SE NON MI SPOSI TI AMMAZZO

Verso le 13,00 di domenica 10 novembre 1895, in contrada Marchese Casello di San Pietro in Guarano, la sedicenne Maria Imbrogno si sistema una brocca sulla testa ed un orciuolo sotto il braccio e parte da casa per andare ad attingere acqua potabile alla fontana Giardino, distante un paio di chilometri da casa. Anche sua madre sta andando a prendere acqua, acqua per cucinare, ma ad una fontana molto più lontana. Domenico Imbrogno, il capofamiglia, guarda Maria mentre imbocca il viottolo tortuosissimo verso la fontana e nota che davanti alla casa rurale della famiglia Paese, distante pochi metri, c’è il giovane Luigi davanti alla porta con il fucile a due canne, il dubotte come viene solitamente chiamato, sistemato ad armacollo, che getta uno sguardo verso la ragazza e poi si allontana in direzione opposta.

È passato troppo tempo da quando Maria è andata alla fontana e suo padre comincia a preoccuparsi, così si incammina lungo il sentiero per andare incontro alla figlia.

La fontana Giardino si trova in una vallata cinta da colline da ogni parte, meno dal mezzogiorno ove scorgesi un breve tratto aperto pel quale scorre il fiume Corno. Verso l’estremità della vallata, a quattro metri circa dal fiume, scorgesi, incavata nel terreno, tra grossi macigni, la fontana. Alla distanza di circa duecento metri c’è il mulino di proprietà del Marchese Casello e il fiume volge a destra, introducendosi per l’apertura a gola da dove, percorsi parecchi chilometri, va a gettarsi nel fiume Crati. Un posto isolato e pericoloso, specie di domenica quando i contadini non lavorano i campi circostanti. Ma sulle colline circostanti qualcuno c’è. Ci sono Rosaria De Luca ed il suo bambino che stanno raccogliendo ghiande per il maiale e ci sono Antonio Pugliese, Antonio Iusi e Pietro Buccieri che raccolgono olive. All’improvviso un colpo di fucile in lontananza rompe il silenzio. I quattro contadini si fermano un attimo e poi, pensando che qualcuno stia cacciando nelle vicinanze della fontana, riprendono a lavorare.

Ma Rosaria De Luca, la più vicina alla fontana, svanito l’eco della fucilata, sente delle grida che le sembrano di dolore. Guarda verso la fontana e vede Luigi Paese che corre lungo la spiaggia del fiume Corno. “Ha sparato ad un uccello e lo va a prendere”, pensa mentre piega di nuovo la schiena per raccogliere le ghiande. Dopo una decina di minuti, però, Rosaria sente Domenico Imbrogno che, con la voce rotta dal pianto, urla:

Sventura mia cosa ho sofferto!

La donna capisce che è successa qualcosa di grave e si mette a correre a perdifiato verso la fontana, per l’erta al basso, e arrivata sul posto le si presenta allo sguardo Maria in un lago di sangue che le esce dal fianco sinistro e si lamenta con un filo di voce, mentre il padre è in ginocchio che si dispera.

– Marì, che è successo? Chi è stato?

Luigi Paese… mi ha domandato se io volevo essere sua moglie… alla risposta negativa datagli, mi ha posto una mano sulla bocca nel mentre coll’altra mi ha alzato la gonna ed avendogli opposto resistenza mi ha sparato

Rosaria vede che suo figlio sta arrivando e gli urla di andare a chiamare aiuto e di avvisare i Carabinieri.

Pietro Ferraro sta pranzando quando sente bussare alla porta: è il figlioletto di Rosaria De Luca:

– Correte perché Luigi Paese ha ucciso Maria Imbrogno! – gli urla sconvolto.

Ferraro lascia il piatto sul tavolo e si precipita alla fontana, dove trova la ragazza in fin di vita, il padre, Rosaria e gli altri contadini che avevano sentito lo sparo, anch’essi accorsi alle grida disperate. L’uomo fa riempire di acqua l’orciuolo e con delicatezza lava la ferita sotto l’ascella sinistra, mentre si fa raccontare dalla ragazza come sono andate le cose. In questi stessi momenti arriva anche il Brigadiere Vitantonio Vavalle con due Carabinieri e Maria ripete per l’ennesima volta lo stesso racconto. Vavalle ordina ad un suo sottoposto di andare a chiamare il medico in paese e di farlo andare a casa degli Imbrogno perché porteranno lì Maria. Una volta a casa, la ragazza aggiunge altri particolari al racconto dell’aggressione:

Alla risposta negativa che gli diedi di essere sua moglie, subito soggiunsi: “si che ti voglio per isposo, ma non volendo poi annuire alle sue prave voglie, mi sparò

Poi, prima che il medico arrivi, Maria muore e non si può fare altro che procedere all’autopsia per stabilire la causa esatta del decesso. Così si scopre che dalle caratteristiche della ferita il colpo è stato sparato a bruciapelo dall’alto in basso ed è penetrato dalla zona sotto ascellare sinistra, determinando un foro di circa tre centimetri di diametro. Nel loro tragitto, i pallini hanno fratturato la nona costola, spappolato la milza, spezzato nella sua continuità il muscolo psoas iliaco dal lato sinistro (il complesso di muscoli che collega le gambe alla colonna vertebrale, che la sostiene e garantisce il mantenimento dell’equilibrio. Nda), fratturato le due ultime vertebre lombari, sempre dal lato sinistro, ed i pallini hanno ridotto il midollo spinale in una poltiglia carbonizzata, contenente una quantità di proiettili. Ma per qualificare l’omicidio è necessario anche stabilire se Maria ha subito violenza sessuale: l’imene non presenta alcuna traccia di traumatismo infertogli, analogamente alle grandi e piccole labbra, le quali sono del tutto allo stato fisiologico. Maria, uno scricciolo di 140 centimetri, ha tenuto testa al suo aggressore come una leonessa, ma non è bastato a salvarle la vita.

Intanto del ventenne Luigi Paese si sono perse le tracce e resterà uccel di bosco per due settimane, poi il 26 novembre si costituisce nell’Ufficio di Pubblica Sicurezza di Cosenza:

Io da tempo nutrivo dell’affetto per Maria Imbrogno ed ebbi a manifestarlo in più rincontri alla stessa, dicendole che la volevo per sposa, ma essa invece si mostrò in certo modo restia perché forse sapeva che i genitori suoi sarebbero stati contrari. Nel giorno dieci di questo mese, armato di fucile, mi recai nella contrada ove resta la fontana Giardino allo scopo di caccia ed ivi trovai Maria che attingeva acqua. Profittando dell’occasione le manifestai ancora una volta la mia intenzione di volerla per sposa, ma essa, non volendo punto sentirne parlare, mi respinse e forse temendo che io volevo farle del male afferrò in pari tempo la canna del fucile che io tenevo sotto il braccio destro con la bocca avanti verso terra. Al movimento che essa fece il fucile esplose ed il colpo andò a ferirla da farla cadere subito a terra. Io, vedendo ciò, spaventato mi posi in fuga e sono rimasto in latitanza sino ad oggi. Respingo quindi l’imputazione che mi si fa di avere ucciso volontariamente Maria, essendo il fatto tutto involontario – si giustifica e, per verificare il racconto, il Giudice Istruttore gli fa imbracciare un pezzo di legno e gli fa mimare la scena. Si, teoricamente le cose potrebbero essere andate davvero così, ma c’è qualcosa che non va.

– Se è stato un caso fortuito, perché sei scappato e sei rimasto latitante per ben 16 giorni?

Sono stato a lavorare presso Montalto ove non v’era alcuno ed appena ho conosciuto che i Carabinieri andavano in cerca di me mi sono costituito

Troppo facile, è il momento di spiattellargli il racconto di Maria e vedere che cosa risponde:

Non è vero che cercai di stuprare Maria mettendole una mano alla bocca nel mentre coll’altra le alzai la gonna e che, essendosi essa opposta, le esplosi contro, a bruciapelo, il fucile!

– Ma Maria questo racconto lo ha ripetuto fino a che non ha cessato di vivere ed in quegli istanti non si mente, tu che dici?

Luigi Paese non dice niente, ma cambia colore impallidendo. Questo, però, non è una prova o l’ammissione della sua colpevolezza, ci vuole qualcosa di inoppugnabile per inchiodarlo alle sue responsabilità. Questo qualcosa c’è e l’ha rivelata Luigi stesso quando ha raccontato di aver tenuto il fucile sotto il braccio destro con la bocca in avanti verso terra. Calcolate l’altezza dell’imputato e della vittima, la lunghezza e l’inclinazione del fucile, la traiettoria della rosa di pallini nel corpo di Maria, consultato infine un esperto armaiolo, la versione dell’accidentalità del colpo è smentita in pieno. Il colpo è stato esploso volontariamente.

Resta una sola cosa da chiarire: è vero che Luigi Paese aveva più volte esternato il proposito di voler sposare Maria? I genitori della povera ragazza dicono di non saperne niente e pare che nemmeno in paese se ne faceva parola. Ma per Luisa Veltri, amica intima di Maria, l’esternazione deve esserci stata:

Più di una volta Maria mi disse: “Può guardare quanto vuole, che io non lo guardo mai!”. Io poi non so se Luigi Paese abbia manifestato a Maria l’idea di volerla sposare… so solo per mezzo di Rosina Imbrogno che egli manifestò a quest’ultima una tale sua intenzione

Rosina Imbrogno è la sorella di Maria ed è chiamata a chiarire:

Posso affermare con tutta coscienza che Luigi Paese sovente mi diceva: “Tu devi sposare mio fratello ed io sposerò tua sorella!”. Maria, venuta a conoscenza di una tale sua idea, dovette manifestargli della avversione perché, non ricordo con precisione l’epoca, trovandoci tutti insieme a lavorare, ridendo, egli si rivolse a mia sorella e, indicando un dirupo poco discosto, le disse: “Tu dici che non mi vuoi ed io o ti ammazzo o ti getterò per questa timpa!”. Io non potevo mai credere che egli avesse poi posto in attuazione tale minaccia che faceva ridendo…

– Ai tuoi genitori glielo hai mai raccontato questo episodio?

I miei genitori nulla sapevano perché io loro nulla dissi.

Ma anche Pietro Ferraro ha qualcosa da dire, non sulla eventuale proposta di matrimonio, ma su come si comportò Luigi Paese con la sua figliastra. Ed il racconto è sintomatico per chiarire la personalità dell’imputato:

Io abito vicino alle case dei Paese e degli Imbrogno. Luigi è un giovane discolo e scapestrato. Egli incominciò a fare la corte ad una mia figliastra e malgrado che questa non voleva saperne, vi persisteva non dandole mai pace. Allora fu che io lo chiamai e lo avvertii a lasciare la mia figliastra; ma ciò malgrado seguitò a corteggiarla. Essendomene io avveduto, gli dissi che se non desisteva gli avrei fatto provare il piombo alla schiena ed egli mi rispose: “Il piombo vostro forse buca più del mio? Io non lascio né moglie né figli e non ho cosa alcuna da perdere…”. Costretto il Paese a non corteggiare più la mia figliastra, suppongo che dovette rivolgere il suo pensiero a Maria, la quale gli si dovette mostrare per nulla propensa ad accogliere le sue proposte d’amore

Beh, se Paese cercava di costruirsi un’attenuante, al contrario ha formulato una minaccia e ora non ci sono più dubbi: il 4 febbraio 1896 Luigi Paese viene rinviato al giudizio della Corte d’Assise di Cosenza con le pesantissime accuse di tentata violenta congiunzione carnale, che non avvenne per circostanze indipendenti dalla sua volontà, e omicidio volontario in persona di Maria Imbrogno per non avere potuto conseguire l’intento di congiungersi carnalmente con la stessa. A questi reati si aggiunge il porto abusivo di fucile.

Il dibattimento si tiene l’11 aprile successivo e tutto si svolge rapidamente. Luigi Paese è riconosciuto responsabile di tutti i reati per cui è a processo e, considerata la diminuente di legge per la sua età minore degli anni 21 e maggiore degli anni 18, viene condannato ad anni 25 di reclusione, oltre alle pene accessorie, spese e danni.

Il 3 giugno 1896 la Corte di Cassazione rigetta il ricorso dell’imputato.[1]

A Maria ed a tutte le donne che sono morte per difendere il diritto alla propria libertà.

[1] ASCS, Processi Penali.