HAI “CANTATO”?

Manca poco alla mezzanotte del 20 aprile 1921 quando un uomo sanguinante dall’avambraccio sinistro, che ne sorregge un altro sanguinante dal costato, entra nell’ospedale civile di Cosenza. Il primo, Domenico Ciraolo, ventottenne abitante in via Riforma – case Gervasi –, se la caverà in una decina di giorni, mentre l’altro, Rosario Marinucci, ventottenne abitante in via Rivocati – casa Tommasi – è in pericolo di vita perché la ferita prodotta da una coltellata in corrispondenza della nona costola sinistra è penetrata in cavità e potrebbe aver leso il polmone. Viene avvisata la Questura e subito arriva il Vice Commissario Chiriaco, che riesce a strappare qualche parola a Marinucci prima che entri in sala operatoria:

Mi ha ferito uno sconosciuto

Poi Chiriaco interroga Ciraolo, l’altro ferito, e la faccenda comincia a prendere contorni più netti:

Ieri sera verso le undici mi trovavo nella cantina gestita da tale Peppino, sita in via Sertorio Quattromani, assieme a Marinucci, che appariva alquanto brillo. Dopo circa dieci minuti entrò pure un vecchio alto e robusto assieme ad un tale chiamato comunemente ‘U Bardasciu e chiesero al cantiniere della birra. ‘U Bardasciu, chiamato in disparte Marinucci, cominciò a parlargli animatamente, sebbene a bassa voce, tanto da non farmi sentire nulla di quello che dicevano. Dopo poco siamo tutti usciti; ‘U Bardasciu e Marinucci andavano avanti, io e il vecchio li seguivamo a breve distanza. Giunti all’altezza di via Rivocati, proprio vicino alla stalla di Crescenzio Menolli, i due si afferrarono simultaneamente e prima ancora che noi potessimo avvicinarci, vidimo Marinucci a terra e ‘U Bardasciu di sopra. Non perdetti tempo e corsi subito a dividerli e per questo riportai una leggera ferita di coltello all’avambraccio sinistro. Mi accorsi che Marinucci aveva riportato gravi ferite. ‘U Bardasciu dopo il fatto si allontanò ed io presi quasi in braccio Marinucci e lo trasportai all’ospedale

– E il vecchio che ha fatto?

Il vecchio si allontanò pure, ma ignoro per quale via.

– Marinucci ed il vecchio si conoscevano?

Non mi accorsi se Marinucci ed il vecchio si conoscevano, certo che non li vidi salutarsi, né li udii scambiarsi parole.

‘U Bardasciu era ubriaco?

Mi apparve abbastanza serio. Prima del fatto mi domandò se era vero che io avevo “cantato”, cioè se io avevo parlato di fatti segreti, ed alla mia risposta negativa mi disse che ciò glielo aveva riferito Marinucci, il quale negò di avere fatto il mio nome. Dopo di ciò cominciò la discussione animata.

– A cosa si riferiva ‘U Bardasciu parlando di fatti segreti? – gli chiede Chiriaco, il quale sa perfettamente che si tratta di cose di malavita.

Non so a che cosa ‘U Bardasciu si riferiva con quelle parole rivoltemi, tanto più che fra me e lui non esistono affari segreti

‘U Bardasciu, al secolo Francesco De Marco, 24 anni da Catanzaro, ufficialmente cocchiere, pluripregiudicato, uno dei malavitosi più pericolosi operanti in città, è latitante e Polizia e Carabinieri lo cercano con l’accusa di tentato omicidio.

Intanto Marinucci è stato operato e se la caverà. Appena ripresosi dagli effetti dell’anestesia, il Sostituto Procuratore Filippo Coscarella va a fargli visita e raccoglie la sua dichiarazione:

Ieri sera verso le undici mi trovavo a bere della birra insieme con Domenico Ciraolo nella cantina di Aurelio Polillo. Nella cantina c’era pure Francesco De Marco detto ‘U Bardasciu il quale, avvicinatosi al nostro tavolo, a forza voleva pigliarsi un bicchiere di birra. Io lo respinsi dicendogli “forse ci hai messo denaro?”. Si fu allora che uscimmo fuori la cantina e ci portammo in via Mortilla, dove diverbiammo col De Marco, ma costui, passando subito a vie di fatto, mi vibrò una coltellata al fianco sinistro, senza darmi il tempo di poter parare il colpo. Subito caddi a terra e credo di essermi ferito su di un sasso all’occhio destro. Per dimostrare con quanta furia e violenza De Marco mi si avventò contro con il coltello, debbo fare osservare a Vostra Signoria la giacca che indossavo, la quale presenta otto lacerazioni prodotte dai reiterati colpi di coltello infertimi. Poi fui raccolto da terra e trasportato in ospedale e De Marco, invece di allontanarsi mi accompagnava col coltello in mano dicendomi “voglio vedere se sei uomo o se canti!”. Con queste parole voleva dire di non accusarlo per omertà. Io, vedendomi a mal partito perché temevo che col coltello che aveva in mano mi finisse, gli promisi di non fare il suo nome alla giustizia.

– Prima di ieri sera avevate avuto parole?

Prima di ieri sera nulla era passato fra me e De Marco.

– Quindi adesso che hai fatto il suo nome firmi la querela?

Non intendo sporgere querela perché se muoio e va bene, se non muoio poi me la vedrò!

Un perfetto malavitoso! Il problema, però, è che la sua versione dei fatti è in stridente contraddizione con quella fornita da Ciraolo e questo vuol dire che sotto c’è davvero qualche “fatto segreto”, forse legato al “vecchio” che Marinucci non ha nemmeno nominato come presente ai fatti. Vedremo cosa ne caveranno gli inquirenti che interrogano di nuovo Ciraolo, il quale conferma parola per parola la sua prima dichiarazione.

Intanto ‘U Bardasciu a Cosenza non si trova e ormai sono passati quasi due mesi dal fatto. Poi qualcuno “canta” che forse ha cambiato aria andando a respirare dalle parti della sua città natale. Così due Carabinieri che prestano servizio a Cosenza e lo conoscono, vengono distaccati a Catanzaro in borghese ed il 26 giugno la “cantata” si dimostra vera. Infatti, verso le cinque di pomeriggio, i due militari lo vedono sul corso principale, lo avvicinano e lo arrestano.

Quella sera ero in compagnia di un mio amico, un vecchio di Reggio Calabria che conosco col solo nome di Francesco e che non so diversamente identificare. Entrammo nella cantina a prendere una birra ed io salutai gli altri avventori col solo buonasera. Consumata la birra uscii col mio amico, seguito da Marinucci e dal suo amico Ciraolo. Strada facendo Marinucci mi disse “ebbene cammini con gli infami?”. Io gli risposi che non poteva ciò dire perché nemmeno conosceva il mio amico. Egli allora spiegò che aveva inteso riferirsi a Ciraolo. Così discorrendo giungemmo al vicolo Mortilla, ove la discussione si accese e Marinucci mi diede una spinta facendomi traballare. Allora ci afferrammo per colluttarci, da una parte io e dall’altra Marinucci e Ciraolo, mentre il mio amico si allontanava. Nella colluttazione io caddi ed entrambi i miei avversari mi tenevano sotto ed uno di essi, che non so precisare, mi colpì con due coltellate alla parte sinistra del deretano. Riuscii a divincolarmi, ma vedendo che Marinucci col coltello in mano tentava di venirmi ancora addosso, estrassi il mio coltello e lo colpii due volte, mentre Ciraolo era un po’ scostato. Accompagnai io stesso Marinucci all’ospedale essendovisi rifiutato Ciraolo. Ho medicato da me le mie ferite, dalle quali non sono ancora completamente guarito. Non mi querelo per le lesioni riportate

A questo punto De Marco viene fatto spogliare ed in effetti presenta nella parte esterna del gluteo sinistro due residui di lesioni coperte da crosta umida, curate male e in suppurazione.

E questa è la terza versione diversa dei fatti. Chi avrà ragione?

Per gli inquirenti nessuno, perché decidono di procedere sia contro De Marco per tentato omicidio, che contro Marinucci, arrestato per lesioni personali.

Il 12 maggio 1922 si discute la causa e De Marco, da perfetto malavitoso, dice alla Corte:

Io non posso assicurare se rimasi ferito da Marinucci o da altri.

– Eravate ubriaco? È sicuro che il vostro amico Francesco non prese parte al fatto? – gli chiede il Presidente della Corte.

Io non ero ubriaco e non feci caso se quel tale Francesco prese parte al fatto.

Al contrario, Marinucci conferma di essere stato accoltellato da De Marco. Interrogato, anche Ciraolo conferma la sua deposizione.

Alla Corte non resta che ritirarsi in Camera di Consiglio e decidere la sorte dei due. Dopo qualche ora il Presidente legge in pubblico la sentenza:

la Corte, derubricato il reato di tentato omicidio in quello di lesioni gravi, condanna De Marco Francesco a mesi 4 e giorni 20 di reclusione; assolve Marinucci Rosario per insufficienza di prove.[1]

Ah! Dimenticavamo… alla fine sia Marinucci che ‘U Bardasciu hanno sporto querela…

[1] ASCS, Processi Penali.