Il 22 luglio 1933 la ventitreenne Faustina Frega sporge querela contro il suo coetaneo Antonio Fornari, entrambi abitanti nel comune di Castrovillari, per violenza carnale, con l’aggravante dell’abuso di relazioni di prestazione d’opera. La giovane sostiene che circa sei mesi prima, Fornari la sorprese da sola mentre lavava della biancheria in contrada Cammarata, l’afferrò e di peso la trasportò in un vicino canneto ove, dopo averla adagiata per terra la violentò, nonostante avesse opposto viva resistenza ed avesse con grida disperate invocato aiuto, alle quali accorse il ragazzo Raffaele Cortese. Il ragazzo tredicenne viene chiamato a deporre e dichiara che, trovandosi nelle vicinanze del canneto, udì le urla di Faustina, accorse e vide la ragazza supina a terra con la gonna alzata e le mutande abbassate, mentre Fornari le stava sopra nell’atto di possederla. Bisognerebbe ascoltare il querelato per sentire la sua versione dei fatti, ma è sparito dalla circolazione, così le indagini, con gli elementi acquisiti, si concludono, il 12 marzo 1934, con la sentenza rinvio a giudizio di Antonio Fornari davanti alla Corte di Assise di Cosenza, emessa dal Giudice Istruttore del Tribunale di Castrovillari.
Il 6 giugno successivo si discute la causa e c’è subito una sorpresa: Antonio Fornari, fino a questo momento latitante, si costituisce in aula e viene subito interrogato:
– Sono innocente, non ho commesso violenze, ma ammetto soltanto di avere avuto soventi rapporti intimi con Faustina Frega la quale, ad ogni modo, ha concesso e concede tutt’ora i suoi favori a tutti!
Parole forti che contrastano con le risultanze dell’istruttoria ma, ovviamente, bisognerà aspettare la discussione in aula, perché è in aula che si formano le prove, e trarre le dovute conseguenze.
La Corte, letti gli atti ed ascoltati i testimoni dimostra di avere le idee chiare ed esordisce osservando: gli elementi di prova in base ai quali, secondo l’accusa privata e pubblica, si dovrebbe affermare la responsabilità dell’imputato per il delitto di violenza carnale, sono la dichiarazione della parte offesa e la deposizione del teste oculare Cortese Raffaele; la Corte però ritiene che non possano giustificare una sentenza di condanna. E spiega, con una dura e patriarcale reprimenda, secondo la cultura dominante, del comportamento di Faustina e, evidentemente, delle donne in generale che dovessero trovarsi in situazioni analoghe: è equivoca la dichiarazione della parte lesa innanzi tutto perché tardiva, essendo la querela stata proposta dopo circa sei mesi dal fatto, e poi perché il comportamento tenuto da Frega Faustina mentre subiva il congresso carnale è incompatibile col concorso degli estremi della violenza. Difatti, a parte che è assai difficile per un uomo compiere un coito se la donna risolutamente si oppone, a meno che la vittima per ragioni di età o di minorate facoltà mentali, non sia in grado di opporre alcuna resistenza, il che nella specie non ricorre, essendo la Frega una giovane di ventitré anni sana e robusta; è per lo meno strano che essa, nel momento in cui avrebbe subito la violenza, sia rimasta tranquillamente sdraiata in mezzo al canneto in posizione supina con le vesti alzate e le mutande abbassate, senza fare alcun movimento né con le braccia, né con le mani e limitandosi soltanto ad invocare aiuto. Queste modalità fanno pensare ad una Frega che desidera ed aspetta l’amplesso, piuttosto che ad una Frega che si oppone all’assalto del maschio, non potendosi soltanto in base a semplici grida, se pure vi furono, ritenere gli estremi della violenza. E questo convincimento è rafforzato sia dal fatto che la Frega non si contestò con alcuno dell’occorsogli anzi, come ha ammesso, divenne per vario tempo l’amante del Fornari, sia dall’aver concesso anche ad altri i suoi favori e sia ancora dallo strano contegno tenuto oggi in udienza in quanto, nonostante i reiterati inviti fattile, ha risposto di non ricordarsi delle modalità del fatto. Eppure si tratta di un fatto molto importante, che segna addirittura i destini di una giovane donna. Né ritiene sufficiente la deposizione del teste tredicenne Raffaele Cortese, che avrebbe dichiarato di essersi avvicinato al canneto a seguito delle grida di aiuto emesse dalla Frega ed aver sorpreso i due che si congiungevano.
Poi offre una lettura completamente diversa del fatto e con protagonisti finora sconosciuti: Se la Frega non fece alcun atto di resistenza, che è istintivo e preliminare in chi subisce una violenza, se ne deve logicamente dedurre, o per lo meno dubitare, che non emise neanche delle grida e così sorge grave dubbio che il Cortese al riguardo ha dovuto ricevere l’imbeccata dai suoi padroni, i fratelli Zumpano, nemici del Fornari, i quali hanno voluto esercitare una vendetta, d’accordo e coadiuvati dalla Frega, che si è voluta vendicare del Fornari per averla abbandonata. Onde ritiene la Corte che di vero nella deposizione del ragazzo Cortese non vi ha che il fatto che, andato egli per caso nel canneto, vi sorprese quei due nell’atto che si congiungevano come con perfetta precisione di dettagli ebbe a riferire. E che successivamente la Frega, memore di ciò, l’ha invitato a deporlo, aggiungendovi la circostanza di essere accorso nel canneto alle di lei grida e non casualmente. Non resta pertanto che un congresso carnale consenziente, che però costituisce il reato di atti osceni, pure addebitato al Fornari. È irrilevante ai fini degli estremi della pubblicità che in prossimità del luogo in cui la copula si è consumata vi sia o non una via pubblica o un sentiero di campagna, perché secondo il concetto più largo del codice penale vigente, basta che il luogo sia aperto al pubblico, che vi sia, in altri termini, la possibilità di accedere in esso o potere comunque vedere l’atto osceno e tale possibilità offre certamente un canneto sito in aperta campagna, in quanto sia i proprietari dei fondi limitrofi, sia un qualunque viandante possono andarvi e vedere ciò che ivi avviene, il che del resto è confermato dal fatto che il teste Cortese vide i due in quell’atteggiamento osceno.
Quindi rapporto sessuale consenziente, ma consumato in luogo esposto al pubblico. Antonio Fornari se la cava per il reato più grave, ma deve essere condannato per un reato contestatogli in udienza: per tale reato devesi affermare la responsabilità del Fornari e stimasi congrua la pena di mesi sei di reclusione, della quale è opportuno sospendere l’esecuzione, avuto riguardo ai suoi ottimi precedenti (essere rimasto latitante per dieci mesi e mezzo è certamente un ottimo precedente). L’imputato condannato è soggetto a tutte le conseguenze penali e civili della condanna, comprese le spese a favore della parte civile, ma non i danni, che non possono competerle pel reato per cui si è ritenuta la responsabilità del Fornari.[1]
La domanda, per un ignorante in materia di diritto penale come me, è sempre la stessa: se non è stata commessa una violenza sessuale ma è stato consumato un rapporto consenziente tra due maggiorenni in un luogo esposto al pubblico, il che comporta il reato di atti osceni, perché condannare solo il maschio? Forse la donna che si concede sessualmente mostrando le proprie nudità non commette reato?
[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.