L’UMILIAZIONE DI UNA MADRE di Cinzia Altomare

– Voglio correggere la querela fatta a don Carlo Perugini a Cosenza – dice l’uomo, il trentaduenne contadino Saverio Lavalle, allo scrivano della Corte Locale di Rende. Lavalle è visibilmente agitato e strapazza il cappello floscio che stringe tra le mani. Lo scrivano lo guarda perplesso alzando lo sguardo dal registro su cui sta ricopiando qualcosa. Dalla penna d’oca una goccia di inchiostro cade sul registro, imbrattandolo. Cosa può essere successo in quella calda metà di luglio del 1770?
Saverio si fa coraggio, si asciuga il sudore della fronte con la manica della camicia mezza lacera e comincia a raccontare:
– Stavo mietendo il grano in località Pollinici, territorio di Rende, quando ho sentito piangere la mia bambina Eleonora di nemmeno tre anni che avevo portato con me e che avevo lasciato nelle vicinanze a giocare. Ho lasciato il lavoro, sono corso dalla bambina e l’ho visto… don Carlo… l’aveva presa e stava cercando… Gesummaria! – dice segnandosi con la croce – sono scivolato mentre don Carlo cercava di scappare ma ho fatto in tempo a prenderlo per un piede e a fermarlo e poi mi sono messo a gridare forte per chiamare aiuto. Dal paese, che è lì vicino, è accorsa gente ed è accorsa anche donna Innocenza Vercillo, la madre di don Carlo. Mi ha guardato, ha guardato il figlio e poi la bambina e ha capito. Poi mi si è inginocchiata davanti e si è umiliata davanti a tutti. “Saverio, ti bacio i piedi in segno di scusa” mi ha detto. Io e tutti i presenti eravamo con le lacrime agli occhi per la commozione e se non mi fossi spostato mi avrebbe davvero baciato i piedi! Però tutto questo ha permesso a don Carlo di scappare indisturbato perché tutti guardavano la madre, donna Innocenza, che si umiliava per lui. Io sono andato alla Regia Corte a chiedere giustizia, ma lo scrivano ha capito male e ha scritto che è stata donna Innocenza a fare scappare il figlio, ma non è vero! Io che ne sapevo che quello aveva scritto così? Sono ignorante e ci ho messo la croce sul foglio e basta. Poi sono venute le guardie che volevano arrestare quella santa donna e allora gliel’ho detto che non era vero e loro mi hanno detto di venire a fare questa testimonianza. Donna Innocenza è una santa, tutto il paese lo può testimoniare, e non c’entra niente col fatto del figlio, don Carlo Perugini, del quale chiedo ancora la giusta punizione per avere tentato lo stupro violento della mia figlia di tre anni.[1]

 

I CAMINANTI-Quando gli zingari rubavano galline

[1] ASCS, Atti Notarili.
N.B. negli atti notarili non ci sono sentenze, ma, eventualmente, solo “testimonianze”, cioè racconti dettati da testimoni o diretti interessati circa i fatti a cui hanno assistito o ai soprusi subiti. Tutto sommato potremmo paragonarla alla nostra Querela perché poteva essere allegata a corredo della causa penale.

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