Fa caldo a Sangineto verso la fine di agosto del 1905 quando Giovanni Midaglia si presenta a casa di Francesco Bonanata per chiedere la mano di sua figlia, la diciottenne Saveria. La cosa era nell’aria e Bonanata accetta di buon grado perché il richiedente è un giovane e onesto lavoratore e ha tutto ciò che occorre per offrire a Saveria una vita che non sia di stenti.
Ma su Saveria ha messo gli occhi anche un altro giovane del paese, Angelo Gaeta, che si presenta a Bonanata dopo qualche giorno, il primo settembre, e fa la stessa richiesta.
– Mi dispiace, mi trovo compromesso con Giovanni Midaglia… Saveria è già impegnata…
Angelo se ne va scuro in volto e racconta tutto a suo fratello Giovanni, noto pregiudicato del paese e ancora sottoposto alla vigilanza speciale per una condanna riportata l’anno prima, il quale se la prende più di Angelo ritenendo la richiesta di matrimonio fatta da Midaglia un’offesa all’onore della sua famiglia e, essendo un esperto della minaccia a mano armata, va ad affrontare il padre della ragazza per risolvere la questione.
– Mi dispiace, mi trovo compromesso con Giovanni Midaglia… Saveria è già impegnata…
La risposta è la stessa data a suo fratello e Gaeta comincia a perdere la pazienza, ma con tono apparentemente distaccato gli risponde:
– Va bene…dovrà avere una buona palìata…
Qualche giorno dopo qualcuno lo sente mentre dice a un suo amico: “Prima che porta l’oro alla sua fidanzata lo ammazzo!”. Nessuno se ne preoccupa perché Giovanni Gaeta è, si, specializzato in minaccia a mano armata ma non ha mai fatto scorrere una goccia di sangue, un guappetto di cartone insomma.
La sera del 10 settembre la bettola di Rosaria Cetraro è piena di gente. Un gruppo di amici sta bevendo vino giocando alla morra quando entra Giovanni Gaeta che scruta gli avventori e poi si dirige verso quel gruppo. Senza dire una parola prese il Midaglia per un braccio e lo trascinò fuori dalla bettola, estrasse di tasca un coltello e cominciò a tempestarlo di colpi. Costui poté afferrare per il corpo il Gaeta e colluttandosi giunsero fino al muro della piazza, ove esso Miraglia riuscì a mettere sotto il Gaeta, ma poco dopo questi fu sopra il suo avversario e continuò a ferirlo.
Accorre gente e si riesce a dividere i due: Midaglia resta a terra sanguinante e Gaeta si dà alla fuga gridando:
– Ma che egli era buono da sposare la figlia di Ciccio Bonanata?
Intanto sul posto è arrivata la guardia municipale Pietro Rogati che si lancia subito all’inseguimento del fuggitivo. Lo raggiunge, lo disarma e lo arresta.
Giovanni Midaglia è grave per le cinque coltellate al petto, tutte molto profonde. Gaeta invece è pesto per le botte ricevute e ha anche una piccola ferita da taglio sull’avambraccio sinistro: che anche Midaglia fosse armato? Tutti lo escludono e, d’altra parte, nessun’arma gli viene trovata addosso o accanto al corpo. Certamente Gaeta si è ferito da solo durante la colluttazione.
Giovanni Gaeta viene medicato, rinchiuso nel carcere di Belvedere Marittimo e interrogato:
– Passavo davanti la bettola di Rosina Cetraro ove erano fermati a discorrere molte persone fra le quali Giovanni Midaglia, mio cugino; un tal Cicco, soprannominato Ernesto, mi disse: “Vieni a prenderti un bicchiere di vino”. Io risposi: “No, non ne voglio”. Ma Giovanni Midaglia, intervenendo, disse: “Che offrite vino a questo Galera?”. Io allora gli risposi: “E tu che c’entri in tutto questo?”. Il Midaglia cominciò a minacciarmi di schiaffi e a dirmi parole ingiuriose dicendo: “Tu volevi fare spallaccio a tuo fratello? Io vi piglio a schiaffi a tutti e due!” e prese a schiaffeggiarmi. Io sulle prime credetti che scherzasse ma poi, quando dopo avermi spinto a pugni e a calci fin sul muro della piazza, mi prese per il collo e cercava di precipitarmi nella strada sottostante, io, sollevandomi da terra ov’ero caduto, estrassi il coltello e lo ferii…
I testimoni lo smentiscono e anche Giovanni Midaglia, che sta migliorando sensibilmente, nega che le cose siano andate come racconta il suo feritore:
– Gaeta mi si avvicinò e senza verun motivo, né dire tanto né quanto, agitando le braccia come se fossero remi, mi tirò una coltellata che mi lacerò il risvolto della giacca. Io allora con una mano lo presi per il petto e con l’altra cercai di trattenergli un braccio, ma con quello che aveva libero mi vibrò più colpi di quell’arma, maggiormente offendendomi nel momento in cui ero caduto a terra e gli stavo sotto… poi perdei i sensi…
– Nel giugno scorso Angelo Gaeta tornò dall’America e si mise a corteggiarmi mentre io, che da circa due mesi mi ero fidanzata a Midaglia Giovanni, lo sfuggivo sempre – racconta Saveria, piangendo per la sua cattiva sorte –. So che Angelo Gaeta ne parlò anche con mio padre il quale, dopo avermi interpellata, rispose che io inclinavo per unirmi al Midaglia.
Le ferite di Giovanni Midaglia sembrano cicatrizzarsi ma lui non sta affatto bene: diverse volte ci fu dato estrarre all’infermo dal cavo pleurico aria e sangue, indizio sicuro che la maggior ferita interessò la parete polmonare in modo da cagionare l’apertura di uno o più bronchiolini e di uno o più piccoli vasi nel cavo pleurico. Di qui l’emo-pneumotorace e la migrazione del mucrone cardiaco in corrispondenza del quarto spazio intercostale destro. La malattia cagionata dalle ferite rimarrà insanabile.
Menomato. Chi lo vorrà più? Tutti i sogni dei suoi vent’anni si sono infranti e poco importa se Giovanni Gaeta farà un po’ di galera. Forse sarebbe stato meglio esserci rimasto secco.
6 anni, 1 mese e 20 giorni è la pena che sconterà e poi potrà tornare a dedicarsi alla sua carriera di guappo di cartone e continuare a entrare e uscire dalle patrie galere.[1]
[1] ASCS, Processi Penali.
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