
– Da circa tre anni mia sorella Margherita amoreggiava con tale Guaittollini Vittorio, nascostamente e contro la volontà dei miei famigliari, promettendo con lusinghe di un prossimo matrimonio a seguirlo, esprimendo a Margherita un sincero affetto… – racconta Angiolina Loda al Brigadiere Antonio Ronzini. È il 25 luglio 1926 e i due sono una di fronte all’altro nella caserma dei Carabinieri di Reggiolo in provincia di Reggio Emilia.


per circa tre anni e a niente servono le preghiere della ragazza per convincerlo a lasciarla in pace
– Imparerò a guidare l’automobile così ce ne andremo lontano… – quest’ultima trovata sembra funzionare. Margherita cede e gli promette amore eterno – Se i miei genitori sono contenti, mediante la tua volontà, ti condurrò a casa mia! – è la solenne promessa di Vittorio.
E la promessa è mantenuta. La sera del 26 aprile 1926, Vittorio, accompagnato da suo fratello Cuiro, si presenta a casa di Margherita in sella ad un cavallo

Passano tre mesi. È l’una di notte di venerdì 23 luglio 1926. Angiolina è sola in casa e dorme. Il rumore di qualcosa che picchia sui vetri della finestra la sveglia di soprassalto. Ha paura e non apre. Poi il rumore del vetro che va in frantumi, una mano che apre la finestra, Margherita che viene spinta dentro quasi a forza e la voce di Vittorio che le dice:
– Và, gira e apri, poi ne parleremo…
– Angiolina… Angiolina… Vittorio ti vuole far sapere le sue nuove promesse… – dice Margherita.
Ma non ci sono nuove promesse. Una volta fatta entrare in casa la ragazza, Vittorio inforca la sua bicicletta e se ne va. Margherita è sconcertata e delusa, scende i pochi gradini e sta per andare via a sua volta, urlando:
– Vittorio! Se mi lasci mi ammazzo!
– Ammazzati pure! – Le urla di rimando, pedalando in fretta.
Margherita cade a terra svenuta. Angiolina la riporta in casa: finalmente è tornata e non la farà più andare via.
È sabato sera, Zoralide Morassoni, una ragazza che abita nella casa accanto a quelle dei Loda, sta rientrando quando vede un uomo che si intrufola nella casa di Angiolina, che sta innaffiando l’orto.
– Angiolina! Angiolina! Un uomo è entrato in casa tua! – la avvisa.
– Lo hai riconosciuto? – le chiede preoccupata e, senza nemmeno aspettare la risposta, corre in casa.
– Che bisogno c’è di fare così? Io posso venire qui quando voglio, Margherita è mia! Non lo sapevate forse? – le dice Vittorio non appena la vede.
– Vittorio, dacci ascolto, rendi a mia sorella l’onore perduto… almeno sposala solo in chiesa!
– La donna di Fabbrico mi cerca denaro… quella di Villanova continuamente m’insulta… io lascio tua sorella e così per me sono tutte eguali… – si alza, esce dalla casa e monta in bicicletta.

Vittorio, colpito alle spalle, ruzzola giù dalla bicicletta che gli finisce addosso. Angiolina monta sulla sua bicicletta e pedala verso Reggiolo.
Verso le ore 1,45 circa del 25 luglio il Vice Brigadiere Ronzino e i suoi uomini sono svegliati da forti scampanellate alla porta della caserma. Giusto il tempo di mettersi qualcosa addosso e la porta viene aperta. È Angiolina con in mano la bicicletta. Tutta tremante, ma con la più fredda calma, dice subito:

Il cadavere di Vittorio Guaittollini è disteso a terra supino con le braccia e gambe divaricate. Sopra di sé una bicicletta e un bastone di legno, sotto di sé una pozza di sangue.


– Fin dal 1923 ebbi relazioni amorose con Vittorio il quale, con promesse e lusinghe di matrimonio, riuscì ad ingannarmi, per cui dalla seduzione ebbi una bambina, puro frutto dell’amore tra me e Vittorio… ignoravo che egli mantenesse altrove relazioni con donne e mai mi permisi fargli appunti su ciò. Solamente una sera
volli azzardare, ma egli mi rispose di essere celibe e che presto ci saremmo, se non in municipio, sposati almeno in chiesa…
volli azzardare, ma egli mi rispose di essere celibe e che presto ci saremmo, se non in municipio, sposati almeno in chiesa…
Ma perché Vittorio riportò a casa Margherita, l’unica che aveva fatto entrare nella sua famiglia? Forse la ragazza può fare chiarezza:
– I genitori di Vittorio furono con me cortesi – racconta Margherita – ma poi cominciarono a mostrarmi indifferenza. Anche Vittorio dopo pochi giorni cominciò a farmi soffrire e a dire di aver perduto la mia libertà, manifestando il proposito di ricondurmi a casa mia… la mia vita continuò sempre più ad essere infelice, nonostante lavorassi senza tregua… venerdì 23 volle a tutti i costi che io tornassi a casa: a mezzanotte, presa la mia roba, mi recai con lui a casa. La porta era chiusa e, avendo invano ripetute volte picchiato alla porta, Vittorio, presami per la vita, mi sollevò per farmi entrare dalla finestra…
No. Nemmeno Margherita ha capito.
Il 3 settembre successivo, il Procuratore Generale del re chiede il rinvio a giudizio di Angiolina Loda, nata
il 27 agosto 1899 a Bondeno di Gonzaga, con l’accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione.
il 27 agosto 1899 a Bondeno di Gonzaga, con l’accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione.
Il 24 settembre la Sezione d’Accusa accoglie la richiesta e il dibattimento si terrà a Reggio Emilia il 17 novembre 1926. Durante il dibattimento emerge chiaramente che Angiolina non ha premeditato nulla e se ha ucciso Vittorio lo ha fatto solo nell’impeto di vendicare l’onore della sorella e della sua famiglia. È così che la pensa anche il Pubblico Ministero che ne chiede l’assoluzione. La giuria approva.[1]
È il 18 novembre 1926.
Il gesto di Angiolina ha salvato anche l’onore delle altre due donne. Ma una persona ci ha lasciato la pelle.
[1] ASRE, Corte d’Assise di Reggio Emilia.
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