TENTATO DAL DESTINO

– Ahi… mamma come brucia!

– Gabriè che hai?

– Papà… mi brucia assai, non riesco a pisciare…

Battista Pupo osserva il figlio tredicenne Gabriele mentre urina a stento e si accorge che gli fuoriescono anche molte gocce di pus.

– Disgraziato! Che hai fatto? Con chi sei stato? Parla! – gli chiede scuotendolo energicamente per le spalle.

– Papà… Michele… pure a Pasqualino…

– Michele? Michele Rende? Ma se è un mese che se ne è andato!

– Eh! Un paio di giorni prima di andarsene è successo.

– Ecco perché mi ha chiesto se poteva andarsene a casa per cambiare la biancheria… raccontami tutto e poi andiamo dai Carabinieri.

Io e Michele dormivamo nella pagliaia, mi svegliò e bassandosi il calzone mi disse: “Se non me lo metti in culo ti batto”. Io accondiscesi, non per la minaccia, ma perché ci trovai il mio gusto… dopo una quindicina di giorni mi venne lo scolo senza avere usato con donne

– Lui ti ha fatto lo stesso?

Io feci sempre da attivo e mai da passivo

– E Pasqualino? Chiamalo subito che voglio sapere!

Gabriele corre a chiamare il fratellino di nove anni che, dopo mille reticenze, racconta la sua esperienza:

Io e Michele ci trovavamo dentro la pagliaia quando si bassò i calzoni e mi disse: “Se non me lo metti in culo io ti meno”. Io ce lo misi, dopo di che egli mi prese a forza e me lo mise fra le cosce

Battista non riesce a dire niente. Si batte le mani sul viso e poi stringe i pugni al cielo. Dopo un po’ fa segno ai figli di seguirlo e tutti insieme si avviano verso la caserma dei Carabinieri di Spezzano Sila, la più vicina a dove si trovano.

È il 28 ottobre 1895 e siamo sulle montagne della Sila in territorio di Pedace.

I due bambini ripetono i loro racconti al Brigadiere Giovanni Pagella, il quale manda subito a chiamare il medico per farli visitare.

Pupo Gabriele trovasi manifestamente affetto da blenorragia uretrale che, dai caratteri del pus, si giudica contratta trenta o quaranta giorni dietro. Visitato accuratamente nella regione anale non presenta lesione alcuna recente o pregressa.

Pupo Pasquale, osservato accuratamente nella regione dell’ano e sulle parti genitali, tutte si riscontrano nello stato normale.

In base agli articoli 331, 332 e 351 del codice penale vigente si configura l’accusa di avere, con minacce e abuso di relazioni domestiche, costretto i due minori a congiunzione carnale dalla via dell’ano, contagiando altresì il Gabriele di malattia venerea. Quindi bisogna procedere all’arresto di Michele Rende, 51 anni, pastore, ammogliato senza prole.

 Lo trovano a casa e, portato in caserma, non ha difficoltà ad ammettere:

Non nego di avere sfogato le mie lascivie con i due ragazzi, ma ciò fu in un momento di esaltazione, tentato dal destino, e credendo di non commettere nulla di male usando fra le cosce… dopo il fatto, nell’ultimo giorno del mese di settembre, chiesi licenza al mio padrone Battista Pupo di recarmi a casa per cambiare la biancheria e non feci più ritorno

Anche lui viene sottoposto a perizia medica:

Rende Michele trovasi affetto da blenorragia uretrale che, sia per la poca quantità del pus, che dal colorito del medesimo, bianco, si ritiene contratta due o tre mesi dietro. Sulla regione anale non presenta lesioni rimarchevoli.

Il 18 gennaio 1896 la Procura Generale del re chiede il rinvio a giudizio dell’imputato per i reati che gli sono stati contestati e, l’11 febbraio successivo, la Sezione d’Accusa accoglie la richiesta.

Il dibattimento è fissato per il 14 aprile 1896 alle ore 9,00.

Martedì 14 aprile 1896, ore 8,00. Battista Pupo, seguito da Michele Rende, entra nella cancelleria della Corte d’Assise di Cosenza con una carta bollata in mano. Si ferma davanti alla scrivania dell’impiegato e gli porge il foglio. L’uomo lo prende, lo legge, solleva lo sguardo verso Battista e scuote la testa:

Memore di avere, io, nel giorno ventotto ottobre ultimo, sporto querela contro Rende Michele il quale commise atti di libidine in offesa dei miei due figliuoli Gabriele e Pasquale, ora, col presente atto, intendo fare, come infatti faccio, remissione di detta querela, obbligandomi al pagamento delle spese.

– Voi siete Rende Michele? – gli chiede l’addetto.

– Si.

– Accettate la remissione fatta dal qui presente Pupo Battista?

– Si, la accetto.

Tutto a posto, i giurati possono tornare a casa perché non è successo niente.[1]

Il destino ha sorriso a Michele Rende per la paura di Battista Pupo di scatenare uno scandalo.


[1] ASCS, Processi Penali.

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