UN CERTO MALUMORE

Tra il ventiduenne muratore Gaetano Fiumara e la famiglia dell’anziano benestante Domenico Conforti, entrambi da Marano Marchesato, esiste da qualche tempo un certo malumore dovuto al fatto che i Conforti trovano sempre una scusa per procrastinare il pagamento di alcuni lavori effettuati dal muratore nella loro casa. La sera del 25 marzo 1934 Fiumara passa davanti la casa dei Conforti, vede l’anziano Domenico che parla con una donna e, per fargli capire ancora una volta che si ritiene offeso per il ritardo del pagamento, tira dritto senza salutarlo.

Prendendo spunto da questa pretesa mancanza di rispetto, l’anziano, alquanto superbotto e lesto di lingua, gli urla:

Oi tamarru e pisciaturu ca un si autru, mancu mi saluti?

Tamarru e pisciaturu siti vua ca un pagati i faticaturi, porcaria! – gli risponde sputando per terra.

Ne nasce un vivace battibecco che richiama l’attenzione del figlio di Conforti, l’insegnante elementare Ercole, che si precipita fuori e, sentendo sbraitare il padre contro Fiumara, si lancia contro quest’ultimo e lo colpisce con ceffoni e pugni, causandogli la fuoriuscita di sangue dal naso. Per fortuna intervengono alcuni vicini e gli stessi familiari del maestro e mettono fine alla lite.

Dumani ti fazzu pagare caru e amaru i puni ca m’ha minatu! – urla Gaetano mentre si allontana tamponandosi il naso.

26 marzo 1934, mattina presto. Ercole Conforti esce da casa per recarsi, come ogni mattina, nella scuola di campagna dove insegna. Gaetano Fiumara intanto si è appostato ad una svolta del sentiero che Conforti deve percorre e non appena lo vede gli si fa incontro armato di bastone e gli tira un colpo. Il maestro è lesto a pararlo e il bastone va in pezzi.

Gaetano, sorpreso dal fallimento dell’agguato, è indeciso sul da farsi perché ora teme la forza dell’avversario. Guarda il sorriso beffardo del maestro che gli si avvicina minaccioso e decide che non ha alternative: mette velocemente una mano in tasca, tira fuori una rivoltella e gli spara tre colpi, tutti a bersaglio. Ercole Conforti cade a terra urlando per il dolore, mentre Gaetano scappa. Accorrono alcuni contadini che hanno assistito alla scena, improvvisano una barella e trasportano il ferito a casa.

È andata bene. Le tre ferite, una al collo, una all’anca sinistra e l’ultima al gluteo destro sono superficiali e se la caverà con qualche giorno di riposo a letto. Ma i medici ritengono che la ferita al collo ha bisogno di un piccolo intervento per estrarre il proiettile e la convalescenza si protrarrà per un mesetto.

Gaetano Fiumara viene arrestato, confessa di avere aspettato il maestro per dargli qualche bastonata e pareggiare in questo modo i pugni ricevuti e di avere sparato solo dopo che, rotto il bastone, temeva di essere sopraffatto. Ma, dicono gli inquirenti, come mai per dargli qualche bastonata aveva portato anche una rivoltella detenuta abusivamente e ha reiterato i colpi? No, non voleva dargli una lezione, voleva ucciderlo, tanto più che in molti il giorno prima hanno sentito la minaccia. Tentato omicidio premeditato e porto abusivo di rivoltella.

– Non è vero che mio padre lo ha offeso. È stato lui ad offendere mio padre e non è vero che io lo abbia malmenato con pugni e ceffoni. È vero invece che lui mi ha aspettato e mi ha sparato contro ben cinque colpi di rivoltella per ammazzarmi! – è un azzardo per tentare di peggiorare la situazione processuale di Gaetano Fiumara, perché molti testimoni hanno assistito sia alla prima parte che alla seconda dell’aggressione e lo smentiscono, ma l’accusa resta sempre la stessa e viene chiesto, ottenendolo, il rinvio a giudizio dell’imputato davanti alla Corte d’Assise di Cosenza.

La causa si discute il 19 novembre 1934 e la Corte, letti gli atti ed ascoltati i testimoni e le parti, osserva: invano la parte lesa Ercole Conforti ha negato, da un canto, che la sera del 25 marzo l’imputato Fiumara sia stato dapprima ingiuriato dal di lui padre e poscia malmenato da lui stesso e, dall’altro canto, ha sostenuto che l’indomani esso Ercole Conforti sarebbe stato fatto segno, ad opera di Fiumara, non già da tre, ma da ben cinque colpi di rivoltella. La prima circostanza è invece rimasta dimostrata a luce meridiana, oltre che dalla immediata confessione del Fiumara, anche dalle deposizioni di vari testi i quali, in modo categorico, hanno affermato che l’imputato, dopo essere stato gratuitamente ingiuriato dal vecchio Conforti, venne poscia anche percosso con pugni e ceffoni dal figlio di costui, forse anche con l’aiuto degli altri suoi familiari accorsi nel luogo della quistione. Per ciò che riguarda il numero dei colpi di rivoltella esplosi dal Fiumara, tutti i testi presenti al fatto han dichiarato di avere sentito l’esplosione di soli tre colpi e non già cinque, come con evidente esagerazione ha sostenuto la parte lesa Ercole Conforti.

Poi la Corte passa ad esaminare, in base agli elementi acquisiti, se si sia effettivamente trattato di tentato omicidio premeditato e osserva: data la situazione di fatto come sopra esposta, non pare che si possa, in base ad essa, sostenere innanzi tutto che intenzione specifica del Fiumara, esplodendo i tre colpi di rivoltella contro Ercole Conforti, sia stata quella di uccidere costui. Manca, in vero, per un tal proposito estremo in primo luogo una causale adeguata, non potendosi ritenere tale quei pochi o molti ceffoni e pugni ricevuti in colluttazione. Né può ritenersi prova sicura ed univoca della intenzione di uccidere il proposito, del tutto generico, che il Fiumara espresse dopo essere stato percosso. D’altronde, ed a prescindere dalla mancanza di una causale adeguata per il proposito omicida, questo si appalesa insussistente ove si consideri che colui il quale ha deciso di consumare la strage di un suo simile e per un tal proposito ha riflettuto per più ore, come è avvenuto nel caso di Fiumara, non va poi ad affrontare il suo nemico con un bastone, come egli ha fatto, e si decide a far uso della rivoltella sol quando, rottosi il bastone al primo colpo, sorge nel suo animo il ragionevole timore delle probabili reazioni dell’avversario che egli ha aggredito. Né può dirsi che la sua intenzione, originariamente generica e diretta a produrre una lesione personale, si fosse poi d’un tratto trasformata in una intenzione specifica di uccidere nel secondo momento in cui fece uso della rivoltella. poiché manca la causale che possa spiegare questo inverosimile salto nel movimento della volontà nel mondo esterno. Per tali ragioni, quindi, la più grave imputazione di tentato omicidio va degradata in quella di lesioni con arma guarite in giorni 36.

Ma, obietta la Corte, se è chiaro che Fiumara agì in stato di ira determinato dalle provocazioni manifestamente ingiuste subite sia dal vecchio che dal giovane Conforti, è anche innegabile che l’imputato si spinse al delitto non solo dopo averlo deciso fin dalla sera prima, ma ha avuto modo di riflettere per molte ore in attesa dei mezzi e dell’occasione per consumarlo. E se da un lato è giusto concedergli l’attenuante della provocazione, dall’altro è altrettanto giusto addebitargli l’aggravante della premeditazione, ritenute equivalenti e non in contrasto tra di loro, cosicché ogni loro effetto pratico ai fini della pena resta annullato. In ogni caso, continua la Corte, il fatto commesso da Gaetano Fiumara non cessa di avere comunque una certa gravità sia per il danno cagionato alla parte lesa, sia per la natura dell’arma adoperata e sia, infine, per la forma proditoria ed improvvisa dell’aggressione.

È tutto, si può passare a determinare la pena da infliggere all’imputato. Si parte da anni 2 e mesi 6 di reclusione che, aumentati di un terzo per l’aggravante dell’arma, fanno anni 3 di reclusione, oltre a mesi 2 di arresti per il porto abusivo di rivoltella, alle spese, ai danni ed alle pene accessorie. Ma c’è da applicare il R.D. d’indulto del 25 settembre 1934 e la Corte dichiara condonati anni 2 della pena. Fatti i conti, la pena definitiva resta fissata in anni 1 di reclusione.

Il 5 aprile 1935 la Corte di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza della Corte d’Assise limitatamente alla estensione del condono alla pena di mesi 2 di arresti per il porto abusivo di rivoltella.[1]

[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.