I CEDRI DI SANTA MARIA

Verso la metà di marzo del 1925 molti proprietari denunciano ai Carabinieri di Grisolia di aver subito furti di alberelli e talee di cedri nei loro fondi di Santa Maria del Cedro. Il Brigadiere Giovanni Bramanti fa il conto e raccoglie 18 denunce per un totale di 372 alberelli e 411 talee. Valore complessivo 4.806 lire.

Le piante erano già piantate regolarmente per fruttare ed i bastoni (le talee, nda) come linea di riserva. Non si esclude il fatto che vari sono i ladrungoli e tutti da Cipollina e ciò fanno a scopo di lucro. Difatti da indagini esperite ci è risultato che certo Adduci Eduardo giorni orsono comprò dai ragazzi Picerno Matteo N° cento bastoni per sessanta centesimi l’uno; da Campanella Eugenio N° ottanta bastoni, tutti a sessanta centesimi l’uno; da Verdura Giuseppe N° ottanta bastoni. Interrogato lo Adduci Eduardo, solo si discolpa col dire che si permetteva di comprare tali bastoni di cedri perché conosceva i ragazzi cui sopra per buoni elementi e perché i genitori proprietari di cedri e quindi senza dubbio credeva che erano di loro proprietà. Lo Adduci tali bastoni li vendeva all’insegnante elementare Spartico Orlando di Cetraro a lire una l’uno.

Bramanti esegue alcune perquisizioni e verbalizza che in una proprietà aperta nei pressi dello scalo ferroviario di Verbicaro abbiamo rinvenuto N° sessantacinque piante di cedri (quasi tutti insieme e per terra per forse in giornata ripigliarli e spedirli altrove) da uno a due anni da pochissimi giorni estirpate. Non si esclude qualsiasi minimo dubbio che le sessantacinque piante cui trattasi erano stati di recente rubati da ignoti ladri. Difatti, domandato in merito al Sig. Paolillo Eduardo, spontaneamente e lealmente ci ha dichiarato che pochi giorni orsono tali piante da noi rinvenute erano state comprate dal suo garzone Laudani Antonio da certo Marino Francesco e che forse in giornata doveva spedirle altrove, come ne ha già spedite altre quantità comprate dallo stesso Marino. Dato i fatti suesposti, abbiamo ritenuto opportuno sequestrare le sessantacinque piante cui trattasi perché di provenienza furtiva e quindi male ha fatto il Paolillo e suo garzone Laudani a comprare piante del genere, specie da giovinastri e specie perché nessun proprietario estirpa dalle proprie proprietà per venderli, specie perché in questa giurisdizione non esiste alcun vivaio del genere. Quindi il Marino Francesco rubava ad altri delle piante e vendeva a prezzo conveniente. Non fu possibile rintracciare quest’ultimo perché, vistosi scoperto dei reati da lui commessi e da noi ricercato, si diede alla fuga.

Da altri accertamenti Bramanti si convince della colpevolezza dei tre venditori di piante come autori dei furti e dei compratori come ricettatori e denuncia tutti all’autorità giudiziaria.

Ma una cosa è il convincimento personale del Brigadiere Bramanti, un’altra sono le prove e di prove Bramanti non ne trova nemmeno una, così il Giudice Istruttore, il 7 ottobre successivo, stronca il suo lavoro: in quanto ai ricettatori manca la prova che fossero a cognizione della provenienza furtiva delle piantine e delle talee di cedro, se effettivamente rubate, ed in vero perfezionarono i contratti di acquisto in pubblico ed in quanto ai pretesi autori dei furti sono tutti incensurati mentre, in sostanza, i carabinieri più che raccogliere prove a carico di essi hanno esternato il proprio esclusivo convincimento che, però, non trova adeguato riscontro negli atti del processo. Tutti prosciolti in istruttoria.

Che le persone denunciate siano o meno colpevoli, salvati da una indagine mal condotta è secondario. Il fatto grave è che a Santa Maria la proprietà privata non vale niente, se c’è in giro gente in grado di rubare 783 piante di cedro e farla franca.[1]

 

 

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[1] ASCS, Processi Penali.