È quasi buio il 24 settembre 1893 a Cetraro. Angela Maria Andriuolo e suo marito Angelo Picarelli sono davanti alla porta della bettola che gestiscono quando, proveniente dalla via dei Cappuccini, arriva davanti a loro Angelo Cipolla, tutto sbalordito con un bastone in mano, che chiede:
– Come si chiamano di nome ‘U Veteranu e Caputosta?
– Saverio Onorato e Benedetto Spaccarotella… perché? – gli risponde l’uomo.
– Alla contrada Grillo si sono rissati e battuti… c’era pure Francesco Settecerze… Caputosta o è moribondo o è già morto! Ha cominciato Caputosta… ha cominciato Caputosta… vado a chiamare il Brigadiere – termina allontanandosi con passo svelto.
I Carabinieri faticano ad arrivare sul posto, un’ardua costa detta “Casa del Grillo” con esposizione a mare, in cima alla quale è un fabbricato rurale del signor Iannelli con facciata a ponente e dietro al medesimo è un terreno pietroso e ineguale, largo sei metri all’incirca, sulla cui sponda estrema è la via pubblica che dal paese mena alla campagna, larga appena mezzo metro ma praticabile per un altro metro di larghezza. Il ciglione della via è il principio immediato di un pendio abbastanza ripido e pericoloso che si estende per cinque metri e poi si avvalla improvvisamente cadendo quasi a picco per altri cinque metri e formando una delle sponde di un burrone. La sponda opposta è anch’essa alta cinque metri circa ed è distante dalla prima un metro e mezzo. Le pareti sono di natura rocciosa e scabrosa con punte sporgenti e taglienti.
– Una volta nel fondo del burrone ci passava una strada, ma poi divenne impraticabile e fu abbandonata – dice Cipolla al Brigadiere Pietro Fino che cerca di illuminare il posto con la fioca luce di una lanterna, senza ottenere grossi risultati.
Nonostante ciò, due Carabinieri riescono a scendere nel fondo del burrone e fanno una macabra scoperta: in una pozza di sangue c’è un uomo, il trentacinquenne Benedetto, Caputosta, Spaccarotella, semivivo e privo affatto di parola! Aiutati da alcuni volenterosi, i Carabinieri riescono a toglierlo da lì e a portarlo a casa, dove però muore nel giro di qualche minuto.
Ma questa non è l’unica notizia che ricevono i Carabinieri la notte del 24 settembre. Nel letto di casa sua Saverio Onorato giace gravemente ferito. Poco prima di mezzanotte il Brigadiere lo va a trovare e, sospettandolo autore della morte di suo cognato, lo dichiara in arresto e lo fa piantonare.
La mattina seguente il Brigadiere e il Pretore di Cetraro cominciano i rilievi del caso e, davanti all’edificio del signor Iannelli, rinvengono una giacca bianca appartenente all’Onorato ed una bisaccia di colore misto appartenente al Spaccarotella, ma già hanno ricevuto alcune testimonianze. Per esempio le ricostruzioni dei momenti che hanno portato alla morte di Caputosta fatte da Angelo Cipolla e quella di un pastore adolescente, Luigi Spaccarotella, che abita in una casupola vicino al burrone.
Racconta Cipolla:
– Verso le sette pomeridiane mi sono avviato dal paese per andare in campagna dove abito con la famiglia. Dietro il monastero dei Cappuccini ho trovato Benedetto Spaccarotella ed il cognato Saverio Forastieri che discorrevano fra loro d’interesse. Anch’io mi fermai un poco con costoro ed indi il Forastieri ritornò in paese ed io continuai con lo Spaccarotella che pure si recava in campagna per l’istessa strada. Giunti alla contrada Grillo, dietro la casa rurale del signor Giovanni Iannelli, trovammo fermi Saverio Onorato, Veterano, e Francesco Settecerze. Quest’ultimo era sulla via e l’altro era vicino alla casa, ove aveva orinato. L’Onorato diede a me la buona sera e poi, rivoltosi allo Spaccarotella suo cognato, disse: “Ho salutato Mastro Angelo e non a te che non meriti il mio saluto perché sei uno svergognato” e Caputosta rispose nello stesso tono. Indi fra loro si scambiarono delle parole in lingua forestiera, che io non conosco, perché entrambi sono stati nelle Americhe, ma certo d’insulto, e lo Spaccarotella, alzato il bastone di cui era armato, diede un primo colpo all’Onorato alla testa, in seguito di cui cadde a terra sull’orlo del burrone. Caputosta continuò a dare bastonate all’Onorato e questi precipitò nel burrone, ove lo seguì lo Spaccarotella, non so se afferrato da quello, ed entrambi rotolarono fino in fondo. Il Settecerze, mentre l’Onorato e lo Spaccarotella si scambiarono le parole offensive e quando questi battette quello ed entrambi caddero nel burrone, nulla fece, ma quando dal burrone si è intesa la voce dell’Onorato gridare: “Francesco Settecerze, mi ha ammazzato!”, questi scese nel burrone e quivi ho inteso un diverbio di colpi che si succedevano ed a cui, secondo me, ha pure preso parte il Settecerze. Visto ed inteso quanto sopra ed allo scopo di far cessare le battiture che quei tre si davano, sono andato nella casa rurale del Iannelli e del ragazzo Luigi Spaccarotella, mi ho fatto dare un bastone e con lo stesso ho dato dei colpi sulle pietre, sempre da sopra il burrone. Avendo visto che la mia opera a nulla riusciva, sono venuto in paese e ho avvisato i Carabinieri, i quali si presero il bastone…
– Onorato e Settecerze avevano bastoni?
– Non avevano alcun bastone e perciò non so di quale arma fecero uso nel burrone per percuotere lo Spaccarotella, forse fecero uso anche di pietre che quivi non ne mancano…
– E questo bastone? Non è che è quello usato per ammazzare Spaccarotella? Magari lo avete colpito proprio voi… o magari avete colpito Onorato… – insinua il Pretore.
– È precisamente quello che mi fu dato dal ragazzo… io nessuna parte ho preso al fatto… non è vero che io abbia colpito…
E poi il quattordicenne pastore Luigi Spaccarotella:
– La sera del 24, trovandomi solo nella casetta rurale ove abito alla contrada Grillo, venne Angelo Cipolla e mi chiese un bastone per appoggiarvisi, dovendosene andare in campagna – e qui qualcosa già non quadra –. Ho aderito alla sua richiesta ma, avendolo visto, ne voleva uno più grosso, però non ho accondisceso. Dopo pochi minuti ritornò da me e mi disse di andare in un burrone qui vicino ove vi erano degli individui, di cui mi nominò solo Francesco Settecerze, che si ammazzavano. Non ho voluto muovermi da doce ero, avendo paura, ed il Cipolla si avvicinò al ciglione del burrone e col bastone che gli avevo dato diede un colpo sulle pietre per far rumore ed indi si diede alla fuga verso Cetraro. Quantunque avevo paura come ho detto, pure sono uscito dalla casetta e mi sono messo a guardare verso il burrone e ho inteso una voce che diceva: “Per la madonna, tu eri buono a battere me?”, sentendo ancora del rumore come di colpi dati ed un’altra voce: “Mara mia, tata…”. La prima voce mi sembrò essere di Francesco Settecerze, ma ciò non lo posso dire con certezza. Passati pochi altri minuti uscì dal detto burrone un individuo, che per l’oscurità e per la lontananza non ho riconosciuto, e che andava barcollando e cadde a terra allorchè fu sulla via. Messomi a paura sono rientrato nella casetta ed altro non ho visto o inteso. Pochi minuti, un quattro o cinque, prima di venire da me Angelo Cipolla a chiedermi il bastone, mi ero ritirato nella casetta e ho visto che scendevano in paese Francesco Settecerze e Saverio Onorato camminando a passo regolare e proprio quando presero l’angolo superiore della casa del signor Giovanni Iannelli si nascosero alla mia vista…
Perché Angelo Cipolla voleva un bastone più grosso? Forse voleva usarlo per colpire Onorato? Con questo sospetto viene arrestato come anche Francesco Settecerze.
Salvatore Onorato, interrogato anche se seriamente ferito, fornisce una ricostruzione dei fatti alquanto lacunosa e in contrasto con le dichiarazioni sia di Cipolla che del giovane Spaccarotella:
– Mentre tornavo a casa in campagna per la salita dietro i Cappuccini, ho raggiunto Francesco Settecerze e Antonio Occhiuzzi i quali discorrevano di affari e con gli stessi mi sono unito. Discorrendo si giunse ad un bivio un po’ sopra della casa di Iannelli e l’Occhiuzzi ci lasciò. Il Settecerze prese l’altra strada ed io ritornai indietro per imboccare la stradella che mi doveva condurre alla mia campagna, situata sotto la casa di Iannelli, che avevo oltrepassato intento a quei discorsi. Giunto dietro la casa di Iannelli incontrai Angelo Cipolla e mio cognato Benedetto Spaccarotella che in prima non avevo conosciuto. Non ricordo se io pel primo ho dato la buonasera od invece fu il Cipolla e riconosciuto lo Spaccarotella ho soggiunto a costui: “A te non ho dato la buona sera perché non la meriti, ma a Mastro Angelo”. Allora lo Spaccarotella col bastone mi diede un primo colpo alla testa facendomi stramazzare a terra ed indi altri colpi…
– Come mai non andavate d’accordo con vostro cognato?
– Perché molti anni dietro, in campagna si permise offendere mia moglie con cui si è congiunto carnalmente, quindi ci avevamo sposato una inimicizia fiera non potendo dimenticare l’offesa ricevuta…
– Continuate.
– Stordito pei colpi ricevuti, non ricordo se alle riferite parole ne feci seguire altre insultanti contro lo Spaccarotella, né se sono ruzzolato da solo o con costui nel sottostante burrone, né quello che dippiù sia successo. Naturalmente ho dovuto gridare al soccorso, ma come e quando non sono in grado di precisare… non so se il Settecerze venne ad aiutarmi e quello che costui fece. Solo appena ricordo che dopo certo tempo, mezzo rinvenuto dello stordimento, un po’ carponi e un po’ barcollando, sono rientrato in paese e mi sono portato dai Carabinieri a cui ho riferito quello che ricordavo…
– Cipolla fece qualcosa?
– Il Cipolla nulla mi fece prima di ricevere i colpi e dopo non mi è dato di riferire alcuna cosa…
– Voi e Settecerze avevate dei bastoni? Avete visto se ne aveva uno Cipolla?
– Né io, né il Settecerze avevamo qualche bastone od altra arma e non mi sono accorto se il Cipolla si aveva in mano un bastone, né se dello stesso, e come, ne fece uso… Sono innocente, fui io l’aggredito e ferito a morte per opera dello Spaccarotella!
Forse Francesco Settecerze saprà spiegare meglio la dinamica dei fatti:
– Giunti ad un bivio sopra la contrada Grillo, l’Occhiuzzi se ne andò ed io, consigliato dall’Onorato, con costui sono ritornato in paese per fare subito una proposta al signor Vincenzo Falcone per l’acquisto di un fondo prima che lo vendesse ad altri. Giunti dietro la casa rurale di Iannelli incontrammo due individui di cui ho riconosciuto solo Angelo Cipolla, a cui ho dato la buona sera, che da questi mi fu restituita. Non mi sono fermato, però, perché tra me ed il Cipolla esistevano dei precedenti. L’Onorato e quell’altro si fermarono e si scambiarono delle parole e questo disse a quello: “Volta indietro” e molte altre parole concitate, per cui ho pensato di girare la località e ritornarmene in campagna, come ho fatto. Quello con cui s’appiccicò l’Onorato credevo di essere forestiero perché diceva delle parole da me non comprese e col bastone di cui era armato diede un colpo all’Onorato, il quale non era armato di bastone. Mentre io mi allontanavo da quel posto a passo frettoloso, ho inteso chiamarmi di cognome ripetute volte dall’Onorato ma io non sono accorso e ho sempre continuato la strada per ritirarmi in campagna. Dopo circa tre ore, mentre mi trovavo in campagna nella mia casa, fui arrestato dai Carabinieri e ho appreso che l’Onorato si era bisticciato e percosso col cognato Benedetto Spaccarotella e che entrambi erano caduti dentro il burrone e come lo Spaccarotella, per le lesioni riportate, era morto e l’Onorato gravemente ferito…
– Veramente ci sono due testimoni che dicono cose diverse… dicono che voi eravate presente da vicino e siete sceso nel burrone. Per fare cosa?
– Non ho preso alcuna parte al fatto delittuoso… non è vero nemmeno che io fossi sceso nel burrone ove costoro caddero… avevo premura di allontanarmi dalla rissa per non trovarmi impigliato in alcun fatto a mio danno… ritenevo che quello che non avevo riconosciuto fosse un forestiero che, di unità al Cipolla, si poteva vendicare di me perché a costui, un anno dietro, gli ho fatto elevare contravvenzione per porto di fucile e per cui fu condannato da questa Pretura…
– E i precedenti tra i due cognati li conoscete?
– Tra lo Spaccarotella e l’Onorato esistevano dei precedenti perché un sette anni dietro quello aveva avute relazioni illecite colla moglie di questi, tanto che costui continuamente minacciava di uccidere lo Spaccarotella. Un dieci giorni dietro, l’Onorato si appressò alla casa dello Spaccarotella e lo provocò di uscire dicendo ripetute volte: “Esci cornuto fottuto che ti debbo ammazzare”, ma il cognato fece finta di non sentire. Spesse volte ho avuto occasione di avvertire l’Onorato di finirla con quelle minaccie perché ne potevano venire serie conseguenze, avvertimenti che anche gli ho fatto la sera del 24 pria di succedere il fatto… ma era un po’ preso dal vino…
Tutti contraddicono tutti e non sarà facile stabilire chi, come e anche perché ha portato alla morte Benedetto Spaccarotella. Ammesso che nella caduta non abbia battuto la testa su qualche pietra e ci sia rimasto secco. Intanto, se fosse vero che è stato ammazzato da suo cognato, l’odio per motivi d’onore covato per sette lunghi anni appare un po’ debole; dall’altra parte Settecerze non avrebbe avuto alcun motivo per uccidere, se non la, forse remota, necessità di difendere Onorato. Quindi bisogna indagare per scoprire se tra i due cognati c’erano altri motivi di attrito.
Rachele Guaglianone, vedova Spaccarotella, non crede ai motivi d’onore ma riconduce l’odio nei confronti di suo marito ad altro:
– Saverio Onorato ha sposato una mia sorella per motivi d’interesse. Un dieci anni dietro, mia madre che abita con me, visto la condotta non troppo lodevole dell’Onorato verso di lei, mi fece il suo disponibile, anche perché vedeva che tanto io che mio marito le usavamo ogni deferenza e rispetto. Questo fatto irritò immensamente l’Onorato, invidioso che noi vivevamo con una certa comodità. La mia sorella moglie dell’Onorato, approfittando della vicinanza di casa in Cetraro e dei fondi rustici, approfittava della nostra roba per cui, sempre molti anni dietro, mio marito si permise darle uno schiaffo. Tutti questi fatti indispettirono l’Onorato tanto che continuamente minacciava di uccidere mio marito, però a tali minaccie non si dava tanta importanza sapendo che l’Onorato era molto parolaio e perché mio marito era di fisico molto vantaggioso per cui non lo temeva. L’Onorato credeva che mio marito, oltre dello schiaffo avesse anche abusato carnalmente della moglie, ma di ciò nessuna confidenza mi fece né mio marito, né mia sorella. Ritengo che l’Onorato, coll’aiuto del Settecerze, avesse ucciso mio marito perché da solo quello non era capace di commettere il misfatto e perciò appositamente l’aspettarono.
Il ragionamento non fa una piega, ma ci vogliono le prove.
Giudichiamo che la morte è stata causata da forte congestione meningo-cerebrale per effetto dei vari traumi riportati alla testa, specialmente quello gravissimo sulla regione occipito-parietale destra che ha dato luogo anche a maltrattamenti della sostanza cerebrale corrispondente. Giudichiamo inoltre che i traumi furono prodotti da corpi contundenti dei quali alcuni regolari, come bastoni, ed altri irregolari, come pietra. Una sola è stata prodotta da arma da taglio. Solo adesso, dai dottori Leopoldo Occhiuzzi e Giovanni Iannelli, si scopre che per colpire Benedetto Spaccarotella è stato usato anche un coltello, ma resta la totale incertezza su chi produsse le lesioni.
Una cosa però è chiara: Angelo Cipolla è estraneo ai fatti e il primo ottobre 1893 viene scarcerato, ma è chiamato a chiarire alcuni aspetti del suo racconto. Un fiasco.
– Ho inteso dei colpi ma non potevo distinguere colui che quei colpi dava, né con quale arma, sia perché faceva oscuro, sia perché, per l’accidentalità del burrone, non si potevano vedere quelli che erano abbasso. Come ho detto ho inteso succedersi i colpi ed a tale rumore ho creduto, per farlo cessare, di fare altrettanto da sopra al burrone col bastone che mi ho fatto dare dal ragazzo Luigi Spaccarotella.
Allora si fa una perizia nel burrone: Per urto o per proprio movimento irregolare lo Spaccarotella, messo un piede sul pendio, prese immediatamente un fortissimo abbrivio e, arrivato al punto ove il pendio cessa per dar luogo al precipizio della ripida sponda del burrone, fu lanciato nel vuoto dalla potente forza impulsiva acquistata dal suo corpo e andò a sbattere sulla sponda opposta, ad altezza di due o tre metri, donde rimbalzò nel burrone battendo la testa sul punto ove fu notata la pozza di sangue più grande. Dove cadde rimase immobile e son certo che batté sulla pietra col lato destro della testa, diversamente non troverebbe spiegazione la chiazza sanguigna più piccola esistente al di sopra della prima ed a distanza di 90 centimetri, la quale fu evidentemente formata dalla mano destra che doveva essere intrisa di sangue. Questa è la bella descrizione che fa il perito Eugenio Cerbelli il quale, però, dimentica alcuni piccoli particolari: dov’era Saverio Onorato? Se questi non era caduto nel burrone con Benedetto Spaccarotella, chi chiamò per cognome Settecerze per farlo accorrere? E il rumore dei colpi che si susseguivano, proveniente dal fondo del burrone ? Eppure sia Cipolla che il giovane Spaccarotella sono concordi nell’affermare di averli sentiti. Un guazzabuglio che fa protestare i fratelli di Benedetto Spaccarotella i quali sono convinti che il mancato trasferimento degli imputati dal carcere mandamentale di Cetraro a quello del capoluogo di provincia, stia consentendo a questi di manipolare il corso delle indagini.
Ma per la Procura Generale del re non ci sono dubbi: Saverio Onorato e Francesco Settecerze devono essere rinviati a giudizio per omicidio volontario in quanto essendo venuti alle prese in seguito a diverbio nella campagna di Cetraro, lo precipitarono entro un profondo burrone ove lo inseguirono percuotendolo ed arrecandogli ben 18 lesioni delle quali una, quella sulla bozza parieto-occipitale destra, producendo frattura communitiva delle sottostanti ossa e maltrattamento della meninge e sostanza cerebrale, occasionarono la morte seguita quasi immediatamente. È l’8 febbraio 1894.
La Sezione d’Accusa non è convinta di questa ricostruzione dei fatti e ritiene che nei confronti di Francesco Settecerze non ci siano indizi sufficienti per rinviarlo a giudizio. L’unico a rispondere della morte di Benedetto Spaccarotella sarà suo cognato Saverio Onorato. È il 27 febbraio 1894.
Il dibattimento si apre e si chiude il 18 maggio seguente con l’assoluzione dell’imputato.[1]
Certo. È evidente che la vittima, essendo l’unico rissante armato di bastone, si è colpito da solo, usando anche delle pietre e ferendosi con un coltello che non fu mai ritrovato, certamente nascosto da lui stesso prima di morire.
Il plagio letterario costituisce reato ai sensi dell’articolo 171 comma 1, lettera a)-bis della legge sul diritto d’autore, che sanziona chiunque metta a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche mediante connessioni di qualsiasi genere, un’opera protetta (o parte di essa).
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