CASA DI MATERNITA’, CASA DI MORTE

 
È il 19 maggio 1928 quando il Maresciallo Michele Pelaja, comandante della stazione dei Carabinieri di Cosenza, termina di scrivere il rapporto al Procuratore del re del tribunale cittadino per un fatto avvenuto qualche giorno prima:
Il giorno 21 aprile u.s. veniva ricoverata al locale ospedale civile, Olivella Michelina d’ignoti, di anni 26 da Belvedere M.mo, domiciliata e residente a Sangineto, perché incinta al nono mese. La Olivella, dal giorno del suo ingresso, si manifestava insofferente della vita ospedaliera e, conversando con le sue compagne, pregava e si augurava che la sua creatura morisse subito dopo nata.
La Olivella, il 14 corrente, verso le ore 21, metteva alla luce una bambina viva e vitale e nel parto veniva assistita dalla raccoglitrice Monte Carmela d’ignoti, di anni 37 da Fiumefreddo Bruzio, residente a Cosenza. la Monte, dopo le medicature di uso, lasciava la puerpera e la bambina in buono stato. Alle ore una del giorno 15 successivo veniva chiamata d’urgenza ed accorsa al letto della Olivella constatava che la bambina era già morta.
I dottori del locale ospedale non sanno spiegare, o meglio determinare, la causa del decesso e perciò, qualora la S.V.Ill.ma lo creda, si propone l’autopsia anche perché la Olivella ha pubblicamente manifestato il desiderio che le morisse la bambina subito dopo il parto.
La Olivella è donna di facili costumi e in precedenza ha procreato un bambino, attualmente affidato alle cure di Rosa Iunta da Sangineto.
Una bella gatta da pelare. Una delle tante.
Il Procuratore del re accoglie la richiesta del Maresciallo Pelaja e, in attesa dei risultati dell’autopsia, Michelina Olivella viene arrestata con l’accusa di omicidio volontario.
Vengono nominati come periti i dottori Ludovico Serra e Gregorio Cerrito i quali osservano i capelli neri, consistenti e lunghi circa 3 cm e le unghiette, solide, delle mani, lunghe qualche millimetro in più dell’orlo libero dei polpastrelli e notano che il faccino è uniformemente congestionato e gli occhi sono semichiusi. Poi cominciano il loro ingrato compito. Aperto il cranio, la sostanza cerebrale si mostra iperemica, congestionata, con evidente dilatazione dei vasi di quasi tutta la superficie del cervello. Negli altri organi interni non ci sono alterazioni. In base a queste risultanze, i periti concludono che la bambina, alla quale era stato dato il nome di Giuseppina Perego, è morta per asfissia da soffocazione. Ma gli stessi periti non sono in grado di determinare il mezzo adoperato per soffocare la neonata in quanto non si hanno elementi per poterlo dimostrare, essendo sufficiente per provocare l’asfissia da soffocazione in un infante appena nato la semplice apposizione, pel periodo di cinque o sei minuti, sulla bocca e sul naso di un cuscino o di un batuffolo di ovatta o delle stesse coperte del letto ove il neonato giace. Quindi, secondo i periti, si sarebbe potuto trattare anche di una disgrazia.
Non la pensano così, però, alcune donne ricoverate nella stessa camerata di Michelina, infermiere e balie.
Mi trovavo nella stessa camera della “Casa di maternità” in cui si trovava Olivella Michelina. Mi consta che l’Olivella prima del parto manifestava il desiderio che la sua creatura fosse morta appena nata e ciò perché non voleva rimanere come balia nel brefotrofio, avendo lasciato a casa un bambino.
Una sola voce, quella di Nicoletta Peluso, è fuori dal coro:
Trascorse circa quattro ore dal parto, intesi, dalla stanza attigua ove mi trovavo, la Olivella che diceva: “Bella di mamma tua, figlia…”. Siccome mi trovavo a letto, mi fu riferito che la bambina era morta improvvisamente. Nel momento del parto la Olivella non manifestò alcun dispiacere per la nascita della bambina, né mi consta se precedentemente abbia manifestato di volersi sbarazzare della creatura.
Michelina si difende strenuamente nell’unico interrogatorio cui è sottoposta:
Il 14 corrente mese, verso le ore 21, mi sgravai in questo ospedale di una bambina. La stessa, appena nata, manifestava di avere un forte rantolo, tanto che me ne preoccupai. Ciò non pertanto, la creatura appena fasciata fu collocata nello stesso mio letto. Dopo circa tre o quattro ore mi accorsi che la bambina andava soffocandosi ed immediatamente cessò di vivere senza che io me ne accorgessi quasi. Subito gridai e chiamai le mie compagne di stanza, le quali anche constatarono il decesso della bambina.
– Ti sei addormentata in questo frattempo? – le chiede il cavalier Raffaele Ferola, Giudice Istruttore – forse ti sei addormentata e inavvertitamente ti sei poggiata sulla bambina soffocandola… – Michelina potrebbe assecondare il Giudice che le sta quasi suggerendo la risposta e chiudere la faccenda, ma non lo fa:
Io dopo essere sgravata e fino a quando la bambina diede segni di vita non mi addormentai affatto e quindi è da escludere che anche involontariamente avessi potuto in qualche maniera privarla dell’aria necessaria…  io sono innocente…
– Allora se non è stata una disgrazia hanno ragione le tue compagne di stanza quando affermano che ti auguravi la morte di tua figlia e che ti sei mostrata, come dire, indifferente al figlio che stava per nascere…
Non è affatto vero che prima dello sgravio io abbia comunque dimostrato la mia indifferenza per la creatura che mi sarebbe nata. Io tre anni fa ho dato alla luce un maschietto che attualmente trovasi affidato alle cure di mia madre
Disgrazia? Infanticidio? Archiviare? Procedere? Il dubbio è risolto dalla Procura del re di Cosenza che, chiedendo il rinvio a giudizio di Michelina Olivella per omicidio volontario, scrive:
(…) Si accertò che il decesso era stato determinato da asfissia per soffocamento e che il feto era vivo e vitale.
Dalle indagini dei carabinieri risultò, inoltre, che la Olivella, donna di facili costumi, si mostrava insofferente della vita ospedaliera e che, conversando con le altre ricoverate, faceva voti che la propria creatura morisse appena nata.
Detta così sembrerebbe certo che si sia trattato di un’azione volontaria. Peccato che gli inquirenti dimentichino di scrivere che per i periti non è affatto scontato che si tratti di qualcosa di volontario, ma che potrebbe benissimo trattarsi di una tragica fatalità. Purtroppo per Michelina i suoi presunti “voti” le sono fatali: la Sezione d’Accusa, sposa la tesi della Procura e la rinvia a giudizio.
Michelina resta in carcerazione preventiva per un anno e dieci mesi prima che il 26 marzo 1930 si apra il dibattimento. Quando il Presidente della Corte invita il Pubblico Ministero e le parti a presentare le richieste circa le questioni da presentare ai Giurati, Il Pubblico Ministero dichiara di sostenere l’accusa contro la Olivella per omicidio colposo e la difesa si associa.
          Si associa anche la Giuria e Michelina Olivella è condannata a 1 anno e 8 mesi di reclusione e viene immediatamente scarcerata avendo già scontato tutta la pena[1], restando creditrice di due mesi…
Se Michelina uccise la sua bambina volontariamente mediante un comportamento colposo o se la piccola morì per cause naturali lo sapeva soltanto la mamma. La cosa certa è che il Brefotrofio di Cosenza fino al 1925 – con le percentuali peggiori d’Italia – e la Casa di Maternità, come volgarmente veniva chiamata l’Opera Nazionale Maternità e Infanzia, per i primi anni dalla sua istituzione – con percentuali un po’ più in linea con le medie nazionali – erano una vera fabbrica di morte, nella quale difficilmente i bambini superavano i primi giorni di vita. [Cfr. Francesco Caravetta, I PECCATI CHE VAGISCONO – bambini abbandonati, ruotari e balie nella Calabria dell’Ottocento, Cosenza 2009]
 

Tutti i diritti riservati. ©Francesco Caravetta

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[1] ASCS, Processi Penali.
 

 

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