DELITTO D’ONORE

Sono da poco passate le 2,00 del 4 settembre 1945 quando, sbadigliando, il piantone apre la porta della caserma dei Carabinieri di Paola e si trova davanti due uomini: uno sulla trentina e uno che certamente ha meno di vent’anni. Entrambi sono estremamente nervosi e in modo concitato chiedono di parlare con il Comandante:

– Mi chiamo Nicola Chianello, ho trent’anni e devo confessarvi che poco fa, in contrada Fosse, ho ucciso a colpi di pistola mia sorella Assunta e il suo amante, Domenico Runco… li ho sorpresi insieme…

– Ah! E questo ragazzo chi è? c’entra qualcosa? Ditemi tutto…

– È mio fratello uterino, Giuseppe Novello… allora, dovete sapere – attacca Chianello – che io sono tornato pochi giorni fa dal servizio militare ed ebbi sentore della tresca esistente tra Assunta, che è sposata con figli e il marito è ancora prigioniero di guerra, e Runco… Marescià, mia sorella aveva trentadue anni e lui diciotto… comunque ieri mattina, casualmente, ho notato che mia sorella e il ganzo si scambiavano fugaci ma significativi sguardi, tali da farmi dubitare dell’onestà di mia sorella e da indurmi ad interrogare un mio nipotino, ricevendone la confessione che la madre, di sera, riceveva in casa Domenico Runco. Allora ho deciso di andare ad appostarmi nei pressi della casa di mia sorella per sorprenderli e mentre andavo ho incontrato lui – continua indicando il fratello –, l’ho informato della cosa e gli ho detto di mettersi sotto il balcone della camera da letto di nostra sorella e di sorvegliare che Runco non tentasse di scappare da lì, se fosse andato a trovarla. Quando l’ho visto arrivare ed entrare in casa, sono salito e ho cominciato a bussare alla porta finché Assunta non ha aperto e allora le ho sparato alcuni colpi di pistola, mentre Runco mi afferrava alle spalle. Sono riuscito a svincolarmi, ho rivolto l’arma contro di lui e l’ho ammazzato…

– E tu che dici? – fa il Maresciallo, rivolto al diciottenne Giuseppe Novello.

– Confermo quello che ha dichiarato mio fratello, solo aggiungo che mentre mio fratello bussava, Runco ha tentato di saltare dal balcone sulla strada, ma si astenne dal fare ciò, forse per avermi visto

Quando i Carabinieri arrivano sul luogo del delitto, trovano Runco effettivamente morto, ma Assunta Chianello è, fortunatamente, incolume. Come si spiega? Possibile che Nicola non si sia accorto di aver mancato la sorella? C’è tempo per chiarire questa contraddizione, intanto bisogna procedere con i rilievi del caso.

Il cadavere di Domenico Novello giace per terra nella stanza matrimoniale in una grande pozza di sangue. Lo specchio del guardaroba è in frantumi; per terra ci sono due bossoli calibro 9 e tre pallottole schiacciate; sulla parete destra della stanza ci sono tre fori prodotti dall’arrivo dei colpi. Altra stranezza: due bossoli e tre fori, ma ancora più strano è che lungo le scale, sul gradino del portone d’ingresso e su una pietra miliare sita sulla rotabile negli immediati pressi della casa, vi sono in complesso una quindicina di macchioline di sangue. E se vogliamo, ancora molto, molto più strano è che, mentre i Carabinieri stanno contando le macchioline di sangue, una guardia municipale si presenta con in mano quattro bossoli calibro 9 ed una pallottola schiacciata, rinvenuta di fronte alla casa di Assunta Chianello. Che Runco sia stato ammazzato in mezzo alla strada e poi portato in casa per simulare di aver sorpreso i due amanti e cercare di cavarsela invocando i benefici dell’omicidio per causa d’onore? Anche per chiarire questo aspetto c’è tempo, intanto Assunta conferma le dichiarazioni dei fratelli.

– Eravamo diventati amanti cinque o sei mesi fa e stasera Nicola ci ha sorpresi in casa… bussava come un pazzo e Domenico ha cercato di scappare dal balcone ma ha desistito perché forse ha visto l’altro mio fratello appostato lì sotto. Poi ho aperto e Nicola ha sparato contro di me alcuni colpi che sono andati a vuoto e Domenico lo ha perso per le spalle… poi… poi lo ha ammazzato…

Mentre il Maresciallo raccoglie la deposizione di Assunta, si presenta sul posto, urlando, uno zio della vittima il quale sostiene che l’omicidio è stato commesso, a freddo, in mezzo alla strada.

– Qua l’hanno ammazzato, qua! Poi l’hanno portato dentro… l’ho detto subito quando sono salito e l’ho visto a terra! Marescià, ho pure rotto lo specchio e mi sono tagliato una mano!

Beh, almeno il mistero dello specchio rotto è stato risolto, ma comincia a serpeggiare l’impressione che per risolvere gli altri misteri ci sarà da sudare. Magari i risultati dell’autopsia aiuteranno a capire qualcosa in più.

E qui viene il bello perché tutto si ingarbuglia ulteriormente: Runco è stato attinto da sette pallottole di pistola sparate da brevissima distanza; la morte è avvenuta per imponente emorragia nella cavità addominale, causata dalle lesioni riportate in tale regione.

A questo punto è opportuno ricapitolare i dati a nostra disposizione per mettere dei punti fermi:

1) il cadavere di Runco è stato trovato nella camera da letto di Assunta Chianello in una pozza di sangue e quindi è lì che l’imponente emorragia si è verificata;

2) nella camera da letto sono stati ritrovati tre proiettili ma solo 2 bossoli di pistola calibro 9 (una Luger fatta ritrovare da Nicola). Prescindendo dalla mancanza di un bossolo, è chiaro che 3 colpi sono stati sparati nella camera da letto;

3) 4 bossoli e 1 proiettile sono stati trovati sulla strada dalla guardia municipale, una quindicina di macchioline di sangue dalle scale fino alla strada sono state repertate dai Carabinieri; quindi sarebbe logico pensare che l’agguato sia cominciato in strada e poi concluso in casa.

No, c’è sempre qualcosa che sfugge perché, stando a quanto risulta dall’autopsia, la gravità delle lesioni all’addome non è compatibile con le semplici macchioline di sangue trovate.

Bisogna interrogare i vicini di casa perché forse diranno qualcosa che possa fare luce sui fatti. E qualcosa che dovrebbe chiarire tutto la dicono, perché unanimemente affermano di aver sentito una serie continua di colpi e non due serie intervallate da un periodo di tempo sufficiente a far salire le scale a Runco o sulle sue gambe o in braccio ai suoi aggressori. Ora, siccome a testimoniare che in camera da letto sono stati sparati almeno 3 colpi sono i fori rinvenuti sui muri, dovrebbe essere abbastanza certo che l’aggressione avvenne in casa e non fuori. Si, ma le macchioline di sangue? Probabilmente non sono state lasciate dalla vittima ma da suo zio che si è ferito rompendo lo specchio. E i bossoli e il proiettile rinvenuti in strada? Nessuno approfondisce questo aspetto, ma è lecito pensare che siano stati portati fuori dalla casa proprio dallo zio della vittima per avvalorare la tesi dell’agguato in strada.

Comunque sia, noi possiamo fare solo supposizioni ma le indagini le fa la Procura e la Procura crede fermamente che si sia trattato di un agguato teso a Runco per strada, quindi chiede il rinvio a giudizio di Natale Chianello e Giuseppe Novello con l’accusa di omicidio premeditato in concorso. Non solo, chiede anche il rinvio a giudizio di Assunta Chianello per lo stesso reato, basando la richiesta sulla conferma della tesi dei suoi fratelli, per essersi prestata a ricevere in casa il cadavere e simulare di essere stata sorpresa in casa con l’amante dal fratello Natale, ma soprattutto, sul fatto che i figli quella notte dormivano in una stanza diversa dalla sua, circostanza che dimostrerebbe come tutto fosse stato organizzato e premeditato. È il 22 giugno 1946 quando la richiesta della Procura viene accolta dalla Sezione Istruttoria e i tre fratelli dovranno affrontare il processo davanti alla Corte d’Assise di Cosenza.

Non appena, dopo poco più di un anno, si apre il dibattimento, la Corte ha molte osservazioni da fare sul lavoro degli inquirenti: Il Pubblico Ministero e la Sezione Istruttoria non hanno creduto di dovere dare al fatto la configurazione che le è propria di omicidio per causa di onore, ravvisando nel fatto stesso le caratteristiche di un agguato, indizio di premeditazione. Natale Chianello non avrebbe ucciso nell’atto di scoprire la illegittima relazione carnale della sorella e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo e cioè nelle condizioni previste dall’articolo 587 del Codice Penale, ma con premeditazione, cosicché il suo atto, sebbene determinato sempre dal desiderio di vendicare il suo onore offeso, non sarebbe stato effetto di reazione immediata di uno stato di ira conseguente all’immediata scoperta della relazione illecita.

La tesi dell’omicidio premeditato non può, però, essere accolta dalla Corte. E ne spiega i motivi.

Natale Chianello ha sempre dichiarato di non avere, fino al giorno del delitto, appreso alcuna notizia sulla condotta immorale della sorella e tale dichiarazione deve considerarsi veritiera in quanto la relazione che indubbiamente esisteva tra Assunta e Runco non era trapelata nell’ambiente, tanto che i vicini nemmeno lo sospettavano. Ora, se si ammette, come deve ammettersi, che Natale Chianello solo nel corso del 3 settembre venne a conoscenza della condotta immorale della sorella, deve conseguentemente ammettersi che lo stesso ha agito nello stato d’ira determinato dall’offesa all’onore suo e deve, perciò, escludersi la contestata premeditazione. sebbene si sia recato in casa della sorella armato di pistola, non risulta, o almeno resta in dubbio, che Chianello si sia recato sul posto con una già formata ed incrollabile volontà di uccidere, poiché se è vero che egli qualche ora prima aveva avuto notizia del disonore caduto sulla sua casa, non è men vero che tale notizia gli era stata data da un bambino e non poteva perciò avere carattere di assoluta certezza, specie se si tien conto del fatto che l’animo umano, particolarmente nella materia in esame e salvo i casi di folle gelosia, è normalmente propensa al dubbio. Non è escluso perciò che Natale Chianello sia andato in casa della sorella, ancorché armato, col proposito di controllare la fondatezza della ingrata notizia e che si sia deciso ad uccidere solo quando la testimonianza dei suoi propri occhi lo convinse della triste novità.

Ma se Runco fosse stato davvero aggredito in mezzo alla strada e non in casa, come si spiegherebbe la testimonianza dei suoi propri occhi?

La Corte chiarisce anche questo aspetto: né a contrario avviso può pervenirsi per il fatto che secondo alcuni testimoni Runco sarebbe stato ucciso sulla via avanti la casa di Assunta Chianello e non entro la casa stessa. Ammessa pure in ipotesi tale circostanza, la causale d’onore e lo stato d’ira determinante il delitto sarebbero ancora più appariscenti in quanto l’azione di Natale Chianello apparirebbe ancor più direttamente collegata alla causale, mentre il dirigersi di Runco di notte verso la casa della sorella dell’imputato aveva, se mai, potere di eccitare ancora di più la spinta criminosa di quest’ultimo. Superflua appare, pertanto, l’analisi della prova per determinare se l’omicidio sia stato consumato dentro o sulla soglia di quella casa, quando è certa la causale e resta in ogni caso confermata la sussistenza della tresca. Comunque, l’esiguo numero di gocce di sangue riscontrate sulla scala e fuori, ben potevano provenire dalla ferita dello zio del morto e resta il fatto che i testimoni sentirono una serie continua di colpi e non una duplice serie e resta il fatto delle tracce lasciate sui muri dei proiettili.

Ma Natale non aveva detto di aver sparato anche contro sua sorella? Questo reato se lo sono scordati tutti? La Corte chiarisce anche questo, non senza una breve disquisizione sul comportamento dell’omicida per causa d’onore: È naturale, del resto, che Natale Chianello abbia sparato esclusivamente contro Runco. Quando si è mossi dalla spinta dell’onore, l’odio è diretto esclusivamente o quasi contro l’uomo, se ad agire è il fratello della donna, mentre è diretto esclusivamente o quasi contro la donna, se ad agire è il di lei marito.

Detto questo, la Corte decide di modificare il titolo del reato da omicidio premeditato a omicidio per causa d’onore, con tutte le conseguenze del caso.

La decisione della Corte ha, ovviamente, effetto anche sulla posizione di Giuseppe Novello: non potrà certo credersi che abbia inteso fare un innocente sopraluogo e che fosse all’oscuro della intenzione criminosa del fratello; se egli era al corrente del fatto che questi voleva sorprendere  i due amanti e se i suoi rapporti di parentela erano tali da rendere anche esso Novello pronto all’ira e alla vendetta. Articolo 587 Codice Penale anche per lui.

A questo punto resta da definire solo la posizione di Assunta Chianello, nei confronti della quale la Corte ritiene che non ci sia alcuna prova contro di lei perché è assurdo pensare ad un concerto della donna nell’omicidio sia perché la stessa non aveva nessun motivo di rancore verso l’amante, sia perché nei confronti dei suoi parenti ella aveva interesse, se mai, a negare l’esistenza della tresca, né poteva volere il delitto, che è valso a svergognarla agli occhi di tutto il paese.

Restando ferma la colpevolezza di Natale Chianello e di Giuseppe Novello, la Corte decide, considerati i loro ottimi precedenti, di concedere le attenuanti generiche e la pena, inizialmente fissata in 5 anni di reclusione per entrambi, scende a 4 anni per effetto dell’attenuante. Non è ancora tutto. Siccome i precedenti degli imputati sono ottimi, la Corte applica nei loro confronti l’amnistia emanata il 22 giugno 1946 e dichiara condonati ad entrambi 3 anni di reclusione. In tutto resta 1 anno di pena, ma i fratelli ne hanno scontati quasi 2 di carcere preventivo e se ne faranno una ragione. È il 26 luglio 1947 e nessuno si sogna di fare ricorsi.[1]

L’articolo 587 del Codice Penale “Rocco”, l’obbrobrio giuridico dell’omicidio per causa d’onore che ha provocato migliaia di morti e che ha portato in galera per brevi periodi pochissimi assassini, approvato il 19 ottobre 1930 con R.D. n. 1938, entrato in vigore il 26 ottobre successivo, sarà abrogato solo 34 anni dopo questa sentenza con la legge N. 442 del 5 agosto 1981.

[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.

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