QUEI BRAVI RAGAZZI AMERICANI

Cosenza, via Messer Andrea, nove di mattina di sabato 25 aprile 1936. Giuseppe De Bonis, custode dei gabinetti di pubblica decenza, è seduto sulla sua seggiola all’ingresso dei cessi con un rotolo di banconote in mano, quando si presenta un giovane sui 24 anni, alto, magro, pallido, col viso allungato, vestito chiaro e con un berretto alla ciclista, il quale gli porge un paio di monetine ed entra per soddisfare il suo bisogno. Quando esce, il giovane attacca a parlare

– Non sono di qui, lavoro come impiegato presso la Ditta Vitale e sto facendo un giretto, visto che sono libero per effetto del turno

– Quando ne avete bisogno, è qui… – gli risponde indicando il cesso, quasi infastidito per essere stato interrotto mentre stava contando le banconote – buona passeggiata

Il giovane sorride, accenna un saluto e se ne va. De Bonis resta seduto a contare i suoi soldi, ma nota due giovanotti vestiti da operai che passano e spassano davanti al gabinetto e rimette i soldi nel portafogli, che ripone nella tasca interna della giubba, poi entra a dare un’occhiata ai cessi.

Passa una mezzoretta ed il giovane ripassa davanti ai gabinetti. Scorge De Bonis all’interno e, senza indugio entra nel locale e si mette in posizione. De Bonis gli volta le spalle e lo sconosciuto ne approfitta per armarsi di un’asse di legno destinata alla pulizia e quindi, proditoriamente, assesta due bastonate in testa al custode, che cade a terra intontito. Lo sconosciuto è un fulmine, è sopra il malcapitato, gli ficca le mani in tasca finché non trova il portafogli e se ne impossessa, dandosi a precipitosa fuga.

– Aiuto! Aiuto! Al ladro! – si mette ad urlare De Bonis appena riesce a rialzarsi ed uscire sulla strada, cercando di tamponare il sangue che gli cola sul viso. Accorrono i vicini e anche una Guardia Municipale alla quale riferisce le prime, incerte notizie su ciò che gli è capitato. Poi, siccome il sangue che esce dalle due ferite in testa non accenna a fermarsi, viene accompagnato in Ospedale. Se la caverà in una ventina di giorni.

– Ladro! Sembrava una persona per bene…

– Peppì, la colpa è tua… tuttu ‘u juarnu sta ccu sordi ari manu e tutti ti vidanu… e mò ti frichi!

Intanto la Questura indaga e, per la confidenza di tal Cossa Mario, accerta che la mattina della rapina, proprio alla stessa ora, i germani Raimondo ed Eduardo Cincinnato, accompagnati da tal Francesco Lenti, ‘u ghiegghiu, (rimasto sconosciuto), si erano diretti verso Corso Telesio, a breve distanza dai cessi pubblici. E quindi? Adesso facciamo che tre amici non possono passare vicino ai cessi pubblici? Ci mancherebbe, ma la Questura trova molto sospetto che De Bonis abbia raccontato di avere notato due giovanotti che passeggiavano avanti e indietro davanti ai cessi poco prima di essere rapinato da un altro giovanotto. È aritmetica, due più uno fa sempre tre, tre come i giovanotti segnalati dal confidente. È da questi tre che bisogna cominciare le indagini, è questo il filo conduttore. E forse è davvero la pista giusta perché la Questura fa cantare di nuovo l’informatore e la descrizione che fa della fisionomia di Raimondo Cincinnato – pregiudicato sottoposto a misura di pubblica sicurezza –, corrisponde alla descrizione del rapinatore, fatta da De Bonis, ma del terzo non c’è traccia adesso che non c’è più la certezza sul nome, perché pare essere falso. Addio.

Chiedendo in giro, magari accompagnando la domanda con qualche scappellotto, la Questura scopre che i fratelli Cincinnato, proprio il giorno della rapina, si sono allontanati da Cosenza per ignota destinazione. Una disdetta! Adesso che li prende più? In ogni caso vengono spediti telegrammi a tutte le Questure del regno con la richiesta di ricercare i due fratelli.

E la fortuna assiste la Questura di Cosenza perché, alcuni giorni dopo, Raimondo Cincinnato viene fermato a Bologna e immediatamente spedito a Cosenza.

– Dimmi le tue generalità

– Cincinnato Raimondo, nato nel 1916 a Roseville, California, Stati Uniti d’America

– Ah! Americano! E che te ne sei tornato a fare? – il Delegato lo sa benissimo che è nato in America, ma vuole fare il finto tonto per cercare di fargli dire qualcosa anche sui suoi trascorsi negli Stati Uniti

– Era diventato pericoloso restare…

– Hai ammazzato qualcuno lì?

– Macché! Ho sbagliato persona in un colpo e allora…

– Bene, che mi dici della mattina del 25 aprile?

– Lo confesso… sono stato io a rapinare quello dei cessi…

– Racconta come sono andate le cose

– È stato un caso, ero andato per un bisogno, lui mi fece vedere il portafogli pieno di soldi, ed io, vinta la sua resistenza facendolo cadere a terra dopo averlo colpito due volte alla testa con un pezzo di legno, glielo strappai e scappai…

– Sicuro? Pare che c’eri stato già una mezz’ora prima e che fuori a fare da palo ci fossero tuo fratello ed un altro giovanotto e quindi il delitto era stato organizzato per bene

– No, ero da solo ed è stata una cosa improvvisata, non c’ero mai stato prima. Mio fratello Eduardo lo incontrai dopo, mentre era in compagnia di un nostro amico, Carmelo Sposato, nel piazzale ferroviario e gli dissi che avevo vinto milleseicentocinquanta lire al lotto e li invitai a fare un viaggio insieme… così, tutti e tre, andammo alla stazione di San Fili e prendemmo il treno per Salerno dove, con tranvai, proseguimmo per Pompei e poscia, con carrozzella, raggiungemmo Napoli, ove acquistammo indumenti e tre biciclette con le quali, transitando per Roma, Civitavecchia, Grosseto e Pistoia, giungemmo a Bologna, dove demmo fondo al denaro. Poi ci dividemmo: mio fratello si diresse verso Rimini, Carmelo Sposato a Novara ed io rimasi a Bologna, dove mi fermarono

– E non mi dire che ti hanno creduto quando gli raccontasti della vincita…

– Si, poi a Bologna, poco prima di separarci, confessai che il denaro già speso proveniva da rapina

La Questura, a questo punto, scrive a Rimini e Novara chiedendo di ricercare gli altri due. Entro pochi giorni Eduardo Cincinnato viene rintracciato e portato a Cosenza

– Generalità

– Cincinnato Eduardo, nato nel 1917 a Roseville, California…

N’atru mericanu! Cosa hai da dire sulla rapina di cui sei accusato?

– Io non c’entro niente! È stato mio fratello, ma a me e a Carmelo Sposato lo ha detto quando a Bologna avevamo speso tutti i soldi! Figuratevi che Raimondo, dopo che ci raccontò della rapina, vendette la sua bicicletta per cinquanta lire e me ne regalò quindici!

È tutto così inverosimile, possibile che, conoscendo i trascorsi del fratello, Eduardo avesse creduto alla favoletta della vincita al lotto? No, non è possibile, evidentemente si sono messi d’accordo e la storia del lotto serve solo ad addossare su Raimondo tutta la responsabilità della rapina e di ogni altra minore imputazione per salvare Eduardo e Carmelo Sposato.

Ma Sposato, rintracciato e rimandato al luogo di residenza, Carpanzano, non racconta la stessa storia

– Della rapina non so proprio niente, a me Raimondo ha detto che i soldi li aveva vinti al lotto…

– Quindi a Bologna, prima di dividervi, non vi ha detto niente?

– A me, no. A Bologna finimmo i soldi e ci separammo. Io partii alla volta di Novara con la bicicletta. Giunto a Modena, però, la vendetti per quaranta lire e proseguii il viaggio. Giunto a Fiorenzuola d’Arda, trovandomi privo di mezzi, il 14 maggio venni rimpatriato con foglio di via obbligatorio, con ordine di raggiungere il Comune di Carpanzano entro quattro giorni, ordine a cui contravvenni poiché, giunto a Cosenza la sera del 18 maggio, oziosamente mi trattenni fino alle 23,30 del giorno successivo, quando fui riconosciuto dagli Agenti della Forza Pubblica e mi diedi alla fuga, ma fui raggiunto e arrestato

– Quindi sei di Carpanzano…

– Originario, sono nato a Buenos Aires nel 1913…

– Ma dal Nuovo Mondo tutti qui vi siete dati appuntamento? Comunque, ritornando al frutto della rapina, ti rendi conto che la storiella della vincita al lotto non è credibile?

– Io ci ho sempre creduto e non vi deve fare meraviglia la sua prodigalità verso di me, in quanto anche altre volte mi aveva fatto partecipe del frutto del suo lavoro

Concorso in rapina e lesioni lievi con l’aggravante del motivo abietto per tutti e tre; in più per Carmelo Sposato ed Eduardo Cincinnato la ricettazione delle somme provenienti da reato di rapina e per il solo Sposato anche la contravvenzione al foglio di via obbligatorio. Sono queste le motivazioni con le quali, il 10 novembre 1936, il Giudice Istruttore rinvia i tre mericani al giudizio della Corte d’Assise di Cosenza.

La Corte, su richiesta del Pubblico Ministero esclude l’aggravante del motivo abietto in quanto essa, riferendosi al fine di impossessarsi della cosa altrui, costituisce nota essenziale del concetto di rapina ed è stata convenientemente valutata allorché si è indagato circa il concorso degli estremi necessari per la sussistenza di tale delitto, onde una seconda valutazione importerebbe attribuire ad una circostanza di fatto una doppia funzione.

Chiarito questo aspetto, non resta che esaminare le singole posizioni per determinare le pene da infliggere, posto che la difesa di Eduardo Cincinnato e Carmelo Sposato ne ha chiesto l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato o almeno per insufficienza di prove o, in via subordinata, la loro condanna per omessa denuncia di cose provenienti da furto.

Per quanto riguarda Raimondo Cincinnato, la Corte, ritenendo di dover avere riguardo ai suoi buoni precedenti, morali e penali, al mezzo non micidiale usato, al danno non rilevante prodotto, al grado di pericolosità dimostrato, giudica equa la penna di anni 4 di reclusione e 6.000 Lire di multa per la rapina e anni 1 di reclusione per le lesioni (complessivamente anni 5 e L. 6.000), più pene accessorie.

Relativamente agli altri due imputati, è chiaro che non possono essere assolti dalla responsabilità di ricettazione. Non è concepibile che essi avessero davvero creduto che il denaro, con tanta prodigalità speso da Raimondo Cincinnato, anche nel loro interesse e per loro utilità,potesse essere pervenuto a costui da una vincita al lotto. E perché? Chi lo dice che se si vince al lotto non si può spendere tutto in bagordi con gli amici? Presto detto: in questo caso è materialmente impossibile, anche senza fare verifiche su eventuali giocate vincenti per quell’importo. È materialmente impossibile perché non si vince di sabato mattina e molto meno si può riscuotere la somma vinta! E infatti la rapina fu fatta di sabato mattina e di sabato mattina i tre partirono all’avventura con i soldi in tasca.

E poi, come mai i tre, accingendosi a fare un viaggio col denaro vinto al lotto, sentirono la necessità di iniziarlo non dalla stazione di Cosenza, benché si trovassero su quel piazzale, ma da una stazione di campagna ove si recavano alla chetichella ed a piedi. Evidentemente temevano che la loro partenza, se notata, potesse dar luogo a sospetti e fosse messa in rapporto con la rapina. Poi c’è il fatto che, dopo essere venuti a conoscenza della provenienza illecita del denaro, e quindi dei beni che ancora erano in loro possesso, Eduardo accettò le 15 lire proveniente dalla vendita della bicicletta e Carmelo Sposato la sua bicicletta la vendette, intascando le 40 lire.

Per la rapina non ci sono prove sufficienti, quindi Eduardo Cincinnato va condannato a mesi 6 di reclusione e lire 1.000 di multa, mentre Carmelo Sposato, recidivo specifico reiterato, alla stessa pena, aumentata di un terzo e cioè a mesi 9 e lire 1.500 di multa; poi c’è la contravvenzione al foglio di via per non essersi presentato all’Autorità di P.S. entro i termini assegnatigli, onde credesi giusto infliggergli mesi 1 di arresti.

Infine, la Corte osserva che non è il caso di ordinarsi la sospensione della esecuzione della pena nei confronti di Eduardo Cincinnato, avendo egli espiato la reclusione inflittagli col carcere preventivo.

È il 12 gennaio 1937.[1]

[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.