I RIVOLUZIONARI DI ROGGIANO

Il 20 settembre 1920 il Brigadiere Giuseppe Giaffredo e il Carabiniere Diego Mazzuca stendono il rapporto su quanto accaduto la mattina del 19 a Roggiano Gravina
La locale sezione socialista, giorni orsono, pubblicò un manifesto col quale indicava che ieri 19 and. Sarebbe stato tenuto in questa Piazza Gravina un comizio elettorale. Verso le ore 7 di ieri stesso si ebbe sentore che il comizio sotto la forma di elezioni doveva svolgersi a comizio politico e difatti si stava adunando la musica per suonare e riunire un maggior concorso di popolo. Avuto sentore di questo, noi predetti militari verbalizzanti si diffidò il capo musica Branca Silvio Pasquale, di Spezzano Albanese qui residente, a desistere da tale proposito e il capo della sezione socialista Mazzario Pietro, facendoci loro presente la grave responsabilità che andavano incontro e di attenersi esclusivamente sul tema di elezioni, giusto come era stato pubblicato nel manifesto, ciò che riuscì per il solo fatto della musica. Verso le ore 9 giunsero in questa piazza circa 200 persone con la bandiera rossa, che accompagnatesi altri 100 formarono un gruppo di circa 300 persone.
Parlò per il primo l’anarchico Iuliano Francesco fu Antonio di anni 30 contadino di Rogiano; 2° Mazario Pietro di Filippo di anni 44 nato a Roseto Spulico e qui domiciliato insegnante elementare e Volpe Giuseppe di Salvatore di anni 20 contadino del luogo, quest’ultimi due socialisti rivoluzionari, alternandosi nel discorso incominciarono col primo ad [invitare] il popolo ad emanciparsi e non essere schiavo della borghesia e della legge colle catene ai polsi ed a disubbidire alle Autorità creando così un odio di classe, che dovevano armarsi ed essere pronti e non impressionarsi del sangue che doveva correre purché si ottenesse l’ideale del comunismo ed il trionfo della bandiera rossa del comunismo della rivoluzione.
Oggi o domani scoppierà la rivoluzione (viva la rivoluzione) i compagni delle officine l’ànno già invase e sono li a difendere con le mitragliatrici e coi fucili in pugno il loro possesso, perché frutto del loro sudore, del loro sangue usurpato a voi operai. Il governo che non sa come fare ad opporsi ai vostri diritti, alla vostra proprietà, già invasa da voi quali ne siete i padroni di tutto, va reclutando nel mezzogiorno d’Italia e specie in Sicilia, degli assassini, dei ladri, dei briganti, il marciume delle galere per farli agenti di polizia, Guardie regie, pagandoli £ 17 al giorno senza gli straordinari e a voi vi si nega un aumento, vi si nega il pane, vi si tiene schiavi (abbasso gli assassini della regia Guardia che debbono sparare su di voi). Operai, non avete paura, armatevi, contrapponetevi alla forza ed alla legge, la forza è vostra, (abbasso il Governo evviva il comunismo, evviva la rivoluzione). È vergognoso per il Governo simile modo di aggire e sostenersi in piedi con della feccia della Regia Guardia. Popolo rompete le catene dei polsi che vi opprimono e vi tengono schiavi della borghesia che è poi il medesimo Governo.
Per il Re a Milano nei fatti del 98, nel momento che stava per scoppiare la rivoluzione perché il popolo chiedeva pane e lavoro, fece massacrare dagli assassini della polizia migliaia di persone ed il sangue nobile degli operai scorreva per le strade, allora vistosi la corona che traballava sulla sua testa e pentitosi del male fatto, per turlupinare il popolo chiamò a Roma e dal balcone del palazzo disse: “Oh popolo mio chi vi ha ridotti così scheletriti?” il popolo rispose “Le vostre leggi delle catene ai polsi”. “Si, è vero, ma da oggi in poi vi farò fare le leggi da voi stessi, però tutti a Roma non potete venire, vi eleggete i vostri rappresentanti e li mandate al Parlamento e siccome questa è borghesia che compone Parlamento e Governo, fanno i suoi interessi e se non lo fanno il Parlamento è circondato di due mila Regie Guardie e Carabinieri, cannoni e mitragliatrici” e ci fanno stare a posto e con questo modo di turlupinare si è salvato la corona. Ora egli vede che la forza è vostra, già fino a Napoli sventola la Bandiera rossa. Fa obbligare con la forza del suo Governo i giovani nati nella classe 1901 ad arruolarsi nei Carabinieri e nella Regia Guardia pagandoli bene ed io vi invito a non arruolarvi perché è vergognoso, la guardia rossa saprà ben combatterli come li sta battendo a Torino, Milano e alla Liguria. Voi dovete ribellarvi, armatevi, tenetevi pronti, prendete le vostre zappe, il badile, la falce e andiamo avanti alle Autorità così prendete voi il potere, operai con la giubba rotta, scamiciati e mettete fine a questa schiavitù che da secoli ci opprime (evviva il comunismo, evviva la repubblica, evviva la rivoluzione). Per essere sicuro e per regolarmi su quanti di noi posso disporre, domenica 26 volgente ci saranno l’elezioni, tutti compatti voterete la scheda rossa così quando io sono sicuro sul numero della forza che il popolo dispone, ordinerò a voi di armarvi così invaderemo i terreni e le case e ci rendiamo padroni, facciamo da noi senza dipendere dalle autorità, non avete paura della forza, la forza è vostra, dovete opporvi e riuscire alla conquista della nostra riscossa, evviva la rivoluzione!
Dato l’esiguo numero di militari dell’Arma e per misura di prudenza, non si procedette al di loro arresto, mentre li denunziamo alla competente Autorità per il di più a praticarsi.
Il Brigadiere Giaffredo, però, è in grado di portare un solo testimone oculare a carico dei tre indagati, difesi dagli avvocati Muzio e Luigi Graziani. Il testimone è il ricevitore postale Francesco Battendieri il quale riferisce
Quando si tenne il comizio pubblico in Rogiano il 19 settembre 1920, io mi trovavo presente perché il comizio si tenne a breve distanza dall’ufficio postale da me retto. Iuliano e Mazzario più accesi, ma anche il Volpe, pronunziarono discorsi invitando la popolazione alla rivolta. Dissero che la Corona non aveva più diritto di esistere e che bisognava mandarla via, pronunziando una quantità di aggettivi oltraggiosi che io non posso precisare perché produssero in me tale sdegno da farmi gridare: “Vigliacchi, rispettate la persona sacra del nostro re!” ed allora mio padre mi spinse dentro l’ufficio per prudenza, avendo notato che la forza pubblica era scarsa, essendo il Brigadiere coadiuvato da un solo carabiniere. I tre oratori continuarono coi loro discorsi a parlare contro il governo, chiamando i carabinieri “carne venduta” e “sgherri” e dicendo che la bandiera nazionale merita il disprezzo e lo sputo e perciò doveva essere soppiantata dalla loro bandiera rossa. Pronunziarono ancora un monte di male parole contro tutte le istituzioni dello stato e dissero che bisognava farla finita coi proprietari invadendo a mano armata le proprietà e le case. In questo comizio non si parlò affatto di cose elettorali. A dire degli stessi oratori si teneva a scopo di propaganda rivoluzionaria.
Gli altri testimoni a carico, per lo più proprietari, negozianti, il farmacista e il medico condotto dicono di aver sentito raccontare delle offese rivolte dai sovversivi al re  e al governo, ma nessuno ha ascoltato i discorsi con le proprie orecchie.
Molti altri testimoni, invece, giurano di aver ascoltato discorsi completamente diversi da quelli riportati dal Brigadiere Giaffreda. E sono tutte persone degne della massima considerazione come i maestri elementari Luigi De Santis, Vincenzo Balsano e Francesco Zanfini o come l’avvocato Filippo Belcastro
Il 19 settembre ultimo fu tenuto in Rogiano ad iniziativa del partito socialista un comizio elettorale in cui parlarono il collega Pietro Mazzario, Giuseppe Volpe e Francesco Iuliano. Tutti e tre criticarono le passate amministrazioni comunali, raccomandando la lista presentata dal loro partito. Nessuno degli oratori fece risalire al Re il biasimo degli atti del suo Governo, né vilipese le istituzioni dello stato – assicura De Santis
Tema dei loro discorsi furono le passate amministrazioni comunali che furono criticate per lo sgoverno da loro fatto della cosa pubblica – conferma Balsano
Tutti e tre si occuparono della politica locale, sostenendo che la necessità di eliggere a consiglieri comunali gente cosciente che avesse saputo fare gli interessi della popolazione – precisa Zanfini
Tutti e tre criticarono le passate amministrazioni comunali raccomandando la lista presentata dal loro partito. Non furono pronunziate parole di vilipendio verso le istituzioni dello stato – conferma anche l’avvocato Belcastro
Ma il Brigadiere Giaffreda insiste e insinua dei dubbi sui testimoni a discarico
Sorprendemi come i testi a discarico neghino tali fatti, anzi il Zanfini, quel mattino prima del comizio, ebbe a dirmi della cattiva intenzione che dimostravano gli oratori e ritengo che tanto lo Zanfini quanto gli altri testimoni a discarico mentino la verità per salvare il loro collega Mazzario come fecero, raccogliendo una sottoscrizione dimostrante il patriottismo del Mazzario quando costui era sottoposto a procedimento penale per disfattismo
Per il Pubblico Ministero se da un lato il verbale del Brigadiere Giaffreda è sufficiente a provare che tra mezzo alla ben nota fraseologia rivoluzionaria si leggono delle violenti apostrofi in cui si vilipendono le istituzione dello stato e si fa risalire alla persona del re la responsabilità di alcuni atti del suo governo, per quanto gli atti medesimi siano più vicini alla scapigliata e tumultuaria fantasia degli oratori che alla verità storica e quantunque più che lo sdegno, per l’ingenuità con cui si ricercano le origini e le ragioni di alcuni episodi della nostra odierna vita politica, le apostrofe suddette suscitano il riso, (…) dall’altro lato, sebbene sia noto con quanto fervore  professino le più avanzate idee rivoluzionarie. non può nemmeno dirsi che emerga sufficientemente provata la responsabilità degli attuali imputati per i gravi delitti di cui all’art. 125 e 126 c.p.
Gli atti vengono trasmessi al Procuratore Generale del re a Catanzaro per le richieste da formulare alla Sezione d’Accusa e il Procuratore chiede che venga dichiarato il non luogo a procedere per gli imputati per insufficienza di prove. È il 17 dicembre 1921.
Il 25 febbraio 1922 la Sezione d’Accusa accoglie la richiesta e i tre sovversivi vengono prosciolti per insufficienza di prove.
Ma sta per arrivare a Catanzaro un altro incartamento che riguarda i rivoluzionari di Roggiano, anche questo nato da un verbale del Brigadiere Giaffreda che assiste, l’11 ottobre 1920 a un altro comizio, tenuto questa volta in Piazza Plebiscito.
Verso le ore 9 di ieri [10 ottobre 1920] un gruppo di circa 40 persone con bandiera rossa, guidate dai socialisti rivoluzionari Mazzario Pietro, Volpe Giuseppe e dagli anarchici Iuliano Francesco e De Luca Riccardo, dopo aver percorso il paese si fermarono in questa piazza Plebiscito per tenere un comizio sotto forma elettorale, avendosi già riunito in numero di circa 300. Per il 1° parlò il Mazzario vilipendendo le istituzioni costituzionali dello stato perché il governo se ne serve delle R Guardie e carabinieri per soffocare il popolo e per sparare sui bambini, sulle donne e sugli uomini inermi perché chiedono pane, l’autocrazia che ha voluto la guerra ha indebitato la Nazione di 180 miliardi ed ecco adesso perché si muore di fame, fra breve mancherà il grano e voi popolo morrete di fame perché il governo non vuole fare venire il grano dei compagni comunisti russi, bisogna rompere le catene ai polsi che ci opprimono; solo la rivoluzione e il comunismo ci salverà; i proprietari debbono scomparire, il prete che vi torlupina con la confessione a voi donne e vi succhia il sangue dite ai vostri figli della classe del 1901 che è andata sotto le armi di non sparare sulla folla quando gli verrà dato ordine dai gallonati, che con quelle armi stesse noi le adopereremo per la rivoluzione, evvero che questi soldatini non sono i soldati come voi socialisti che nel giorno non lontano della rivoluzione sapremo ben affrontare la forza con la forza e rompere per sempre le catene che ci opprimono. Parlarono per il 2° il Iuliano ed il 3° il Volpe inneggiando alla rivoluzione e alla non lontana eguaglianza; per ultimo parlò il De Luca nel modo più violento contro il governo e le istituzioni costituzionali dello stato, che quell’infame di governo aveva istituito il corpo degli assassini delle R. Guardie e Carabinieri, gente tutti vagabondi e carne venduta perché se fossero stati buoni lavoratori non si avrebbero venduti al governo per sparare sulle loro famiglie (abbasso i carabinieri e le R. Guardie). Questa carne venduta domani, quando scoppia la rivoluzione, si offrirà di vendersi pure a noi, ma noi non la compreremo, non abbiamo bisogno perché ognuno di noi si deve governare da solo, niente signori tutti uguali, impossessatevi delle terre, case, dividetele perché son vostre, andate a casa dei signori, prendete grano e olio, mangiatevelo e non pagatelo, così bisogna fare. Le terre, le case son vostre, voi producete e voi soli siete i padroni, io vi invito a gridare evviva il comunismo e la rivoluzione che dobbiamo fare a qualsiasi costo.
Dato l’esiguo numero dei militari dell’arma e per misura di prudenza non si credette opportuno procedere al di loro arresto.
E così ricomincia il balletto delle testimonianze, con la differenza che questa volta sia gli imputati che i testi a discarico (gli stessi dell’altro processo) riferiscono che Mazzario si occupò principalmente del divorzio, ostacolato dal partito popolare e clericale; Volpe parlò anche lui di divorzio dirigendosi specialmente alle donne; Iiuliano si scagliò contro i preti citando alcuni fatti storici relativi al papato; infine De Luca, che professò principi repubblicani, inneggiò al suo partito.
Il Pubblico Ministero, nella nuova relazione, annota che dalla lettura del verbale dei Carabinieri non si tratta di vilipendio ma piuttosto della solita adusata violenza dei discorsi sovversivi, delle abusate critiche al governo, della solita retorica rivoluzionaria. Riscontra che gli imputati ammettono di aver sostenuto la necessità del divorzio e di aver fatto soltanto propaganda di
anticlericalismo. Di ciò non è traccia nel verbale dei RR.CC. se non in una sola frase: “il prete che vi turlupina con la confessione e vi succhia il sangue”, mentre dai discorsi che sarebbero stati pronunziati a favore della tesi divorzista allo scopo di far voti al parlamento perché venisse discusso il progetto di legge del divorzio di cui in quel tempo si faceva in Italia un gran discorrere, parlano i testimoni De Santis, Balsano, Zanfini e Belcastro, discorsi in cui dovettero conseguentemente essere pronunziate oltre che un’invocazione assolutistica del libero amore, apostrofi violenti all’istituzione del partito popolare e della politica clericale in genere. Soltanto i due testi Battendieri e De Fiore, parroco quest’ultimo, depongono in senso conforme al verbale dei RR.CC., ma per il Battendieri, in realtà, il vilipendio delle istituzioni dello stato è tutto contenuto nelle offese rivolte “ai carabinieri e alla persona del parroco”, mentre secondo la deposizione del De Fiore nei loro discorsi gli oratori avrebbero rivolto gravi accuse ed offese alla persona del Re. È tuttavia degno di nota che contro il De Fiore, come egli stesso riferisce, gli attuali imputati avevano tentato in quel giorno medesimo di aizzare la folla e sembra che avessero in animo di frammettere ostacolo alla istituzione di un asilo infantile che il De Fiore intendeva fondare in quel tempo. Oltre a ciò si crede opportuno far rilevare che mentre i carabinieri vedono nel De Luca il più violento ed il più acceso degli oratori, tutti i testimoni, compresi quelli d’accusa, dichiarano essere stato il De Luca il più mite. Costui morì pochi mesi dopo tragicamente in Cosenza[1] e nell’odierno processo è alligato il relativo atto di morte
. È 20 agosto 1921.
Il 13 marzo 1922 la Sezione d’Accusa dichiara, anche per questo processo, il non luogo a procedere per tutti gli imputati.[2]
Si poteva ancora parlare. Sette mesi dopo ci fu la marcia su Roma.


[1] Riccardo De Luca fu ucciso il 12 maggio 1921, tre giorni prima delle elezioni politiche, da un colpo di pistola sparato contro alcuni socialisti fermi davanti al Caffè Renzelli a Cosenza mentre passava un corteo fascista organizzato per la presentazione del gagliardetto della nuova sezione del fascio. La storia di questo omicidio è contenuta nell’articolo LE ELEZIONI INSANGUINATE, pubblicato nel blog.
[2].ASCS, Processi Penali.

Tutti i diritti riservati. ©Francesco Caravetta

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