O I SOLDI O IL PORCO di Cinzia Altomare

Vincenzo Marzulla di San Fili fa il vigniero a Rende, in una proprietà dei Padri Teresiani di Cosenza. Ha un peso sulla coscienza, ha taciuto dei particolari importanti e un uomo langue in prigione. Verso l’autunno del 1766 va dal notaio a mettere tutto nero su bianco.

Racconta che l’anno prima, quando era il tempo del nutricato (fine aprile – primi di maggio nda) e Maddalena Micilli, moglie di Giuseppe Rizzo, entrambi cellonari degli stessi Patri Teresiani, stava raccogliendo le foglie di gelso bianco, la fronda, per nutrire i bachi da seta che allevava per conto dei monaci, andava spesso a trovarla Bruno Vozzi, anche lui alle dipendenze dei monaci come Fattore.
Bruno è un giovane esuberante e facile a prorompere in parole oscene e, inoltre, volentieri e continuamente faceva sentire a detta Madalena parole allo sproposito e questa cosa viene ben presto all’orecchio di Giuseppe, il marito di Maddalena, che ne resta molto offeso, tanto da sbandierare ai quattro venti che un giorno o l’altro avrebbe ammazzato Bruno.
Bruno, da parte sua, venuto a sapere delle minacce di Giuseppe risponde per le rime
– Vuole ammazzarmi? Stesse attento che lo ammazzo prima io!
E forse per provocare il rivale, il giovane Bruno non manca mai di mandarlo a chiamare per farlo lavorare nella masseria di San Biase, ma Giuseppe rifiuta di andarci e non tanto perché dovrebbe sfidare Bruno per le offese subite o per timore che Bruno possa ammazzarlo. No. Molto più banalmente perché teme che Bruno possa chiedergli il pagamento del credito che vanta nei suoi confronti. Nello stesso tempo Giuseppe continua a lanciare le sue terribili minacce, senza tuttavia nemmeno tentare di metterle in pratica.
Si arriva, di minaccia in minaccia, al mese di dicembre. Vincenzo Marzulla sta camminando in compagnia di Bruno quando incontrano Giuseppe
Giuseppe li Denari della ghianda l’hai abbuscati? – gli chiede Bruno
– No, ma tengo certo miglio, me lo vendo e ti pago…
– Giacchè non avete procurato il Denaro, io mi vado a pigliare il Porco – gli risponde spazientito. Poi, rivolgendosi a Vincenzo, continua – vieni con me I due lasciano Giuseppe che protesta e s’incamminarono verso la torre delli Malvitani, dove abitava esso Giuseppe
– Lascia perdere la briga di prenderti il nero, potrebbe capitare che vi ucciderete a vicenda…
– Non me ne fotte niente! Mi prendo il porco e quello che deve succedere succeda! – gli risponde seccato mentre stacca un ramo da un albero per farsi un bastone – con questo gli darò una bella bastonatura!
Quando arrivano a casa di Giuseppe lo trovano già lì, deciso a non farsi prendere il maiale
– Vattene!
– Si, dopo che avrò preso il porco
– Vattene che finisce male…
Bruno, più giovane e molto più prestante, lo scaraventa da un lato, entra nel porcile, lega il maiale per il muso e se lo trascina via. A niente servono le proteste di Giuseppe.
– Vai, vai… ti dico per l’ultima volta di lasciarlo… non vuoi lasciarlo qui? Ti consiglio di lasciarlo a casa di Giuseppe Principe e se più tardi non lo trovo lì ti ammazzo davvero!
– Il porco lo lascio nel mio porcile… – termina con una grassa risata di scherno
Cornuto! – gli urla Giuseppe. Bruno raccoglie da terra un sasso e lo lancia contro Giuseppe colpendolo a un ginocchio.
Quest’ultimo, accecato dall’ira, si lancia di corsa sull’avversario con un grosso coltello in mano e li tirò con esso un colpo nella zizza sinistra, quello quale  immediatamente restò morto[1]
Lo sgravio di Vincenzo salva Giuseppe da molti anni di carcere: ha colpito perché provocato.

 

[1] ASCS, Atti Notarili

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