PANINI IMBOTTITI E MARITOZZI

Nei giorni del 2 e 3 febbraio 1934 a Cosenza è prevista la visita del segretario del partito nazionale fascista Achille Starace e del quadrunviro Emilio De Bono, per l’inaugurazione della casa littoria intitolata a Michele Bianchi e del nuovo serbatoio dell’acquedotto Merone.

Molti, prevedendo uno straordinario afflusso di gente, pensano di trarne profitto aprendo spacci provvisori di generi alimentari. Tra questi c’è il quarantasettenne napoletano Pasquale Castellano che lavora come banconista nel Bar Supercinema, di proprietà di Giuseppe Sagliocco, sul corso principale della città, ma deve chiedere al padrone se può essere lasciato libero nei due giorni. Il 25 gennaio gli parla:

– Don Peppì, fatemela ‘sta grazia…

– Eh! – fa, perplesso, Sagliocco – ma tu che cosa vorresti vendere? Non è che mi fai concorrenza?

– No don Peppì, quale concorrenza! Soltanto panini imbottiti e maritozzi a Via Sertorio Quattromani.

– E va bene!

– Don Peppì, vi devo chiedere un altro favore… mi servono dei tavoli e delle sedie, quelli vecchi che non vi abbisognano…

– E vada pure per i tavoli e le sedie!

Pasquale Castellano sembra una Pasqua per la felicità, ma poi pensa che potrebbe allargare ancora i suoi affari in quei due giorni e così, oltre al chiosco di cui ha parlato col padrone, prende in fitto anche dei locali su Corso Mazzini, a pochi metri dal Bar Supercinema, per vendervi generi di rosticceria e forse anche di pasticceria. Ne informa Sagliocco che ovviamente va su tutte le furie, ritenendo che la vendita di detti generi, a poca distanza dal suo bar, avrebbe pregiudicato non poco i suoi interessi.

– Pasquà, questo non lo dovevi fare, lo sai che ti dico? Il permesso di due giorni te lo puoi scordare, il 2 e 3 febbraio devi venire a lavorare da me se no ti licenzio. E pure i tavoli e le sedie te li puoi scordare!

Castellano mastica amaro ma fa buon viso a cattivo gioco perché ha la soluzione al problema: i due esercizi provvisori li farà gestire da persone di sua fiducia e assumerà anche un cameriere.

Il 2 e 3 febbraio, come previsto, in città si riversa una folla enorme e tutti fanno affari, chi buoni e chi meno. A Pasquale Castellano non va molto bene e fa una sciocchezza: non paga il cameriere, il quale lo denuncia all’Ufficio di Collocamento e gli viene comminata una contravvenzione di ben 35 lire, che non può pagare. Che fare? Forse don Peppino Sagliocco può dargli una mano. La mattina dell’8 febbraio, con aria contrita, gli parla nel laboratorio di pasticceria, che il padrone ha in Via Piave:

– Don Peppì, mi dovete aiutare… mi hanno fatto una multa di trentacinque lire e non la posso pagare… per favore, anticipatemi i soldi, da scomputare sul mio salario trattenendomi tre lire al giorno

– Pasquà, no, non ti anticipo niente…

– Almeno fatemi da garante…

– Pasquà, sentimi, tu ti sei comportato male con me e mò vieni a piangere, vedi come devi fare per pagare la multa, ché io soldi non te ne anticipo! – gli dice con tono duro, mentre è impegnato a prendere una scatola di caffè con la mano sinistra e con l’altra due vassoi.

Pasquale Castellano ha gli occhi bassi, nonostante tutto non si aspettava un rifiuto. Poi il suo sguardo si fa duro. Mette una mano in tasca, caccia un coltello e vibra un colpo a don Peppino in pieno viso, aprendoglielo in due dallo zigomo sinistro fino alla punta del mento con un leggero percorso curvilineo. Il sangue comincia a zampillare sui dolci in preparazione e le urla di dolore si sentono a decine di metri di distanza. La gente accorre, mentre Pasquale si allontana.

Trentacinque giorni di prognosi e una cicatrice grossa come un cordoncino, che non andrà mai più via.

Il cameriere viene arrestato e si difende:

– Mi ha provocato… minacciato, mettendomi le mani in faccia, umiliato davanti a tutti… non ci ho visto più e l’ho colpito…

Purtroppo per lui i “tutti” che hanno assistito alla scena sono due, Silvio Gioia e Oliviero Bisceglia, ed entrambi non hanno né visto, né sentito minacce, provocazioni ed umiliazioni.

– Mani in faccia? Sagliocco non avrebbe nemmeno potuto perché aveva le mani impegnate: nella sinistra teneva uno scatolo di caffè e nella destra due vassoi di cartone! – raccontano i due.

Gli inquirenti, controllando il certificato penale dell’imputato, non possono non notare che ha alcuni precedenti, uno dei quali potrebbe inguaiarlo ulteriormente: una condanna per lesioni, due per spendita di monete false ed una per appropriazione indebita.

Il 18 maggio 1934 Pasquale Castellano viene rinviato a giudizio per lesione volontaria prodotta con arma, porto abusivo di coltello, con l’aggravante della recidiva specifica. Un bel guaio. Il 4 ottobre successivo si presenta davanti alla Corte d’Assise di Cosenza e la difesa chiede la concessione dell’attenuante dello stato d’ira in seguito a provocazione. La Corte non è d’accordo perché è necessario che lo stato d’ira sia determinato da un fatto ingiusto altrui che, nella specie, manca. Il rifiuto di Sagliocco a dare a Castellano i tavoli e gli altri utensili e ad anticipare il denaro o prestare garanzia non può qualificarsi come atto ingiusto, giacché Castellano non aveva diritto ad ottenere ciò che chiedeva ed era in facoltà dell’altro di aderire o meno alle sue richieste.

Quindi, avuto riguardo alle modalità del fatto, alla gravità del danno, ai precedenti specifici, la Corte ritiene che Pasquale Castellano sia persona socialmente pericolosa e stima condannarlo ad anni 8 di reclusione, partendo cioè da anni 6, più 1 anno per l’aggravante dell’arma, più un altro anno per la recidiva specifica[1].

Spesso la smania di guadagno fa brutti scherzi.


[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.

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