l’incarno aspettando una volpe o un gatto selvatico, ma mi sa che il gatto non era affatto selvatico! Domani andiamo a vedere… buonanotte…
Sono le sette di mattina quando il tabaccaio va a dare un’occhiata in giro per trovare il gatto. Si avvicina alla baracca di De Angelis, gira dietro un grande pino e spalanca la bocca tappandosela subito con una mano. Gli occhi sono sgranati e cerca, inutilmente, di chiamare il suo guardiano.
***
San Pietro in Guarano, nove dicembre 1924, ore 10,30 nella caserma dei Carabinieri.
– Mi chiamo Gabriele De Angelis e ho 26 anni. Faccio il guardiano nell’azienda del signor Francesco Mazza a Fago del Soldato. Ieri sera, verso le 22,00, ero nella mia baracca a Fago con mia moglie e Pasquale Belsito quando abbiamo sentito dei rumori fuori la porta. Era qualcuno che stava cercando di forzare la serratura per entrare ma senza riuscirci. Dai rumori sembravano almeno quattro persone e si sono spostati verso la finestra cercando di entrare da lì. Eravamo terrorizzati, non capivamo se volessero rubare o attentare all’onore di mia moglie, dato che io ero tornato proprio ieri sera dopo una lunga assenza da casa per motivi di lavoro. Tra le altre cose in quella zona si aggirano dei malviventi, tanto è vero che un paio di mesi fa i Carabinieri ne hanno ammazzati due [leggere, a questo proposito, la storia I LUPI DELLA SILA NdA] non lontano dal Fago. Impaurito, ho preso il mio fucile e sono salito nel sottotetto dove c’è una finestrella aperta e ho cominciato a guardare di sotto. Vicino a un pino c’era un uomo armato di fucile che mirava verso la baracca, io ho puntato il mio fucile, ho mirato e ho sparato un solo colpo caricato con pallinacci piuttosto grandi. L’uomo è scomparso e non so se l’ho colpito, se l’ho ferito oppure ammazzato. Dopo il colpo di fucile è tornata la calma, i ladri sono scappati e noi ci siamo barricati dentro. Stamattina verso le 8,00 ho visto il cadavere che non ho riconosciuto perché ero ancora terrorizzato e mi sono precipitato in paese per costituirmi. Questo è tutto…
Il Maresciallo Ermanno Ranocchia, in attesa di acquisire altri elementi, lo arresta e si mette in comunicazione con i colleghi di Celico, competenti per territorio.
***
– È Salvatore Crocco! – Vincenzo Rie finalmente riesce a parlare dopo essersi ripreso dallo shock, poi comincia a urlare per fare accorrere gente. Chiama anche la moglie di Gabriele De Angelis, la quale si affaccia sulla porta con aria di sufficienza – Catina! Catina, chi ha ucciso Tavullo? – così era soprannominato Salvatore Crocco.
– Io non so niente – gli risponde, poi si affaccia anche Pasquale Belsito ed è lui a rispondere.
– Don Vincè, lo ha ucciso Gabriele e stamattina, di buonora, è andato a costituirsi…
– Ma perché? Perché lo ha fatto?
– Stanotte sono venute un sacco di persone che cercavano di entrare in casa e Gabriele, impaurito, è salito sopra e ha sparato un colpo…
– Ma dovevano rubare a Mazza o a Gabriele? Sono tutti e due morti di fame… – osserva ironicamente il tabaccaio, poi, rivolto alla donna, continua – Catina, vattene da qui che se vengono i parenti di Salvatore ti linciano, anzi andatevene tutti e due che è meglio.
Infatti, non passano che pochi minuti e arrivano sul posto le figlie del povero Salvatore che si disperano strappandosi i capelli e battendosi il viso. Vincenzo e qualche altra persona accorsa hanno un bel da fare per farle tornare a casa e il tabaccaio manda il suo guardiano dai Carabinieri di Celico per informarli dei fatti.
Ai Carabinieri e al Pretore di Spezzano Sila appare subito chiaro, dopo aver perquisito la baracca di Gabriele, che la sua versione dei fatti non regge: come mai nel sottotetto, accanto alla finestra è sistemata una sedia ai piedi della quale c’è un braciere ancora tiepido? E che ci fa la pipa di creta, accuratamente posata accanto al braciere? Come mai il cadavere aveva le scarpe slacciate? De Angelis, sicuramente, era appostato in attesa che arrivasse la vittima per ammazzarlo e non può avere agito senza la collaborazione della moglie e dell’amico. Supponendo giusta questa ipotesi, resta da capire il movente che ha spinto Gabriele a uccidere.
I due guardiani si amavano e tra di loro non vi erano mai state ragioni di rancore o risentimento. Questa è la risposta che molti testimoni danno al Pretore.
Le cose cominciano a chiarirsi quando viene interrogato Vincenzo Rie.
– Gabriele era solito lasciare la moglie sola per diversi giorni ma Catina si è adattata bene a questo stato di cose. Marito e moglie non andavano affatto d’accordo, tanto che Gabriele, un paio di mesi fa mi disse: Spero che crepi così me la levo dinnanzi. Tutti qui ritengono Catina una donna facile e, d’altra parte, Salvatore Crocco passava a salutarla ogni mattina e ogni sera, sapete… la moglie è anziana e malandata, è possibile che i due si siano dati appuntamento proprio per quella sera, non sapendo che Gabriele stava tornando e… è successo quello che è successo…
Che Salvatore Crocco avesse messo gli occhi su Catina è chiaro e diventa lampante quando il carrettiere Alfonso Falcone racconta al Pretore.
– Sei o sette giorni prima del delitto stavo caricando del legname di Bilotti e Crocco, che era il custode, mi prese da parte e indicandomi la moglie di Gabriele De Angelis mi disse: T’a facissi ‘na chiavata ccu chilla? E io: E’ na parola! Allora Crocco aggiunse: Quel cornuto del marito l’ha lasciata sola da diversi giorni… tre o quattro persone di notte ci facissimu avìre una paura, e dopo, introdottici nella baracca, ci faremmo il culo largo largo… e dicendo ciò fece segno con le mani unendo i pollici e gli indici.
Che sia una testimonianza di comodo?
Il Pretore interroga il coimputato Pasquale Belsito e gli chiede di ricostruire ciò che è avvenuto tra il pomeriggio e la sera del giorno fatale. L’attenzione si focalizza su quello che Catina avrebbe raccontato al marito riguardo a Salvatore Crocco.
– Ricordo che Catina disse al marito che Tavullo, Salvatore Crocco intendo, poche ore prima le aveva chiesto se fosse rientrato Gabriele e che lei gli rispose: L’attendo stasera. Ricordo che Catina raccontò che durante l’assenza di Gabriele con lei aveva dormito per qualche giorno sua sorella Adelina, tornata in paese sabato 6 dicembre e qualche volta una figlia di Salvatore Crocco. Aggiunse pure che quello stesso sabato le si era presentato un bel giovane che le propose di congiungersi carnalmente con lei e che gli disse di lasciarla stare perché dentro la baracca c’era suo marito. Detto ciò si mise a cucinare dei cavolfiori che avevamo portato dal paese. Dopo cena ci mettemmo al focolare e Gabriele si assopì. Verso le dieci sentii un sasso cadere sulla tettoia della baracca e svegliai Gabriele e restando in silenzio sentimmo altri due sassi cadere sulla tettoia e poi dei rumori vicino alla porta d’ingresso. Cominciammo ad avere paura e, scalzi come eravamo, salimmo la scala di legno che porta al belvedere con i fucili in mano. Sentimmo tintinnare il vetro della stanza dove dorme Catina e pensavamo che stessero entrando per violentarla, così salimmo le scale più in fretta. Gabriele sbirciò dal finestrino del belvedere che si affaccia sul davanti della baracca, proprio sopra alla finestra che tintinnava, e, prima lui e poi anche io, vedemmo al chiarore della luna un uomo che guardava verso la baracca col fucile spianato. Intanto il vetro della finestra di sotto continuava a tintinnare e Gabriele non perse tempo, imbracciò il fucile, prese la mira e sparò un colpo solo. Lo sconosciuto, colpito, andò a cadere dietro il pino che è davanti alla baracca ma non capivamo se fosse stato ferito più o meno gravemente. Dopo il colpo di fucile sentimmo il rumore di gente che scappava. Abbiamo avuto una paura fottuta signor Pretore, paura che quegli uomini potessero essere quelli del brigante Paparella che, come si dice in giro, si aggirano in Sila. Io e Gabriele restammo nel belvedere con Catina fino a mezzanotte, poi lei ci portò un po’ di fuoco nel braciere e andò a coricarsi. Salvatore Crocco l’ho visto una volta sola, quasi quattro anni fa quando feci un lavoro per conto della ditta Bilotti e non credo che Gabriele l’avesse riconosciuto perché, è vero che luceva la luna, ma in quei momenti era offuscata da una nuvola. Tutto ciò mi fa credere che Gabriele abbia sparato anche per difendere l’onore di sua moglie.
Catina conferma questa versione aggiungendo che quando Salvatore Crocco le chiese se Gabriele fosse tornato, le propose: Vuoi scommettere un litro di vino che egli non viene perché è festa oggi?, riferendosi alla ricorrenza dell’Immacolata, e lei accettò la scommessa convinta che il marito sarebbe tornato quella sera.
I tre imputati potrebbero essersi messi d’accordo sulla versione da offrire alla Giustizia e non cedono di un millimetro. Sarebbe facile per Pasquale Belsito ritrattare e scaricare tutta la responsabilità sull’amico, eppure non lo fa.
I Carabinieri, da parte loro, ricostruiscono i fatti in un modo diverso. Secondo questa ricostruzione De Angelis, o per confessione avuta dalla di lui moglie che in quella sera il Crocco si sarebbe recato da lei, o che se ne era accorto di qualche cosa, oppure di averlo saputo da altri, si appiattò dal finestrino armato, e lo spiega il fatto che se egli, sorpreso dalla bussata alla finestra da parte dei sconosciuti, tutt’al più, armato, sarebbe corso in fretta dalla finestra della soffitta per conoscerli e difendersi, ma non si sedeva pacificamente col fuoco vicino e colla pipa in bocca, dove attese chi sa quanto tempo ed uccise.
Il Pretore aggiunge che De Angelis, incoraggiato pure dal Belsito e dalla Medaglia si decise ad uccidere il Crocco per gelosia della propria moglie. Essi dovettero necessariamente riconoscerlo prima che il De Angelis gli sparasse contro e, siccome i risultati dell’autopsia hanno accertato che, causa unica della morte del Crocco fu la rottura dell’arteria e vena omerale, ma non dovette essere istantanea, data la rottura di un’arteria di medio calibro, i lamenti angosciosi del ferito, che dovettero necessariamente riconfermare essere il colpito il guardiano Crocco, se fosse stato colpito per isbaglio, i tre sarebbero subito accorsi a prodigare le necessarie cure al Crocco.
Ma i lamenti di Crocco non li ha sentiti nessuno. Né gli imputati, né l’anziana moglie, né Vincenzo Rie col suo guardiano, i quali si erano anche svegliati alla detonazione.
Un primo colpo alla ricostruzione dei Carabinieri e del Pretore la dà il Giudice Istruttore il 19 gennaio 1925 quando fa scarcerare Pasquale Belsito e Catina perché ritiene che non ci siano indizi sufficienti a loro carico.
Ma la Procura del re offre un’altra versione dei fatti: De Angelis si sistemò nel belvedere con la scusa di appostare qualche volpe o gatto selvatico, attirati dalle interiora della lepre uccisa nel pomeriggio. In realtà aspettava Salvatore Crocco, ma questa circostanza era sconosciuta sia a sua moglie che a Pasquale Belsito i quali, quindi, non sapevano dei suoi propositi e, quando la vittima provocò i rumori alla porta e alla finestra per entrare nella baracca e possedere Catina, credettero davvero alla storiella dei ladri e Gabriele, con furbizia, colse al volo l’occasione per nascondere il vero fine dell’omicidio, senza scalfire l’onore della moglie.
Questa tesi è sposata dalla Sezione d’Accusa che, il 21 luglio 1925, rinvia a giudizio Gabriele De Angelis per omicidio volontario e dispone il non luogo a procedere per gli altri due imputati.
Resta, fino a questo punto, non chiarito il fatto che la vittima fosse armata di fucile.
Nel dibattimento, invece, questa circostanza assume notevole importanza facendo venire il dubbio che Gabriele abbia sparato sentendosi davvero minacciato da quell’uomo armato a pochi metri dalla porta di casa. Se così fosse potrebbe trattarsi di legittima difesa.
E la giuria sposa quest’ultima tesi assolvendo Gabriele De Angelis perché agì costretto dalla necessità di respingere da sé o da altri una violenza attuale ed ingiusta.[1]
Forse Salvatore Crocco è morto per fare uno scherzo all’amico.
[1] ASCS, Processi Penali.
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