L’EX FIDANZATO DELLA SORELLA

Verso le sette di sera del 31 luglio 1951 un uomo bussa alla caserma dei Carabinieri di Cassano Ionio ed al piantone consegna un certificato medico rilasciato dal dottor Arturo Pontieri e indirizzato al Maresciallo Alessandro Napoli:

Informo la S.V. di avere visitato nel mio ambulatorio alle ore 16 circa di oggi il nominato Malomo Luigi e di averlo trovato affetto da una ferita d’arma da fuoco (revolver) sotto la regione sottoclavicolare destra. Poiché esiste solo il forame d’entrata, è presumibile che vi sia ritenzione di proiettile nei tessuti profondi. Mi riservo la prognosi.

– Dov’è adesso il ferito? – chiede il Maresciallo all’uomo.

– A casa, posso accompagnarvi.

Luigi Malomo è a letto e racconta:

Stamattina mi sono recato da solo in una mia proprietà sita in località Santa Venere per raccogliere qualche fico d’india da portare con me a Mantova dove faccio il militare nel Secondo Reggimento Artiglieria Pesante, terminando la licenza ordinaria di giorni dieci più cinque il prossimo due agosto. Ivi giunto incontrai mio cugino Vincenzo Praino e con lui ci avviammo verso la fontana di contrada Jastreta. Qui, verso mezzogiorno incontrai casualmente Italo Russo il quale, dopo avermi chiesto perché andassi in cerca di lui, estrasse di tasca una pistola sparandomi, da quattro a cinque metri di distanza, quattro colpi, dei quali soltanto uno mi attingeva qui – dice indicando la ferita.

– E Praino che cosa ha fatto, visto che era presente?

– Praino stava accorrendo ma, impaurito, si dette alla fuga…

– Che motivo aveva Russo per spararti?

Il motivo dell’aggressione dev’essere ricercato nel particolare che Russo, avendo alcuni mesi fa abbandonato mia sorella Tommasina, con la quale aveva amoreggiato per quattro o cinque mesi, temeva la reazione di noi familiari

Le prime ricerche per arrestare Italo Russo non danno esito ma, nel frattempo, viene interrogato il testimone oculare Vincenzo Praino:

Verso le nove di ieri 31 luglio è venuto a trovarmi in campagna, e precisamente a Santa Venere, mio cugino Luigi Malomo per salutarmi, siccome doveva ritornare in servizio militare avendo ultimato la licenza. Dopo aver scambiato qualche parola mi invitò a fargli compagnia, dicendomi di prendere il barile ed andare con lui alla fontana ivi vicina. Nel recarci verso la fontana notammo Italo Russo dall’altra parte del vallone. Mio cugino lo chiamò, invitandolo a scendere nel vallone, ma non so perché. Io rimasi nella parte alta, mentre i due si sedettero sotto un pioppo. Non so cosa avvenne fra essi, solo mi accorsi dopo pochi minuti che colluttavano e subito dopo udii sparare quattro colpi, però non vidi chi dei due aveva sparato. Vidi cadere mio cugino Luigi, mentre l’altro si dava alla fuga. Chiamato in aiuto, andai a soccorrere mio cugino che presentava una ferita al petto.

– Quindi li hai visti colluttare ma non hai visto chi ha sparato, come è possibile?

Quando udii i colpi, notai che stavano colluttando ed è per questo che non potetti notare chi di essi aveva sparato.

– È strano che tu non sappia il motivo per cui tuo cugino ha chiamato Russo…

Solo dopo l’occorso seppi da mio cugino che voleva ragionare col Russo perché aveva qualche mese prima abbandonato sua sorella, con la quale era fidanzato

Il Maresciallo Napoli è perplesso. Le contraddizioni tra il racconto del ferito e quello del cugino gli fanno pensare che quest’ultimo non voglia fare torto a nessuna delle due parti in causa e cerca di barcamenarsi, rischiando peraltro di mettersi nei guai.

Poi il pomeriggio del primo agosto Italo Russo, va in caserma e si costituisce consegnando la rivoltella, che ha ancora due cartucce inesplose. Ha sul viso segni di graffi e la camicia strappata. Interrogato, racconta la sua versione:

Circa otto mesi or sono mi fidanzai con certa Tommasina Malomo. La relazione, soltanto platonica, è avvenuta ed è stata coltivata fuori dai rispettivi ambienti familiari. Quando i miei genitori ne vennero a conoscenza manifestarono il loro disappunto, per cui mi allontanai dalla Malomo e da circa tre mesi non ho più con lei alcuna relazione. Verso mezzogiorno del trentuno luglio, trovandomi in contrada Jastreta, mi misi a dormire sotto una quercia in un vallone lungo il quale sorgono delle canne. Ero nel dormiveglia, quando mi vidi aggredire da un uomo che riconobbi per Luigi Malomo, fratello dell’ex mia fidanzata. Cercai di difendermi, per cui venimmo in colluttazione; mentre io mi trovavo sotto di lui, mi vidi sul petto la pistola che presento alla giustizia. Essa, che era evidentemente caduta al Malomo, venne da me immediatamente presa e mentre l’avversario tentava di togliermela dalle mani, non so spiegarmi come, ma partirono due colpi. In conseguenza delle esplosioni Malomo abbandonò la stretta, ruzzolandosi per terra. Alle sue grida di soccorso vidi dirigersi verso di me certo Vincenzo Praino, che trovavasi nella parte alta del terreno. Temendo altra aggressione, sparai altri due colpi in aria a scopo intimidatorio, dandomi quindi a precipitosa fuga.

– Perché ti ha aggredito?

Ritengo che l’aggressione del Malomo sia dovuta al fatto che non intendo più sposare sua sorella.

– Non è chiaro se quando Malomo ti ha aggredito era armato di rivoltella o l’ha tirata fuori dopo…

Quando venni aggredito, Malomo non aveva alcuna arma in mano, per cui penso che gli sia caduta dalla tasca o dalla cintola. Praino invece aveva in mano un bastone, ma quando udì i due colpi da me sparati a scopo intimidatorio, anziché andare in soccorso del ferito, si diede alla fuga.

– Come mai hai la camicia strappata?

La camicia mi fu così ridotta da Malomo, il quale mi procurò pure le lesioni varie, per cui desidero essere sottoposto a visita del medico.

– Oltre a Praino c’erano altre persone presenti al fatto?

– No, oltre a Praino, che trovavasi a circa duecento metri, non c’erano altre persone presenti.

Nemmeno questa volta il Maresciallo è convinto che la ricostruzione fatta da Russo sia reale e verbalizza: non può ritenersi del tutto rispondente al vero in quanto si ha l’impressione ch’egli voglia con ciò far credere ad una legittima difesa da parte sua. Ma non c’è niente di straordinario perché è lecito che un imputato menta per salvarsi, comunque dovrà spiegare dei punti francamente inverosimili. Piuttosto è molto più importante chiarire al più presto le contraddizioni tra le deposizioni del ferito e del testimone oculare. Per ascoltare nuovamente Luigi Malomo dovrà passare un po’ di tempo perché è stato trasferito all’Ospedale Militare di Catanzaro per essere sottoposto ad intervento chirurgico al fine di estrarre la pallottola, che ha disegnato una strana traiettoria nel suo corpo. Vincenzo Praino, invece, viene interrogato dal Pretore di Cassano.

Il trentuno luglio mattina venne in campagna da me a licenziarsi Luigi Malomo, dovendo costui partire alle armi. Dopo la visita lo accompagnai per lungo tratto fino a una vicina fontana e quando giungemmo vicino ad un vallone, vedemmo Italo Russo che si avviava verso le sue terre. Appena Luigi lo vide, lo chiamò dicendogli “Scendi che ti debbo dire una parola” e Russo si avvicinò profferendo questa frase “Che volevi quella sera che mi volevi parlare?”. Al che Luigi rispose “Volevo ragionare, ma ragioneremo oggi”. Infatti i due si avvicinarono ed incominciarono a discutere nella proprietà di Russo, mentre io rimasi alla distanza di una trentina di metri, separato dai predetti da un boschetto di canne che ostruivano in parte la visuale. Ho potuto vedere che fra i due si è accesa una zuffa e che gli stessi caddero a terra colpendosi reciprocamente, mentre in quegli stessi momenti udii quattro colpi di pistola a brevissima distanza l’uno dall’altro. Non ho potuto distinguere chi ha esploso i colpi, ma ho potuto distinguere, dopo la colluttazione, Italo Russo che correva con una rivoltella in mano. Luigi, che giaceva per terra ferito, mi chiamò invocando il mio aiuto. Accorsi sul posto e mi disse che era stato sparato da Russo. Ritornammo alla mia abitazione di campagna, dove gli prestai una camicia, e poi lui ritornò da solo a Cassano.

– Russo ha dichiarato che stava dormendo sotto un albero e Malomo lo aggredì. Ha anche detto di avere sparato prima due colpi e poi altri due per intimidirti, visto che stavi accorrendo con un bastone in mano…

Non è vero che dormiva sotto l’albero, io non ero armato di bastone e i colpi furono quattro a brevissima distanza l’uno dall’altro.

Ma Praino continua a contraddirsi: nella prima deposizione ha affermato di essere rimasto nella parte alta del vallone (un centinaio di metri circa, secondo gli accertamenti), mentre adesso si colloca ad una trentina di metri con la visuale parzialmente coperta da canne. Vedremo come andrà a finire.

Anche Italo Russo deve spiegare l’inverosimiglianza di essersi trovato tra le mani la rivoltella che, a suo dire, Malomo avrebbe perso durante la colluttazione, se mai vi fu colluttazione perché Malomo non ne portava nessun segno, come da referto medico. Interrogato sia dal Pretore che dal Giudice Istruttore conferma tutto, poi aggiunge:

Devo precisare che ho agito solo per difendermi. Malomo prima mi ha ficcato un dito in bocca e poi mi ha strappato la camicia. Non avevo intenzione alcuna di uccidere, lo dimostra il fatto che, avendo la pistola ancora due colpi in canna, se avessi avuto intenzione di uccidere Malomo avrei fatto esplodere quei due colpi nella sua direzione. Ciò viene anche convalidato dal fatto che feci esplodere altri due colpi in aria.

Intanto siamo arrivati al 7 settembre 1951 e Luigi Malomo è ancora ricoverato nell’Ospedale Militare di Catanzaro, dopo essere stato operato per l’estrazione della pallottola. Interrogato, ripercorre tutta la vicenda:

Il diciotto luglio, proveniente da Mantova ove mi trovavo in servizio militare, giunsi in paese in licenza. Russo mi fece sapere che intendeva parlare con me. Ricordo, anzi, che la sera della domenica successiva del mio arrivo in paese, mentre ero in compagnia di due amici, lo incontrai e lo salutai, ma egli mi rispose senza fermarsi. Il 31 luglio, dovendo rientrare al mio reggimento, mi recai in campagna per raccogliere un po’ di fichi d’india da portare con me a Mantova. Colà m’incontrai con Vincenzo Praino, il quale mi riferì, insistendo, che Russo voleva parlarmi e che andassi da lui che si trovava nella limitrofa proprietà. Cedendo alle insistenze di Praino, mi recai da Russo e costui subito intimò a Praino di allontanarsi dicendogli “Grazie e allontanati subito”. Appena Praino si allontanò, egli estrasse una pistola e rivolto a me disse “Fermati!”. Piangendo gli dissi che nulla gli avevo fatto di male e che pertanto il suo atteggiamento era del tutto ingiustificato, ma Russo non volle intendere ragione e senza neppure rispondere, con l’arma già spianata contro di me esplose ben quattro colpi, di cui tre andarono a vuoto e il quarto mi attinse vicino alla clavicola sinistra. Russo sparò dalla distanza di quattro passi appena, mirando sempre alla testa, tanto che intesi i proiettili andati a vuoto sibilarmi vicino le orecchie.

– Avevi questioni aperte con Russo per il fatto di tua sorella?

Con Russo non ho mai avuto niente a che dire, né prima, né dopo e né durante il suo fidanzamento con mia sorella. Preciso che io non potevo oppormi al suo fidanzamento con mia sorella in quanto a quel tempo mi trovai sempre lontano in servizio militare a Mantova.

– Praino ha dichiarato che eri tu a cercare Russo e non il contrario e che avete colluttato ed i colpi sono partiti mentre eravate avvinghiati…

Quanto Praino ebbe ad affermare è tutto falso. La verità dei fatti è quella da me oggi esposta. Nego nel modo più assoluto che tra me e Russo vi sia mai stata colluttazione di sorta, tanto più che non ci sarebbe stato motivo. Forse Praino ha mentito perché, essendo stato egli stesso a condurmi alla presenza di Russo nella proprietà di costui, si sente colpevole anch’egli. Di vero c’è soltanto che io, dopo essere stato ferito, invocai il suo aiuto e fui da lui soccorso.

– Russo invece dice che tu lo hai aggredito, che l’arma era tua e gliel’hai fatta sentire sullo stomaco, poi l’hai persa mentre colluttavate, lui l’ha presa e per difendersi ha sparato.

Ugualmente false sono le affermazioni di Russo. Nego che io sia mai venuto a colluttazione con lui e in particolare nego di averlo aggredito ficcandogli un dito in bocca o appoggiandogli un’arma allo stomaco. Affermo, al contrario, che io non avevo neppure un chiodo. I fatti si sono svolti così come li ho narrati.

Una brutta gatta da pelare, anche se una circostanza dovrebbe essere certa: la ferita riportata da Luigi Malomo non presentava le caratteristiche tipiche di quelle che si riscontrano solitamente quando si spara a bruciapelo e quindi questo dovrebbe dimostrare che Luigi Malomo ha detto la verità, ma gli inquirenti vogliono esserne assolutamente certi e mettono a confronto i tre protagonisti della vicenda. I primi sono ferito e feritore:

RUSSO: Mi hai aggredito nella mia proprietà mentre dormivo sotto una quercia. Perché mi hai aggredito? Forse ho fatto qualcosa di male a tua sorella? Mi hai aggredito con la pistola e il colpo è partito a bruciapelo mentre eravamo a terra avvinghiati!

MALOMO: Brutto disgraziato, quel giorno avevi deciso di togliermi la vita! Tu hai sparato al mio indirizzo alla distanza di circa quattro metri! Mi hai mandato a chiamare per Praino e volevi giocarmi un brutto scherzo. Ricordati che quando mi hai puntato la pistola contro dicesti “Carogna, disgraziato, difenditi!”. Hai tramato bene e se ti riusciva ad uccidermi non mi avresti pagato un soldo giacché l’aggressione è avvenuta nel tuo fondo.

Poi Russo e Praino.

RUSSO: Dì la verità, tu eri con un bastone e stavi anche per aggredirmi. Io fui costretto a difendermi da tutti e due voi.

PRAINO: Tu affermi cose false io non avevo bastone e tanto meno mi sono avvicinato a te. Ho sentito semplicemente grida di aiuto di Malomo e gli ho prestato soccorso. È certo che tu non dormivi o riposavi sotto la quercia. Ignoro se l’arma fosse tua o di Malomo. Le tue discolpe non ti servono, quello che affermi non è vero e mira soltanto a creare pasticci e seccature anche per me!

Quindi Malomo e Praino.

MALOMO: Tu mi hai detto che Russo voleva parlarmi e tu mi accompagnasti fino ad una certa distanza dal posto ove si trovava Russo. Ricordati che ti impose di fermarti e tu ti fermasti. Hai certamente veduto bene come si svolsero i fatti e mi prestasti soccorso.

PRAINO: È vero che mi fermai dietro intimazione di questi, ma non è vero che sia stato io a dirti che Russo voleva parlarti e non è vero che io abbia visto esattamente lo svolgimento dei fatti poiché sono rimasto distante circa cinquanta metri e la visuale mi era impedita dal canneto.

Un fiasco, ognuno dei tre resta sulle sue posizioni e adesso bisogna procedere con le richieste della Procura, che deve districarsi tra le tre versioni dei fatti.

Intanto, per le continue contraddizioni nelle varie deposizioni e confronti, il Pubblico Ministero ritiene che il deposto del Praino non può assolutamente essere atteso. Quindi restano due versioni del fatto. Poi il Magistrato contesta all’imputato la circostanza di essere andato dal medico per farsi riscontrare le escoriazioni solo il giorno dopo il fatto e pertanto ritiene che in tal modo volle crearsi un alibi per quanto andava a sostenere a sua discolpa. Poi continua la sua relazione: ciò detto, se inconsistenti debbono considerarsi e le discolpe del prevenuto e il deposto del teste Praino, devesi concludere che di fronte a così fitto ginepraio sembra più che attendibile la versione data ai fatti dalla parte offesa, versione dettagliata, circostanziata, che trova il suo saldo fondamento negli accertamenti generici. In conclusione è stata pienamente acclarata la colpevolezza del giudicabile in ordine a tutte le imputazioni a lui scritte e va, pertanto, chiesto il suo rinvio alla competente Corte di Assise di Cosenza per rispondere di tentato omicidio e porto abusivo di arma da fuoco.

Il 6 agosto 1952 il Giudice Istruttore presso il Tribunale di Castrovillari accoglie la richiesta e la discussione della causa viene fissata per il 4 febbraio 1953.

L’avvocato Baldo Pisani, difensore dell’imputato, visto l’andamento del dibattimento chiede che il reato venga derubricato a lesioni aggravate ed assolto per legittima difesa, mentre l’accusa chiede la condanna per i reati ascrittigli.

La Corte, letti gli atti ed ascoltati i testimoni, accoglie parzialmente le ragioni della difesa e, modificato il titolo del reato, lo ritiene responsabile di lesioni personali volontarie aggravate e di porto abusivo di rivoltella, con l’attenuante dello stato d’ira determinato da fatto ingiusto della parte offesa e lo condanna a mesi 18 e giorni 7 di reclusione, oltre ai danni, alle spese e alle pene accessorie.

Il ricorso in appello, firmato dagli avvocati Baldo Pisani e Luigi Gullo, porta la Corte ad emettere la seguente sentenza: In riforma della sentenza appellata dall’imputato, dichiara non doversi procedere a carico di costui in ordine alle imputazioni di lesioni personali volontarie con arma e di omessa denunzia di rivoltella perché tali reati sono estinti per amnistia. Conferma nel resto la sentenza appellata e dichiara condonata per intero la pena di mesi 4 di reclusione inflitta al Russo per il reato di porto abusivo di pistola.[1]

È il 26 aprile 1955.

[1] ASCS, Processi Penali.