
La mattina del 4 marzo 1922, tra le poche buste che il portalettere consegna al Brigadiere Carmelo Esperto, comandante la stazione di Mongrassano, ce n’è una che attira subito la sua attenzione perché di dimensioni diverse dalle altre e proveniente da San Marco Argentano. La apre subito e dentro ci sono 3 dichiare mediche, due delle quali giudicano certo Tiesi Raffaele, da Cervicati, ferito da arma da fuoco all’avambraccio sinistro e alla regione sotto clavicolare sinistra, lesioni giudicate guaribili in 20 giorni salvo facili complicazioni che potrebbero provocare pericolo di vita e l’altra dichiara per ferita lacero contusa riportata da certo Zecca Luigi, di anni 43 da San Marco Argentano, giudicata guaribile in giorni 5.
Cosa sarà mai accaduto? E dove? E perché il medico ha spedito i certificati a Mongrassano? Al Brigadiere Esperto bastano pochi minuti per scoprire l’arcano e farlo andare su tutte le furie perché nessuno lo ha avvisato che nel pomeriggio del 28 febbraio è avvenuta una rissa nei pressi dello scalo ferroviario di Mongrassano. Esperto va immediatamente sul posto con i suoi uomini e comincia ad indagare interrogando tale Gaetano Marcello, che gli racconta:
– Verso le quattro pomeridiane del 28 febbraio mi trovavo a passare lungo lo stradale che dalla stazione di Mongrassano conduce a quella di San Marco. Circa cinquecento metri dopo la prima stazione vidi Raffaele Tiesi per terra che implorava aiuto. Mi avvicinai e Tiesi mi raccontò che era stato ferito a breve distanza da due colpi di fucile da Luigi Zecca il quale, dopo il misfatto si diede alla fuga lasciando per terra il fucile. Vicino al ferito vi erano altre due persone: una non la conosco, l’altra era Pasquale… Pasquale… vi posso dire il soprannome? – il Brigadiere gli fa cenno di sì – Pasquale Cozzalunga, che si portarono via il ferito, lasciando però l’arma che raccolsi e consegnai ai Carabinieri di San Marco.
Esperto chiede informazioni ai colleghi che gli confermano la dichiarazione del testimone e continua le indagini, ma noi non sappiamo a quali conclusioni arrivi perché dopo aver consegnato il fascicolo al Pretore di Cerzeto, competente per territorio, e questi lo ha inviato alla Procura del re di Cosenza la quale a sua volta, il 4 gennaio 1923, glielo restituisce con le annotazioni del caso mediante plico postale assicurato, del processo si perdono le tracce e comincia una lunga tiritera per sapere che fine abbia fatto, finché il Direttore Provinciale delle Regie Poste, il 10 luglio 1924 (1 anno e 5 mesi dopo la sparizione del plico) scrive al Procuratore del re che presso la stazione di Torano Lattarico, la mattina del 5 gennaio 1923 si verificò la sottrazione di sei dispacci speciali. Del fatto fu data denunzia al Pretore di Cerzeto dall’Ispettore Postale dottor Eugenio Russo con rapporto N° 29 del 15 febbraio 1924. Presunti autori della sottrazione risultarono Zuco Silvio e Puoci Gustavo da Torano Castello. Gradirei notizie precise del Magistrato che emise la sentenza per poterne chiedere copia per uso di questa Amministrazione.
Ricapitoliamo brevemente questo pasticcio: il 4 gennaio 1923 la Procura restituisce con plico speciale assicurato il fascicolo relativo alla rissa; il 5 gennaio alla stazione di Torano Lattarico viene rubato, tra gli altri, il plico; le Poste, il 10 luglio 1924 chiedono notizie alla Procura sull’esito del processo a carico dei due indiziati. Dalla rissa sono passati 2 anni e 4 mesi e non si è concluso niente.
A questo punto la Procura, siamo all’8 novembre 1924 (2 anni e 8 mesi dalla rissa e 1 anno e 10 mesi dalla sparizione del plico) ordina al Pretore di San Marco Argentano di formare un nuovo processo richiedendo anzitutto all’Arma dei Carabinieri copia del verbale 6 marzo 1922 e raccogliendo la dichiarazione della parte lesa.
Alleluia! Adesso sapremo cosa è accaduto, sperando che dopo tutto questo tempo i fatti impressi nella memoria di protagonisti e testimoni siano rimasti chiari e limpidi.
Dopo aver chiesto la copia del verbale ai Carabinieri, l’avvocato Luigi Suranno, Pretore di San Marco Argentano, raccoglie la dichiarazione di Raffaele Tiesi, ormai completamente guarito:
– Nelle ore pomeridiane del 28 febbraio 1922 io, Luigi Zecca, Pasquale Quintieri (alias Cozzalunga, nda), Rosalbino Bruno e parecchi altri fummo a bere vino nella cantina di Antonio Iozzi allo scalo ferroviario di Mongrassano. Dopo aver bevuto alcune bottiglie di vino uscimmo ed io con Francesco Salerno mi incamminai un po’ avanti degli altri per rincasare. Fatti pochi passi, Salerno mi fece notare che dietro si faceva quistione. Mi voltai e vidi Luigi Zecca e Pasquale Quintieri che, non so per quale ragione, quistionavano fra di loro. Allora, con alcuni dei presenti, mi interposi fra i due per far da paciere e cercai di allontanare Luigi Zecca per una via, mentre gli altri accompagnavano Quintieri per un’altra via. Ad un certo punto Zecca si scostò da me col pretesto di rendere un atto corporale, ma invece caricò il fucile di cui era armato e ne esplose un colpo contro Quintieri, ferendo con un pallino Rosalbino Bruno, che gli era vicino. Mentre poi consigliavo Zecca a seguirmi, egli esplose un altro colpo contro di me ferendomi al braccio sinistro, per cui caddi a terra. In seguito fui trasportato dal Quintieri, dal Bruno e da altri a Tarsia per essere medicato dal dottor Ercole Toscano e poi fui curato dal dottor Enrico Canonico a Cervicati.
– Dopo quanto tempo siete guarito?
– Dopo otto mesi, come risultava dalla perizia del dottore Gaetano Misuraca da San Marco.
– Da quanto avete detto non si capisce il motivo per cui Zecca vi abbia sparato. Gli avete detto o fatto qualcosa?
– Non so la ragione per cui venni ferito dallo Zecca, col quale ero in buone relazioni di amicizia…
E se dopo quasi tre anni ancora non sa perché ha rischiato di morire vorrà dire che lui e Zecca non hanno mai tentato un chiarimento, nemmeno per interposta persona. Vediamo se Luigi Zecca ricorda perché gli ha sparato e perché ha sparato contro Pasquale Quintieri:
– Tenevo in fitto un fondo limitrofo a quello tenuto in fitto da Raffaele Tiesi. Il giorno prima del fatto Pasquale Quintieri e Raffaele Tiesi vennero nella mia abitazione e mi invitarono ad andare a bere con loro allo scalo di Mongrassano, ma non aderii all’invito. Il giorno del fatto i due ripeterono l’invito, accettai e tutti e tre andammo alla cantina di Iozzi. Dopo aver bevuto del vino insieme ad altre persone uscimmo un po’ brilli. Cammin facendo il Quintieri mi disse che tutti quelli che avevano tenuto in fitto il fondo dov’ero fittuario erano stati da lui percossi. Avendogli osservato che noi due dovevamo stare amici, Quintieri mi tirò un calcio. Si accese così una quistione e ci afferrammo. Egli estrasse una rivoltella ed impugnandola contro di me abbassò il grilletto, ma non partì alcun proiettile, essendo l’arma in sicurezza. Essendogli poi caduta a terra tale arma, estrasse un’altra rivoltella, ma sul momento nulla avvenne per l’intervento dei presenti che lo disarmarono. Quintieri allora andò in cantina a prendere un suo bastone e con questo mi percosse mentre venivo trattenuto da Tiesi e da altri, producendomi una lesione alla testa. Allora mi feci restituire il fucile da Giovanni Toscano, cui l’avevo consegnato, con lo scopo di ritirarmi, ma Quintieri di nuovo cercava di avvicinarsi a me insieme a Tiesi, suo cognato, che fingeva di trattenerlo. Impugnai il fucile per difendermi ed in quel momento Tiesi mi disse di sparare contro il suo cappello che aveva in mano; esplosi due colpi contro il cappello ed uno di essi ferì Tiesi. A tale vista scappai e rincasai – il Pretore è un po’ perplesso, ma la versione di Zecca, come tutte le altre, dovrà essere verificata. Poi gli chiede:
– Avete parlato di aver riportato una lesione alla testa, chi vi ha visitato ed in quanto tempo siete guarito?
– Dalla lesione riportata guarii in giorni cinquanta. Dopo quarant6acinque giorni dal ferimento fui sottoposto a perizia in questa Pretura dal dottor Mario Manfredi, il quale precedentemente ebbe a visitarmi due volte.
Ma il dottor Manfredi lo smentisce affermando:
– Ricordo di aver visitato Luigi Zecca nell’epoca in cui venne ferito e di aver rilevato che la lesione riportata alla testa era guaribile in cinque giorni, redigendone relativo referto. Dopo parecchio tempo, in questa Pretura, rivisitai lo Zecca ed ebbi a confermare il mio giudizio.
Nell’indagine entra anche Pasquale Quintieri per la lesione inferta a Zecca e deve raccontare la sua versione di fatti:
– Il giorno del fatto, invitato da Zecca, andai con lui alla cantina di Iozzi. Dopo aver bevuto del vino assieme ad alcuni amici, nel momento in cui si doveva pagare il conto Zecca disse “nessuno si muovesse altrimenti vi piglio a schiaffi!” ed io gli risposi “sempre con questi schiaffi tu!”. Poi uscimmo dalla cantina e Zecca, mentre camminavamo, senza che lo avessi provocato, dicendomi “vuoi vedere che ti piglio a schiaffi?”, mi diede due ceffoni. Allora ci afferrammo e ci scambiammo dei pugni. Fummo poi separati dai presenti e nulla pel momento accadde. Lo Zecca si fece restituire il proprio fucile che prima della zuffa aveva consegnato a Raffaele Tiesi e s’incamminò per una via dove avrebbe potuto incontrarsi con me. Tiesi allora gridò al mio indirizzo: “Attento che ti spara!”. Io mi fermai e Zecca, a tali parole, impugnò il fucile contro Tiesi ed esplose due colpi, uno dei quali ferì Tiesi e l’altro Rosalbino Bruno – anche in questo caso il Pretore è perplesso, poi gli chiede:
– Zecca sostiene che lo avete minacciato con ben due rivoltelle…
– Prima di azzuffarmi con lui fui disarmato della rivoltella dal Tiesi…
– Lo avete colpito con una bastonata in testa?
– Dopo che Zecca sparò contro Tiesi, mio cognato, gli tolsi il fucile ed inseguendolo forse gli avrò dato un colpo col calcio o con la canna di tale arma…
– E la rivoltella? dagli atti risulta che non avete il permesso…
– Confesso che asportavo la rivoltella senza licenza…
Tutti contraddicono e smentiscono tutti. Così non se ne esce, ma forse Rosalbino Bruno, l’altro ferito dirà qualcosa di più convincente sullo svolgimento dei fatti.
– Ero presente quando Luigi Zecca e Pasquale Quintieri si scambiarono dei pugni. Dopo che i due furono separati da me e da altri, Zecca, fattosi restituire il fucile da Giovanni Toscano, che lo aveva raccolto da terra dove lo aveva buttato, Zecca si recò presso un limite ed esplose un colpo al mio indirizzo, un pallino mi penetrò nella gamba sinistra, ed un altro contro Raffaele Tiesi.
– Contro di voi? E perché mai?
– Eravamo tutti brilli e credo che Zecca mi abbia scambiato per Pasquale Quintieri…
– Pare che tra Zecca e Quintieri ci fu uno scambio di parole, ricordate cosa si dissero?
– Essendo un po’ sordo non udii se si scambiarono parole.
Ascoltati alcuni testimoni, sembra chiaro almeno la circostanza che Zecca buttò a terra il suo fucile per azzuffarsi con Quintieri e poi se lo fece restituire da Giovanni Toscano che lo aveva raccolto da terra e su questa circostanza mette la parola fine la conferma dello stesso Toscano, che aggiunge:
– Mi disse che doveva ritirarsi a casa ed io me ne andai…
Interessante è la deposizione di Vincenzo Mazza, estraneo al gruppo di amici, che si trovava a passare davanti alla cantina di Iozzi col suo carro:
– Vidi Pasquale Quintieri dare un colpo di bastone a Luigi Zecca e poi impugnare la rivoltella contro lo stesso, ma non so per quale motivo, dopo vidi Zecca prendere il suo fucile, che aveva buttato a terra ed era stato raccolto da Giovanni Toscano e sparare un colpo contro Raffaele Tiesi che andava verso di lui.
Tessera dopo tessera, il rompicapo si sta ricomponendo e ormai è chiaro che l’unico, vero motivo che fece esplodere la violenza fu l’ubriachezza generale. Francesco Salerno è categorico:
– Eravamo tutti ubriachi!
Tra una cosa e l’altra siamo arrivati al mese di agosto 1925, 3 anni e 5 mesi dopo i fatti, e il Giudice Istruttore, su richiesta del Pubblico Ministero, dichiara estinti i reati commessi da Pasquale Quintieri perché rientrano nell’amnistia concessa con R.D. 31 luglio 1925, n. 1277, tranne la contravvenzione per il mancato pagamento della tassa di concessione per la detenzione della rivoltella.
L’istruttoria viene chiusa e Luigi Zecca viene rinviato al giudizio del Tribunale Penale di Cosenza per rispondere di lesioni personali con arma in danno di Tiesi Raffaele e Bruno Rosalbino, mentre Pasquale Quintieri dovrà rispondere del mancato pagamento della tassa di concessione.
La causa si discute il 18 maggio 1926 e Tiesi cambia versione:
– Zecca sparò prima contro Rosalbino Bruno e poscia, alla mia preghiera di non sparare contro Bruno, sparò anche contro di me, ferendomi. Prima degli spari io tenevo la giacca, il cappello ed il fucile dello Zecca, che gli consegnai…
– Eravate tutti ubriachi? – gli chiede il Presidente della Corte.
– Nessuno di noi era ubriaco perché in quattordici persone avevamo bevuto sei litri di vino.
Antonio Iozzi, il cantiniere, lo smentisce:
– Erano una decina di persone e consumarono cinque o sei litri di vino, però portarono un fiasco della capacità di sei o sette litri…
La Corte, terminata la lettura degli atti, l’escussione dei testimoni e le richieste delle parti, osserva: tutti si ridussero in stato di ubriachezza e il terreno così propiziato facilitò l’insorgere di futile contesa verbale, subito degenerata in zuffa tra Zecca Luigi e Quintieri Raffaele, l’uno armato di fucile e l’altro di rivoltella asportata senza licenza e mai denunziata. Di tali armi nessuno dei due però fece uso, lo Zecca perché gettò a terra il fucile per colluttarsi e il Quintieri perché fu disarmato dai presenti, i quali riuscirono a separarli. Tiesi Raffaele, cognato del Quintieri, traeva da parte lo Zecca dopo aver avuto cura di disarmare il proprio cognato, che veniva allontanato dagli altri presenti, dopo di che tutto sembrava concluso con una contusione lacera riportata dallo Zecca ad opera del Quintieri mediante bastone e che guarì in giorni cinque. lo Zecca, fattosi riconsegnare il fucile, si allontanava facendo credere di recarsi a soddisfare un bisogno corporale, ma fermatosi presso una siepe e caricato il fucile, ne esplose improvvisamente un colpo, diretto probabilmente al suo avversario Quintieri e ferì invece il Bruno Rosalbino alla gamba sinistra con un pallino, producendogli una lesione guarita in giorni cinque. Quindi, vedendo avanzarsi il Tiesi, che al primo colpo aveva prevenuto il cognato Quintieri gridando “attento che ti spara!”, tirò anche contro di esso Tiesi un secondo colpo, producendogli lesioni guarite in giorni ottanta. Lo Zecca è chiamato a rispondere delle lesioni al Tiesi e di quelle al Bruno e di tali lesioni egli deve indubbiamente, anche per propria ammissione, rispondere. Gli compete soltanto il beneficio della semi infermità di mente per parziale ubriachezza volontaria, mentre di legittima difesa non è assolutamente a parlare, mancandone ogni indizio.
Passando alla determinazione della pena da infliggere a Luigi Zecca, la Corte lo condanna ad anni 1, mesi 9 e giorni 17 di reclusione, pena che dichiara interamente condonata, oltre alle spese e ai danni.
Il 19 aprile 1927, la Corte d’Appello di Catanzaro rigetta il ricorso di Luigi Zecca.[1]
[1] ASCS, Processi Penali.