– Da circa tre anni mia sorella Margherita amoreggiava con tale Guaittollini Vittorio, nascostamente e contro la volontà dei miei famigliari, promettendo con lusinghe di un prossimo matrimonio a seguirlo, esprimendo a Margherita un sincero affetto… – racconta Angiolina Loda al Brigadiere Antonio Ronzini. È il 25 luglio 1926 e i due sono una di fronte all’altro nella caserma dei Carabinieri di Reggiolo in provincia di Reggio Emilia.
Vittorio Guaittollini, 28 anni di Fabbrico, è un donnaiolo impenitente. Nel 1918 seduce Maria Sala, una ragazza del paese, e dalla relazione nasce un bel maschietto. Poi si trasferisce a Villanova e seduce la diciannovenne Stellina Malagoli e questa volta nasce una bella bambina. Infine, almeno per quello che si sa, conosce Margherita Loda che qualche volta va a fare il bucato in casa di Vittorio e comincia a farle, sempre con lusinghe di matrimonio, delle proposte indegne per piegarla al suo desiderio di amarla. Margherita però non ne vuole sapere e lo respinge. Una sera che la ragazza rimane a casa Guaittollini, Vittorio forza la porta della stanza dove dorme la ragazza per riuscire nella sua impresa, ma anche questa volta Margherita riesce a respingerlo.
– Io non ci vado più in quella casa, Vittorio mi perseguita dappertutto! – dice Margherita a sua sorella Angiolina, ma Vittorio non demorde e continua a corteggiarla
per circa tre anni e a niente servono le preghiere della ragazza per convincerlo a lasciarla in pace
per circa tre anni e a niente servono le preghiere della ragazza per convincerlo a lasciarla in pace
– Imparerò a guidare l’automobile così ce ne andremo lontano… – quest’ultima trovata sembra funzionare. Margherita cede e gli promette amore eterno – Se i miei genitori sono contenti, mediante la tua volontà, ti condurrò a casa mia! – è la solenne promessa di Vittorio.
E la promessa è mantenuta. La sera del 26 aprile 1926, Vittorio, accompagnato da suo fratello Cuiro, si presenta a casa di Margherita in sella ad un cavallo
– Margherita viene con me a casa mia – non è proprio una tradizionale richiesta di matrimonio e infatti i genitori della ragazza non ne vogliono sapere, ma Margherita ha già deciso: prende la sua poca roba, monta a cavallo e se ne va di casa. Quella è la loro prima, folle notte d’amore.
Passano tre mesi. È l’una di notte di venerdì 23 luglio 1926. Angiolina è sola in casa e dorme. Il rumore di qualcosa che picchia sui vetri della finestra la sveglia di soprassalto. Ha paura e non apre. Poi il rumore del vetro che va in frantumi, una mano che apre la finestra, Margherita che viene spinta dentro quasi a forza e la voce di Vittorio che le dice:
– Và, gira e apri, poi ne parleremo…
– Angiolina… Angiolina… Vittorio ti vuole far sapere le sue nuove promesse… – dice Margherita.
Ma non ci sono nuove promesse. Una volta fatta entrare in casa la ragazza, Vittorio inforca la sua bicicletta e se ne va. Margherita è sconcertata e delusa, scende i pochi gradini e sta per andare via a sua volta, urlando:
– Vittorio! Se mi lasci mi ammazzo!
– Ammazzati pure! – Le urla di rimando, pedalando in fretta.
Margherita cade a terra svenuta. Angiolina la riporta in casa: finalmente è tornata e non la farà più andare via.
È sabato sera, Zoralide Morassoni, una ragazza che abita nella casa accanto a quelle dei Loda, sta rientrando quando vede un uomo che si intrufola nella casa di Angiolina, che sta innaffiando l’orto.
– Angiolina! Angiolina! Un uomo è entrato in casa tua! – la avvisa.
– Lo hai riconosciuto? – le chiede preoccupata e, senza nemmeno aspettare la risposta, corre in casa.
– Che bisogno c’è di fare così? Io posso venire qui quando voglio, Margherita è mia! Non lo sapevate forse? – le dice Vittorio non appena la vede.
– Vittorio, dacci ascolto, rendi a mia sorella l’onore perduto… almeno sposala solo in chiesa!
– La donna di Fabbrico mi cerca denaro… quella di Villanova continuamente m’insulta… io lascio tua sorella e così per me sono tutte eguali… – si alza, esce dalla casa e monta in bicicletta.
Angiolina è avvilita e, accesa dalla più forte ira, apre un cassetto, prende una rivoltella, si affaccia sulla porta e lascia scattare il grilletto per ben due volte.
Vittorio, colpito alle spalle, ruzzola giù dalla bicicletta che gli finisce addosso. Angiolina monta sulla sua bicicletta e pedala verso Reggiolo.
Verso le ore 1,45 circa del 25 luglio il Vice Brigadiere Ronzino e i suoi uomini sono svegliati da forti scampanellate alla porta della caserma. Giusto il tempo di mettersi qualcosa addosso e la porta viene aperta. È Angiolina con in mano la bicicletta. Tutta tremante, ma con la più fredda calma, dice subito:
– Ho sparato due colpi di pistola contro Vittorio Guaittollini… è in località Corte Minchetta a Villanova.
Il cadavere di Vittorio Guaittollini è disteso a terra supino con le braccia e gambe divaricate. Sopra di sé una bicicletta e un bastone di legno, sotto di sé una pozza di sangue.
– Ieri mattina, al levar del sole, mi fu dato di passare nella camera ove Vittorio dormiva – racconta il padre –. Avendolo visto solo al letto, mentre per i tre mesi precedenti dormiva sempre in compagnia della Margherita, gli chiesi ove si trovasse. Vittorio mi rispose che l’aveva ricondotta alla sua casa perché la Margherita, data la di lui relazione con la precedente donna di Villanova, era ridotta in guisa che doveva sempre restare chiusa in casa senza poter mai uscire perché, egli diceva, ove fosse uscita sarebbe stata battuta dalla sua precedente amante. Margherita, così disse Vittorio, restando alla sua casa, sarebbero stati più liberi… tutto ieri Vittorio restò a letto sino alle ore diciotto circa, allorché uscì di casa. Da allora non l’ho più visto…
– Nei primi tempi si mostrava affettuoso e assiduo. Dopo un anno andò militare e, scoppiata la guerra, andò al fronte ove venne anche fatto prigioniero – racconta Maria Sala –. Per tutto questo periodo egli continuò sempre a scrivermi lettere affettuose e spesso accennava al nostro futuro matrimonio. Tornato dalle armi dopo la fine della guerra, i nostri rapporti si fecero intimi e così ebbi con lui un bambino. Vittorio lo fece battezzare provvedendo alla spesa relativa e volle che lo tenessi con me, promettendo che gli avrebbe dato il suo nome quando ci fossimo sposati. Subito dopo, però, cominciò a diradare le visite mostrandosi alquanto freddo. Diceva che si era fatto molte amanti, che con un’altra donna aveva avuto una bambina, che non sapeva quale donna dovesse sposare… l’ultima volta si è fatto vedere due anni fa e ripeteva che era incerto sulla scelta della donna da impalmare…
– Fin dal 1923 ebbi relazioni amorose con Vittorio il quale, con promesse e lusinghe di matrimonio, riuscì ad ingannarmi, per cui dalla seduzione ebbi una bambina, puro frutto dell’amore tra me e Vittorio… ignoravo che egli mantenesse altrove relazioni con donne e mai mi permisi fargli appunti su ciò. Solamente una sera
volli azzardare, ma egli mi rispose di essere celibe e che presto ci saremmo, se non in municipio, sposati almeno in chiesa…
volli azzardare, ma egli mi rispose di essere celibe e che presto ci saremmo, se non in municipio, sposati almeno in chiesa…
Ma perché Vittorio riportò a casa Margherita, l’unica che aveva fatto entrare nella sua famiglia? Forse la ragazza può fare chiarezza:
– I genitori di Vittorio furono con me cortesi – racconta Margherita – ma poi cominciarono a mostrarmi indifferenza. Anche Vittorio dopo pochi giorni cominciò a farmi soffrire e a dire di aver perduto la mia libertà, manifestando il proposito di ricondurmi a casa mia… la mia vita continuò sempre più ad essere infelice, nonostante lavorassi senza tregua… venerdì 23 volle a tutti i costi che io tornassi a casa: a mezzanotte, presa la mia roba, mi recai con lui a casa. La porta era chiusa e, avendo invano ripetute volte picchiato alla porta, Vittorio, presami per la vita, mi sollevò per farmi entrare dalla finestra…
No. Nemmeno Margherita ha capito.
Il 3 settembre successivo, il Procuratore Generale del re chiede il rinvio a giudizio di Angiolina Loda, nata
il 27 agosto 1899 a Bondeno di Gonzaga, con l’accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione.
il 27 agosto 1899 a Bondeno di Gonzaga, con l’accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione.
Il 24 settembre la Sezione d’Accusa accoglie la richiesta e il dibattimento si terrà a Reggio Emilia il 17 novembre 1926. Durante il dibattimento emerge chiaramente che Angiolina non ha premeditato nulla e se ha ucciso Vittorio lo ha fatto solo nell’impeto di vendicare l’onore della sorella e della sua famiglia. È così che la pensa anche il Pubblico Ministero che ne chiede l’assoluzione. La giuria approva.[1]
È il 18 novembre 1926.
Il gesto di Angiolina ha salvato anche l’onore delle altre due donne. Ma una persona ci ha lasciato la pelle.
[1] ASRE, Corte d’Assise di Reggio Emilia.
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