ROSINA RAGAZZA RIBELLE

All’alba del 25 agosto 1893, Rosina Nicoletti, 17 anni, e Rosina Fiorino, 14 anni, seguite a breve distanza da altre due donne, partono da Santo Stefano di Rogliano per andare a raccogliere legna. Arrivate in contrada Pianette, a circa un chilometro dal paese, le ferma il ventiquattrenne Santo Saporito:

Dove andate?

Andiamo a legna – rispondono le donne.

All’improvviso Santo si avventa contro Rosina Nicoletti, l’afferra per le braccia e comincia a trascinarla verso la casetta colonica dove il giovanotto abita col resto della famiglia. Rosina urla, imitata dalle sue compagne, cerca di resistere afferrandosi alla gonna di Rosina Fiorino, ma è tutto vano. Spaventata e con la gonna strappata, la ragazzina scappa e corre in paese a dare la notizia, proprio mentre dalla casetta colonica escono il fratello di Santo, Vincenzo, ed un tale Antonio Polito che aiutano l’aggressore a trascinare la ragazza in un basso della casetta.

Intanto le altre due donne ed alcuni contadini che hanno sentito le urla accorrono, ma si trovano davanti il padre di Santo che, per tranquillizzarli,  dice:

Non è niente, non è niente perché la sposa

Santo, dopo essere riuscito a fare entrare nel basso Rosina, che continua ad urlare e chiedere aiuto,  spranga la porta.

Pietro Deni si avvicina al basso per spiare da un finestrino e vede Rosina rannicchiata in un angolo che piange, mentre Santo se ne sta nell’angolo opposto e gli urla:

– Lasciala andare!

La sposerò! – risponde Santo.

I minuti passano con questo inutile tira e molla, finché non arriva la madre di Rosina gridando come un’ossessa:

Liberate mia figlia se no pezzìo la porta!

– Adesso è fatta, c’è pure la madre e puoi lasciarla andare prima che accada qualcosa di grave! – è il consiglio che Pietro Deni dà al giovanotto, che a questo punto pensa di avere raggiunto il suo scopo e apre la porta. Rosina corre fuori come un fulmine, abbraccia la madre e tutte e due piangono. Anche qualcuno dei presenti si commuove pensando che Santo e Rosina si sposeranno perché, come di consuetudine,  la famiglia della ragazza non frapporrà ostacoli per salvare l’onore, anche considerando il fatto che le due famiglie sono di uguali condizioni finanziarie e di buonissima condotta.

Ma tutti hanno fatto male i conti perché Rosina, che sa leggere e scrivere, di sposare Santo non ne vuole sentire parlare e va dai Carabinieri di Rogliano a sporgere denuncia per sequestro di persona.

– Ti ha usato violenza?

Contro di me non venne usata alcuna violenza; Saporito mi rapì a scopo, per come egli asseriva, di matrimonio.

– Ma allora, benedetta ragazza, perché non lo sposi?

Io non ho mai avuto, come non ho, intenzione di sposarlo e perciò espongo querela contro di lui e dei suoi complici!

E anche il Maresciallo deve arrendersi e trasmettere gli atti al Pretore, che inizia il procedimento penale interrogando Santo, suo fratello, suo padre e Antonio Polito.

Tra me e Rosina Nicoletti intercedevano relazioni amorose da più tempo per fine di matrimonio – esordisce Santo – ma la madre cercò sempre di ostacolare detto matrimonio, non so per quale motivo, nonostante che il fratello di Rosina si mostrasse compiacente. Un giorno, discorrendo con Rosina, mi disse che bastava il suo consenso e che non ci fossimo impensieriti degli ostacoli della madre; simili assicurazioni mi vennero fatte dal fratello il quale, financo, mi fece intendere che, purché io avessi subito sposato la sorella, non ci era nulla di male che l’avessi rapita. Incoraggiato da ciò, la mattina del 25, trovandomi vicino alla mia torre colonica vidi passare Rosina e, fattomi innanzi a lei, la afferrai e senza che avesse fatto alcuna resistenza, la accompagnai alla casetta

– In realtà Rosina dice che c’erano dei testimoni che hanno visto quello che ha visto lei e cioè che sei stato aiutato da tuo fratello e da Antonio Polito. Addirittura dice che anche tuo padre ha avuto una parte nel rapimento.

Non è vero che fui aiutato da mio fratello, da mio padre e da Antonio Polito i quali per combinazione si trovavano in quel luogo e se ne stettero indifferenti.

– Come ti spieghi che se, come sostieni, Rosina si era mostrata pronta a sposarti, adesso non lo è e ti ha denunciato?

Non so intendere perché ora Rosina non si mostra pronta di eseguire il matrimonio, che io bramerei di celebrare sollecitamente essendo stata sempre questa la mia intenzione.

Vincenzo Saporito e Antonio Polito affermano la propria innocenza, ma con un distingo: mentre Vincenzo dice di essere uscito da casa dopo aver sentito le urla di Rosina e di essersi disinteressato della cosa perché sapeva che tra suo fratello e la ragazza esisteva un accordo, Antonio dice di essersi trovato nelle vicinanze della casetta rurale per motivi di lavoro, di essere accorso alle grida di Rosina e quando la vide mentre era trascinata da Santo, cercò di intervenire per aiutarla, ma Saporito gli intimò di allontanarsi, cosa che fece immediatamente.

Gaetano Saporito, il padre del rapitore, racconta:

Quando mio figlio condusse Rosina nella nostra casetta colonica, io mi trovavo a lavorare a poca distanza ed avendo visto delle donne che correvano dentro il semenzato, le sgridai di non farmi del danno. Appreso il fatto mi diressi verso la torre, ove trovai mio figlio Santo con Rosina e mi dispiacqui di ciò perché il torto maggiore fosse dei parenti della ragazza e di lei medesima, che lusingarono mio figlio

E per avvalorare la tesi delle intercorse relazioni amorose, la famiglia Saporito cita alcuni testimoni, che vengono prontamente interrogati.

Francesco Nicoletti dice:

Nulla conosco delle relazioni che intercedevano tra Santo e Rosina. Soltanto ho visto spesso la ragazza e la madre unirsi spesso con la famiglia Saporito e quindi ho sospettato che qualche prossima parentela dovea intervenire fra loro. Dopo avvenuto il ratto si è detto pubblicamente che fra i due intercedevano delle relazioni amorose. So anche che il fratello di Rosina ha sempre avuto, come ha, piacere ad un tal matrimonio, che non si è effettuato esclusivamente per un capriccio della madre di Rosina

Teresa Stumpo:

In un giorno del mese di giugno 1893 Santo Saporito, avendo visto Rosina Nicoletti lavorare in un mio fondo venne anche lui, senza essere da me invitato, e mi accorsi che corteggiava la ragazza. Dopo avvenuto il ratto intesi dire nel pubblico che tra i due intercedevano delle relazioni amorose.

Pietro Gagliardo:

Circa tre mesi dietro mi trovai presente quando il cognato di Santo Saporito, recandosi in campagna insieme con Rosina Nicoletti, le domandò se avea piacere di sposarsi con Santo ed intesi che Rosina rispose che avea tutto il piacere di sposarlo e che, anzi, avea interesse che le cose si sollecitassero perché ella trovavasi in sua casa con molti disturbi.

E siccome mettersi d’accordo tra fidanzati per simulare un rapimento allo scopo di superare sia gli ostacoli dovuti all’età, sia quelli dovuti ai veti familiari, qualche dubbio sorge, così il Pretore decide di mettere a confronto Rosina con gli indagati per cercare di sbrogliare la matassa. Il primo è tra Santo e Rosina:

Santo: Ricordati che noi per tre anni abbiamo amoreggiato e che tu mi dichiarasti che per superare gli ostacoli di tua madre sarebbe stato buono di rapirti e tu avresti finto di dispiacerti.

Rosina: Tutto ciò è perfettamente falso perché tra te e me non son passate relazioni, non abbiamo amoreggiato e tanto meno ho acconsentito che tu mi rapissi. Ricordati, poi, che non fosti tu solo che mi tirasti, ma ti aiutarono a rapirmi tuo fratello Vincenzo e Antonio Polito, il quale mi ha afferrato per la veste, in modo da stracciarmela!

Poi davanti alla ragazza si siede Antonio Polito.

Rosina: Ricordati che quando Santo si avventò per rapirmi, anche tu ed il fratello siete accorsi per aiutarlo a trascinarmi e ricordati che quando stavo per essere introdotta nel magazzino tenevo le mani al saliscendi della porta per resistere e tu mi afferrasti le mani per costringermi a lasciare la porta. Se tu non fossi stato presente ad aiutarlo, difficilmente Santo avrebbe potuto trascinarmi perché avrei resistito. Non ho potuto farlo quando fui afferrata da tre individui.

Antonio: Non è vero quanto dici perché mi trovai presente, ma non presi alcuna parte

Vista la tenace determinazione di Rosina nel ribadire le accuse in faccia a Santo Saporito ed Antonio Polito, il Pretore decide di non proseguire oltre con i confronti, ormai convinto della sincerità di Rosina, confortato dal fatto, insolito, che ancora non c’è stata la remissione della querela, come è sempre avvenuto in questi casi, immancabilmente seguita dalle pubblicazioni di matrimonio. Gli atti vengono trasmessi al Giudice Istruttore che, il 18 ottobre 1893, rinvia al giudizio del Tribunale Penale di Cosenza tutti e quattro gli indagati: Santo Saporito per avere, a solo fine di matrimonio, sottratto e ritenuta con violenza la minorenne Nicoletti Rosina. Gli altri tre per complicità necessaria nel reato, avendo prestato aiuto ed assistenza, facilitandone l’esecuzione.

Il 30 marzo 1894 si discute la causa e Rosina dimostra una volta di più la sua determinazione costituendosi parte civile con sua madre.

Le deposizioni delle testimoni oculari confermano la versione di Rosina e per i quattro imputati la condanna è cosa fatta perché, ammesso e non concesso che tra Santo e Rosina fossero intercorse relazioni amorose, il giovane ha sottratto e ritenuto con violenza, a solo fine di matrimonio una persona minorenne che poi, senza essersi commesso alcun atto di libidine, è stata volontariamente riconsegnata alla propria madre. Il reato prevede una pena da uno a cinque anni di detenzione ed a questa pena devono soggiacere anche Vincenzo Saporito e Antonio Polito, che hanno preso parte all’esecuzione del delitto come cooperatori immediati, mentre la pena deve essere ridotta alla metà per Gaetano Saporito, che ha soltanto facilitato l’esecuzione del delitto, non potendosi ritenere che senza il suo concorso il reato non si sarebbe commesso.

I quattro, secondo il Collegio, meritano l’attenuante di avere volontariamente restituito la persona rapita e le pene restano così fissate: Santo Saporito, Vincenzo Saporito e Antonio Polito sono condannati a mesi 10 di detenzione; Gaetano Saporito a mesi 5 di detenzione. Per tutti le pene accessorie, spese e danni.

Il 7 luglio 1894, la Corte d’Appello delle Calabrie dichiara non provata la reità di Vincenzo Saporito, Gaetano Saporito e Antonio Polito e li assolve. Inoltre riduce la pena inflitta a Santo Saporito a mesi sei e giorni venti di detenzione.[1]

Non c’è riparazione che tenga per Rosina e per questo, coraggiosamente, 72 anni prima di Franca Viola, ha detto di no al matrimonio riparatore.

[1] ASCS, Processi Penali.