LE ISPEZIONI CORPORALI

Maria Rizzo di Bonifati nel 1904 ha 16 anni e va a lavorare come trasportatrice di pietre alla costruzione della linea ferrata tirrenica. Qui conosce un ragazzo, Fiorenzo Pio di Longobardi, e tra i due nasce del tenero. Lui ogni tanto la va a trovare nella casetta agricola sita nel fondo agricolo tenuto in colonia dal padre di Maria, Natale Santo, che da poco è tornato dall’America. I due ragazzi non restano mai da soli, con loro c’è sempre la sorella di Maria, ma è comunque una cosa sconveniente perché non sono fidanzati e se lo venisse a sapere il padre sarebbero dolori per tutti. Un giorno, verso la fine di agosto, i due stanno chiacchierando all’ombra di un albero accanto alla casetta, quando sentono la voce del padre di Maria. Il terrore si impadronisce dei due che scappano correndo, ma il padre li vede e si mette ad inseguirli. Si nascondono in una casupola abbandonata, questione di cinque minuti al massimo, poi Maria consiglia a Fiorenzo di andarsene perché non sa come potrebbe reagire il padre trovandoli insieme. Quando Santo Rizzo entra nella casupola, Maria è da sola.
– Puttana! Lorda! Disonorata! – e giù botte. A niente servono le parole della ragazza per spiegargli che non sono mai stati da soli se non per meno di cinque minuti e che lei è illibata come alla nascita – Mò voglio vedere se sei vergine! Spogliati perlamadonna! – Maria cerca di opporsi, ma le botte fanno male e si sveste, poi è costretta a stendersi a terra e ad allargare le gambe, così da permettere a suo padre di infilarle un dito nella vagina e rimestarlo lì dentro – sei vergine, adesso vattene a casa e non permetterti mai più di incontrare quello lì se no ti scanno!
Maria, umiliata, non torna a casa ma se ne va dall’anziana nonna materna, l’unica che le ha dato conforto dopo la morte della mamma. Dopo un paio di giorni, però, bussa alla porta l’Ufficiale Giudiziario delle Pretura di Belvedere Marittimo con un ordine di comparizione per la ragazza.
– Maria, tuo padre ha fatto istanza per farti ritornare a casa, dice che sei scappata solo perché ti ha punito per avere dato confidenza a un giovanotto… lo sai che non sta bene…
– Eccellenza… – risponde decisa – il motivo per andarmene ce l’ho… mio padre ha preteso di visitarmi…
– Visitarti?
– Si, mi ha messo un dito nella natura per vedere se ero illibata…
– Beh… ha esagerato, ma tu sei minorenne e devi ubbidire a tuo padre, quindi adesso devi tornare a casa, intesi? E non pensare più alla visita… era arrabbiato, devi capirlo, l’ha fatto per il tuo bene…
Così Maria torna a casa, ma il suo bene continua ad essere praticato regolarmente e le ispezioni sono sempre più lunghe e profonde, nel disinteresse della seconda moglie di suo padre.
Passa così, di ispezione in ispezione, un anno. Adesso è il 26 agosto 1905, pomeriggio. Maria è in casa quando rientra suo padre.
– Marì, devi venire con me in campagna – il tono è di quelli che non ammettono repliche. Maria smette di sfaccendare e lo segue. Giunti in prossimità di una casa isolata e abbandonata, le dice di entrare lì dentro perché la vuole visitare. Maria, stancamente, ubbidisce e non c’è nemmeno più bisogno che il padre le dica cosa fare, così si stende sulla nuda terra, si alza la gonnella, abbassa le mutande e allarga le gambe. Il padre le si avvicina e Maria, con orrore, capisce che questa volta non si tratta della solita visita. Questa volta suo padre ha sbottonato i pantaloni, ha cacciato fuori il suo membro e glielo mostra orgogliosamente nella sua erezione.
– No! – urla richiudendo le gambe e cercando di rialzarsi per scappare, ma il padre comincia a picchiarla selvaggiamente. Poi le mette una mano alla gola e stringe forte. Maria scalcia ma non respira e si lascia andare. Il padre, con la mano libera cerca di allargarle le gambe ancora serrate nell’ultima, disperata resistenza, che però dura poco. La violenza invece le sembra durare un’eternità.
– Adesso fila a casa – le ordina mentre si riveste.
Maria a casa non ci torna e va immediatamente a casa del Sindaco, ma non lo trova. Decide allora di andare dal Segretario Comunale e gli racconta tutto. Solo adesso torna a casa e si mette a letto, sicura che, con la presenza in casa della matrigna e delle sorelle, il padre non avrebbe potuto ripetere l’atto commesso nel pomeriggio. E infatti ha ragione, non succede più niente.
Il giorno dopo, Maria prende le sue poche cose e va a rifugiarsi a casa del Segretario Comunale che l’accoglie come persona di servizio. Adesso è al sicuro.
Chi, invece, non è al sicuro è Santo Rizzo, suo padre, perché i Carabinieri sono stati informati del fatto e sono sulle sue tracce, ma siccome sa di averla fatta grossa si nasconde e non riescono a trovarlo.
Maria deve sottoporsi a visita, questa volta da parte di un vero medico, il dottor Baldassarre Ricci, per capire se ha detto la verità o se ha inventato tutto di sana pianta, è la prassi.
Osservata la qui presente Maria Rizzo, riscontriamo sulla regione del collo, a sinistra e proprio nella regione laterale, un’escoriazione di forma lineare, ricoverta di crosta ematica secca. Più in alto vedesi un reliquato di escoriazione; parallelamente, verso dietro, altre tre piccole escoriazioni. Sulla regione laterale destra del collo un reliquato di escoriazione. Nel caso attuale, messa in relazione con le altre dell’altro lato, sono il reliquato dell’unghia del pollice, mentre le altre sarebbero state prodotte dalle unghie delle altre dita. Lo stesso tipo di escoriazioni sono rinvenute nella regione interna della gamba e della coscia sinistra e un’abrasione è sulla coscia destra. Messa la paziente in decubito dorsale e fattele divaricare le gambe, appaiono gli organi genitali e fanno rilevare l’imene rotto verso il lato sinistro, tanto da far vedere, distendendolo, la vagina come un piccol foro irregolare e pieghettato. Scorgonsi delle piccole lesioni cicatrizzate. Maria Rizzo non è adusata al coito, sia per la forma delle mammelle, sia in ispecie per la forma e distensione dell’imene. Essa ha subito congiunzione carnale violenta, rilevandosi ciò dalla rottura dell’imene, dalle abrasioni cutanee al collo, nonché quelle agli arti inferiori. Tali abrasioni datano da circa quattro giorni. La rottura dell’imene è di data remota, deducendo ciò dalla assenza di lesioni recenti e dalla presenza invece di cicatrici di colorito biancastro, indice di pregressa lesione. A mio giudizio, la rottura dell’imene è avvenuta facilmente per aliena manovra digitale che spesso veniva praticata.
Adesso che è ufficialmente vera la violenza subita, le ricerche dello stupratore continuano con più energia, ma Santo Rizzo è furbo e non si fa prendere, nonostante si aggiri nei dintorni di Bonifati. Anzi, in paese ci entra indisturbato e va a casa del Segretario Comunale per convincere Maria a ritirare la querela.
– Sono perseguitato dai Carabinieri mentre tu te ne stai tranquilla in casa… lo capisci che sarò rovinato con questo giudizio? Ti scongiuro, ritira la querela e ti prometto che ti darò del denaro per emigrare in America
– Io non ho dato querela, la giustizia procede d’ufficio e non posso revocare quanto ho detto perché è la verità. Sei rovinato? Avresti dovuto pensarci prima di violentarmi… soldi non ne voglio, te ne puoi andare!
– Sono rovinato… sono rovinato e tu sei più rovinata di me… don Luì, diteglielo anche voi, per carità, di ritirare la querela…
Poi se ne va, sparendo di nuovo. E non si hanno più sue notizie fino al 5 di settembre,  quando alla Pretura di Belvedere Marittimo arriva una sua lettera:
Illustrissimo Signor Pretore Belvedere
Il sotto scritto sirivolge alla giustizia della S.V. perché faccia la luce al gravo fatto che mi si vuole addebitare. Io sono nocente è sono vittima della Malignità di mia figlia o di chi senza coscienza l’ha consigliata e la guida. I fatti sono seguenti: E oramai un anno che mia figlia, innamoratasi di un tal Fiorenzo, ignoro il cognome, lavoratore col signor Achille Golletti, fuggì un bel giorno di casa mia in compagnia del Fiorenzo, sperdendosi nella campagna in contrada Paneduro e Campa del Monaco. Avvedutomi della fuga di mia figlia, mi dessi alla ricerca e dopo 4 o 5 ore la rinvenni nei pressi della stanzione di Capo Bonifati, forse dovevano pigliare il treno per andarsene a Longobardi, patria del Fiorenzo, ciò che sia potuto avvenire a danno di mia figlia lo lascio alla considerazione della S.V. Per tale fatto compito da mia figlia io certamente le ho usato un trattamento in famiglia come si meritava: non le davo molta libertà sorvegliando ogni sua azione: questo non è piaciuto a mia figlia ed è perciò che a mezza notte del giorno 26 agosto abbandonò il tetto paterno per andarsene dove?
Giusto dichiarazione di mia figlia il fatto che mi si addebita dice che è stato con due ore di giorno e se vero fosse stato, perché tornò a casa mia in campagna, aspettando la mezza notte per fuggire? Se il fatto dice che è successo in campagna, se fino alla vemaria è stata in paese, perché se ne venne a casa?
Signor Pretore prego di schiarire i fatti e non prestar fede a quanto l’ha rapportato questo sindaco il quale vuole esercitare verso di me una vendetta per una quistione avuta io e suo fratello e padre. Dovrebbe essere sereno nel rapportare i fatti e non farse dominare dalla cieca passione.
Il sottoscritto Rizzo Santo
Le cose, teoricamente, potrebbero anche essere andate come racconta Santo Rizzo, ma il vero problema è che non risulta credibile, oltre che per gli esiti della perizia medica eseguita sulla figlia, anche per ciò che c’è scritto sul suo certificato penale: il 23 giugno 1887 fu condannato a 3 anni di reclusione quale colpevole di stupro violento in persona di una minore degli anni dodici. Un miserabile recidivo.
Sono circa le 8,00 del primo ottobre 1905. I Carabinieri di Belvedere Marittimo, venuti a conoscenza che Santo Rizzo si aggira nei dintorni di Bonifati, armato di fucile avendo l’intenzione di far fuoco contro la forza pubblica anziché ricadere nelle mani della giustizia, arrivano in paese per tentare di arrestarlo. Qualcuno dice ai militari di averlo visto nelle vicinanze di un suo podere. Con tutte le precauzioni vanno nel posto indicato ma costui, essendosi accorto del loro arrivo, si dà a precipitosa fuga, dirigendosi nel sottostante burrone, lasciando sul luogo, attaccato ad un albero, un fucile ad una canna, carico a pallettoni ed una borsa di pelle contenente munizioni di ogni specie.
Adesso sparisce davvero, nessuno lo nota più nei dintorni del paese e certamente qualche amico fidato lo aiuta, lo aiuta sostanziosamente perché il 14 giugno 1906 i Carabinieri di Belvedere Marittimo inviano una breve nota al Pretore per comunicare ufficialmente ciò che la voce pubblica sussurra da un paio di mesi:
Mi onoro riferire alla S.V.Ill. che dalle ulteriori ricerche praticate, è risultato che il colpito da mandato di cattura Rizzo Natale Santo da Bonifati, trovasi tuttora in America.
E non bisogna meravigliarsi più di tanto, l’emigrazione clandestina è una pratica molto più diffusa di quanto si possa immaginare: agenti e subagenti delle compagnie di navigazione fanno a gara per fare espatriare con ogni mezzo quanta più gente possibile, compresi assassini, stupratori e ladri latitanti, militari sprovvisti di passaporto. Carovane di clandestini vengono accompagnate fino a Napoli, spesse volte fino a Genova, addirittura a Marsiglia o Le Havre passando per Chiasso, dove vengono muniti di passaporto falso e fatti imbarcare.
Stando così le cose, non è più il opportuno perdere tempo a cercarlo e quindi l’istruttoria può essere chiusa procedendo con le richieste della Procura del re: rinvio a giudizio per violenza carnale con abuso di autorità, porto e detenzione abusiva di fucile e altri reati minori.
Il 4 settembre 1906, la Sezione d’Accusa modifica la rubrica dei reati e rinvia a giudizio l’imputato con le accuse di: atti di libidine violenti e continuati con abuso di autorità; violenza carnale con abuso di autorità; detenzione e porto abusivo di fucile.
Santo Rizzo viene dichiarato contumace e il dibattimento si svolgerà senza la sua presenza il 19 ottobre 1907.
L’imputato viene riconosciuto colpevole di tutti i reati ascrittigli e condannato a 20 anni e 5 giorni di reclusione, più pene accessorie, ma si tratta, evidentemente, di una pena che non verrà mai scontata.[1]
A meno che non lo abbiano beccato in America a fare le stesse porcherie…


[1] ASCS, Processi Penali.

 

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