
Al tramonto del 12 febbraio 1920 la contadina Antonia Floccari torna dalla campagna in agro di Condofuri con un fascio di frasche sulla testa e due capretti al seguito. Passando accanto al fondo di Domenico Modaffari, una folata di vento le fa cadere il fascio di frasche e, mentre cerca di rimetterselo sulla testa, uno dei capretti entra nel fondo di Modaffari e comincia a brucare qua e là. Andrea Modaffari, il figlio del proprietario, vede l’animale mangiare e comincia a lanciargli alcuni sassi per farlo allontanare.
– Bada Andrea, se ammazzi la capra te la faccio pagare! – gli urla Antonia.
– Puttana! Vai a trovare il tuo amante e passi da qui? – la insulta.
– Le puttane le fanno le tue parenti – gli fa di rimando, poi riporta il capretto sulla mulattiera e se ne va. Ma qualcuno ha ascoltato il diverbio e lo riferisce a Rosario, il fratello di Antonia, il quale due giorni dopo incontra Andrea Modaffari e gli dice a muso duro:
– Ti sei permesso di ingiuriare mia sorella?
– Non è vero, solo l’ho avvisata di non fare andare le sue capre a pascolare nel mio fondo. Chiamala e vediamo lei cosa dice.
– Va bene, per questa volta come è andata è andata e ti perdono, ma non molestare più mia sorella e non offenderla nel suo onore perché in caso di ripetizione la penserò diversamente e ti darò due schiaffi!
– Ah! Così è? Allora se hai coraggio, tirameli adesso!
– Vattene, ti rispetto per tuo padre.
– No, non me ne vado! Se hai coraggio tirameli adesso – insiste Andrea.
– Sei una carogna!
– Tu sei una carogna! – contraccambia e ne sorge un vivace alterco che rischia di degenerare da un momento all’altro, ma sopraggiunge il quarantaquattrenne Pasquale Floccari, il fratello di Rosario e Antonia, che si mette in mezzo e li invita alla calma:
– Cosa fate? Siete ragazzi, tornatevene a casa!
In questo momento sopraggiunge anche Domenico Modaffari, il padre di Andrea, che urla al figlio:
– ‘Ndria, vatindi ppà casa!
– No! andate che questa sera voglio morire! – gli risponde e allora il padre toglie il fucile dalla spalla, lo punta contro i fratelli Floccari e dice:
– Perlamadonna lasciate stare mio figlio se no vi brucio!
– Vedi che sono venuto a dividerli e non ad aggredire tuo figlio – gli risponde Pasquale.
– Se volevate discutere venivate in casa di giorno, vi brucio!
– Lascia a me la cura di riappacif…
Ma non fa in tempo a terminare la frase che Domenico Modaffari gli spara un colpo di fucile a bruciapelo facendolo stramazzare a terra, morto all’istante e la camicia che prende fuoco. C’è un attimo di smarrimento negli occhi di Rosario Floccari e questo dà il tempo a Domenico, assetato di altro sangue, di sparagli a bruciapelo il secondo colpo della sua doppietta, centrandolo all’addome.
– Scappiamo! – dice Domenico al figlio e i due spariscono nel nulla.
Alla terribile scena di sangue hanno assistito Carmelo Mesiani, un amico di Andrea Modaffari ed il decenne fratellino di quest’ultimo. Entrambi, immediatamente interrogati dai Carabinieri, raccontano i fatti come li abbiano letti e alla domanda se i fratelli Floccari avessero provocato i Modaffari, rispondono ad una sola voce:
– I Floccari non provocarono, né cercarono d’inveire contro Andrea perché inermi e perché Pasquale Floccari cercò di dividere e di pacificare il fratello Rosario con Andrea, quando sopraggiunse Domenico Modaffari armato di doppietta e senza udire le parole amichevoli e concilianti di Pasquale, lo freddò con un colpo all’addome e ferì gravemente il fratello Rosario.
L’autopsia accerta che Pasquale Floccari è stato raggiunto da un colpo di fucile caricato a grossi proiettili nella regione addominale, al di sotto dell’appendice ansiforme, penetrante in cavità, che lese il fegato e l’intestino, fratturò la colonna vertebrale verso destra, determinando profusa emorragia interna che fu causa unica ed esclusiva della morte istantanea.
Rosario, in gravissime condizioni per la peritonite settica causata dal proiettile che lo ha centrato alla regione addominale, due dita al di sotto dell’ombelico che penetrando in cavità è fuoriuscito dalla natica destra, sicuramente perforando in più punti l’intestino. Purtroppo, per lui non c’è niente da fare e muore il 16 febbraio.
Andrea Modaffari si costituisce due giorni dopo, il 18 febbraio, ma del padre non si hanno notizie.
– Io sono innocente, Pasquale Floccari ha messo le mani alla gola a mio padre che, svincolatosi, ha fatto due passi indietro e ha esploso i due colpi uccidendo i fratelli Floccari.
Prescindendo dal fatto che la sua versione è in contraddizione con quelle dei testimoni oculari, tra i quali il suo fratellino, dal punto di vista strettamente materiale non ci sono dubbi che non abbia partecipato al duplice omicidio, ma la circostanza di essersi reso irreperibile, seppure per due giorni, insieme al padre, potrebbe portare a conseguenze serie, vedremo come si metteranno le cose.
Intanto il figlio minore di Domenico Modaffari, interrogato dal Pretore qualche giorno dopo, ritratta e cambia versione, certamente “consigliato” per cercare di alleggerire la posizione del fratello e soprattutto quella di suo padre:
– Rosario disse ad Andrea che se non lasciava di molestare la sorella gli avrebbe dato due schiaffi. Mio fratello negò di avere insultato la sorella di Rosario e gli disse che gli avesse dato pure gli schiaffi. Rosario, allora, con un pugnale fece atto di minaccia a mio fratello, che prese due pietre per difendersi. Sentendo le parole concitate di Rosario e di mio fratello, mio padre disse a mio fratello di rincasare e ai Floccari di lasciarlo stare e Rosario gli rispose: “Vostro figlio non ha dove venire!”. Allora accorse mio padre armato di fucile. In quel momento arrivò Pasquale Floccari il quale, dicendo a mio padre di non incaricarsi perché avrebbe pensato lui a dividerli, viceversa si buttò su mio padre e mentre con una mano lo prese per la gola, con l’altra cercava di prendergli il fucile. Fu allora che mio padre, svincolatosi, fece partire i due colpi e si dié alla fuga…
Spunta anche qualche testimone che giura di aver visto un pugnale nelle mani di Rosario Floccari, ma accanto a lui, dopo essere stato ferito, nessun altro lo ha visto. Come si spiega ciò? Antonia Rodà, accorsa sul posto poco dopo la spiega così:
– Sentii dire che Rosario Floccari quando cominciò a litigare con Andrea Modaffari era armato di pugnale. Dopo avvenuto l’omicidio, Saveria Floccari mi consegnò un fodero di pugnale ed una cinghia di cuoio dicendomi: “conservali che sono di Rosario…”. La sera stessa consegnai gli oggetti ad Antonia, la sorella.
– A quale titolo Saveria Floccari avrebbe consegnato a voi il fodero e la cinghia?
– Perché sono vicina di casa di Antonia Floccari…
La versione dei fatti fornita dal ragazzino e dal fratello Andrea viene bollata come irreale e gli inquirenti chiedono alla Sezione d’Accusa di rinviare a giudizio i due imputati per rispondere: Domenico Modaffari, ancora latitante, di omicidio volontario in persona di Pasquale Floccari e di Rosario Floccari, nonché di porto abusivo di fucile; Andrea Modaffari di complicità nei delitti di omicidio commessi dal padre. Il 7 ottobre 1920 la Sezione d’Accusa, in difformità con le richieste della Procura, dichiara non doversi procedere a carico di Modaffari Andrea per non aver commesso il fatto e rinvia Domenico Modaffari alla Corte d’Assise di Reggio Calabria per rispondere dei due distinti omicidi e del porto abusivo di fucile. La discussione della causa si terrà l’11 marzo 1921.
Poi il primo marzo 1921 da Reggio Calabria arriva la notizia che Domenico Modaffari si è costituito nelle mani del Procuratore del re. Interrogato, prima di raccontare la sua versione dei fatti, esordisce:
– Essendo venuto a conoscenza che contro di me è stata emessa ordinanza di cattura per duplice omicidio che mi si imputa, ed è fissata la causa relativa innanzi questa Corte di Assise, mi presento spontaneamente alla Signoria Vostra.
– Bene, raccontate come sono andate le cose.
– La sera del 14 febbraio dell’anno decorso, mentre ero presso la mia casa di campagna in agro di Condofuri, sentii che mio figlio Andrea, che in quel momento era nel fondo di Francesco Tropeano che dista quattro o cinque minuti dalla mia casa, quistionava con Rosario Floccari. Dalla stessa mia casa invitai il Floccari, il quale era in compagnia del fratello Pasquale, di lasciar stare mio figlio. Rosario Floccari mi rispose: “vieni qua vigliacco fottuto!”. Io, che conoscevo quanto i Floccari fossero pericolosi, per mia sicurezza presi la doppietta e mi diressi verso dove erano mio figlio e i Floccari. Come giunsi sul posto invitai nuovamente i Floccari di lasciar stare mio figlio, dicendo loro che si fossero portati a casa mia perché colà avremmo ragionato e se avessero avuto ragione avrei dato loro soddisfazione. Mi risposero che preferivano il buio alla luce ed in così dire Rosario Floccari impugnò un pugnale contro mio figlio e contro lo stesso il fratello Pasquale impugnò una rivoltella. Nel vedere mio figlio in pericolo esplosi contro i Floccari il mio fucile, non per ucciderli, ma per farli scappare. La sventura invece volle che fossero colpiti in pieno e morissero. Dopo di che mi detti alla latitanza, aggirandomi sempre in quelle campagne.
– In verità tutti i risultati delle indagini ci dicono che i fatti non sono assolutamente andati come state sostenendo. Per prima cosa non fu trovata alcuna arma né vicino, né addosso ai Floccari.
– Forse dopo il fatto la sorella Antonia dovette accorrere e dovette portare via le armi…
– Quanto dista la casa dei Floccari dal punto dove avvenne il fatto?
– Tanto quanto vi dista la mia casa.
– I vostri figli hanno detto che Pasquale Floccari si scagliò contro di voi mettendovi una mano alla gola e con l’altra cercava di togliervi il fucile, quindi non aveva nessuna rivoltella in mano.
– Pasquale puntò contro di me una rivoltella e non è affatto vero che mi afferrò alla gola! – quindi i figli, omettendo di parlare della rivoltella, avrebbero mentito non per alleggerire la sua posizione, ma quasi quasi per aggravarla.
– Perché vostro figlio Andrea litigava con Rosario Floccari?
– Lo ignoro…
– Ma perché, se come state dicendo avete agito per legittima difesa, avete aspettato più di un anno per costituirvi?
– Non ho creduto mai, finora, di costituirmi per evitare una lunga detenzione preventiva ed anche per non privarmi della soddisfazione di poter vedere, magari ogni otto giorni, i miei figliuoli che venivano a trovarmi lontano dalla casa.
– Ma non avete concluso niente perché ora ricomincia tutto daccapo e chi lo sa quanto durerà la carcerazione preventiva?
– Rinunzio a tutti i termini di legge ed alle notificazioni di tutti gli atti, di cui dichiaro averne conoscenza – non c’è che dire, il suo avvocato lo ha istruito molto bene sulla procedura penale.
– Bene, abbiamo terminato. Ah! Un’ultima cosa: se da casa vostra al punto in cui avvennero gli omicidi ci sono quattro o cinque minuti di cammino, come avete fatto a sentire quello che si dicevano i Floccari e vostro figlio? E come mai il vostro fucile si trovava caricato con proiettili grossi?
– Tra la mia casa e il punto intercede un vallone, quindi in linea d’aria i due punti sono vicini… la doppietta, che detenevo senza licenza, l’avevo in casa per sicurezza contro i lupi e perciò si trovava caricata una canna a palla grossa e l’altra con quattro quartini…
Avendo rinunciato ai termini di difesa, il dibattimento non subisce rinvii ed il 14 marzo la Corte emette la sentenza:
Ritenuto che i giurati col loro verdetto abbiano affermata la responsabilità dell’imputato Modaffari Domenico sia in ordine ai due omicidi che per il porto abusivo di fucile, accordando per i delitti la scusante dell’eccesso di difesa e ritenendo gli stessi determinati da una sola determinazione, accordando per tutti i reati le attenuanti generiche; considerato che il reato di omicidio semplice è punito con la pena della reclusione da anni 18 ad anni 21 e tenute presenti tutte la circostanze del fatto si giudica pena sufficiente per ciascun delitto quella di anni 18 i quali, per la scusante dell’eccesso di difesa si applicano nella metà, cioè in anni 9. Considerato che in applicazione delle attenuanti generiche la pena suaccennata deve ridursi di un sesto, onde si ha la pena di anni 7 e mesi 6 di detenzione. Considerato che, dovendosi ritenere i due delitti per reato continuato, la pena deve aumentarsi da un sesto alla metà e si crede equo aumentarla di un terzo, onde si ha la pena di anni 10 di detenzione, più, applicati le attenuanti generiche ed il concorso col reato più grave, giorni 8 di detenzione per il porto abusivo di fucile. In più le spese, i danni e le pene accessorie.
Il primo giugno 1921 la Suprema Corte di Cassazione rigetta il ricorso di Domenico Modaffari e la pena è definitiva.[1]
[1] ASRC Atti della Corte d’Assise di Reggio Calabria.