L’ESPULSIONE DI MONTEZ

È il 17 dicembre 1968. È domenica pomeriggio e allo stadio San Vito di Cosenza si gioca il derby tra la squadra cittadina e il Messina. È una partita scialba quella che i ventidue in campo stanno giocando agli ordini del signor Ghetti di Modena. I cronisti, infreddoliti, preparano i pezzi in tribuna stampa scrivendo delle polveri bagnate degli attaccanti cosentini e della difesa tetragona dei peloritani. Verso la fine della partita però accade qualcosa che sfugge a tutti: l’arbitro si avvicina alla panchina del Cosenza, parlotta per qualche secondo con l’allenatore silano, l’italo-argentino (per parte di madre) Oscar Montez, e poi gli indica la via degli spogliatoi. Oscar, che ha un carattere sanguigno (lo dimostrano alcune denunce per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, collezionate durante la sua prima esperienza cosentina del 1966), se ne va imprecando. Dopo pochi minuti la partita finisce in parità e i giocatori con l’arbitro e i guardalinee vanno a fare la doccia.
Nel corridoio degli spogliatoi, però, c’è Oscar Montez che fuma nervosamente appoggiato al muro di fianco alla stanza dell’arbitro. Vede il signor Ghetti che gli sta andando incontro, attorniato da alcuni dirigenti della squadra cosentina. Dietro di loro tre poliziotti.
– Ti perseguiteremo per tutta la vita – qualcuno minaccia l’arbitro.
– La giornata di oggi ti resterà sulla coscienza! – fa eco un altro.
– Cornuto!
– Non farai più parte della società civile!
– Sarai ricordato come un secondo Rebuffo!
Il signor Ghetti rimane impassibile, memorizzando chi sta imprecando contro di lui poi, con l’aiuto della Polizia, entra nello spogliatoio e si chiude a chiave.
Oscar Montez è il più infuriato: calci, pugni e spallate alla porta per buttarla giù accompagnano le imprecazioni contro l’arbitro. I tre poliziotti cercano di trattenerlo ma lui è una furia e se li scrolla di dosso, poi uno dei tre questurini lo strattona e Oscar non ci vede più. Prende il poliziotto per i baveri della giacca e lo sbatacchia contro un muro:
– Lo sa lei chi sono io? – gli dice con fare minaccioso.
Il poliziotto non reagisce e tutto sembra finire lì, ma poco dopo, in Questura, parte la denuncia per resistenza e oltraggio a Pubblico Ufficiale e, contestualmente, parte anche un provvedimento disciplinare contro l’agente per non aver proceduto all’arresto di Montez, il quale, interrogato, nega tutto:
–  Ho visto l’arbitro quando mi ha espulso e poi dopo più di un’ora  abbiamo parlato cordialmente – dice, poi continua rispondendo alla domanda se conosce quel tale Rebuffo che è stato nominato per minacciare l’arbitro – non so chi sia questo signor Rebuffo. Voglio sottolineare che mi sono messo a disposizione dell’arbitro per accompagnarlo fuori dallo stadio con la mia macchina per evitare che qualche tifoso potesse fargli del male e non è affatto vero che io abbia preso per la giacca un poliziotto e l’abbia spintonato e non avrei avuto alcun motivo per farlo perché stava svolgendo il suo lavoro…
La denuncia non ha seguito, dimenticata in qualche cassetto.[1]
Chi, invece, non è stato dimenticato è proprio quel signor Rebuffo, nominato al signor Ghetti come una bestemmia. Tutto accade nel 1962, domenica sette gennaio 1962, per l’esattezza. Si gioca Cosenza – Modena, diciassettesima giornata di serie B, arbitrata, appunto, da Rebuffo di Milano.
La partita si gioca al vecchio stadio “Emilio Morrone”. All’inizio del secondo tempo le squadre pareggiano per 1 – 1 e il Cosenza attacca alla ricerca della vittoria. Al minuto 73 un giocatore del Cosenza, Perli, s’invola in solitudine verso la porta del Modena ma, appena entrato in area, viene platealmente atterrato. Rigore! No. Il signor Rebuffo, tra l’incredulità generale, fa segno di continuare e il pubblico infuriato comincia a fare pressione sulla debole rete di protezione per entrare in campo, ma dopo poco sembra tornare la calma. Poi, al minuto 79, un giocatore del Modena viene atterrato e quando si rialza ha il viso pieno di sangue, colpito, così dichiara, da un calcinaccio. Mentre Rebuffo si accerta dei fatti, un sasso, pare, lo colpisce alla gamba destra. Il pubblico rumoreggia e in campo piove di tutto. Rebuffo interrompe varie volte la partita e al minuto 86 concede un calcio di rigore al Cosenza, espellendo un giocatore del Modena. La partita finisce con la vittoria dei lupi silani ma, dopo il referto del signor Rebuffo, il risultato non viene omologato e la vittoria viene assegnata a tavolino al Modena, con l’aggravante di quattro giornate di squalifica al campo del Cosenza, una multa salata e la diffida del campo. Una mazzata micidiale!
Scoppia il finimondo. Cortei di protesta in città e interrogazioni parlamentari da una parte, una violenta campagna stampa capeggiata dal Guerin Sportivo e da Tuttosport, che paragona Cosenza a Kindù, la città congolese dove qualche tempo prima sono stati massacrati 13 militari italiani in missione umanitaria per conto dell’ONU. Insorgono anche le società calcistiche meridionali e le proteste in città si fanno sempre più rumorose. 
L’unico organo di stampa nazionale che si leva a difendere l’onore di Cosenza e del Cosenza  è quella del “Corriere dello Sport” che pubblica articoli sdegnati.
Il Cosenza propone appello alla Commissione Disciplinare e questa, notate delle incongruenze nel referto del signor Rebuffo, apre un’inchiesta. Vengono interrogati l’arbitro, i guardialinee Scafati di Napoli e Augusto di Messina (ai quali viene richiesto un loro referto) il Commissario di Campo (il messinese Rizzo, che spedisce una memoria scritta), i  giocatori Ottani e Tinazzi del Modena, Federici e Novali del Cosenza, alcuni dirigenti del Modena, il Presidente del Cosenza, Lecce, e l’Avvocato Cribari difensore del Cosenza, che presenta anche il filmato della partita, mentre le autorità di Pubblica Sicurezza cittadine spediscono un rapporto sugli incidenti. L’inchiesta stabilirà che: 1) Fino al minuto 75 la partita si è giocata nel pieno della regolarità; 2) Al minuto 75 il giocatore del Cosenza, Federici, commette un fallo ai danni del giocatore del Modena Tinazzi, procurandogli un leggero graffio al viso. Tinazzi dichiara di essere stato colpito da un calcinaccio ma non si reca nemmeno in ospedale per farsi medicare; 3) L’arbitro, dopo essere stato colpito da un sasso ha continuato a correre regolarmente e una foto mostrata in prima pagina dal Corriere dello Sport dimostra come Rebuffo, dopo aver dichiarato di essere stato colpito alla gamba destra, si fa fasciare quella sinistra.
Mentre la Commissione Disciplinare svolge il suo compito, il Cosenza sconta la sua pena finendo in fondo alla classifica. Alla fine la squalifica verrà ridotta a tre giornate e saranno cancellate la multa e la diffida. Tutto questo, però, costerà la retrocessione in serie C.
Quanto all’arbitro Rebuffo ricorderà per sempre il referto scritto sulla gara Cosenza-Modena; non gli sarà più consentito di arbitrare in Serie A, perché terminerà la carriera alla fine della stagione dirigendo solo altre tre partite in Serie B.[2]

 

 

[1] ASCS.
[2] Ringrazio Tucci-Pescatore per la gentile concessione della fotografia, dei tabellini e delle cronache delle partite raccontate.

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