– Marescià! Aprite!
– Hanno ammazzato a uno a Pittarella! – le voci dei due uomini che stanno urlando davanti alla caserma dei Carabinieri di Scigliano, la sera del 16 luglio 1933, non danno a nessuno dei militari in servizio nemmeno il tempo di abbottonare le camicie e ricomporsi alla meglio, in quella che sembrava una serata tranquillamente noiosa.
– Come? – fa il Maresciallo affacciandosi alla finestra.
– A Pittarella… c’è un morto ammazzato davanti alla chiesa di San Pietro!
Sulla strada che dall’abitato di Pedivigliano conduce a quello di Pittarella, infatti, trovano il cadavere del diciannovenne Natale Costanzo. Sul petto, in corrispondenza del quarto spazio intercostale sinistro, ha un foro prodotto da un’arma da punta e taglio dal quale cola ancora un po’ di sangue.
– Si sa chi è stato? – chiede il Maresciallo ai presenti.
– Petronilla Ariani… l’ha colpito davanti a me – dice Carmine Sirianni.
Facciamo un passo indietro.
Petronilla Ariani è sposata con Alvaro Castaldo. Alvaro, nonostante ciò, aveva sedotto la cognata, Carmela Ariani e, resala madre, l’aveva condotta sotto il tetto coniugale senza che la moglie vi si opponesse.
A questo punto Alvaro, uomo senza scrupoli, per campare più facilmente la vita, pensa bene di spillare denaro o, in mancanza, altre utilità, a coloro che vagheggiano di possedere carnalmente la cognatina; e i favori di costei, per prezzo, promette ora a questo, ora a quello.
Cosa c’entra questo? I Carabinieri scoprono che per un certo periodo di tempo anche Natale Costanzo aveva aspirato al possesso della giovane ed essendogli stato dal Castaldo promesso che la donna sarebbe stata sua, egli si era dato a sottrarre grano ed altre derrate alimentari dalle provviste domestiche dei suoi genitori per portarle alla famiglia del Castaldo.
– Natà… ora basta! Finiscila di rubare in casa per quella… la prossima volta che ci accorgiamo che manca qualcosa ti prendi la tua roba e te ne vai, hai capito? – il tono di sua madre non ammette repliche e Natale si mette l’anima in pace. Così, per evitare di ricadere in tentazione, tronca ogni rapporto con Alvaro e le sue donne.
Ma prima di troncare definitivamente affronta Alvaro e pretende il pagamento di certo grano da lui precedentemente fornito al Castaldo. Da ciò avrebbero avuto origine i rancori e gli odii di Alvaro e delle due donne verso l’infelice giovane.
Ecco perché c’entra la vita familiare di Alvaro Castaldo con l’omicidio di Natale Costanzo.
Ma ritorniamo alla sera del 16 luglio 1935.
Natale, insieme ad Antonio Costanzo, si incammina da Pedivigliano a Pittarella per tornare a casa, ma per farlo devono necessariamente passare vicino alla casa di Alvaro che, proprio in quel momento è seduto davanti alla casa di un vicino, Carmine Sirianni. Allora, volendo ottenere quanto gli era dovuto, prega Antonio Costanzo di chiamare il Castaldo dicendogli che doveva da lui essere rimborsato di certo denaro che gli occorreva urgentemente perché il giorno successivo sarebbe partito per Aprigliano per ragioni di lavoro e prosegue oltre, mentre Antonio Costanzo torna indietro e avverte Alvaro di raggiungere il giovane Costanzo perché questi desidera parlargli.
– E come no! Aspetta che vado a casa a mettermi la giacca – gli risponde Alvaro che si alza, rientra in casa e immediatamente ne esce seguito dalla cognatina-amante, armata di scure, e dalla moglie, apparentemente disarmata. Incuriosito, anche Carmine Sirianni si unisce alla comitiva.
Arrivati davanti alla chiesa di San Pietro, posta all’estremità dell’abitato, Natale affronta Alvaro e gli chiede i soldi:
– Dammi le dieci lire del grano o fammi fottere con la cognatina!
– Tu non capisci… – gli risponde scuotendo il capo in segno di diniego, poi gli molla un manrovescio in pieno viso.
Natale sta per reagire, ma Antonio Costanzo e Carmine Sirianni si mettono in mezzo e riescono ad evitare che i due si azzuffino, trascinandoli letteralmente via in direzioni opposte. Proprio in questo momento arrivano le sorelle Ariani urlando come ossesse: Carmela brandisce la scure, ma si ferma subito. Petronilla agita in aria le braccia verso Natale che, a stento, viene trattenuto da Carmine Sirianni. Petronilla avanza calma e decisa, facendo gesti tranquillizzanti; sua sorella e Alvaro la guardano immobili. Ecco, adesso è a un passo dalle spalle di Sirianni, che non può vederla. Natale, guardandola in faccia le urla insulti ma la donna non replica, come per metter pace. Poi, all’improvviso, Petronilla mette la mano destra sotto il grembiale e la tira fuori armata di un lungo coltello. È solo un attimo, con un salto supera in altezza Sirianni, sempre di spalle intento a trattenere Natale, e pianta lo scannaturu nel petto dell’avversario, spaccandogli il cuore. Natale stramazza a terra boccheggiando, praticamente già morto.
Le sorelle Ariani e Alvaro, indisturbati, se ne tornano a casa, dove, una volta che i Carabinieri vengono messi al corrente dell’accaduto, sono tratti in arresto e rinchiusi nel carcere mandamentale di Scigliano. In questa circostanza i Militari vengono a conoscenza che Alvaro Castaldo nel precedente mese di maggio aveva rubato una rivoltella a certo Corrado Pasquale, sottraendola dalla casa di costui e perciò, oltre ad arrestarlo per concorso in omicidio, gli imputano anche il furto aggravato.
Poi accade un fatto gravissimo: Michele Costanzo, fratello del morto, volendo vendicare la morte del proprio germano, la mattina del 19 luglio si aggrappa all’inferriata della finestra dell’unica cella del carcere di Scigliano (alta dal suolo metri 1,50) e fattosi indicare da un altro detenuto dov’è Alvaro Castaldo, esplode contro costui, che si trova appoggiato ad una colonna nel centro della stanza, due colpi di arma corta da fuoco, senza però attingerlo. Poi scappa e si dà alla latitanza. I Carabinieri lo arrestano quasi subito e Michele non ha problemi a confessare e a far ritrovare l’arma.
Terminate le indagini, il 26 gennaio 1934, il Giudice Istruttore rinvia al giudizio della Corte d’Assise di Cosenza: Petronilla Ariani per il reato di omicidio aggravato dalla premeditazione, dai motivi abietti e porto abusivo di arma da punta e taglio, suo marito Alvaro Castaldo per concorso in omicidio, furto aggravato e porto abusivo di arma da fuoco e sua sorella Carmela Ariani per concorso in omicidio e porto abusivo di scure. Il dibattimento è fissato per il 12 marzo successivo.
Nel dibattimento ci sono da risolvere diverse questioni decisive per la sorte degli imputati, prima tra tutte è quella se l’omicidio fu davvero premeditato o meno.
Anche se volesse seguirsi in pieno la tesi dell’accusa e ritenere che le sorelle Ariani, fin da quando uscirono di casa e seguirono il rispettivo marito e cognato, fossero decise a sopprimere il Costanzo, non potrebbe in ciò ravvisarsi l’aggravante della premeditazione perché la decisione criminosa avrebbe di poco preceduto l’attuazione, onde mancherebbe quel congruo intervallo di tempo per la risoluzione e l’attuazione del disegno delittuoso, che è elemento essenziale della premeditazione. Né può parlarsi di premeditazione nel caso in cui Castaldo rientrò in casa per indurre le due donne ad uscire con lui dopo avere armato l’una di coltello e l’altra di scure e di avere atteso che le stesse si fossero armate. Egli, certamente, si recò a casa e si armò di rivoltella e ciò per essere pronto ad aggredire ed a difendersi, nell’eventualità che il colloquio col Costanzo fosse degenerato a vie di fatto, come purtroppo si verificò. Tutto induce a credere che le due Ariani, per tema che il Castaldo potesse correre rischio, lo seguirono di loro impulso dopo essersi armate.
La seconda questione da risolvere è se Alvaro e sua cognata Carmela abbiano attivamente partecipato all’omicidio, come sostiene l’accusa. Da quanto risulta nel dibattimento è assai dubbia la loro partecipazione perché Castaldo, quando la moglie vibrò l’unico colpo mortale, era a distanza di cinque o sei passi dall’ucciso, era trattenuto da Antonio Costanzo e mai mise mano alla rivoltella. Carmela non vibrò alcun colpo di scure, né fece atto di voler colpire con dett’arma.
Da questi ragionamenti apparisce che l’atto omicida della Petronilla fu improvviso e fulmineo e si produsse al di fuori di ogni concerto con gli altri due imputati i quali non poterono avere coscienza – o almeno è dubbio che l’avessero – di contribuire col loro atteggiamento, sia pure aggressivo, al fatto di Petronilla Ariani, ond’è che è il caso di escludere, perché non provata, la imputazione di concorso nell’omicidio dei predetti Castaldo e Carmela Ariani.
Si è discusso intorno alla premeditazione o meno, intorno al concorso di Alvaro e Carmela nell’omicidio, ma non si è ancora detta una parola sul movente che spinse Petronilla ad uccidere Natale Costanzo. Questa è l’ultima e decisiva questione da risolvere.
Indagando i moventi che spinsero Petronilla ad uccidere, si rileva che costei non si trovava nella necessità di aiutare il marito a difendersi perché questi non correva alcun pericolo dal momento che Natale Costanzo era trattenuto da Sirianni. Piuttosto è più convincente un altro ragionamento: Costanzo, come è emerso nel dibattimento, si era pubblicamente vantato di avere posseduto Carmelina, che notoriamente era in illeciti rapporti col cognato e con lui conviveva sotto lo stesso tetto coniugale. Ora, sia che Natale avesse davvero posseduto la giovinetta, sia che, invece, ne bramasse il possesso, è certo che la propalazione di tali rapporti tornava di grande disdoro alla famiglia tutta del Castaldo, già così gravemente compromessa nella sua reputazione a causa della tresca esistente tra i due cognati. Beh, si potrebbe facilmente obiettare che la famiglia tutta del Castaldo in quella disonorevole situazione ci si era cacciata da sola e non certo per colpa di estranei, ma bisogna ammettere che non è emerso con sicurezza che il Castaldo mercanteggiasse le grazie della cognata e non è nemmeno provato che costei e la sorella fossero consapevoli del vero scopo per cui vuolsi che i donativi venissero dati e ricevuti.
Per i Giudici la chiave di tutto sono le rivelazioni dei congressi carnali propalate da Natale Costanzo – o false o se non tali, certamente inopportune – non potevano non addolorare e irritare Petronilla Ariani per il maggiore discredito che, colpendo la sua famiglia, viepiù la gettava nel fango. Il ricordo di quelle offese, ravvivate e rese presenti dalla richiesta di restituzione del denaro da parte di Natale, dové affiorare alla mente di Petronilla nell’atto in cui colpì; e se è così, a favore di lei ricorre la attenuante di avere reagito nello stato d’ira a causa del fatto ingiusto della vittima.
Insomma, la colpa è della vittima.
Ma non dimentichiamo che nello stesso processo viene giudicato anche Michele Costanzo, il fratello di Natale, per il tentato omicidio ai danni di Alvaro Castaldo. Abbiamo visto che confessò subito e dalle successive indagini risultò che i colpi furono tirati senza precisa direzione, per cui sembra alla Corte che le esplosioni dell’arma, nelle surriferite circostanze di tempo e di luogo, non siano idonee a dar vita al tentativo di omicidio, ma piuttosto costituiscono un atto di minaccia.
Fugato ogni dubbio, non resta che riqualificare i capi di imputazione e determinare le relative pene.
Petronilla Ariani viene ritenuta responsabile di omicidio con esclusione delle aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti e con la diminuente di aver reagito nello stato d’ira per il fatto ingiusto di Natale Costanzo. In cifre fanno 16 anni di reclusione e 2 mesi di arresti, più pene accessorie.
Carmela Ariani e Alvaro Castaldo sono ritenuti colpevoli di partecipazione in una rissa nella quale rimase ucciso Natale Costanzo. 3 anni di reclusione e 2 mesi di arresti per Carmela e 6 anni di reclusione e 2 mesi di arresti per Alvaro.
Michele Costanzo se la cava con 2 mesi di reclusione e 2 mesi di arresti.
Il 10 novembre 1934, in virtù del decreto d’indulto N° 1511 del 29/9/1934, ad Alvaro Castaldo vengono condonati 2 anni, mentre a Carmela viene condonata la residuale pena inflitta.[1]
[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.
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