L’UXORICIDA

Sono i primi giorni della primavera del 1910 quando Gennaro Mollo, trentaquattrenne di Roggiano Gravina, torna dall’America più povero di quando era partito e, ozioso e vizioso quale lo descrivono i paesani, pretende vivere a carico della moglie Rosa Perrotta, che gestisce un piccolo negozio di commestibili. Ma Rosa non ci sta, insiste perché Gennaro torni a fare il bracciante come faceva prima di partire e cominciano le liti, i maltrattamenti e le botte.

No, così non può continuare e Rosa pensa seriamente alla separazione, scatenando l’odio del marito, che a sua volta medita, si, di separarsi, ma a modo suo.

È la sera del 31 agosto 1910, Rosa chiude il negozietto e si avvia verso casa attraversando la Piazza Re d’Italia, immersa nel buio. All’improvviso le si para davanti Gennaro con una rivoltella in pugno che, senza dire una parola, gliela scarica addosso freddandola all’istante e poi sparisce nelle tenebre.

I Carabinieri indagano e ovviamente, conoscendo i precedenti tra marito e moglie, i sospetti che a commettere cinicamente il delitto cadono immediatamente su di lui e viene spiccato un mandato di cattura per omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi. Roba da ergastolo, ma il problema è che Gennaro Mollo si è come volatilizzato. Sicuramente non è tornato in America clandestinamente perché soldi non ne ha e non si capisce dove possa essere finito, ma la Giustizia deve fare il suo corso e, raggiunta una quantità di prove sufficiente, la Sezione d’Accusa, il 19 luglio 1911, lo rinvia al giudizio della Corte d’Assise di Cosenza, riemettendo il mandato di cattura, che nemmeno questa volta può essere eseguito per la irreperibilità dell’imputato e quindi il dibattimento deve essere tenuto con il rito contumaciale.

Si attende quasi un altro anno e finalmente, il 14 giugno 1912, la Corte d’Assise condanna l’imputato alla pena dell’ergastolo con tutte le conseguenze di legge e, come prescritto in caso di condanna all’ergastolo in contumacia, la sentenza viene affissa alla porta della sala d’udienza della Corte ed alla porta della casa ove Mollo ebbe l’ultima dimora.

Ma passano gli anni e Gennaro Mollo è sempre uccel di bosco.

Scoppia la Prima Guerra Mondiale e ancora non se ne hanno notizie; finisce la guerra e niente. Sorge anche il sospetto che se ne sia andato in Veneto e sia morto sotto un bombardamento, ma non ci sono riscontri.

Gli anni continuano a passare, nasce il Partito Comunista Italiano, i fascisti marciano su Roma e prendono il potere, gli oppositori vengono aggrediti e bastonati, i socialisti Antonio Piccinini e Giacomo Matteotti barbaramente assassinati, il fascismo diventa regime dittatoriale, viene approvato il nuovo Codice Penale che reintroduce la pena di morte, viene istituito il Tribunale Speciale che commina molte condanne a morte, vengono commessi altri omicidi di oppositori politici, viene impiegato il gas in Libia per reprimere la resistenza anti italiana; poi l’aggressione all’Etiopia, l’intervento nella guerra Civile Spagnola e le leggi razziali; l’invasione dell’Albania, la firma del Patto d’Acciaio con la Germania nazista, lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e l’intervento dell’Italia. Il mondo è cambiato precipitando nell’abisso, ma di Gennaro Mollo nessuna notizia.

Poi accade una cosa strana: il 21 dicembre 1940 a Mentone, comune della Francia meridionale occupato dagli italiani il 22 giugno precedente, viene fermato per motivi di ordine pubblico un operaio italiano. Dice di chiamarsi Giuseppe Perrotti ma non gli credono, forse è un oppositore fascista che si è rifugiato lì. Approfondendo le indagini si scopre che effettivamente è un nome falso, ma non si tratta di un antifascista, è un assassino e il suo vero nome è Gennaro Mollo! Ecco dov’era finito l’uxoricida.

Mollo viene arrestato e trasferito nel carcere di Cosenza. Viene disposta la celebrazione del nuovo processo col rito ordinario, che si tiene il 3 luglio 1941.

Il difensore di Mollo presenta subito un’istanza con la quale chiede che si dichiarino estinti i reati ascritti per sopravvenuta prescrizione. Cosa? Un omicidio prescritto?

Si, è così e il Pubblico Ministero non può che esprimere parere favorevole, ma chiede che l’imputato sia processato per il reato di false generalità.

È la Corte a spiegare il perché della prescrizione: tenendo presenti gli atti e le richieste della difesa e del Pubblico Ministero, essendo stato il delitto di omicidio commesso il 31 agosto 1910, secondo il vecchio Codice Penale la prescrizione estingue l’azione penale in venti anni se all’imputato si sarebbe dovuto infliggere l’ergastolo, come per l’imputazione di omicidio premeditato fatta a Mollo. Il corso della prescrizione fu interrotto prima della sentenza della Corte d’Assise di Cosenza del 14 giugno 1912, che lo condannò, in contumacia, all’ergastolo, indi, dalla notifica, mercé pubblicazione della stessa fatta in data 25 giugno stesso anno. Da questa data, perciò, deve computarsi il decorso dei venti anni, sicché il 25 giugno 1932 si è completato il ciclo della prescrizione dell’azione penale. Né potrebbe dirsi che con la pronunzia della sentenza di condanna non debba intendersi iniziato il ciclo della prescrizione dell’azione penale.

Per questi motivi la Corte dichiara non doversi procedere contro Gennaro Mollo per i reati addebitatigli per essere i reati estinti per prescrizione e ordina la scarcerazione dell’imputato, se esso non debba rispondere nello stato di custodia per altra causa e trasmette gli atti al Pubblico Ministero per l’eventuale procedimento a carico di Gennaro Mollo per il reato di false generalità.[1]

È il 3 luglio 1941, in Russia comincia la controffensiva per respingere gli invasori e comincia il calvario del soldati italiani mandati allo sbaraglio.

Solo per Gennaro Mollo le cose vanno a meraviglia.

[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.