IL FORNAIO DISOCCUPATO

Nel mese di febbraio del 1940 gli echi della guerra si fanno già sentire, ma il freddo e la fame si fanno sentire ancora di più.

È buio pesto e non sono ancora suonate le quattro di mattina quando un uomo intirizzito, fermo in un angolo di Piazza della Riforma, cerca di riscaldarsi saltellando e battendosi le braccia addosso. Non passa molto tempo e si sente, in lontananza, il rumore di un carretto che si avvicina alla piazza, proveniente dalla strada per Mendicino.

L’uomo si appiattisce contro il muro di una casa pronto a scattare e non appena il carretto gli è vicino, con un balzo gli si para davanti fermandolo.

– Fermo! – intima l’uomo al carrettiere, tenendo la mano destra in una tasca come se impugnasse un’arma – porti pane?

– Si… – gli risponde quello, intimorito.

– E non lo sai che è proibito portare pane in città? Ora devi venire con me al forno di Gerbasi che te lo dobbiamo sequestrare.

– Ho famiglia… sai com’è… ma… tu chi sei?

– Io chi sono? Sono un fornaio disoccupato… ora muoviti e non fare storie, altrimenti… – lo esorta con fare minaccioso.

– Ehm… così mi rovini… non si potrebbe… come dire… accordarci?

– Quanto pane porti?

– Quaranta pagnotte da due chili l’una…

– Allora me ne devi dare la metà, se no te lo sequestriamo tutto – gli fa, muovendo la mano che ha in tasca, come per estrarre l’arma.

– No! Non farmi del male – lo implora il carrettiere – non posso darti la metà… sono un povero vecchio malato… non posso… ragiona, ti prego… ecco, prendi queste due pagnotte calde calde e fammi passare… ti prego…

– Dammi! – gli fa, allungando le mani per prendere il pane – e la prossima volta che passi di qua, anche se non mi vedi, bussa a quella porta e lascia due pagnotte, altrimenti… ci siamo capiti – termina rimettendosi la mano in tasca.

– Va bene… grazie… grazie.

– Ricordati, io non sono abituato a parlare con la gente di giornoma parlo di notte con chiunque, come e dove vuole… attento! – un parlare da vero malandrino!

Quella notte l’uomo racimola un’altra decina di chili di pane, così come tutte le altre notti successive.

Il povero carrettiere, passate alcune notti, torna in città con un nuovo carico di pane. Sta in guardia e arrivato in Piazza della Riforma non vede nessuno. “Stanotte è andata bene, fossi matto che gli vado a lasciare il pane a casa” pensa tra sé e sé, tirando dritto.

– Non lo sai qual è il tuo dovere? – la voce, familiare, lo colpisce come una frustata – vuoi vedere che ti levo tutto il pane che hai? Ricordati che mi regolerò come mi sono regolato l’altra volta…

E così se ne vanno altri quattro chili di pane.

Il sistema è ingegnoso. Per le disposizioni  annonarie vigenti, non è consentito ai fornai che non esercitino la panificazione nel territorio comunale, vendere pane in città. Qualche volta le guardie municipali hanno provveduto a sequestrare dei carichi di pane e a denunciare i trasgressori, ma il Pretore non ha mai condannato nessuno, così le guardie non praticano più controlli e il mercato abusivo del pane cresce a dismisura.

Certo, nonostante ciò, i fornai abusivi temono sempre qualche guaio con la giustizia, così quando Albino Mondera, 36 anni, fornaio disoccupato, pluripregiudicato per reati contro la persona e la proprietà, si mette a fare le veci delle guardie municipali, ottiene senza sforzo qualche pane da vendere, pur non avendo un forno.

Ma qualcosa va storta. Forse qualcuno che non ha avuto i suoi pani si lamenta con qualche fornaio, il quale gli racconta come stanno le cose e fa una soffiata. La Questura indaga e scopre che gli estorti sono tutti di Mendicino e delegano i Carabinieri del posto a fare le indagini.

Albino è fottuto. Lo arrestano alla metà di marzo e il 6 giugno 1940 gli appioppano due anni e quattro mesi di reclusione, quattromila lire di multa e il pagamento delle spese processuali, ma in pratica se la cava con soli quattro mesi perché la Corte gli condona due anni e l’intera pena pecuniaria.[1]

[1] ASCS, Processi Penali.