Il 10 gennaio 1913 il Sostituto Procuratore del re Carmine Nardomeo viene informato che nella contabilità della Cooperativa di Credito LA DEMOCRATICA ci sono delle irregolarità. Nello specifico, gli amministratori non avrebbero ottemperato all’obbligo di legge di presentare presso la cancelleria del Tribunale di Cosenza, entro i primi otto giorni del mese, la situazione contabile del mese precedente. Nardomeo, accompagnato dal suo segretario, va in cancelleria e si fa consegnare tutta la documentazione relativa. La esamina attentamente e rileva che la Cooperativa è stata costituita il 9 ottobre 1910 e trascritta nel registro delle società il 14 novembre successivo col numero 126. Accerta che gli amministratori della Cooperativa hanno in effetti omesso di presentare ben 15 dichiarazioni sulle 25 dovute, violando l’articolo 177 del Codice Commerciale. Nardomeo chiede formalmente al cancelliere se avesse mai constatato le inadempienze e se, eventualmente, ha provveduto a fare la relativa segnalazione per iniziare un procedimento penale a carico degli amministratori
– No… non ho fatto alcuna segnalazione – ammette il cancelliere.
Ma perché tanto zelo e tanta velocità nell’accertamento delle inadempienze da parte del Sostituto Procuratore? Semplice: gli amministratori della Cooperativa LA DEMOCRATICA sono i pericolosi socialisti
Pietro Mancini, avvocato – Presidente del Consiglio di Amministrazione;
Luigi Carci, avvocato – Direttore della Cooperativa;
Francesco Sicoli, medico chirurgo – Consigliere;
Domenico Cilento, avvocato – Consigliere;
Annibale Mari, ingegnere e professore – Consigliere;
Salvatore Scavello, calzolaio – Consigliere;
Antonio Pranno, tipografo – Consigliere;
Pietro Leo sarto – Consigliere.
Ma cosa è e di cosa si occupa la Cooperativa Democratica? L’articolo 1 dello Statuto dice che è una Società anonima di piccolo credito e che ha lo scopo di aiutare l’operaio al lavoro produttivo, di abituarlo al risparmio, di sottrarlo, per quanto è possibile, all’usura e di favorirne il suo miglioramento intellettuale, morale ed economico. L’articolo 11 dice che la Cooperativa a) accorda sovvenzioni cambiarie purché sull’effetto figuri almeno la firma di un socio; b) concede anticipazioni sulle fatture o note di lavori eseguiti per conto di pubbliche amministrazioni o di privati notoriamente solubili; c) riceve depositi in numerario rilasciando buoni a scadenza fissa o libretti a risparmio; d) esercita, all’occorrenza, il il risconto del proprio portafoglio presso maggiori Istituti di Credito; e) deposita presso maggiori Istituti di Credito le somme giacenti in cassa che eccedono il fa bisogno ordinario.
Un grande passo in avanti per una città immobile.
Dopo un primo momento di smarrimento e incredulità, Pietro Mancini parte all’attacco e scrive una dura lettera al Procuratore del re
Nell’interesse dei suddetti Amministratori, il sottoscritto si pregia di far notare alla S.S.I. che l’obbligo di presentare alla Cancelleria del Tribunale le situazioni mensili non incombe alle Società Cooperative, ma bensì incombe solamente alle Società Anonime che hanno per oggetto l’esercizio esclusivo del credito.
Difatti è indubitato che l’art 177 del Codice di Commercio, che prescrive appunto la presentazione delle situazioni, riguarda le anonime.
Né si potrebbe sostenere che la disposizione del detto articolo è applicabile pure alle Cooperative, a norma dell’art. 221 dello stesso Codice di Commercio, giacché questo art. non parla di situazioni.
Le Cooperative hanno solo l’obbligo di redigere e di depositare il bilancio annuale, a norma dell’art. 221, ma non hanno l’obbligo di presentare le situazioni mensili, perché la nostra legge commerciale non lo dice né con l’art. 221, né con altri.
La ragione di questo diverso trattamento usato alle Cooperative in confronto delle Anonime appare evidente se si considera che il Legislatore non ha voluto imporre un obbligo eccessivo alle Cooperative, le quali sono per lo più società di modesta forza finanziaria e non possono spesso avvalersi neppure dell’opera retribuita di un Ragioniere.
Questo concetto si ricava chiaramente dalla Relazione del Guardasigilli Zanardelli per l’attuale Codice di Commercio: “Dovendo essere sempre possibile l’aumento del capitale con l’ingresso di nuovi soci, e dovendo essere egualmente libero in ogni tempo di uscirne a coloro che non vi recherebbero i loro risparmi, se non potessero ritirarli facilmente in caso di bisogno, SI RITENNERO DEL TUTTO inapplicabili ALLE COOPERATIVE LE SEVERE NORME DETTATE PER LE SOCIETA’ IL CUI PRINCIPAL FINE E’ LA SPECULAZIONE”.
Se dunque lo spirito e la lettera degli articoli 177 e 221 del Codice di Commercio dicono chiaramente che le Società Cooperative di Credito non hanno obbligo di presentare le situazioni mensili nella Cancelleria del Tribunale, la minacciata contravvenzione non ha fondamento giuridico.
E questo non basta. Al di là dell’interpretazione degli articoli in questione, si apre una dura battaglia sulle competenze del Consiglio di Amministrazione: responsabile, secondo il Pubblico Ministero, delle mancate presentazioni mensili; incompetente in merito, secondo gli amministratori della Cooperativa i quali, ad ogni buon conto, provvedono a regolarizzare la pratica depositando in cancelleria le situazioni mensili mancanti.
Nardomeo è inflessibile e chiede al Giudice Istruttore il rinvio a giudizio per tutti gli imputati e, finalmente, il 28 febbraio 1914, il Giudice Istruttore Raffaele Scapaticci, acquisiti tutti gli elementi per valutare il caso, emette la sua sentenza: non doversi procedere contro gl’imputati predetti per non aver essi commesso il reato loro attribuito.
Pietro Mancini ha ragione ma la sua può essere una vittoria di Pirro perché il Pubblico Ministero ricorre in appello e la Sezione d’Accusa stabilisce che va rifatta l’istruzione.
Passerà un altro anno perché la Sezione d’Accusa emetta la sua sentenza: non doversi procedere per sopravvenuta amnistia del 29 dicembre 1914.[1]
In un modo o in un altro la Cooperativa è salva e solo questo conta.
[1] ASCS, Processi Penali
Tutti i diritti riservati. ©Francesco Caravetta
Il plagio letterario costituisce reato ai sensi dell’articolo 171 comma 1, lettera a)-bis della legge sul diritto d’autore, che sanziona chiunque metta a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche mediante connessioni di qualsiasi genere, un’opera protetta (o parte di essa).