Gli occhi della ventenne Maria Giuseppa Cosentino mandano lampi di fuoco mentre, seduta davanti al Maresciallo Salvatore Figliuzzi, comandante della stazione di Verbicaro, racconta ciò che le è accaduto. È il primo febbraio 1931.
– Io sono orfana di padre e di madre – attacca –. Da circa due mesi un certo Francesco Cirimele mi corteggiava e mi diceva che mi voleva sposare però, per quante promesse mi abbia fatto, non si è mai deciso di farmi l’offerta di matrimonio…
– E quindi? – le fa il Maresciallo intuendo dove vuole arrivare.
– Ci arrivo… il giorno di Natale io venivo dalla campagna e mi fermai nella casetta chiamata “Jardinu” dove ci trovai questo Francesco Cirimele il quale anche allora mi disse: “io ti sposo, stai tranquilla e sicura”. Io, invece, che non credevo alle sue parole, gli dicevo che mentiva e allora lui mi fece tale violenza che dovetti cedere alle sue male voglie, quantunque io fossi convinta che non mi avrebbe sposata. Mi prese per i capelli ed ebbe ragione di me perché prese di tasca un coltello e mi fece tanta violenza che non potei resistere… mi diceva: “lascia che io faccia a mio modo altrimenti ti sparerò, tanto stai sicura che io ti sposo. Non dire niente a tuo fratello, né ad alcun altro”. Il 26 gennaio, precisamente il lunedì della settimana scorsa, prima di mezzogiorno ero andata al mulino per macinare un po’ di granone e, nel ritornare a casa, incontrai questo Francesco che mi disse: “se non vieni con me io non ti sposerò mai più!”. Al sentire queste parole sono andata con lui nella casetta a Jardinu. Appena arrivata ho visto che dentro alla casetta vi era un altro giovane che conosco e che si chiama Francesco Cava. Mi sono meravigliata assai e pensai che il Cirimele ve lo aveva fatto trovare appositamente allo scopo di avere una prova per non sposarmi e per scaricare, a questo scopo, ogni sua responsabilità. Gli ho subito detto: “perché mi hai condotto qui e mi hai fatto trovare quest’altro giovane? Si vede che tu tenti d’ingannarmi e cerchi di farmi del male. Guarda che io ti vado a denunciare e lo dirò a mio fratello”. Al che egli ha detto: “io ce l’ho condotto proprio qua dentro, stai zitta, non dire niente a nessuno altrimenti ti uccido!”. Francesco Cava se ne andò fuori senza farmi alcunché di male, anzi dicendo: “guardate che io non ne voglio sapere niente del come va a succedere il fatto fra vojaltri due…”. Dopo di che il Cirimele mi ha preso a viva forza e mi ha violentata ed alle mie grida mi ha detto: “fai silenzio altrimenti ti uccido!”. Poi se n’è andato e mi ha rinchiuso dentro per circa due ore e poi mi ha fatto venire ad aprire da un certo Nicola Sarubbi il quale mi ha trovata tutta piangente con i capelli disciolti…
Dopo questa dichiarazione, il Maresciallo ordina ai suoi uomini di cercare Francesco Cirimele e di portarlo in caserma per sentire cosa ha da dire in merito ai reati di minaccia a mano armata e di violenza carnale per i quali Maria Giuseppa lo ha querelato:
– Mi professo innocente ma ammetto di aver avuto con essa intimi rapporti, la prima volta il giorno di Natale e poscia nei giorni successivi, ma mai con violenza o minacce, bensì dietro suo invito…
Ah! La frittata è rigirata! Il Maresciallo, a questo punto, ritiene necessario metterli a confronto ma, messi uno di fronte all’altra, rimangono fermi sulle proprie posizioni e allora bisogna indagare con i soliti sistemi, indagini che, però, non portano ad alcun risultato certo. Cosa fare? Semplice: nel dubbio potersi trattare di congiunzione carnale e non di quanto asserisce la querelante, abbiamo rimesso in libertà il Cirimele e perciò lo denunziamo alla competente autorità per i provvedimenti di legge, verbalizza Figliuzzi nel trasmettere gli atti al Pretore, al quale lascia la patata bollente.
Il Pretore non perde tempo e interroga Francesco Cava, testimone della seconda violenza e rimane a bocca aperta quando ascolta la sua versione dei fatti:
– Verso il dieci o quindici dicembre 1930 mi sono trovato, insieme a Francesco Cirimele alla montagna detta “De Patto” in Grisolia a raccogliere delle castagne. V’era pure Maria Giuseppa Cosentino, oltre a numerosi altri compaesani, sia uomini che donne. A un certo momento la Cosentino, colta l’opportunità che io e Cirimele eravamo in luogo appartato, ci si avvicinò e le piacque tenerci discorsi liberi, invitandoci ad allacciare relazione intima con essa. Anzi, ai nostri atti di sorpresa, aggiunse testualmente: “Io sono stata con Salvatore Gamba!” e continuò a insistere dicendoci di andarla a trovare in campagna che ci specificò circa il sito. La cosa finì lì e né io, né Cirimele prendemmo alla lettera l’invito. Alcuni giorni dopo la Cosentino m’incontrò per le vie di campagna e m’invitò daccapo, incitandomi a seguirla in un luogo solitario: io stavolta accondiscesi e così l’ho posseduta in aperta campagna…
– Quando sarebbe avvenuta questa congiunzione?
– Poteva essere una settimana prima di Natale…
– Continua…
– Lo stesso invito dovette volgere anche a Cirimele poiché costui, alcuni giorni dopo di Natale, mi raccontò che in questo giorno aveva posseduto la Cosentino in una località della contrada Fezzaruolo. Nel mese di gennaio, poi, Cirimele più volte ebbe a dirmi di accompagnarmi a lui per andare in campagna e possedere insieme la ragazza. Ciò mi ripeté pure il 25 gennaio e in tal giorno rimanemmo che l’indomani saremmo andati insieme alla contrada Jardinu, ove Cirimele possiede una rozza casa colonica per riempire alcuni sacchi di paglia. Credo che Cirimele s’era accordato precedentemente con la Cosentino perché poco dopo vedemmo comparire la ragazza con un sacco di frumento in testa. Entrò nella casetta raccontando che tre giovani avevano ostacolato un po’ la sua venuta in quanto, avendola vista girovagare incerta per la campagna, avevano sospettato che si recasse a trovare qualche uomo. La possedemmo, prima Cirimele e poi io senza l’ombra di alcuna violenza. Intanto, effettivamente sentimmo avvicinarsi dei passi e anche delle voci. Erano i tre giovani di cui aveva parlato la Cosentino e cioè Vincenzo Russo, Fedele Campilongo e Francesco Annuzzi, i quali si misero proprio attorno alla casetta con l’evidente proposito di vedere uscire la Cosentino. Allora costei ci propose di chiuderla dentro con la chiave, recarci in paese a portare la paglia e indi ritornare ad aprirle la porta, nella speranza che i tre se ne andassero. Così facemmo ma, avviandoci al paese coi sacchi di paglia, i tre ci mossero discorso dicendoci che avevano capito tutto e aggiunsero: “ora riempiamo tutto il paese!”. Ci allontanammo e non tornammo più alla casetta… il 28 gennaio incontrai la Cosentino e mi disse: “Ci hanno scoperti… poi mi è venuto ad aprire Nicola Sarubbi… un’altra volta bisogna andare in un’altra campagna!”
– E come ha fatto ad aprire la porta senza chiave?
– È facilissimo, si apre con un pezzo di legno…
– Dopo di allora l’hai posseduta ancora?
– No, non l’ho più incontrata…
– C’è un problema nel tuo racconto… se fosse come hai raccontato, Maria Giuseppa avrebbe querelato anche te e non solo Cirimele…
– Credo che abbia sporto querela contro Cirimele perché sta molto meglio di me come condizione finanziaria…
Il Pretore interroga anche Salvatore Gamba che, secondo il racconto di Francesco Cava, avrebbe avuto relazioni intime con Maria Giuseppa prima che con lui e Cirimele.
– È completamente falso! La ragazza ha lavorato nelle mie campagne col giusto pagamento, ma sempre insieme alle mie sorelle e, per me, debbo dichiarare che è una ragazza onestissima!
Maria Giuseppa è infuriata, si sente ferita nell’onore dalle parole di Francesco Cava e medita vendetta. Nel pomeriggio del 19 marzo 1931 va a casa di Cava. Lui in casa non c’è e allora entra con la scusa di dovergli portare un’imbasciata e si siede con i nonni del giovanotto e aspetta che rientri. Quando Francesco entra e la vede storce il muso ma si siede anche lui accanto al fuoco e ascolta cosa ha da dirgli la ragazza:
– I miei fratelli e i miei cognati ti aspettano a casa mia per parlarti.
– Chi vuole parlarmi può venire a casa mia, io non vado a nessuna parte!
Maria Giuseppa si alza e fa per andare via ma si ferma e con una mossa fulminea estrae da sotto il grembiale un rasoio e vibra un colpo sul viso di Francesco Cava che, muovendosi istintivamente all’indietro, riesce ad evitare parzialmente il colpo, ma resta comunque sfregiato dal taglio che, partendo dal sopracciglio destro gli contorna tutto l’occhio fin sotto lo zigomo.
Il giorno dopo, rintracciata, viene arrestata.
– Mi sono indotta a ferire il Cava perché egli andava propalando notizie calunniose e disonoranti a mio pregiudizio, difatti diceva a moltissime persone di aver avuto rapporti intimi con me insieme a Francesco Cirimele, ciò che è falso!
Visto che le cose si sono spinte fino a questo punto, il Pretore ritiene necessario mettere a confronto la ragazza col suo accusatore e se ne sentono delle belle:
– Mentisci! Non ho mai detto quanto affermi, credi che sono una femmina da casino? – urla Maria Giuseppa.
– Neghi che il 26 gennaio nella casetta di Cirimele hai avuto rapporto con costui alla mia presenza e dopo con me? – attacca Cava.
– Non è vero! Sono stata con Cirimele e dopo, improvvisamente, ti ho visto uscire da un mucchio di paglia dov’eri nascosto. Cirimele mi disse: “Trovati pure con lui…” ma io mi rifiutai e tu allora hai detto: “Non ti ci vuoi trovare? Ebbene, io dico sempre che ti ho posseduta pure!” – replica la ragazza, contraddicendo quanto ha dichiarato nella querela.
– Mentisci! Io non posso dichiarare il falso per favorire te perché ho paura della Giustizia. Debbo dire la verità, che mi interessa Cirimele? Perché dovrei calunniarti? E poi, tuo cognato, prima che tu mi ferissi, mi ha detto: “Nega tutto chè la faccio sposare a Cirimele”.
– Menzognero! Falso! Io insisterò sempre pel Cirimele perché egli mi ha tolto l’onore, né io ho mai avuto rapporti con te!
Anche i tre giovanotti e Nicola Sarubbi, che ha aperto la porta della casetta, vengono interrogati.
Sarubbi racconta:
– Mi trovai a passare per la mulattiera che conduce a Grisolia e mi imbattei nei tre giovani i quali mi dissero che nella casetta stavano chiusi Maria Giuseppa Cosentino, Francesco Cava e Francesco Cirimele. Io proseguii il mio cammino, mentre i tre rimasero sul posto. Al ritorno dal mio fondo, verso mezzogiorno, mi accorsi che insieme ai tre giovani c’erano Cava e Cirimele. I primi sostenevano che dentro alla casetta stava la Cosentino e gli ultimi due negavano. Indi tutti si avviarono verso il paese. Dai discorsi che facevano i tre potei comprendere che si recavano a chiamare il fratello della ragazza e allora, nel dubbio, mi appressai alla casetta e ne aprii la porta. V’era effettivamente Maria Giuseppa che piangeva e mi chiese chi mi aveva mandato ad aprirla. Le risposi che ero andato spontaneamente per il di lei bene in quanto i tre stavano andando a chiamare il fratello. Essa mi disse che non aveva fatto niente e perciò il fratello non poteva farle niente. Non mi raccontò assolutamente nulla…
Francesco Annuzzi, Fedele Campilongo e Vincenzo Russo invece raccontano di aver visto Francesco Cirimele e Francesco Cava aiutare una donna ad entrare nella casetta e soltanto qualche giorno dopo seppero che si trattava di Maria Giuseppa.
Come andrà a finire con tutte queste contraddizioni?
Intanto, finora, nessuno ha pensato di far visitare la ragazza, cosa che avviene solo il 6 maggio 1931, quattro mesi e mezzo dopo la presunta violenza. Certificano i dottori Vincenzo Ferrante e Augusto Squartini, incaricati della perizia:
L’imene si presenta stellato, lacerato, di grandi dimensioni. Data l’ampiezza di tale lacerazione, si ritiene che la deflorazione rimonti a più di 90 giorni.
Dall’esame obbiettivo, siamo in grado di dire che la donna abbia avuto molti accoppiamenti, il che conferma lo stato della vulva dove le piccole labbra si compenetrano con le grandi, particolare importante che si osserva nella donna che abbia subito un numero rilevante di coiti.
Ne sappiamo quasi quanto prima e speriamo di saperne di più durante il dibattimento in aula perché, per motivi diversi, sia Francesco Cirimele che Maria Giuseppa Cosentino sono stati rinviati a giudizio.
Ma sappiamo bene come vanno le cose quando di mezzo c’è una (falsa) promessa di matrimonio e infatti, il 31 agosto 1931, Francesco Cirimele viene assolto per non aver commesso il fatto. Maria Giuseppa Cosentino viene condannata, riconosciute le diminuenti della provocazione e dell’età inferiore agli anni ventuno, a 7 mesi e 28 giorni di reclusione ed alle spese del procedimento, con il beneficio della sospensione condizionale della pena per la durata di 5 anni.[1]
Trovate le contraddizioni…
[1] ASCS, Processi Penali.
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