LA PROMESSA TRADITA

La trebbiatura del grano richiama sempre una grande quantità di mano d’opera e così è anche nell’estate del 1891 quando a Piane Crati arriva, tra gli altri, il ventunenne Antonio Buffone da Domanico.
La grande promiscuità favorisce sempre la nascita di amicizie e amori, infatti Antonio conosce la diciassettenne Rosaria Lavorato e i due si innamorano. Quasi subito Antonio va a parlare col padre della sua bella per chiederne la mano: è tutto a posto, la cosa si può fare ma al  giovanotto arriva la cartolina di precetto e deve partire soldato, così ogni idea di matrimonio fu rimandata al ritorno.
Antonio è così innamorato che, oltre a scrivere a Rosaria da Cremona e Palermo contando gli anni, i mesi e i giorni che mancano al ritorno, scrive costantemente anche al futuro cognato Pasquale esprimendogli grande affetto e mandandogli anche una fotografia in divisa da Bersagliere. Pasquale ricambia e gli manda anche un paio di vaglia postali con qualche lira. Tutto procede bene e per il matrimonio non si aspetta altro che il tanto sospirato congedo.
Se la famiglia di Rosaria è contenta del futuro matrimonio, Antonio alla sua famiglia non ha detto niente e Giovanni Buffone, il padre di Antonio, viene a saperlo casualmente dopo un anno, quando, cioè, va a Piane Crati per la trebbiatura al posto di suo figlio. Accolto calorosamente dalla famiglia Lavorato, manifesta tutto il piacere di stringersi in parentela con la stessa, sempre però che vi era la volontà di suo figlio.
Forse questa condizione fa venire qualche dubbio a Rosaria, forse Giovanni non è davvero contento che Antonio la sposi e aspetta che il tempo e la lontananza affievoliscano i sentimenti per far cadere la promessa fatta dal figlio. Ma quando Antonio torna, è ormai l’estate del 1904, tutti i dubbi di Rosaria vengono fugati e si ripresero le trattative per il matrimonio e per l’oggetto fu invitato a recarsi nel paese anche il padre Giovanni, che vi si trattenne per circa sette giorni in casa Lavorato.
Tutto fu concertato, non esclusa la dote di £ 500, senonché, dovendo, secondo le consuetudini del paese, lo sposo fare acquisto di oggetti d’oro per complimentare la sposa, Antonio disse che bramava che vi fosse stato presente il fratello maggiore a nome Vincenzo e con la scusa di andarlo a chiamare, se la svignò, rimanendo il padre, il quale abbandonò alla sua volta sorrettiziamente la famiglia Lavorato nella notte susseguente, senza prendere neanche commiato.
A Piane Crati cominciano a girare le voci più strane  sul conto di Rosaria, la peggiore delle quali mina alle fondamenta il suo onore: “è stata deflorata e abbandonata da Antonio Buffone”. Questo è devastante per la ragazza: il fratello la rimprovera continuamente e le donne del paese cominciano a farla segno al loro disprezzo.  Chi la vorrà più? Rosaria convince due sue sorelle ad andare a Domanico dal padre di Antonio a pregarlo perché fosse subito andato in Piane Crati con il figlio, al fine di finalizzare il tutto per il matrimonio.
A Domanico c’è solo Giovanni Buffone. Antonio non c’è, è a Cirò dove, pare, ha un’altra fidanzata più avvenente e con dote di gran lunga superiore a quella di Rosaria. Le due ragazze, dopo avere raccontato ciò che accade in paese e i maltrattamenti da parte del fratello, se ne tornano sconsolate a casa, ma quando Vincenzo, il fratello maggiore di Antonio, viene a sapere della visita e di ciò che è stato detto e ascoltato, va su tutte le furie e, temendo guai, subito scrive a Pasquale Lavorato:
Amico carissimo
Benche siamo di lontano e non possiamo discorrere con la viva della voce, caro amico quello momento che sono giunte le vostre sorelle in mia casa, io mi trovai partito per fare la questua per San Giovanni, ora sono giunto dopo le tre dopo mezzogiorno in mia casa non trovando le vostre sorelle mi arrabiai, ma con tutto questo vi prego per quanto stimate la nostra amicizia che abbiamo avuto ed abbiamo di avere più parte, io Vincenzo Buffone vi prego per quanto stimate la nostra amicizia non maltrattate la vostra sorella, mia cognata, io mi corrivo assai, non poco, perche io con il mio padre e madre ci abbiamo molto piacere ma dopo la fiera di arcavacata si ritira il mio fratello e siamo di accordo noi verremo a fare di tutto riguardo alla matrimonio, ma statevi tranquilli non ci pensiate più che sta accura di marzo di fare la neve. Non altro resto a salutare a tutta la famiglia con particolarità la mia cognata, così faranno i miei genitori
Mi dico
Il vostro vero amico Vincenzo Buffone
Domanico li 20 agosto
Non maltrattate la mia cognata
Ma Rosaria non crede a queste parole e pensa che sia solo un modo per prendere tempo, anche perché scopre che Antonio è sempre a Cirò e non è tornato nemmeno per la fiera di Arcavacata e l’artefice di tutto è Giovanni Buffone, colui che è stato la causa della sua rovina. Antonio no, lui la ama ma l’ha delusa perché non si è fatto valere. Con il passare dei giorni Rosaria comincia a maturare l’idea della vendetta e giura che ucciderà il mancato suocero. Ricorda che un suo fratello defunto aveva nascosto in casa una rivoltella a sei colpi e rovista dappertutto finché non la trova. È scarica. Se la nasconde addosso e va a Cosenza dove riesce a comprare sei cartucce.
La mattina del 5 ottobre 1904 chiama in disparte sua sorella Raffaela e le dice che sta andando a Cosenza e che vorrebbe essere accompagnata. Le mostra la rivoltella e le dice che se, volesse il cielo, incontrerà Giovanni Buffone lo ammazzerà! La sorella non le crede, non sarebbe mai capace di una cosa del genere e acconsente. Rosaria fa tutta la strada con la rivoltella nella tasca del grembiale e la mano destra stretta sul calcio. In città girano in lungo e in largo finché, appena passato mezzogiorno, combinazione volle che dietro il palazzo delle Finanze, all’incrocio tra Viale dei Platani e Piazza Carmine, incontrano Giovanni Buffone.
Nell’ovale il Palazzo delle Finanze
– Aspetta un attimo che gli devo dire due parole – fa a Raffaela, facendola fermare. La sorella ubbidisce ma sta in guardia perché teme che possa nascerne una violenta scenata.
Giovanni Buffone storce il muso quando se la vede davanti, ma deve affrontarla:
– Qual è la ragione del tuo agire?
Il matrimonio con mio figlio non potrà mai effettuarsi, tu non sei buona…
Raffaela, a qualche metro di distanza, vede l’uomo allontanarsi di qualche passo dando le spalle a Rosaria la quale toglie la mano destra dalla tasca del grembiale impugnando la rivoltella. Raffaela è sorpresa ed immobile mentre vede partire i due colpi che raggiungono Giovanni alle spalle e quindi cadere pesantemente a terra. Rosaria scappa verso Piazza Carmine, seguita, dopo un attimo di esitazione, da sua sorella.
Il soldato Giuseppe Puntillo è di sentinella alla Tesoreria Provinciale quando sente le due detonazioni. Non sa cosa sia accaduto perché gli spari provengono dal retro del palazzo, così si sporge per cercare di capire qualcosa e vede due ragazze correre a pochi metri da lui.
– Alt! Ferme! All’armi! All’armi! – ma quelle gli passano davanti correndo e non riesce a bloccarle. Rosaria e Raffaela entrano nel primo portone che si para loro davanti ma è la scelta più sbagliata tra tutte quelle possibili. Quello è l’ingresso del corpo di guardia della Tesoreria Provinciale!
Trasportare il ferito all’ospedale è un attimo, basta attraversare Viale dei Platani. Le sue condizioni appaiono subito gravi, una delle due pallottole gli ha trapassato il polmone sinistro e il rigonfiamento si nota chiaramente sotto la pelle del torace. Prima di essere operato, Giovanni Buffone risponde a qualche domanda:
– Sono state loro… conosco le sorelle Rosaria e Raffaela Lavorato da Piane Crati. La prima da molto tempo è in relazione con mio figlio Antonio ed ora crede che io mi voglia opporre al loro matrimonio perché mio figlio si è allontanato dal paese per ragioni di lavoro… invece io sono contento della loro unione… per questo Rosaria mi ha offeso
Rosaria racconta la sua versione e ammette di avere giurato a sé stessa di volersi vendicare di Giovanni Buffone, responsabile del fallimento del suo matrimonio.
– Qualcuno ti ha istigato?
Nessuno mi ha istigato e molto meno persona della mia famiglia, i componenti della stessa non sapevano che io ero armata di rivoltella, della quale mi impossessai di nascosto. Ciò soltanto conosceva mia sorella Raffaela la quale, però, non poteva mai immaginare che io sarei stata capace di commettere il reato, anzi debbo dire che la stessa mi trattava da pazza e mi sconsigliava sempre da ogni cattivo proponimento.
– Eppure era lì con te…
Se si è trovata mia sorella presente all’avvenimento è stato per mero caso ed essa non si avvide neanche quando io sparai, tanto che ne fu terrorizzata.
– Però è molto strano che tu abbia sparato al padre del tuo fidanzato e non a lui stesso… secondo logica è il tuo fidanzato ad averti disonorata…
Se sparai a Giovanni Buffone e non al figlio fu perché il primo sconsigliò il secondo dal contrarre il matrimonio con me, opponendosi ad oltranza. Il figlio mi amava perdutamente ed io lo corrispondevo nello stesso modo perciò, se non fosse stato pel padre, son sicura che mi avrebbe sposata!
Raffaela si difende strenuamente, lei non ne sapeva niente.
– Non potevo mai credere che fosse una donna capace di tanto!
– Secondo noi invece l’hai istigata tu a fare quello che ha fatto…
– Vi ingannate, cosa vi persuade che io avrei consigliato al delitto mia sorella per finire di perderla?
Dopo l’operazione per estrarre la pallottola dal torace, Giovanni Buffone sembra migliorare un po’ e riesce anche a confermare le sue prime, poche parole, addossando la responsabilità del mancato matrimonio a suo figlio Antonio:
Rosaria, essendo stata in trattative di matrimonio con mio figlio Antonio che, ritiratosi in Cirò col fratello, non ha voluto più saperne, mi rivolse varie dimande sul riguardo al che io le ho fatto sentire che per parte mia non ero alieno di annuire ad un tale matrimonio, anzi vi era tutto il mio piacere. Essa, però, prendendo forse a male le mie parole o male interpretandole, ha estratto una rivoltella e nell’atto che io le voltavo le spalle me ne esplose contro due colpi
A chi credere? Certo, da uno che potrebbe morire da un momento all’altro ci si aspetta che sia sincero per presentarsi al giudizio divino con la coscienza pulita. Dall’altro lato Rosaria dovrebbe essere proprio scema per ostinarsi a non voler capire parole chiare e nette.
Nel frattempo Giovanni peggiora e dopo due giorni di agonia muore. Adesso si tratta di omicidio premeditato.
Le testimonianze raccolte non chiariscono il dilemma: i testimoni chiamati dalla famiglia Buffone giurano che Giovanni si è sempre prodigato per arrivare al matrimonio di Antonio e Rosaria e che i familiari di Rosaria minacciarono ritorsioni in caso di rottura del patto, quelli citati dalla famiglia Lavorato sono convinti che tutto sia stato determinato dalla fuga dei Buffone da Piane Crati e dall’arrivo delle voci che essi stavano contrattando altro matrimonio altrove. Se a ciò si aggiunge il fatto che a Piane Crati è inveterata la consuetudine che quando una giovine donna per lungo tratto di tempo è stata in intime relazioni d’amore con un giovine, specie forestiero, che ne ha frequentato anche la casa, malgrado che non vi abbia avuto congiunzione carnale non trova più da maritarsi, è ovvio aspettarsi una reazione violenta. Ma perché non contro Antonio? Semplice. Vero o falso che fosse, le trattative per un nuovo matrimonio altrove non potevano prescindere dal consenso paterno, quindi il padre fu il vero colpevole. Colpevole per non aver fatto mantenere la parola al figlio.
Ma comunque la si rigiri, la questione è che c’è stato un omicidio con il reo confesso che ha ammesso di averlo premeditato e a fianco all’assassina c’era sua sorella. Il 28 dicembre Rosaria e Raffaela vengono rinviate a giudizio. Rosaria per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, Raffaela per concorso in omicidio premeditato.
Il 17 giugno 1905 si apre il dibattimento presso la Corte d’Assise di Cosenza.
Una sera mi trovai in casa Lavorato ove si trattava il matrimonio. Il padre di Antonio, Giovanni, pretendeva £ 800 di dote; furono offerte dalla famiglia Lavorato £ 500; il figlio Antonio non parlava, facendo supporre che stava a quel che faceva suo padre. Indi suo padre, a quella proposta di lire 500 non disse né si, né no. dopo ciò l’Antonio disse che si sarebbe recato nel suo paese, si sarebbe unito a suo fratello maggiore Vincenzo e avrebbe comprato dell’oro per darlo alla sposa. Infatti Antonio si conferì a Domanico ma non più ritornò a Piane Crati – giura Gabriele Fiorino.
Forse è questo mercanteggiare sull’entità della dote e la successiva fuga da Piane Crati a convincere la giuria che Giovanni Buffone non fosse poi così d’accordo a concludere il matrimonio tra Antonio e Rosaria. Le due sorelle vengono assolte dall’accusa di omicidio premeditato, scampando, almeno Rosaria, a una dura condanna. Resta il reato di porto abusivo di arma da fuoco: la condanna inflitta a Rosaria è di 10 giorni di reclusione, già scontati con la carcerazione preventiva.[1]


[1] ASCS, Processi Penali.

 

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