RAPINATORI DA STRAPAZZO

La sera dell’8 dicembre 1910 nella bettola di Raffaele Fiore, per l’occasione messa su nella piazza del paese, Diamante, ci sono molti avventori che bevono vino e giocano a carte. C’è anche un forestiero, Domenico Fasciani manovale avventizio della stazione di Cirella, che sembra così ubriaco che l’oste solo dopo molte insistenze gli diè da mangiare e da bere altro vino

– Credi che non posso pagare? Guarda qui… – dice Fasciani mentre, con voce incerta e barcollando sulle gambe, cava di tasca dell’argento e  ne fa sentire il tintinnio. Poi, a consumazione finita, paga di scatto.

Tra gli avventori ci sono anche tre giovinastri, Daniele Fera, Michele Pagano e Salvatore De Rubis, che guardano interessati le mosse di Fasciani e si scambiano cenni d’intesa. Quando l’oste, cui non pareva l’ora di chiudere bottega per liberarsi di quel molesto Fasciani, riuscì a mandar fuori costui e gli altri dalla bettola, il manovale non era ubbriaco da non reggersi in piedi o non comprendere totalmente ciò che si facesse o gli avvenisse intorno, ma certo doveva dimostrare di essere più ubbriaco di quel che realmente era.

Fasciani si avvia verso il vicolo San Giuseppe che ha entrata dalla via principale, la quale prende capo dalla piazza e dietro di lui l’un dopo l’altro entrano nel vicolo il Fera, il Pagano e il De Rubis. A un certo punto la via San Giuseppe, che va verso il mare, offre alla sua destra due vicoletti che vanno a finire dopo pochi passi in un’unica strada chiamata pure di San Giuseppe.

Fasciani imbocca il secondo vicoletto e la stessa cosa fanno i tre che lo seguono. Appena prima che il manovale imbocchi di nuovo via San Giuseppe, i tre gli saltano addosso. Fera ha in mano un coltello taglientissimo, che per fortuna è abbastanza corto, e gli mena una coltellata che lacera solo il pastrano della vittima. Contemporaneamente Fera gli vibra una tremenda bastonata al braccio destro; Pagano lo afferra da dietro e gli tiene ferme le braccia mentre De Rubis, il più giovane e più sottile, con una sveltezza straordinaria perquisisce il Fasciani e in un batter d’occhio gli toglie il denaro che aveva in tasca, in tutto £ 7,50 circa

Aiuto! Mi rubano! Aiuto! Mi hanno ammazzato… mi hanno spogliato… – urla Fasciani piangendo e barcollando mentre i tre se la danno a gambe

Fasciani riesce ad arrivare davanti alla caserma dei Carabinieri quando sono ormai le 23,00 e racconta la sua disavventura che è, si, credibile ma i militari, osservato che effettivamente era ubbriaco, nel dubbio che costui non avesse dichiarato il fatto con tutta precisione, lo trattengono in caserma allo scopo di fargli diminuire l’ubbriachezza, però devono constatare che il fatto doveva essere vero e preciso come denunziato, sia per la contusione sull’articolazione omero del braccio destro e sia anche per un taglio al pastrano, lato sinistro sotto la tasca, della lunghezza di centimetri 30. Quindi il Brigadiere Pietro Cioffi e un suo sottoposto escono per cercare di rintracciare i rapinatori, ma dopo più di due ore di ricerche infruttuose rientrano in caserma dove, intanto, Fasciani si è ripreso e racconta di nuovo tutto esattamente come aveva già fatto. Anche se è notte fonda il Brigadiere si fa accompagnare dalla vittima sul luogo dell’aggressione e ricorda i nomi delle persone che abitano nel vicoletto.

Appena fatto giorno torna per interrogarli e tutti confermano di aver sentito le grida di aiuto. Poi va dal cantiniere che conferma la presenza di Fasciani nel locale e fa i nomi di tutti gli avventori che c’erano la sera prima. I primi che il Brigadiere rintraccia in piazza sono due giovanotti, Fiorenzo Postorivo e Giuseppe Casella i quali gli riferiscono di aver visto Pagano, Fera e De Rubis entrare nel vicolo San Giuseppe subito dopo Fasciani e specificano che Fera era l’unico dei tre che aveva un bastone.

I Carabinieri si mettono sulle tracce dei tre e più attivamente degli altri cercano Fera, essendo costui abbastanza a noi noto che ha delle tendenze alla delinquenza. Lo trovano prima di mezzogiorno in spiaggia di questo abitato e lo portano subito in caserma ma non ne cavano granché perché nega tutto, anche di avere il bastone e di conoscere gli altri. Dopo circa una mezz’ora l’interrogammo di bel nuovo ed ammise, quando gli facemmo presente che il bastone era stato da tutti veduto, che effettivamente aveva il bastone che poi la mattina aveva spezzato e buttato via, che effettivamente uscì assieme alle persone dette ma che falso è ch’egli si diresse per il vicolo San Giuseppe, mentre invece prese la via opposta che conduce alla stazione, cosa questa che venne smentita dal Postorivo e dal Casella. Ma le contraddizioni in cui è caduto e il parlare titubante convincono il Brigadiere che Fera è uno dei tre rapinatori e la convinzione aumenta quando, perquisitolo sulla persona, gli trovano un coltello a piegatoio con punta rotonda e lama ben affilata di 5 centimetri, una lira d’argento e centesimi 25 in bronzo. Fera finisce in camera di sicurezza e nel tragitto incontra uno dei suoi due compari, Pagano, che è stato nel frattempo rintracciato. Pagano prima nega tutto e poi ammette di essere stato nella cantina e di avere bevuto una tazza di caffè, ma di essersene tornato a casa insieme a suo fratello. Il fratello lo smentisce e sono guai: anche lui finisce in camera di sicurezza. De Rubis non si trova e resterà latitante fino al pomeriggio del giorno dopo, ma nel frattempo si è presentato spontaneamente un testimone oculare che racconta le cose con tale precisione da destare il sospetto di una sua diretta partecipazione alla rapina, ma Fasciani conferma che i malviventi erano tre e non quattro e il testimone se ne torna a casa.

Anche De Rubis nega tutto ma ormai è un fatto secondario, il Brigadiere sa tutto nei minimi particolari e gli basta citarne qualcuno perché il ragazzo cominci con l’ammettere di aver visto il Fera che assestò un colpo di bastone al Fasciani, poi raggiunge gli altri due dietro le sbarre.

I tre, ormai rei confessi, vengono rinviati a giudizio per rapina e lesioni. È il 7 giugno 1911.[1]


[1] ASCS, Processi Penali.

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