IL VECCHIO E IL BAMBINO

È la mattina del primo marzo 1914. Un uomo visibilmente nervoso entra nell’ufficio del Delegato di P.S. Francesco Cilento, lasciando il suo bambino ad aspettarlo nel corridoio. Il Delegato lo invita a sedersi e a spiegare il motivo della visita:

– Mi chiamo Aramini Fioravante d’ignoti, di anni 38, nato in S. Donato Ninea, qui domiciliato in via S. Lucia, commesso presso la Ditta locale Stumpo, nel Corso Telesio. Sabato sera, 28 febbraio, nella cantina di Raffaele Gallo, ove sono solito di mangiare tutte le sere col mio bambino Francesco, costui mi disse che mi doveva dire una imbasciata. Io, credendo che si trattasse di qualche inezia, gli risposi: «Lasciami stare». Poco dopo andandocene a casa, lungo la strada, mi ripetè: «Ti debbo dire un’imbasciata» ed avendolo io invitato a parlare, egli aggiunse: «Da domani quando tu ti levi da letto, io voglio pure levarmi perché il vecchio che sta nella stessa stanza mi fa porcherie». Io, turbato seriamente per la rivelazione del bambino, non ho avuto premura di sapere altri particolari. Però andati a casa, dissi al ragazzo che avesse sostenuto in faccia al vecchio quello che mi aveva confidato ed il ragazzo gli disse: «Si, tu mi fai porcherie». Il vecchio ha protestato dicendo che era una calunnia. Ma quando io subito sono andato alla ricerca delle guardie per farlo arrestare, egli ha preferito di scappare dalla locanda, per cui soltanto verso la mezzanotte fu trovato ed arrestato. Aggiungo che da Giosuè Bartolini, sarto allo Spirito Santo, mi è stato detto che ebbe a vedere il mio ragazzo con qualche soldo in mano e che a sua domanda il ragazzo gli disse che quei soldi glieli aveva dati un vecchio.

– Volete quindi sporgere querela?

– Si, mi querelo contro il vecchio indicato da mio figlio, che corrisponde a Baffa Vincenzo, e mi riserbo ogni altro diritto.

– Il bambino dov’è?

– Sta aspettando nel corridoio…

– Fatelo entrare.

Francesco, 8 anni, fa l’apprendista sarto ed è un ragazzino sveglio, ma quel luogo così austero gli fa un po’ paura. Dopo qualche tentennamento, però, racconta tutto al Delegato con l’innocenza dei suoi anni:

Per due mattine consecutive il cuoco che dormiva nella stessa stanza ove dormivamo io e mio padre, lui in un letto e noi in un altro, quando si è accorto che mio padre la mattina è uscito di casa, è venuto nel mio letto, si è coverta la testa con le coltri ed ha coverto anche me e poi ha fatto delle porcherie col suo membro di mezzo le gambe, urtandomi con lo stesso nelle parti deretane. Mi sono accorto che ha pisciato dentro il letto. Io non potevo parlare perché egli con una mano mi chiudeva la bocca. Egli mi ha dato una volta due soldi ed un’altra un soldo che io ho messo nel salvadanaio nel quale tengo sei soldi compresi quelli che mi ha dato mio padre. Palmuzza la locandiera lo ha visto nel mio letto.

– Bene. Potete andare nell’altra stanza a dettare la querela e aspettate che arrivi il medico per visitare il bambino, poi vi faremo sapere – li congeda senza fronzoli.

Vincenzo Baffa, il vecchio, è di Civita e ha 56 anni, fa indifferentemente il cuoco ed il cameriere, è celibe ed  ha un certificato penale abbastanza lungo per reati contro il patrimonio.

– Allora, Baffa, com’è questa storia delle porcherie che hai fatto al bambino? Che ti è saltato in mente? – gli fa il Delegato.

Non è vero che io abbia compiuto atti innominabili nelle parti deretane del ragazzo Aramino Francesco di Fioravante ed io credo che egli, se ciò afferma, sia stato indotto a calunniarmi dalle insinuazioni del padre, ch’è una canaglia. Né è lecito argomentare della mia colpa per il fatto che io mi sono allontanato dalla locanda giacché avendo litigato col padre del ragazzo per la calunnia che mi si addebitava, ho pensato che non potessi restare nella stessa camera senza andare incontro a certe quistioni e vie di fatto… – protesta vivacemente.

– Si, vedremo, vedremo.

In questo frattempo arriva il dottor Ludovico Serra che sottopone Francesco a visita.

Osservato attentamente il bambino, noto a circa mezzo centimetro di distanza dello sfintere esterno dell’ano ed a sinistra una lieve abrasione sanguinante della lunghezza di qualche millimetro; divaricato lo sfintere noto sulla mucosa dello stesso un’altra lesione a forma di ragade e lunga circa otto o nove millimetri, ancora essa di data recente. Dette lesioni dimostrano che un corpo estraneo sia stato introdotto nell’ano in data recentissima, non meno di due o tre giorni dietro. Tali lesioni potranno guarire tra dieci giorni salvo complicanze.

La violenza c’è stata e siccome il piccolo Francesco ha detto che la proprietaria della pensione ha visto Baffa nel letto con lui, viene chiamata Gabriella Palma, 69 anni, per raccontare ciò che sa.

Baffa Vincenzo da una quindicina di giorni stava nella mia locanduccia al vico II S. Lucia in un lettino molto prossimo all’altro in cui dormivano Aramino Francesco ed il padre Fioravante. Sere dietro Aramino Fioravante venne nella locanda tutto inquieto e disse che doveva fare la pelle al Baffa perché gli aveva svergognato il figlio, e quando il vecchio venne nella locanda, ebbe luogo un confronto nel quale il ragazzo disse me presente «Mi hai fatto porcherie» mentre il vecchio negò dicendo che il ragazzo era bugiardo.

– Ma voi lo avete visto davvero il vecchio nel letto col bambino?

Io in coscienza nulla posso dire, e non è vero che abbia visto alcuna cosa che potesse farmi sospettare di atti illeciti da parte del vecchio nei riguardi del bambino. Io solevo la mattina passare dalla stanza ov’erano i due lettini, ma certamente se il vecchio ha voluto compiere qualche porcheria, il tempo non gli è mancato.

– Avete detto di avere assistito alla discussione… siete una donna esperta… non è che per caso avete dato un’occhiata al letto? Avete capito cosa voglio dire… – insinua il Delegato.

– Signor Delegato, dopo lo scandalo che si è fatto ho guardato nelle lenzuola ed io, che sono una donna di mondo, non ho visto alcuna macchia sospetta

A questo punto la pratica viene trasmessa alla Procura del re e il Giudice Istruttore Antonio Giannuzzi interroga formalmente l’imputato, contestandogli il reato di congiunzione carnale.

Alla mia età e con i malanni fisici che mi travagliano io non potevo né violenza carnale in danno di Aramino Francesco né atti di libidine in danno del medesimo ragazzo. Prescindendo dal fatto che io soffro di polmonite cronica, ormai sono impotente e non potevo avere alcun ghiribizzo di desiderio carnale. Io ritengo che il ragazzo abbia avuto rapporti con altri e che per giustificarsi di fronte ai genitori ha accusato me pigliando a pretesto il fatto che io ho dormito nella stessa stanza con lui e con il proprio padre. V.S. dovrebbe mettere in confronto il ragazzo con me ed eccitarlo a dire il vero facendogli comprendere la responsabilità che deriverebbe nei miei riguardi dalla sua incolpazione.

Beh, se davvero Baffa fosse impotente le cose cambierebbero radicalmente. Basterebbe sottoporlo a perizia medica e tutto sarebbe chiarito. Il problema, però, è che non viene disposta alcuna perizia. Ed agli inquirenti dovrebbe anche venire in mente che Gabriella Palma ha affermato di non avere visto nessuna macchia sospetta sulle lenzuola, macchie che avrebbero dovuto esserci, dato che la violenza, come giura Francesco, è avvenuta proprio in quel letto. Molto strano che nessuno abbia notato questa contraddizione. Potrebbe, è vero, insistere il difensore di Baffa sia per la perizia medica che per far notare la contraddizione, ma quello che gli affidano d’ufficio non lo fa e si continua a procedere con gli interrogatori dei testimoni e con un confronto tra l’imputato e il piccolo Francesco:

Francesco: – Sei proprio tu che mi hai fatto le porcherie.

Baffa: – E perché hai tanto ritardato prima di riferirlo a tuo padre ovvero alla padrona di casa?

Francesco: – Non ho detto nulla a mio padre perché ho avuto paura di essere percosso. Non ho gridato perché tu mi turavi la bocca.

– Baffa: – Tuo padre ti ha saputo bene imparare la lezione. Io ti ho forse regalato qualche cosa?

Francesco: – Mi hai regalato dei soldi, ricordati che tutte le mattine dopo che papà era uscito venivi nel mio letto e facevi le porcherie.

Baffa: – Tu sei associato ad una associazione di malfattori nonostante che sei così ragazzo ed ho saputo che sei stato nominato picciotto.

Francesco: – Io non so nulla di quello che dici: il certo è che le porcherie me le hai fatte tu e non altri

Baffa: – Come va che in presenza della padrona di casa dichiarasti che io nulla ti avevo regalato, ora dici che io ti ho dato soldi.

Francesco: – Non volli allora dire nulla, ma non puoi negare che mi hai regalato dei soldi.

Nessuno dei due cambia la propria versione, ma l’accusa di Baffa a Francesco di far parte della malavita è a dir poco sensazionale, anche se è obiettivamente difficile e doloroso da credere che un bambino possa far parte della malavita e se Baffa ha detto ciò per una strategia difensiva, forse si tratta di un grave errore da parte sua.

Forse c’è qualche dubbio. È il caso di ascoltare il Delegato Cilento:

Confermo il rapporto a firma del commissario Urso, ma da me redatto, relativamente agli atti innominabili di cui fu vittima il ragazzo Aramino Francesco ad opera dell’ex vigilato speciale Baffa Vincenzo ed aggiungo che costui venne arrestato nei pressi della stazione, diretto verosimilmente a Castrovillari a piedi così come era arrivato in Cosenza. Io ho prestato fede alle affermazioni del ragazzo perché lo stesso fu costante nell’incolpare il Baffa durante le ripetute domande che gli furono rivolte nell’ufficio di P.S.

E il sarto presso il quale Francesco è apprendista che dice?

Sono Giosuè Bartoletti di anni 27 sarto da Cosenza. Il ragazzo Aramini Francesco frequentava la mia bottega per apprendere il mestiere di sarto. Notai un paio di volte che egli aveva qualche soldo e gli domandai dove l’avesse preso perché supposi che l’aveva rubati al proprio padre. Il ragazzo invece mi disse che glieli aveva regalati un vecchio che dormiva con lui nella stessa locanda. Non seppi altro né mi curai di fare altre domande al ragazzo. Parlando col padre del ragazzo io gli dissi quello che avevo saputo dal figlio.

Ecco, adesso tutto quadra. Si può inoltrare alla Sezione d’Accusa di Catanzaro la richiesta di rinvio a giudizio. Prima che la sentenza venga emessa, Vincenzo Baffa scrive ai giudici

Li 10 giugno 1914

Ecc.ma Sezione delle Accuse

Catanzaro

Il sottoscritto che la più bieca calunnia ha buttato fra le più dure sofferenze di un Carcere, ricorre alla giustizia e alla coscienza delle L.L.L.S.

Egli, per ragioni di lavoro da Castrovillari era venuto in Cosenza nel 12 gennaio 1914 e trovava subito lavoro, in qualità di cuoco nella trattoria del Sig. Alfonso Lucchetta.

Poiché, dato la esiguità del salario che percepiva, non gli dava agio di trovare una abitazione a solo, preferì cercare presso qualche famiglia privata, e quindi ottenere di essere ammesso in qualche stanza a comune, per spendere meno.

Ottenne il sottosegnato quanto cercava, ma l’individuo che coabitava con l’emarginato e che dormiva nella medesima stanzetta, insieme ad un figliuolo di anni 10, fu oggetto di continuo diverbio col sottoscritto perché quasi sempre rincasava ubriaco fradicio e sempre si abbandonava ad un turpiloquio senza nome.

Per tali ragioni e perché ripetutamente io mi risentii e lo rimproverai come certamente meritava, credette e volle far pesare sul ricorrente la più tremenda calunnia, e cioè di avere il sottoscritto abusato con atti innominabili sul figliuolo decenne a nome Aramino Francesco.

Io non so, anzi meravigliomi come tanta calunnia sia stata elevata a verità di fatto, e come ciecamente si volle dar forza e credito all’infamia piuttosto che all’innocenza che si volle velare di un paravento di ingiusta e riprovevole incuria.

Eccellenze,

se gli atti che con pertinace cattiveria mi si imputano fossero stati da me realmente consumati, come è possibile che il ragazzo non abbia gridato da richiamare l’attenzione della padrona di casa? Come e perché di poi nulla riferì alla padrona di casa che continuamente e spesso per ragioni di servizio e di pulizia aveva adito nella stanzetta in parola dove io e l’altro odierno calunniatore abitavamo? Come è possibile che il ragazzo non abbia mai nulla riferito al padre, quando è lo stesso ragazzo che istigato ora dal padre, cinicamente calunnia ed afferma che io non una volta, ma ripetutamente e quasi in tutti i giorni io ebbi a consumare l’atto immorale di cui è oggetto la mia imputazione voluta?!!!

Io non so dunque come tanta studiata e vile calunnia abbia potuto attecchire e come l’Autorità inquirente non ha creduto disporre quanto è contemplato nell’art. 212 C.P.P. col nominare un secondo perito in altra persona.

È illogico che il perito che aveva prima ed ante istruzione redatta una perizia fosse stato nuovamente nominato per redigere ancora la seconda.

Quindi è evidente che lui stesso non poteva contradirsi e quindi emettere una seconda perizia non conforme alla prima.

Eccellenze,

se la legge dispone che in fatto di perizie si può chiedere all’imputato una seconda, non credo che sia giusto che non si volle dare corso alla mia richiesta fatta verbalmente al Giudice inquirente che avesse disposto che altro perito fosse chiamato a visitare il ragazzo calunniatore.

Ma tale mio priego fu inutile.

Io non so dunque come tanta studiata e vile calunnia abbia potuto attecchire e come l’Autorità inquirente non ha creduto di sottoporre anche me a perizia per accertare (se la calunnia si doveva su me far pesare) se io a questa età e date le mie condizioni fisiche potevo deflorare un ragazzo dell’età dell’Aramino.

Così dopo tanto spero che le Loro I.e Ecc.me vorranno con un atto squisito di giustizia e di buona carità disporre che io venga sottoposto a perizia da cui certamente ne uscirà lampante la mia assoluta incapacità di potere deflorare il ragazzo e quindi assurgere a santa verità la mia piena e incontestabile innocenza – che un’insidia la più vile e abbietta vuole opprimere.

Eccellenze,

da Loro mi attendo un provvedimento che valga a risanare i dolori e le sofferenze di tanta ingiusta carcerazione, che maggiormente acuiscono la mia cadente età e le mie condizioni fisiche troppo e violentemente scosse da tempo.

In tale fiducia ossequio e ringrazio dell’Ecc.me LL.SS.

Niente da fare. Nessun supplemento di indagine per stabilire se l’imputato sia o meno impotente. Il primo luglio 1914 arriva la sentenza di rinvio a giudizio presso la Corte d’Assise di Cosenza.

Qualche mese dopo si tiene il dibattimento e la Corte chiarisce tutti i punti oscuri di questa brutta storia sottoponendo l’imputato a perizia medica e il risultato è nelle parole della Corte stessa: se è vero che taluno costrinse il ragazzo Aramino Francesco, minore di anni 12, a congiunzione carnale, è altrettanto vero che l’imputato Baffa Vincenzo di anni 56 cuoco da Civita non ha commesso il fatto ivi indicato. Assolto.[1]

Il vecchio aveva ragione, è davvero impotente.

Una brutta, squallida storia, ma non ci sarà un processo per calunnia che potrebbe far luce sui motivi che hanno indotto Francesco e suo padre ad accanirsi contro Baffa, se per rancori personali o per cercare di coprire altre e peggiori nefandezze. Il risultato è che non sapremo mai chi veramente stuprò Francesco.

[1] ASCS, Processi Penali.

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