Nel pomeriggio del 23 luglio 1940 una donna, Maria Rosaria De Luca di Belvedere Marittimo, si presenta nella clinica del dottor Oreste Spinelli camminando a fatica. Il medico, dopo averla attentamente visitata e scambiata qualche parola, prende un foglio di carta intestata della clinica e comincia a scrivere:
Al Signor Comandante i Carabinieri di Belvedere
Ho osservato alle ore diciotto De Luca Maria Rosaria che presenta nel corpo molte contusioni, di cui le principali sono situate sul dorso e sulle natiche e la più lunga (60 cm.) va dalla spalla sinistra all’iliaco destro, obliquamente da sopra in sotto, percorrendo tutta la scapola fino all’angolo inferiore, la regione sotto scapolare e, superando la cresta iliaca destra, sulla natica. Le altre lesioni sono più corte, ma della stessa larghezza (4 cm.). il colorito rosso livido (perché esse sono recenti) ed in alcuni punti escoriate. Sono state prodotte da colpi di voluminoso e lungo bastone (palo) e l’ultimo colpo è stato dato quando l’offesa, atterrata al suolo, si trovava tramortita in posizione prona, altrimenti non si potrebbe spiegarne la lunghezza. La scapola sinistra è probabilmente fratturata, ma per l’enorme gonfiore non si sente crepitazione. Per constatare la frattura sarà necessario l’esame radiologico. L’offesa è in stato di shock per cui risponde appena alle domande ed accusa anche dolore al ventre. Anche ai genitali si riscontrano contusioni. Altre lesioni sono possibili, ma non constatabili e sono necessarie altre indagini.
La guarigione potrà verificarsi in 30 giorni, salvo complicazioni.
Dr. Oreste Spinelli
Dopo averla medicata, il dottore rimanda la donna a casa.
Chi ha ridotto in queste condizioni Maria Rosaria De Luca?
La mattina dopo l’Appuntato Giuseppe Turco, comandante ad interim della stazione di Belvedere, va a casa della donna in contrada Palazzo per interrogarla.
– Ieri verso le 15,00 mio marito Raffaele Sangregorio mi chiese la chiave del magazzino. Io gli risposi di averla smarrita giorni fa mentre lavoravo in campagna, però la serratura è dotata di due chiavi, quindi in casa ve ne era ancora una… mio marito, non so perché, mi vuole poco bene e cercava il momento buono per potermi dare una delle sue solite fitte di legnate, infatti poco prima tentò di bastonarmi perché ad un mio bambino ammalato volevo si praticasse una cura di iniezioni ricostituenti, prescritte dal dottor Cascini. La chiave è stata la scusa, infatti colla pala che stava pulendo il grano trebbiato nella stessa giornata mi colpì ripetutamente, riducendomi nello stato in cui il medico ha constatato…
– Stando a quello che avete detto, vostro marito vi bastonava spesso…
– Mio marito mi ha sempre, subito dopo il matrimonio, bastonata e maltrattata, facendomi mancare spesso il necessario e col condurre in casa un regime di vita davvero insopportabile.
– In verità ho sentito dire che qualche volta avete rubato qualcosa a vostro marito…
– Non è vero che io rubo a mio marito perché, anche volendo, non potrei farlo in quanto lui ha sempre tenuto tutto chiuso in casa, financo il pane, tanto che io quando avevo bisogno di qualche tozzo di pane per me e per i bambini, dovevo chiederlo a lui…
Saputo che Raffaele Sangregorio è in paese, i Carabinieri lo rintracciano e lo portano in caserma.
– Ieri pomeriggio mi accorsi che mia moglie aveva smarrito la chiave di un mio magazzino. Nel rimproverarla, lei mi mal rispose ed io le diedi uno schiaffo. A ciò essa diventò furiosa minacciandomi di denunciarmi ed allora io, irato com’ero, colla pala che avevo in mano la colpii più volte…
– Ma ridurla in quello stato per una sciocchezza!
– Mia moglie è con me poco ubbidiente, ha poco affetto per la famiglia e, quando le riesce, ruba le provviste di casa, le vende e poi sperpera il denaro con i suoi amici ed amiche!
Sarà, ma per molti testimoni è vero che Raffaele tiene tutto chiuso a chiave e non sarebbe possibile rubargli nulla. Poi, quando viene ascoltato Ciriaco Liparoti, tutto comincia ad essere visto sotto una luce diversa:
– Mentre si trebbiava presso la casa di Raffaele Sangregorio, Vincenza Paletta, madre di costui, si lamentava concitatamente con la nuora perché aveva smarrito o nascosto la chiave del magazzino viveri. La suocera, che abita in altra casa, è andata via e Raffaele, rimasto solo, ha inveito contro la moglie, prima con parole offensive e poi con una pala…
– La De Luca ha risposto male al marito?
– La De Luca non dette causa alla cosa e si limitò a dire alla suocera ed al marito che involontariamente aveva smarrito la chiave… parecchie volte Raffaele ha bastonato la moglie per un nonnulla e ciò perché la madre lo eccita contro la moglie…
Adesso anche altri cominciano ad accennare alla figura di Vincenza Paletta.
– Il marito per un nonnulla la bastonava e la privava finanche del pane, specie perché istigato dalla di lui madre che, in effetti, è una donna inesorabile – assicura Maria Giuseppa Riente.
– Conosco bene gli elementi della famiglia Sangregorio perché parecchie volte li ho avuti in casa – racconta il dottor Vincenzo Cascini –. Maria Rosaria De Luca, ragazza semplice, lavoratrice ed onestissima, appartiene ad ottimo casato; Raffaele Sangregorio è una vera e propria bestia, violento e irragionevole; Vincenza Paletta, quasi prostituta ai tempi della sua giovinezza, siccome è notorio in questo paese, è donna malvagia, avara, linguacciuta, provocatrice. Nella famiglia Sangregorio è lei l’arbitra e, purtroppo, non tiene in alcun conto il marito ed il figlio e senza motivi di sorta, quasi dal primo giorno del matrimonio di Raffaele, istiga costui contro la innocente moglie, che ha sempre lamentato maltrattamenti con minacce, ingiurie, percosse da parte dell’inumano marito…
E Maria Rosaria cosa ha da dire sulla suocera?
– Nel seno della famiglia Sangregorio detti sempre prova di onesta laboriosità e di ubbidienza massima, ma ciò malgrado ho vissuto anni di pene, di sofferenze fisiche e mentali, di privazioni e tutto ciò, specie perché Raffaele, senza motivo di sorta, venne sempre istigato contro di me dalla mamma sua, donna di cattiva indole che non mi ha potuto mai vedere…
Vincenza Paletta. È necessario, secondo il Pretore, trarre in arresto anche lei con le accuse di concorso nel delitto di maltrattamenti in famiglia per avere istigato Sangregorio Raffaele a maltrattare la propria moglie e di concorso nel delitto di lesioni personali aggravate.
– Sono innocente giacché io per Maria Rosaria sono sempre stata una madre, l’ho trattata bene, ho lavorato per aumentare il patrimonio dei suoi figliuoli, non le ho fatto mancare nulla e non ho sparlato di lei. Il marito ha percosso qualche volta la moglie di santa ragione, senza alcuna istigazione da parte mia. Io non voglio dire niente contro mia nuora, ma chiamerò altra gente per acclarare chi sia io e chi sia la De Luca! Quando il 24 luglio Raffaele percosse sua moglie, io non ero presente, ma so che la causale deve ricercarsi nello smarrimento della chiave di un magazzino ad opera di mia nuora…
Nel frattempo Maria Rosaria viene ricoverata nella clinica del dottor Spinelli perché le cose non vanno affatto bene ed il medico lo scrive al Pretore di Belvedere Marittimo:
Vi comunico che ella, per lesione del midollo spinale, pronunziatasi in secondo tempo, fu ricoverata nella mia Casa di Cura.
Detta lesione non fu rilevata nel mio referto per lo stato di commozione e di incoscienza alla mia prima osservazione, per cui fu impedito un esame completo del sistema nervoso.
Al ricovero invece si resero subito evidenti, oltre la dolorabilità pronunziata sull’apofisi spinosa della terza vertebra lombare, la paraparesi con disturbi della sensibilità termica, tattile e dolorifica e le paresi della vescica e del retto.
Fu pertanto applicato apparecchio immobilizzante della colonna vertebrale, cioè busto gessato, che è tuttora in sito e sarà tolto tra dieci giorni.
Attualmente la De Luca è in via di sensibilissimo miglioramento avendo riacquistato la funzionalità della vescica e del retto e parte della sensibilità degli arti inferiori, che può muovere solo limitatamente.
Eugenio Spinelli, settantanovenne fratello del medico, è molto informato sulle cose della famiglia Sangregorio e non ha nessuna difficoltà a raccontarle:
– Dopo poco più di un anno dal matrimonio tra Raffaele Sangregorio e Rosaria De Luca, venni a sapere che la donna, a seguito dei maltrattamenti che riceveva dal marito, istigato dalla propria madre, aveva manifestato propositi di suicidio e poiché io ero e sono amico di tutte e due le famiglie, chiamai a me Rosaria e riuscii a calmarla e a farla allontanare dall’idea insana del suicidio e, nello stesso tempo, svolsi opera di persuasione verso Raffaele e sua madre per un trattamento migliore alla rispettiva moglie e nuora. Quando contestai alla Paletta i lamentati maltrattamenti su Rosaria, questa a sua discolpa disse che gli incidenti in famiglia erano dovuti più che altro al carattere irascibile della nuora, linguacciuta abbastanza, almeno così la Paletta affermava, soggiungendo che la nuora spesso sottraeva in casa qualche cosetta. Ho appreso giorni fa che per l’intervento di molti comuni amici si sta tentando una nuova riconciliazione fra i due detenuti da una parte e Rosaria De Luca dall’altra, anzi l’opera ultima di pacificazione devesi agli avvocati Nocito e Vanni, difensori degli imputati e di Gino Vidiri, i quali si sono recati alla casa di cura di mio fratello Oreste per parlare con Rosaria.
E sembra proprio che l’intervento degli amici abbia prodotto i suoi effetti. Il 21 agosto 1940, appena dimessa dalla clinica, Maria Rosaria si presenta spontaneamente davanti al Pretore:
– Dichiaro, ad ogni effetto di legge, che per intervento di comuni e buoni amici è intervenuto accordo tra me da una parte e mio marito e i miei suoceri dall’altra, in modo che saranno sistemati al più presto anche i rapporti patrimoniali tra i miei suoceri e la mia famigliola e che io, il mio consorte ed i nostri ragazzi formeremo una famiglia separata e distinta da quella dei genitori di mio marito.
– Quindi?
– Quindi rinunzio all’idea di costituirmi parte civile, non insisto nella domandata punizione di mio marito e di mia suocera. Anzi, concedo loro il più ampio perdono e chiedo vengano escarcerati d’urgenza giacché l’escarcerazione permetterà di definire ogni cosa con sollecitudine, specie nell’interesse mio e delle mie creature.
Impossibile, il reato è grave. Il 4 settembre 1940 la Procura chiede il processo per i due imputati e, accolta la richiesta, il dibattimento si tiene il 17 dicembre successivo.
Il Pubblico Ministero chiede che gli imputati siano condannati a 2 anni di reclusione ciascuno.
La difesa capisce che la condanna è sicura e chiede per i propri assistiti il minimo della pena con tutti i benefici di legge.
Il Tribunale Penale di Cosenza dichiara entrambi gli imputati colpevoli e li condanna a 1 anno di reclusione ciascuno, più pene accessorie e ordina la sospensione condizionale della pena inflitta.
Il 13 giugno 1941, la Corte d’Appello di Catanzaro conferma la condanna di primo grado.[1]
Ignoriamo se in seguito sia accaduto altro.
[1] ASCS, Processi Penali.