L’uomo, visibilmente alterato, che strattona una donna per un braccio a pochi passi dalla Delegazione di Pubblica Sicurezza è Serafino Arturo Buonalumi, quarantacinquenne direttore della fabbrica del tannino di Cosenza Casali. Buonalumi al suo ritorno dal lavoro non ha trovato in casa una sua nipote affidatagli, la sedicenne milanese Amelia Caminada, e fattosi confessare dalla cameriera il motivo dell’assenza, si sta precipitando alla Delegazione di P.S. per denunciarne la fuga. Sono le dieci di sera del 24 aprile 1919.
– Guai a te se dici una sola parola in più di quello che ti ho detto di dire – le sibila all’orecchio prima di bussare al portone della Delegazione. La donna, Celisa Dorisbò, meglio conosciuta come Adele Mauro, annuisce singhiozzando.
– Ho motivo di ritenere che mia nipote sia scappata con un certo Archita Russo – dice al Delegato Paolo Chiriaco – Dai bauli di mia nipote mancano un paio di scarpine bianche, due camicette, un vestitino completo, una camicia, tre pannolini, un paio di mutande con copribusto ed un piccolo scatolo contenente effetti dei ricami e la mia cameriera ha ammesso di averli presi all’insaputa di mia nipote e di averli dati al Russo.
– Poche ore prima della fuga, Archita Russo mi ha incontrata vicino casa dei miei padroni e mi pregò di sottrarre qualche effetto di biancheria e di vestiario che potesse servire in seguito alla Signorina dopo scappata di casa. Debbo affermare però che la Signorina nulla sapeva di tutto ciò, né io le dissi nulla di quello che mi aveva detto il Russo; fu così che raccolsi gli effetti di biancheria da una cassa aperta e li buttai dalla finestra per come eravamo rimasti col Russo – confessa, mentendo, la cameriera.
Il Delegato non ci mette che un’oretta a sorprendere i ragazzi coricati insieme nel letto di una stanzetta della locanda di Pasquale Basile. Gli agenti li fanno rivestire e consegnano la ragazza allo zio, mentre Archita Russo viene portato in caserma.
– Da due mesi circa mi trovo qui in Cosenza affidata alle cura di mio zio Arturo Buonalumi, marito di mia zia Amelia Curreri, sorella di mia madre, il quale mio zio qui in Cosenza è Direttore dello stabilimento del Tannino. Per ragioni di vicinanza di casa, strinsi amicizia con la signora Rosina, maritata Vivaldi, sorella del giovine Archita Russo, ed una volta, recatosi mio zio a Roma, trovandosi la zia a Brindisi, ed io perciò rimasta sola affiato alla cameriera Adele Mauro, mi portai la prima volta in casa della detta vicina signora Vivaldi, dove lei mi parlò di suo fratello Archita che io più tardi, e precisamente il giorno di San Giuseppe, conobbi. Non nego che dopo avermi egli scritto parecchie lettere che da me non ebbero risposta, finalmente non esitai qualche volta a rispondere perché la sorella, signora Vivaldi, più che mai mi empiva la testa, e fu proprio per le continue sollecitazioni di costei che io presi accordi con lui di fuggire anche perché supponevo che egli, come sempre mi giurava nelle sue lettere, mi avesse amato e mi volesse far sua unicamente per affetto e non per interesse, mentre son venuta a sapere di poi che egli mi voleva esclusivamente nella lusinga di cambiare posizione. Quando prendemmo accordo di fuggire egli mi fece sapere a mezzo della mia cameriera che mi avrebbe condotta a Pietrafitta dove vi sono i suoi genitori, però scesa in istrada e non vista alcuna carrozza dissi a lui: Dove vuoi portarmi? Egli, rassicurandomi, mi rispose: Non temere e mi menò a piedi per diverse vie di qui fino a condurmi, mezza intontita, in un albergo, ove giunti egli volle persino, nonostante le mie proteste, spogliarmi e mettermi a letto e così egli potette avere agio di divertirsi con me tanto da sentirmi bagnata a causa del sangue sulle parti. Ivi stando, fummo trovati dal delegato di P.S. che condusse me in casa di mio zio e l’Archita credo sia stato arrestato – racconta Amelia la mattina dopo al Procuratore del re Luigi Montemurro. Seduto a fianco a lei, ancora visibilmente alterato, è suo zio. Il Procuratore non si accontenta e insiste perché la ragazza riveli altri particolari –. Ho accettato di scappare con lui a condizione che egli mi avesse condotta a Pietrafitta in casa dei suoi genitori e anche con l’altra condizione che nella carrozza io non volevo andare da sola a solo con lui, ma in compagnia di una terza persona, preferibilmente con la stessa sorella o qualche altro di famiglia. Egli non si attenne alle condizioni da me richieste e quindi mi rapiva con l’inganno portandomi immediatamente in locanda dove potette godere delle mie carni…
– Vi ha minacciata o ha usato violenza?
– Circa tale godimento devo ad onor del vero dichiarare che per riuscirci, l’Archita, non usò minacce o violenze di sorta, cominciò a farmi un mondo di moine e finì coll’andarmi egli stesso a svestirmi e mettermi a letto ed io poi, intontita come ero, più non so dire con precisione quello che avvenne, tranne che mi sentii bagnata e con macchie di sangue…
– E della biancheria che mi dite? – Amelia guarda lo zio che le restituisce uno sguardo di fuoco e poi risponde:
– Non so addirittura nulla di effetti di biancheria ma sono convinta che l’Archita si fosse fatto mandare i detti oggetti non già con l’idea di commettere un furto, ma per rendere un pochino più comoda la mia permanenza fuori di casa mia.
Il diciannovenne Archita Russo, nato a Condofuri, è indagato per ratto consensuale e viene interrogato dal Pubblico Ministero. Secondo lui le cose sono andate diversamente:
– Confesso di avere aiutato la Caminada Amelia ad allontanarsi dalla casa della zia perché si congiungesse con me carnalmente e quindi, col consenso dei genitori, divenisse mia moglie. Fu l’Amelia stessa che mi spinse al passo da me dato ed essa sapeva benissimo che io non potevo condurla in una casa di Cosenza o di Rogliano per possederla e quindi attendere il consenso dei miei e dei suoi genitori per il nostro matrimonio. Io non ho mai detto alla Caminada che l’avrei condotta a casa mia a Pietrafitta, anzi le ho sempre detto che i miei genitori non erano d’accordo con me sul ratto, ma non avevo ragione di credere che sarebbero stati contrari al mio matrimonio perché essi si erano opposti al mio amoretto con l’Amelia che pure conoscevano, tanto vero che l’Amelia conosceva la finalità del suo allontanamento dalla casa dello zio, quale poi è stato messo in atto che io le feci conoscere che doveva portare con sé oltre la biancheria strettamente personale, anche delle pezzuole, il che essa infatti fece, portando seco quattro pezzuole. La sera del 22 corrente essendo stato impossibile l’attuazione del nostro proposito della sera precedente, come avevamo stabilito, alle ore dieci di sera, previo accordi presi a mezzo di biglietti che ci scambiavamo presso la casa di lei, attesi l’Amelia innanzi al portone di casa sua e dopo avere preso la roba che essa stessa mi aveva buttato dalla finestra ci recammo assieme e di comune accordo nella casa di Basile Pasquale dove avevo preso una camera mobiliata dicendo al Basile che dovevo condurvi una mia parente. L’Amelia, una volta nella casa del Basile si diede a me spontaneamente senza mostrare sorpresa e tantomeno oppose resistenza. Si lasciò spogliare e venne a letto con me. La serva della Caminada non ha fatto altro che portare nei primi tempi delle lettere amorose da me all’Amelia e viceversa, ma devo anche confessare che è stata proprio lei che mi riferì che l’Amelia desiderava di fuggire con me per evitare i rigori dello zio.
E i biglietti cifrati che la Questura gli sequestra in casa sembrano sostanzialmente confermare la sua versione:
Carissimo Archita,
mi spiace molto per l’accaduto, speriamo che tutto vada bene, perché io sono stanca di stare qui e di tutte queste finzioni. Quando potremo andare a B…
scrivimi subito e sta calmo, fallo per me che ti voglio tanto bene
A. tua
per la fine del mese dovrei andare a B…; S… quando viene?
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Vado a B… ed è meglio perché se me ne vado ora S… può avere modo.
È meglio per tutti e due, io scriverò tutti i giorni ma noi mai, vorrà dire che io a giugno ritorno ed allora… Sta di buon animo e sicuro del mio amore.
A.
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Cosa avete combinato? Qui vita solita, la zia mi fa grandi complimenti e continua a
parlare di B… e di mariti, figuratevi la mia felicità…
parlare di B… e di mariti, figuratevi la mia felicità…
Scrivetemi qualche cosa e non dimenticatemi
A.
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Stasera alle 9 ½ fate trovare la carrozza pronta che scenderò. Se tardo un po’ aspettatemi
Saluti e a presto
A.
Archita in galera ci resta solo un giorno perché il Giudice Istruttore, su richiesta del Pubblico Ministero e dati i buoni precedenti del prevenuto, gli concede la libertà provvisoria, mentre Amelia viene rispedita in tutta fretta dai genitori a Milano, dove il padre, il 2 luglio successivo, sporge querela contro Archita, dal momento che quella fatta dalla ragazza a Cosenza non è valida in quanto minorenne.
Nei giorni successivi, però, Antonio Caminada, il padre di Amelia, si convince che non vale la pena imbarcarsi in un processo a mille chilometri di distanza che non potrà che portare altro scandalo quando in dibattimento verranno fuori le cose intime tra i due ragazzi e così ritira la querela, dietro l’impegno di Archita a pagare le spese processuali. [1]
I due ragazzi hanno raggiunto i propri rispettivi obbiettivi e tutto è bene quel che finisce bene.
[1] ASCS, Processi Penali.
Tutti i diritti riservati. ©Francesco Caravetta
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