– Brigadiè, io devo raccontarvi una cosa delicata, ma in via confidenziale. Veramente non volevo farlo io ma altri… siccome per ora non lo fecero… eccomi qui – attacca, con un po’ di imbarazzo, la trentenne Rosina Mandato della frazione Brasi di Maierà.
– Tranquilla… sentiamo questa cosa – risponde il Brigadiere Giovanni Bramanti, comandante della stazione di Grisolia Cipollina.
– Come è noto a quasi tutta la popolazione di Brasi, Filomena Ritondale, la vedova, da circa tre anni si dava a Giovan Battista Cosentino pure di Brasi, abitante poco distante dalla Cappella di San Pietro.
– E quindi?
– Brigadiè, era incinta grossa da più mesi e vuolsi che si sia sgravata nella prima decade del corrente mese!
– Del mese di settembre volete dire… oggi è il primo ottobre 1924…
– Esatto! Dovete sapere che per pochi giorni Filomena non si fece vedere affatto a Brasi perché a letto per parto. Or siccome la sua casa confina proprio con la via pubblica, chi di lì passava, sentiva una forte puzza e tali furono le lagnanze generali che Filomena fece scomparire quella puzza col bruciare stoppie lì vicino…
– Sospettate che quella puzza…
– Bravo! Nasce il sospetto generale che il suo neonato fosse stato sepolto da Filomena in quei pressi…
– Allora questa Filomena Ritondale avrebbe fatto un figlio con questo Giovan Battista Cosentino e poi lo avrebbe soppresso…
– Non è certo…
– Come non è certo? Lo state dicendo voi, allora che siete venuta a fare?
– Brigadiè… è noto pure in pubblico che Filomena è unita con certo Domenico Cosentino, il calzolaio sordomuto di Maierà…
– Ah! – esclama Bramanti, che congeda la donna e va immediatamente a fare una visitina a Filomena Ritondale.
La donna è in casa e non appena vede i Carabinieri cambia subito colore in viso.
– Siamo venuti a sapere che avete partorito da pochi giorni, ma al Municipio non risultano atti di nascita. Che avete da dire? – le chiede, bruscamente, Bramanti.
– Incinta io? Ma quando mai! – risponde Filomena ostentando sorpresa.
Ma dopo le insistenti e incalzanti domande del Brigadiere Bramanti, Filomena comincia a piangere, si siede e parla:
– Adesso vi racconto tutto… da più tempo, malgrado la mia insistenza, il sordomuto di Maierà, Domenico Cosentino, volle con me illegalmente unirsi ad illecite relazioni, divenendo così da lui incinta. Or siccome non era affatto mia intenzione di allevare un figlio di padre ignoto, per risparmiare richiami e mortificazioni di parenti ed amici di tale mio fallo, non appena sgravai, un mese fa, di un regolare maschietto, pensai subito di nasconderlo, quasi nudo e fra la terra della mia stessa proprietà che circonda la casa. Senonché per la troppa putrefazione avvenuta in pochi giorni, per non essere scoperta di tale delitto, pensai subito di toglierlo e portarlo in un’altra proprietà di mio padre, distante da qui un duecento metri circa. Lì lo depositai in una grotticina, superficialmente fra la sabbia, in modo che qualcuno, trovato e denunziato il rinvenimento senza così sapere la provenienza del neonato… oppure ben presto scomposto dall’aria o da animali; ero persuasa che tutto passava inosservato, ciò che non fu… – termina abbassando il capo e continuando a singhiozzare.
Bramanti ha un moto di stizza, poi prende Filomena per un braccio e la invita ad accompagnarlo alla grotticina per cercare i resti della povera creatura.
Un Carabiniere scosta la sabbia delicatamente, stando attento ad individuare ogni frammento più grosso di un granello, ma con grande sorpresa dei militari e con sorpresa della delittuosa Ritondale, non viene trovato nulla. Allora Bramanti ordina di controllare ogni centimetro quadrato intorno alla grotticina e dopo qualche ora di vivo interessamento, finalmente qualcosa spunta dalla sabbia: sei piccoli ossettini irriconoscibili ed un piccolo straccio di panno grigio-verde infetto di sangue.
– Siete sicura di avere sotterrato il corpicino? – le chiede Bramanti.
– Forse è stato dissotterrato da qualche animale che se n’è cibato lasciando questi avanzi…
Ed è tale lo stato di quei cosetti rinvenuti che Bramanti, invece di lasciarli sul posto e farli piantonare in attesa del Pretore, specie perché non sicuro se appartenevano a corpo umano o meno e perché troppo distante dall’abitato di Maierà, decide di portarli in paese per farli esaminare al dottor Ugo Vaccaro. Dal medico ci porta anche Filomena per le constatazioni del caso di sua competenza.
Il dottor Vaccaro sostiene che Filomena ha partorito da più di un mese e conferma che gli ossettini appartengono realmente a piccolo corpo umano «neonato» e momentaneamente con sé li trattiene per bene esaminarli e poi al più presto rilasciare il relativo certificato.
Dopo un paio di giorni arriva la relazione del dottor Vaccaro:
Al Comandante Stazione RRCC di Grisolia
Informo V.S. di aver esaminato gli ossicini ritrovati e di aver notato quanto appresso:
1° Una porzione orbitaria dell’osso frontale (parte sinistra)
2° Due femori (destro e sinistro rispettivamente)
3° Una tibia (la sinistra)
4° Una clavicola (la sinistra)
5° Un omero (il destro)
6° un occipitale
I suddetti ossicini appartengono ad un feto, presumibilmente settimestre.
Maierà, 2 ottobre 1924
Questo è tutto ciò che resta della innocente creaturina.
Quando Alfonso Vaccari, Pretore del mandamento di Belvedere Marittimo, interroga Filomena, questa cambia versione e ne fornisce una forse anche più drammatica della prima:
– L’ultimo giorno di agosto mi sgravai di un bambino. Il parto avvenne in mia casa, senza l’assistenza di alcuno, e secondo i miei calcoli dopo otto mesi di gravidanza perché mi mancò la mestruazione per la prima volta al principio del mese di gennaio. Il bambino nacque vivo e visse un giorno ed una notte, fino a quando, cioè, lo presi e vivo andai a seppellirlo nel posto dove i Carabinieri ne hanno rinvenuto gli avanzi e non è vero che lo abbia una prima volta seppellito altrove. Lo seppellii ad una profondità di circa due o tre palmi, scavai la buca con le mani perché il suolo era di sabbia e quando lo deposi nella buca e lo ricoprii con la sabbia, era ancora vivo…la ragione per cui mi son resa responsabile di tale delitto è che non potevo allevare il neonato per la miseria spaventevole di cui sono afflitta e che non mi consente di nutrire neanche gli altri due figli – una terza di otto anni non convive con me ma con Raffaele Cosentino nella qualità di sua domestica. Il sordomuto era al corrente del mio stato e, prima che partorissi, precisamente nei primi tre mesi della mia gravidanza – poi non ho più avuto a che fare con lui – mi faceva intendere di buttar via il neonato quando fosse venuto alla luce…
– Sicuro avete partorito da sola? E il cordone ombelicale come lo avete tagliato?
– Il cordone ombelicale si ruppe da sé quando, sgravatami, mi sollevai un po’ col corpo, mentre il neonato era abbandonato a sé stesso sul letto… partorii la placenta un paio di ore dopo l’espulsione del bambino… signor giudice, concedetemi la libertà provvisoria in nome dei miei disgraziati bambini…
[Omicidio volontario. Articolo 364 del Codice Penale Zanardelli: Chiunque, a fine di uccidere, cagiona la morte di alcuno, é punito con la reclusione da diciotto a ventun anno]
Dopo qualche giorno – evidentemente il suo difensore le ha detto del guaio che ha combinato con quelle dichiarazioni – chiede di parlare col Magistrato e modifica ancora la sua versione dei fatti, cominciando col precisare:
– Faccio presente che ho consumato l’infanticidio allo scopo soltanto di tutelare così il mio onore…
[Infanticidio per causa d’onore. Articolo 369 C.P. Zanardelli: Quando il delitto preveduto dall'art. 364 sia commesso sopra la persona di un infante non ancora
inscritto nei registri dello stato civile, e nei primi cinque giorni dalla nascita, per salvare l'onore proprio, o della moglie, della madre, della discendente, della figlia
adottiva o della sorella, la pena é della detenzione da tre a dodici anni.]
– Sicuro che avete partorito l’ultimo giorno di agosto? Tutti i testimoni che abbiamo sentito giurano che fino a quasi la metà di settembre eravate incinta grossa…
– È vero… mi sono sgravata la sera del 13 settembre e aggiungo che la sera del giorno seguente ho ucciso il neonato mediante pressione sul suo volto di un cuscino e poi sono andata a seppellirlo sotto un mucchio di cespugli vicino casa mia. A distanza di tre o quattro giorni, siccome si era incominciato a sentire il cattivo odore della putrefazione e la gente parlava, l’ho tolto di sotto i cespugli, che ho bruciato, e l’ho portato nel luogo ove gli avanzi sono stati rinvenuti dai Carabinieri…
– Troppe contraddizioni… tutto questo non depone certo a vostro favore…
– Sento di essermi contraddetta, ma la verità è questa…
– Confermate che Domenico Cosentino vi ha suggerito di disfarvi del bambino?
– Si, ogni volta che io facevo intendere al sordomuto che ero gravida, egli mi faceva intendere che avessi buttato via il neonato e che l’avessi ammazzato… mi faceva intendere di buttare via il bambino soffiando con la bocca e facendo un movimento con la mano, come per dire che quello che avevo nel grembo doveva scorrere…
– Beh, sembra più un gesto che sta ad indicare un eccitamento a procurare l’aborto…
– Faceva anche un altro gesto della mano cui detti il significato di mettere il neonato sotto terra…
– Ma voi capivate i gesti con i quali si esprimeva? Dal passato che avete avuto insieme si direbbe di si…
–Aveva poca pratica del suo modo di esprimersi e non so se i suoi gesti intendessero di procurarmi l’aborto e sotterrarne il prodotto, oppure di aspettare il parto a termine e quindi sotterrare il neonato…
Ad inguaiare ulteriormente Filomena potrebbero essere le parole del Brigadiere Bramanti il quale, interrogato, dice:
– La Ritondale, quando fu da me interrogata, ebbe anche a dirmi queste precise parole: “Se non avessi concepito l’infante con un sordomuto, me l’avrei tenuto”. Tale circostanza deve essere messa in rapporto all’altra che le conoscenti della Ritondale, sempre a dire di questa, le rimproveravano di essersi unita proprio con un sordomuto. La Ritondale non mi dichiarò di essere stata spinta da Cosentino a compiere l’infanticidio… il sordomuto sembra affermare che non ebbe più rapporti colla Ritondale sin dagli ultimi tre mesi della gravidanza e sembra negare ogni sua partecipazione al delitto. infine il sordomuto sembra affermare di essere stati interrotti i loro rapporti perché egli non credette di andare più a visitare la Ritondale.
Per il Pretore, a questo punto, è inutile tentare di interrogare personalmente Domenico Cosentino.
Nonostante le numerose contraddizioni e le parole del Brigadiere Bramanti, l’accusa con la quale Filomena Ritondale viene, il 3 marzo 1925, rinviata al giudizio della Corte d’Assise di Cosenza, è quella di avere, il 14 settembre 1924, ucciso un suo infante non ancora iscritto nei registri dello stato civile e nei primi cinque giorni dalla nascita, per salvare l’onore proprio.
La mattina del 18 novembre successivo si apre il dibattimento. Il giorno dopo la Corte emette la sentenza di colpevolezza e la condanna a 4 anni e 2 mesi di reclusione, di cui dichiara condonati quattro anni in virtù dell’art. 4, cap. 1 Decr. 31 luglio 925. In ultimo, ordina la dispersione delle ossa e straccio repertati.[1]
Filomena Ritondale viene immediatamente rimessa in libertà e non risultano ricorsi in Appello o per Cassazione.
Per ciò che resta dell’innocente creaturina nemmeno il conforto di una sepoltura. Ma, in fondo, ciò che ne è rimasto è solo un reperto…
[1] ASCS, Processi Penali; Senteza della Corte d’Assise di Cosenza anno 1925.
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