MIO SUOCERO

Il primo gennaio 1943 Esterina Mollame, 17 anni, e Fioravante Guercio, 20 anni, si sposano a Scigliano e vanno ad abitare in campagna con i genitori di lui. Ma non passano che pochi giorni e lo sposino riceve la cartolina di precetto: deve partire per il fronte!

Esterina vorrebbe tornare a casa dei propri genitori, ma Fioravante insiste perché resti con i suoi per aiutarli nei lavori campestri e la sposina ubbidisce, seppure a malincuore.

Dal giorno che Esterina e Fioravante si sono salutati abbracciandosi e baciandosi alla stazione di Scigliano sono passati poco più di cinque mesi quando, il 21 giugno mattina, la suocera ordina alla nuora di andare a tagliare erba per i buoi. Esterina prende la falce e quant’altro le occorre e fa per avviarsi, ma Carmine, il suocero, la ferma e le dice:

– Vieni con me a tagliare felci.

– No, devo andare a fare erba per gli animali, me l’ha ordinato vostra moglie – risponde.

Perlamadonna ti ho detto di venire con me se no ti prendo a bastonate! – se le cose stanno così, Esterina, presa da paura, lo segue.

Giunti nel posto dove dovrebbero tagliare le felci, Carmine afferra la nuora per le braccia e, con una specie di grugnito, le dice:

Sei disposta a fottere con me?

– No! – urla, cercando di divincolarsi, ma il suocero è troppo più forte di lei e la butta a terra, poi le alza la gonna, le toglie le mutande e la violenta selvaggiamente.

Perlamadonna se parli con qualcuno ti ammazzo! – la minaccia mentre le volta le spalle per orinare sul tronco di un albero.

– No… ve lo prometto… posso tornare a casa? – gli risponde mentre, rannicchiata, cerca di ricomporsi alla meglio.

– Vattene!

Piangendo, Esterina si avvia e durante il tragitto butta con un gesto di rabbia la fune e la falce che ha con sé, poi incontra un ragazzo, Rosario Sirianni, e gli chiede di accompagnarla in paese dai Carabinieri. Rosario, turbato per l’aspetto orribile della ragazza, capisce che le è accaduta qualcosa di grave e accetta.

Arrivati a Scigliano, prima di arrivare in caserma, Esterina incontra la suocera, che nota il suo aspetto orribile e gliene chiede conto.

Lasciatemi in pace, vi prego, devo andare dal Maresciallo – le risponde cercando di allontanarsi. La suocera, intuendo che qualcosa di grave deve esserle successa, cerca di trattenerla, ma Esterina riesce a svincolarsi e, visto il Maresciallo che casualmente sta passando vicino a loro, di corsa lo raggiunge e si fa accompagnare in caserma, mentre la suocera sgattaiola via.

Dalla partenza di mio marito e fino a venti giorni fa, nulla di anormale si era mai verificato nei rapporti tra me e mio suocero, fino a quando, cioè, con parole o con atti mi ha fatto chiaramente intendere che desiderava con me congiungersi carnalmente. Anzi, un giorno, afferratami per le braccia, ha cercato di buttarmi sul letto, ma io ho opposto resistenza e l’ho minacciato di fare denunzia… che faccio adesso…

Qualche giorno dopo viene interrogata dal Pretore e aggiunge:

Dopo che ho fatto la querela, più volte mio suocero mi ha minacciata di morte, qualora avessi persistito nel procedimento penale iniziato contro di lui, anzi, chiese che fosse fatta la remissione della querela. Io dapprima ho opposto un rifiuto, ma per consiglio di un’altra persona gli ho promesso di fare la dichiarazione di remissione per cui, d’accordo, si era fissato il giorno dodici luglio per recarci dal Maresciallo dei Carabinieri. Io sono andata con mio padre, ma mio suocero non si è fatto vedere e quindi con mio padre ci siamo avviati verso la campagna… – Esterina interrompa il racconto perché comincia a piangere ed il petto è scosso dai singhiozzi. Ci vuole un po’ di tempo perché si calmi e, a fatica, continua il racconto, che adesso si fa veramente drammatico – giunti in contrada Savuto abbiamo incontrato mio suocero il quale, col fucile spianato, ha minacciato mio padre imponendogli di allontanarsi e costringendomi, nello stesso tempo, a seguirlo… tre giorni, tre giorni mi ha costretta a sottostare a ripetuti congressi carnali… tre giorni di violenza, durante i quali più volte mi ha percossa! Poi, durante la notte del 16 luglio, mi ha lasciata libera e quindi ho potuto raggiungere la casa paterna

Il Pretore, però, sa già tutto perché il padre della ragazza è già stato dai Carabinieri di Grimaldi per denunciare Carmine Guercio il quale, con minaccia a mano armata di fucile, aveva rapito a fine di libidine la figlia. E aveva precisato che quando avvenne l’incontro tra lui, la figlia e Guercio, questi con il fucile spianato impose a lui di allontanarsi senza voltarsi indietro e, presa la nuora per un braccio, la trascinò con sé. Ebbe però modo di vedere e sentire la figlia che gridava e piangeva.

Carmine Guercio viene arrestato e interrogato:

Ammetto di avere avuto con me mia nuora almeno per una notte e di avere dormito in aperta campagna… la denunzia contro di me è la conseguenza del desiderio di mia nuora di vivere da sola, ho i testimoni…

Ma i testimoni lo smentiscono.

Con sentenza del Giudice Istruttore di Cosenza del 26 maggio 1944, Carmine Guercio viene rinviato al giudizio della Corte d’Assise del capoluogo bruzio per rispondere di violenza carnale continuata aggravata dai rapporti di parentela, atti osceni in luogo pubblico, ratto di donna maritata a fine di libidine, violenza privata ai danni di Mollame Carmine, porto abusivo di fucile, detenzione abusiva di fucile.

La causa si discute il 9 settembre 1944 e la Corte sgombra subito il campo da ogni possibile dubbio: le dichiarazioni rese da Esterina Mollame prima all’Arma dei Carabinieri e dopo all’Autorità Giudiziaria devono essere prese come rispondenti a verità, poiché non vi è fatto alcuno che possa fare ritenere sian le stesse conseguenza di odio o di rancore contro l’imputato e, quindi, non può dubitarsi che il Guercio si sia con la violenza, e per più volte, congiunto carnalmente con la propria nuora. La Corte non ha nessun dubbio nemmeno su quanto accaduto in seguito: le affermazioni di Esterina Mollame intorno all’episodio verificatosi nel giorno 12 luglio 1943 sono confermate dal padre della stessa ed in qualche punto non sono neppure contrastati dall’imputato. I tre concordano sul fatto che la Mollame, separatasi dal padre, seguì Guercio: da quel momento padre e figlia non si videro più e quindi non poterono mettersi d’accordo ai danni dell’imputato.

Quando viene chiamato a deporre il Maresciallo Crea, comandante la stazione di Scigliano, rivela qualcosa che fa capire ancora meglio la personalità dell’imputato:

In casa dell’imputato si trovò per qualche tempo una ragazza che era stata procreata da Guercio con sua cognata. Mi risulta che la ragazza poi ritornò alla casa materna per l’intervento dei Carabinieri perché l’imputato si opponeva al ritorno presso la madre. Risulta pure dagli atti che la ragazza, al momento dell’allontanamento dalla casa di Guercio, si trovava in stato di gravidanza e che tale stato era dovuto a Guercio. Si tratta, quindi, di una persona che se non ebbe rispetto alcuno ad avere rapporti carnali con una propria figlia, dovette averne ancora di meno per congiungersi carnalmente con persona estranea alla propria famiglia

Un colpo micidiale alla già compromessa figura di Carmine Guercio.

Ma è il momento di tirare le somme e quantificare la pena da infliggere: tenuto conto della natura del delitto, del danno derivato alla persona offesa, della capacità a delinquere dell’imputato, già altra volta condannato, stimasi equo, per il delitto di congiunzione carnale condannare l’imputato ad anni 4 di reclusione, aumentati di mesi 6 per l’aggravante dell’abuso di relazioni domestiche e poscia di anni 1 per la continuazione; ad anni 3 e mesi 6 per il delitto di ratto in danno di donna coniugata; ad anni 2 per il delitto di violenza privata in danno di Carmine Mollame. In totale fanno anni 11 di reclusione, più pene accessorie, spese e danni.

È il 9 settembre 1944.

Il 3 marzo 1950 la Corte d’Appello di Catanzaro dichiara condonati anni 3 della pena.[1]

[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.