LA PACE SENZA LA SUOCERA

– Brigadiè… questa è… – dice la giovane donna al Brigadiere Annunziato Vizzari, comandante della stazione di San Giovanni in Fiore, mentre gli porge un foglio di carta piegato in quattro. Il Militare spiega il foglio e ne legge il contenuto scritto a macchina, evidentemente da un avvocato. È il 27 agosto 1946.

Io qui sottoscritta Bitonti Maria Teresa di anni 21, espongo a V/S quanto segue: Mio marito, Iaquinta Giuseppe, mi maltratta continuamente, trascendendo verso di me a frequenti offese e violenze con minacce e percosse. Infatti egli sistematicamente, ubriacandosi tutti i giorni, mi sferra pugni e calci e mi tira i capelli, producendomi graffi e contusioni varie su tutto il corpo. Inoltre egli maltratta i miei due figli percuotendoli e facendo mancare loro i mezzi di sussistenza, sottraendosi così alla sua qualità di padre. Anche a me fa mancare i mezzi di sussistenza. Ieri mi ha cacciato di casa, dichiarando di essere contento di andare in carcere. I trasmodamenti di lui verso di me sono persistenti e continui, tanto da rendermi penosa la convivenza familiare.

Sporgo pertanto contro il prefato mio marito denunzia per maltrattamenti e reati connessi o per quel reato di legge in ordine ai fatti sopra esposti. Riserbo la costituzione di parte civile. I fatti sono notori.

– Sicura? – le chiede il Brigadiere

– Sicurissima!

Uscita Maria Teresa dalla caserma, quasi come se si fossero messi d’accordo, bussa il suo ventinovenne marito con in mano un foglio di carta bollata da 24 lire, che porge al Brigadiere:

Espongo formale denunzia e querela contro mia moglie Bitonti Maria Teresa, di anni circa 21, abitante in Via Cognale, per quanto segue: adescata e sospinta dai genitori, mia moglie, senza che io ne dessi causa, mi maltratta continuamente e si allontana dal domicilio coniugale senza nessunissima ragione. Tutti i giorni mi lancia sassi, legna e qualsiasi oggetto che le viene per mano. Domenica passata infatti, in preda a grande odio mi prese a minacciarmi e con grosse pietre e con uno spiedo à fatto atto di volermi offendere. Non vi è un solo istante che la prevenuta non mi offendi e vilipendi con le parole più umili e diffamatorie, non lasciandomi mai in pace. A ciò fare, la detta Bitonti, è spinta dai propri genitori, anzi afferma che mi uccide e questi ultimi penseranno a farla liberare vendendo il ferramento e l’armadio. Oggi trovasi in casa della madre perché un tale Fragale Battista, accompagnato da altri individui, domenica sera in istato di piena ubriachezza, presente mia moglie, mi diede un cazzotto. Il Fragale aggiungeva: “Tu devi dare lire 1500 alla tua signora e il corredo”. Risposi che avrei ottemperato solo a quello che la legge mi avrebbe dettato. Intanto il Fragale insieme con mia moglie, me assente, si portarono alla mia casa e hanno aperto una cassa di mia proprietà esclusiva, chiusa con catenaccio. Si sono impossessati di un gomitolo di lana e di una piccola cassetta contenente documenti militari e varie fotografie. Pertanto mi vedo costretto a denunziare tutti i dichiarati per quei reati che nel caso concreto si ravvisano concorrere, tanto più che la Bitonti mi opponeva i bambini in caso di eventuali danni. Ciò che io no ho mai fatto perché ò sempre rispettato i miei figli ed essa cerca pretesti e bugie per farmi mettere sotto processo penale. Dichiaro pertanto che essi sono in ottime condizioni ed affidati a Bitonti Francesco, padre della querelata. Mi protesto ancora che se qualche sinistro toccherà ai miei figliuoli unicamente per farmi del male, responsabili ne sono i consegnatari.

– Pure per il furto vale la denuncia?

– Quale furto?

– Il gomitolo di lana… la cassettina…

– Ah! No, per quello no…

– Ma pensi che Fragale se la intenda con tua moglie?

– E che ne so?

Il Brigadiere Vizzari, a questo punto, convoca in caserma il trentaquattrenne Giovan Battista Fragale, il terzo coimputato.

– Come mai vi siete intromesso nelle faccende familiari dei coniugi Iaquinta?

La sera del 26 agosto verso le ore 20,00, mentre transitavo per Via Roma e precisamente al ponte della Costa, si presentava a me Bitonti Maria Teresa dicendomi che suo marito le doveva dare lire 1500 per estinguere un debito contratto. Allora io domandai al Iaquinta, che si trovava pure presente, i motivi per i quali non dava la somma suddetta alla moglie. A tali parole il Iaquinta mi rispose che erano cose che a me non interessavano e, qualora avessi interessi, di rivolgermi a Micetta – che sarebbe mia moglie con la quale sono diviso per motivi di onore –. Le parole pronunziate dal Iaquinta offesero la mia persona e quindi gli tirai uno schiaffo, mentre egli fece finta di estrarre un coltello, senza però tirarlo. Intervennero dei presenti e fecero da paceri

– Si, ma perché la Bitonti si è rivolta a voi e non ad un altro dei presenti? Siete amici?

Non sono amico con la signora del Iaquinta, la conosco perché prima del matrimonio abitava vicino casa mia

– Sapete se Iaquinta maltratta la sua signora?

Non mi consta se effettivamente il Iaquinta maltratta continuamente la moglie

– Intanto vi siete beccato una denuncia… potete andare.

Poi interroga conoscenti e vicini di casa. Le dichiarazioni sono contrastanti: c’è chi dice di sapere che Giuseppe maltratta Maria Teresa, c’è chi afferma esattamente il contrario, affermando addirittura che la donna quando passa alle vie di fatto sembra una vera e propria furia scatenata e c’è chi racconta che alle liti partecipa attivamente anche la madre di Giuseppe che abita con loro. Su un solo punto sono d’accordo: in casa Iaquinta ogni santo giorno si litiga.

Vizzari,nel trasmettere il fascicolo al Pretore, scrive:

Da indagini esperite, quest’Arma ha accertato che nella fattispecie trattasi di vera e propria incompatibilità di carattere fra i coniugi Iaquinta. Circostanza, questa, acuitasi perché il marito nutre dei sospetti di infedeltà da parte della moglie. Infatti l’inconsulta intromissione del Fragale in difesa della moglie lascia pensare, tanto più che si è spinto financo a schiaffeggiarlo.

In attesa di prendere una decisione in merito alle querele, il 6 maggio 1947 si presentano dal Pretore di San Giovanni, come al solito una dopo l’altro, Maria Teresa e Giuseppe per nuove dichiarazioni:

Da circa quattro mesi io e mio marito ci siamo riconciliati per cui egli non mi maltratta più e compie in pieno i suoi doveri di marito.

– Ma ti maltrattava davvero?

Prima che sporgessi la querela effettivamente di tanto in tanto mi maltrattava, ma penso che egli agisse sotto l’impulso della madre, che era in continuo attrito con me. Ora che mio marito ed io ci siamo allontanati da mia suocera, viviamo in perfetto accordo e non intendo insistere contro di lui ed è mio vivo desiderio perdonarlo.

Sarà vero? Il Magistrato lo chiede a Giuseppe.

Rimproveravo mia moglie per non avere trovato la casa pulita, la biancheria lavata ed altre cose di casa fatte bene. Da cinque mesi in qua viviamo in perfetta armonia da soli, senza mia madre coabitante e lei, mia moglie, si reca rare volte a fare visita a sua madre e mantiene in ordine la casa. Io intendo perdonare mia moglie

– Perdonate anche Fragale?

– No, confermo la querela da me sporta contro Fragale che, non so per quale motivo, si interessava dei miei fatti e mi diede uno schiaffo.

Bene, la pace tra marito e moglie è scoppiata ed al Pubblico Ministero non resta che chiedere il loro proscioglimento perché il fatto non costituisce reato. A sorpresa, però, chiede anche il proscioglimento di Giovan Battista Fragale perché la querela sporta contro di lui da Giuseppe non è ritenuta valida. E se la querela non è valida, è come se non fosse mai stata presentata, quindi Fragale non è perseguibile per mancanza di querela.

Il 21 agosto 1947 il Giudice Istruttore accoglie le richieste del Pubblico Ministero e tutti vissero felici e contenti.[1]

Ah! Dimenticavamo… la pace tra Maria Teresa e Giuseppe è scoppiata quando la madre di lui se ne è andata di casa…


[1] ASCS, Processi definiti in istruttoria.

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