QUESTO ROMANZO NON S’HA DA PUBBLICARE

La sera di venerdì scorso 23 novembre 1923 mi trovavo in Piazza Piccola in compagnia del signor Carmine Calabrese, quando mi si avvicinò un ragazzo, fratello del professor Mariano Gentile, e mi invitò a recarmi nella redazione del giornale “Il Corriere di Cosenza”, sita pure in Piazza Piccola, dove mi aspettava per parlarmi il signor Nicola Sicilia di Marano Marchesato – il tono del ventisettenne tipografo Bonaventura Sartù è pacato, ma il suo nervosismo è tradito da un leggero tremore delle dita nell’avvicinare una sigaretta alle labbra e il Commissario Alfonso Vertuli non può non accorgersene –. Appena entrai nella redazione, il signor Sicilia mi apostrofò in malo modo dicendo che per il saldo dell’ultima fattura per la stampa del giornale mi aveva dato 100 lire in più ed io risposi che ciò non rispondeva a verità. Esaurita questa questione stavo per uscire quando Sicilia mi invitò ad entrare nella sua stanza riservata dove incominciò a chiedermi notizie circa la pubblicazione di un mio lavoro sotto forma di romanzo. Gli risposi che lo avrei pubblicato in settimana e gli feci leggere il manoscritto  che avevo, per caso, in tasca – continua porgendo al Commissario alcuni fogli di carta velina scritti a macchina. Vertuli gli fa segno di fermarsi e si immerge nella lettura di quei pochi fogli
I MISTERI DELLA MANO NERA
Ovvero
La moglie del Capitano della
Polizia Americana
Romanzo di Avventure di
Oltre Oceano di BONAVENTURA SARTU’
Personaggi:
Mister Nick Silia      – L’uomo del Mistero
Kames Brown            – Capitano di Polizia
Livio Iarel            – Agente di Polizia
Luciano Vignon         – Gestore
Mistress Karistall     – Moglie del Capitano
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Mister Nick Silia è da parecchi anni in America e nulla si sa di lui fino a quando, affiliatosi alla Mano Nera, comincia a frequentare luoghi che prima gli erano proibiti.
La sua prestanza fisica gli fa guadagnare la simpatia e l’amicizia di varie persone fra le quali quella di una donna, direttrice e proprietaria di una ricchissima Pensione, MISTRESS KARISTALL.
Costei era amante del capitano Kames Brown dal quale era venerata per la sua bellezza, per i suoi modi squisiti e per tutto quell’insieme di fascino che emana dalla donna, specie quando essa è di venticinque anni.
Mister Nick Silia aveva incominciato ad amare ench’egli la donna, nella quale più dell’affetto vinse la durezza del Silia, il quale aveva forse appreso che la donna non si lega mai con moine.
Nel frattempo, poiché Mister Nick aveva completamente smesso di lavorare e si era dato alla vita galante, giacché i vari colpi impunemente riusciti glielo consentivano perché era forte mercè l’ausilio della MANO NERA, strinse intime relazioni con la Karistall.
È così che lui si trova assoluto protettore della casa, dove fu tramata la perdita del Capitano il quale incominciava ad essere d’intoppo e perché possessore di una discreta fortuna. All’uopo era necessaria la complicità di LIVIO IAREL, ordinanza del capitano.
Costui, esimio pregiudicato, sebbene fosse agente di Polizia, non si fece scrupolo alcuno di accettare le reiterate offerte della Mistress e preparare insieme a Mister Nick la morte di Kames.
In un banchetto all’uopo preparato e durante copiose libagioni di Champagne viene propinato il veleno alla inconscia vittima, la cui morte viene attribuita ad improvviso malore, danco così facile agio agli assassini di impossessarsi di quanto in denaro ed in gioie il capitano era possessore. La cosa, svoltasi con molta facilità, sembrava ben riuscita, ma un bel giorno in cui la Polizia aveva cominciato a subodorare qualche cosa, il Iarel procurò e consigliò di allontanarsi.. a ciò si aggiunga il fatto che la MANO NERA, non avendo avuto ciò che si era pattuito fra di loro per l’uccisione del Capitano e lo svaligiamento della casa, aveva incominciato a tramare, dopo alcune imposizioni ai danni degli amanti.
In seguito credettero opportuno allontanarsi da … e, con le ricchezze malamente ricavate, si stabilirono a … dove, acquistata una palazzina di elegante costruzione, vi continuarono il loro losco commercio, che era il mezzo per poter ivi attirare le loro prede.
Le cose continuarono così per un certo tempo, secondo l’indirizzo da loro dato.
In questa nuova residenza vi capita un ricco negoziante che ben presto, sebbene di età avanzata, si innamora della Karistall della quale diviene l’amante e destinato anche lui a scomparire misteriosamente, dopo esser stato derubato di una buona parte dei suoi averi.
Poiché con l’ultimo colpo di pugnale era riuscito ad aumentare di molto i suoi capitali, Mister Nick, credendosi completamente immune di fronte agli occhi della Polizia, pensa bene di acquistare altra palazzina da servire allo stesso scopo della prima e migliorare, così, il commercio che gli andava molto bene.
La Polizia intanto indagava e pare che incominciasse a trovarsi su buona pista, così un bel giorno i due amanti ed una presunta nipote sono costretti a riparare in Europoa, lasciando ad un cognato la gestione del turpe commercio.
La fuga è determinata non solo dall’intervento della Polizia, ma anche dalle minacce della MANO NERA che non era mai stata soddisfatta di quanto Mister Nick Silia aveva loro promesso.
– E questo sarebbe un romanzo? – gli fa il Commissario, quasi buttandogli i fogli in faccia.
– No… è il prologo… se volete vi faccio leggere il primo capitolo…
– No! Meglio che continuiate a raccontare i fatti del 23 novembre perché finora non ho capito granché.
– Allora, ero arrivato al punto in cui ho dato il manoscritto a Sicilia. Lo lesse e cominciò a criticare affermando che io volevo pubblicare il romanzo al solo scopo di ricattarlo. Risposi che non era vero: prova ne era il lavoro. Sicilia si alterò e chiamò in suo aiuto gli altri redattori del giornale, suo fratello Guglielmo, il professor Mariano Gentile, l’avvocato Francesco Cribari, il ragionier Giovanni Stumpo, Francesco Stumpo e il dottor Vincenzo Sicilia che mi investirono in malo modo minacciandomi ed affermando che non potevo lottare contro i motiani e che se avessi pubblicato il lavoro avrebbero, a forza di quattrini, trovato persone disposte a confermare quanto il Sicilia affermava e cioè che io aveva chiesto al Sicilia 100.000 lire per non pubblicare il lavoro. Ad evitare una discussione violenta, mi accomiatai, se non che trovai l’uscio chiuso a chiave, guardato dal signor Gentile il quale, a nessun costo, voleva farmi uscire. Alla violenza che mi si faceva opposi la minaccia di ricorrere alle armi per uscire dal locale. Solo in questo modo la discussione ebbe termine. Vincenzo Aloe e Rodolfo Corigliano, passando dalla strada, intesero il baccano e si accostarono.
– Quello che non ho capito, in quanto non lo avete detto, è perché Sicilia ritiene il vostro lavoro un tentativo di ricatto – chiede, perplesso, il Commissario.
– Non lo so… – risponde con aria candida – effettivamente tale romanzo non contiene nulla di allusivo per Sicilia, come è facilmente rilevabile. Io lo scrissi per dare maggiore importanza al giornale, specie dopo il ritiro dalla Direzione dell’Avvocato Filosa e l’ho scritto sulle tracce dei romanzi polizieschi americani
– Boh?! – fa il Commissario, che continua – e quindi cosa intendete fare?
– Sporgo formale querela contro le persone che ho citato.
Di fronte ad una querela per minacce e violenza privata bisogna procedere con urgenza, così vengono convocati in Questura tutti gli indagati.
Il primo è Nicola Sicilia:
– Avevo affidato la stampa del mio giornale a Bonaventura Sartù ma, non soddisfatto di come adempiva l’incarico, mi rivolsi ad un altro tipografo e da qui le ire e le minacce di Sartù che, peraltro, non avevano scosso la mia tranquillità abituale. Avendo però desiderio di non aver nulla a che fare con costui e definire i conti nei quali era un divario di 160 lire, mandai a chiamarlo nella redazione del giornale. Quando fu alla mia presenza cominciò a protestare pel torto che, secondo lui, gli era stato fatto, accennando a pretese di danni. Siccome io ribattevo che non gli dovevo nulla e col mio denaro potevo ben regolarmi nella maniera che meglio credevo, Sartù mi invitò a parlare in un luogo segreto. Ci appartammo e colà mise fuori il copione dattilografato di un romanzo che, mi disse, avrebbe pubblicato per danneggiarmi moralmente. Detto romanzo, che riferiva le gesta della mano nera americana, accennava ad un tale Nick Silia (il mio nome in lingua inglese ed il mio cognome a cui era tata tolta qualche sillaba) il quale aveva consumato due omicidi, rapita la moglie di uno degli assassinati, aveva acquistato una villa misteriosa dove si svolgevano dei traffici scandalosi sotto la direzione della moglie del Nick Silia ed altre brutture. Non ebbi più dubbi sulle intenzioni del Sartù mentre egli leggeva qualche pagina del suo romanzo. Feci allora finta di uscire un momento e ripresi allora il discorso in modo che gli altri sentissero. Sartù insisteva nella sua pretesa di denaro a condizione di non pubblicare il romanzo. Stumpo e Gentile entrarono redarguendo aspramente il ricattatore. Entrò anche l’avvocato Cribari e sentì il racconto che io feci di quanto era accaduto. Il Cribari, impressionato, cercava di rabbonire il Sartù, che continuava a minacciare. Il Sartù fece finta di calmarsi e così la cosa ebbe termine per il momento
– E quindi?
– Quindi querelo Sartù per tentata estorsione e calunnia, chiedendo il sequestro degli scritti diffamatori che rappresentano una delle prove sicure del reato del quale sono stato vittima
I testimoni citati confermano, a seconda di quale delle due parti li ha citati, e la gatta da pelare resta nelle mani del Pubblico Ministero il quale, studiate attentamente le carte, relaziona:
Poiché tra le due versioni la più attendibile sembra quella del Sartù, in quanto è in qualche modo avvalorata dal conquestuo immediato, dalle dichiarazioni dei testi Corigliano ed Aloe che, fra l’altro, videro chiusa la porta dei locali del “Corriere”, dal fatto che il Sartù fu invitato dal Sicilia in redazione. Non è a tacere, in ultimo, l’immediatezza della denunzia del Sartù, mentre quella del Sicilia avvenne molto tardi ed è, infatti, inespiegabile perché il Sicilia, il quale aveva subito un sì grave tentativo di ricatto, si tacesse e si fosse del tutto acquietato. Se non che, ammessa la versione del Sartù, nei fatti da esso denunziati non si ravvisa il reato di violenza privata, né altro reato minore. Per quanto riguarda il Sartù, non sussiste il fatto che egli abbia minacciato Sicilia di pubblicare il romanzo se non gli avesse sborsato lire centomila: il Sartù mostrò al Sicilia il copione della prima puntata del romanzo dietro invito di quest’ultimo. Né può riscontrarsi reato nel fatto d’aver costui scritto e compilato tale romanzo poiché, anche ammesso nello stesso la prava intenzione di servirsene come mezzo di ricatto verso il Sicilia, saremmo nella pura fase preparatoria e non esecutiva, a parte che v’è molto da dubitare circa l’idoneità del mezzo prescelto.
Tutti prosciolti in istruttoria. È il 10 gennaio 1924.[1]
Il romanzo è rimasto chiuso in un cassetto. O, meglio, in un polveroso faldone di atti giudiziari, per quasi 95 anni…

 

[1] ASCS, Processi Penali.

 

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