IL BARONE

È appena calata la sera di martedì 29 ottobre 1918, quando a Falconara Albanese arriva un forestiero sulla quarantina, vestito di velluto color caffè. Chiede ad un contadino, che sta tornando a casa con la zappa sulla spalla, dov’è l’albergo Balilla.

– Buonasera, vorrei una camera e, se possibile, qualcosa da mangiare – il forestiero si sistema, viene servito in camera, cena e poi va a letto.

La mattina seguente, di buon’ora, va in giro dicendo di essere un grossista, produttore di latticini e grande allevatore di suini, arrivato in paese per vendere, a prezzi miti, i suoi prodotti eccellenti. Poi si fa indicare la casa di Serafino Mustacato e, arrivato sulla porta, bussa. Gli apre una donna giovane:

– Buongiorno, siete la sorella del caporale Pietro?

Si… – risponde perplessa. Chi sarà mai quell’uomo distinto che conosce suo fratello?

Dove sono vostra madre e vostra cognata? – deve conoscerlo molto bene.

In campagna

Fatele chiamare subito, senza perdita di tempo; fate venire anche vostro padre, io sono il barone don Peppino Berlingieri di Cotrone, ex tenente dell’Esercito, amicissimo di vostro fratello… – la donna spalanca la bocca per la sorpresa, poi se la copre con una mano mentre il barone continua – fateli chiamare… non badate al mio vestito… non è l’abito che fa il monaco… non sono in tenuta baronale per non farmi riconoscere, per non dare nell’occhio, per non compromettermi

– O gesummaria! – esclama Serafina, intuendo che la cosa è seria – subito, subito… mando subito… ma entrate, entrate, possono vedervi… Antò! Antonio! Corri, vai a chiamare tutti e digli di correre a casa! – poi continua a parlare col barone – Accomodatevi… posso offrirvi un bicchierino?

– Ve ne sarei grato – risponde mentre si accomoda su di una sedia accanto al vecchio tavolo della cucina.

A Serafina quasi tremano le mani quando posa la bottiglia di sciacchetrà e un bicchierino sul tavolo, ma resta allibita quando il barone, che deve avere la gola proprio secca, non si accontenta di un bicchierino e ne tracanna parecchi. Dopo un po’ di tempo, il barone ordina il pranzo alla donna, senza trascurare il caffè, ben fatto, perché i Berlingieri l’amano saturo.

Serafina, nonostante sia ansiosa di sapere il motivo della visita inattesa, non osa chiedere niente, aspettando pazientemente l’arrivo dei familiari e quando questi, finalmente, arrivano, il barone, fatta chiudere la porta e dopo aver baciato a nome di Pietro i genitori di lui, chiede:

Da quanto tempo non ricevete notizie del nostro Pietro?

Da pochi giorni… che è successo?

Egli non è più a Bolzano. L’altra notte, inatteso, è venuto a casa mia, nel mio palazzo a Cotrone. Ha commesso un delitto. – la mamma di Pietro si batte le mani sul viso, mentre il padre bestemmia e picchia un pugno sul tavolo. Il barone fa segno con la mano di stare calmi, poi continua – In rissa ha ferito gravemente il suo tenente… è riuscito a scappare, adesso è disertore. Pietro è stato mio dipendente, bravo giovinotto, zelante, affettuoso. È venuto a chiedermi ospitalità ed io lo salvo dalla fucilazione alla schiena! – adesso è il barone a battere un pugno sul tavolo, mentre la mamma singhiozza, rincuorata dalla figlia e dalla nuora – Sono venuto apposta per narrarvi l’accaduto, per dirvi che, clandestinamente, lo farò subito emigrare. Pagherò io tutto, fortunatamente siamo ricchi, molto ricchi e possiamo aiutare gli amici… non v’accorate troppo – continua mentre prende le mani della mamma tra le sue – lo salverò, state tranquilli, fidatevi di me, ma non dite niente ad alcuno, la riuscita dipende dalla segretezza… solo, solo è necessario che mandiate al caro Pietro quanta biancheria potete: mutande, camicie, maglie, un vestito… non potrebbe emigrare in divisa

Bisogna fare presto, ogni minuto potrebbe essere prezioso per la riuscita del piano, così l’afflitta famiglia raggranella cento lire, fa un involto con un vestito nuovo, quello usato da Pietro il giorno delle nozze, che la moglie ripiega profumandolo con le sue lacrime, calze, camicie, mutande, un cappello. Poi preparano un altro pacco con fichi imbottiti e cacio pecorino, affidando tutto al barone che, rivolto alla moglie di Pietro, dice:

Voi pensate solo a piangere… non mandate nulla a vostro marito? Neanche un ricordo?

Non ho nulla

Nemmeno un anello?

La poveretta allora, senza esitare, si toglie dal dito l’anello consacrato e lo consegna al salvatore del suo Pietro.

Il barone, a questo punto, visibilmente commosso bacia come figliuolo la madre del caporale e, seguito da una donna carica del fardello, fra le benedizioni, le raccomandazioni e le lacrime dei Mustacato, si dirige verso la stazione ferroviaria e parte.

Passano i giorni, parecchi, e i Mustacato, in penosa attesa di notizie, mandano a Crotone un parente fidato per conferire con don Peppino Berlingieri.

L’uomo va, gira, cerca e alla fine si deve convincere che un cavaliere d’industria ha truffato i congiunti, ai quali rimane solo la magra soddisfazione di denunciare il fatto alla Procura del re.[1]

Ma sorge un dubbio: e se dietro al sedicente barone Berlingieri ci fosse lo zampino di Pietro?

 

 

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[1] Cronaca di Calabria, annata 1918.