I MALANDRINI DI SANTA SOFIA

Sono circa le 19,30 del 27  febbraio 1924, è buio pesto e fa freddo a Santa Sofia d’Epiro. Teresa Mazza, 60 anni, è seduta accanto al fuoco e sta discorrendo con Francesco Boscarelli quando sentono un certo mormorio sulla strada.
            – Sarà un cane… – osserva Boscarelli.

Ma quel certo mormorio continua e l’uomo decide di uscire per vedere di cosa diavolo stia combinando l’animale. Adesso quella specie di lamento è più nitido e Boscarelli si avvicina al punto da cui proviene.

– È un cristiano! Sarà ubriaco – urla per tranquillizzare Teresa, poi si avvicina ancora e porge l’orecchio perché gli sembra che lo sconosciuto stia dicendo qualcosa.
Zulùzulù
– Che vuoi da Ciccio Zulù? – gli fa, quasi divertito, pensando al soprannome del marito di Teresa, ma non ottiene risposta. Poi continua – chi sei?
Miliu… – si, deve essere proprio Emilio Fabbricatore, ubriaco.
– Beh, adesso alzati – ma Miliu non accenna a muoversi e Boscarelli si china su di lui per aiutarlo; lo afferra da sotto le ascelle e lo solleva proprio mentre sopraggiungono delle donne con un lume.
– È pieno di sangue! – Urla una donna.
È morto! – urla un’altra.
Allora Boscarelli guarda meglio e si accorge che Miliu ha in mano un coltello insanguinato e il pezzo di camicia che si intravede sotto il mantello e la giacca è pieno di sangue. A questa vista il primo pensiero del soccorritore è quello di disarmare il ferito perché sa che è un tipo molto, molto pericoloso e se gli saltano i cinque minuti, anche ferito gravemente, non ci penserebbe due volte ad ammazzarti. Così porge il coltello a Teresa e gli chiede.
Chi ti ha ferito? – ma Miliu prima emette un rantolo e poi farfuglia:
Acquaacqua… – poi niente più. Boscarelli, con l’intenzione di farlo respirare meglio lo gira in posizione supina e corre ad avvisare il medico Demetrio Bugliari e i Carabinieri.
Ma i soccorsi arrivano tardi. Il cadavere giaceva alla supina nella Via Albania di questo comune in un suolo pendioso con il capo in su. Vestiva un abito nero, scarpe e cappello nero e su un lembo del mantello nero aveva poggiato il capo e presentava una ferita da punta e taglio all’addome destro, larga due centimetri circa, annota il Brigadiere Bruno Gurnari, il quale comincia subito ad interrogare i presenti per cercare qualche indizio, ma la cosa appare difficile in quanto sia i testimoni che abitano a pochi passi di distanza da dove venne rinvenuto il Fabbricatore, sia Ubbrìaco Vincenzo il quale lo ebbe ad accompagnare fino ad un 20 passi dal posto dove fu trovato, sia i parenti ci hanno saputo dire nulla. Poi aggiunge qualcosa di veramente sconcertante: data la temerarietà del Fabbricatore e la sua abitudine a camminare nottetempo con il coltello in mano, l’opinione pubblica era quella che nessuno avrebbe ardito di affrontarlo e che probabilmente essendo brillo, avrebbe potuto cascare e prodursi la ferita col coltello che abbiamo sequestrato, la cui lama misura 9 centimetri e 5 dei quali sono intrisi di sangue. Per stabilirsi se trattasi di un delitto o di una morte accidentale bisogna attendere i risultati dell’autopsia. Nel frattempo continua ad indagare a tutto campo perché è sicuro che Miliu doveva avere un sacco di nemici.
La ferita, che ha reciso una porzione del fegato e molti vasi sanguigni, è stata prodotta da arma da punta e taglio a lama stretta che oltrepassa i dieci centimetri.
Alla luce di ciò Gurnari indaga per omicidio volontario, ma non riesce a scoprire nulla che possa portare all’arresto dell’assassino. Dopo una settimana, però, il Brigadiere riceve una soffiata e verbalizza: abbiamo venuto a conoscenza che Frontera Francesco di anni 25, contadino del luogo, da quando avvenuto l’omicidio non si faceva vedere in paese. Dato che egli è un vagabondo pregiudicato, dedito alle lesioni (come ad esempio ha fatto a Baffa Scirocco Atanasio la sera del 29 settembre 1923, che senza alcuna ragione lo chiamò di amico e, presolo abbraccetto, gli inferse 4 colpi di coltello, fatto questo riferito con verbale N. 38 del 1° ottobre 1923), alle cattive compagnie, all’ozio ed al divertimento, ci sembrò strano come mai, in occasione delle feste del Carnevale, non si faceva vedere, mentre in tutte le altre festa faceva N. 1. Gurnari lo rintraccia in contrada Cavallo e lo porta in caserma.
– Dove eri la sera del 27 febbraio?
– La mattina del 27 sono andato in contrada Conte in compagnia di Letizia Trotta, di suo figlio e di Santa Romano; alla sera, prima del tramonto del sole, sono andato a casa della Romano in contrada Pantanelli, dove sono rimasto fino alle 20,30 o alle 21,00. C’erano anche Atanasio Becci e Giuseppe Gracci…
L’alibi sembra buono, ma bisogna verificarlo. Interrogate le persone che Frontera ha nominato, sembrano cadere dalle nuvole: né quella sera, né altre sere si recò colà! Inoltre, Gurnari viene a sapere che la mattina dopo il fatto, verso le ore 9,00, si recò in contrada Cavallo ed egli stesso partecipò a tutti l’avvenuto delitto e ciò lo fece a scopo di far notare la sua presenza in quei luoghi, sapendo che quelle 3 persone con le quali si aveva accompagnato il mattino precedente si trovavano colà e sviare così le tracce della sua reità, mentre è chiara. Un altro importante indizio, per Gurnari, sarebbe il fatto che Francesco Boscarelli è suo cognato e Teresa Mazza è sua suocera ed è quindi possibile che abbiano ricevuto dal moribondo la confessione del nome dell’assassino – certamente il loro congiunto – e lo abbiano volontariamente taciuto per non comprometterlo. Il Brigadiere perquisisce l’abitazione del sospettato ma non trova nessun coltello però, siccome ancora in S. Sofia d’Epiro perdura il clamore, lo abbiamo dichiarato in arresto.
Sono ormai passate tre settimane dalla morte di Fabbricatore e di concreto non si è scoperto niente contro il sospettato Francesco Frontera. Poi si presenta un giovane calzolaio del paese, Attanasio Vocaturo, che sostiene di aver visto, verso le 18,50 del giorno del delitto, scendere dalla Via della Porta e dirigersi verso il luogo ove venne rinvenuto Fabbricatore, Francesco Frontera il quale camminava a passo affrettato. Il giovanotto sostiene inoltre che giorni prima che avvenisse il delitto fra il Fabbricatore ed il Frontera, per questione di giuoco, vi furono delle discordie. Il Brigadiere indaga su questa circostanza e altri testimoni la confermano e qualcuno aggiunge che il Frontera nella quistione ebbe a proferire parole minacciose contro il Fabbricatore e questo, a sua volta, gli impose di fare silenzio dicendogli: “Stai zitto perché tu non sei buono a nulla, nemmeno a praticare un foro ad una torta di pane fresco”. A questo il Frontera rispose: “Non dubitare che ti farò vedere io se sono buono o meno!”. Se le cose stanno davvero così, emerge chiaro che il Frontera nutriva rancore contro il Fabbricatore e, sapendolo uomo pericoloso, e data anche la malvagità del Frontera, quella sera lo pedinò da nascosto e quando lo ebbe da vicino in quella località oscura, gli inferse la pugnalata e si diede alla campagna e molto probabilmente il Fabbricatore non ha visto il Frontera. Ci può stare. E il Brigadiere Gurnari trova anche un altro appiglio logico quando riflette sui racconti di Teresa Mazza e Francesco Boscarelli, i quali hanno sempre sostenuto di aver sentito un certo mormorio che a loro sembrò di cani. Perché i cani non hanno abbaiato e non si sono mossi per inseguire l’uomo che scappava dopo avere accoltellato Fabbricatore? Molto semplice: perché l’assassino è Frontera, conosciuto dai cani stessi essendo di pertinenza della suocera, la cui casa la frequentava tutti i giorni.
Adesso tutto quadra e le indagini si potrebbero anche ritenere chiuse, se non fosse per uno sconfortante balletto messo in scena da parecchi testimoni che cominciano ad accusarsi a vicenda di avere rivelato cose false; in più arrivano due lettere anonime che dicono cose meritevoli di essere approfondite:
8 giugno 1924, lettera spedita da Terranova da Sibari:
Ilustre Signor Presidente
L’inocenza che piange il povero Francesco Frontera si supone di averlo fatto il Signor Baffa Trasci Genaro ed in sotto voce per tutto il paese si parla; ed ce ne sono pure vari testi moni sui quali sono i seguenti e molti sene trovano ancora: Francesco Caputo e sua moglie Maria Giuseppa Amodio, Balà Caruci e Maria Pizzi e questa dona dichiarò in sotto voce con certe amiche che quella sera che e successo il delito vide un uomo con un pugnale ed un bastone verso la parte superiore del paese e gli altri maliarono a questa persona cioe al signor Genaro sul quale dicono che a fatto un altro omicidi che ce sucesso una ventina di anni in dietro cio quello di un certo Giuseppe Richiamato e lo a pianto inocentemente, come gli e suceso al povero Frontera, il signore Giovannino Curti ed io credo che lui con tutte queste conseguenze deve dare conto perché o a vito o a inteso o e stato lui proprio opure complice sul delito suasso.
Dunque genti signor presidente non racomando altro che di tocare lei la coscienza perche questo credo che sia siguro ed è pecato sofrire il carcere un povero disgraziato inocentemente.
Lo saluto e lo ringrazio a lei un servo.
N.N.
3 settembre 1924, lettera spedita da San Demetrio Corone:
Ill.mo Signor Procuratore del Re di Rossano 
Poiché la giustizia è ancora su una falsa pista nel delitto di Fabbricatore, le faccio noto che è a conoscenza di tutti che il vero colpevole è il capo della malavita locale, Guido Attanasio, e che per timore di vendetta nessuno vuol parlare trattandosi di un vero delitto camorristico. A sviare le indagini è stato l’inserviente dei carabinieri, Cesarino Lata, addetto ai servizi della malavita e fedele spia del Brigadiere di quel tempo (secondo lui però!…)
Si chiede giustizia
Ma gli anonimi non vengono presi in considerazione e per venire a capo dell’intrico delle testimonianze gli inquirenti sono costretti a chiedere proroghe alle indagini per complessivi 7 mesi, trascorsi i quali viene chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio dell’imputato, che dovrà rispondere davanti alla Corte di Assise di Rossano del reato di omicidio aggravato dalla premeditazione. È il 17 gennaio 1925 e il dibattimento è fissato per il 3 aprile successivo.
Tutto sembra scorrere liscio verso una dura condanna per l’imputato, ma quando è il momento di formulare le domande da sottoporre ai giurati, viene fuori che uno di questi ha effettuato una perizia nello stesso processo. La difesa insorge chiedendo l’annullamento del dibattimento e l’iscrizione a nuovo ruolo della causa, ma il Presidente stabilisce che poiché la causa trovasi ancora in un momento (lettura dei quesiti) che i giurati non sono stati chiamati ad esporre alcuna decisione e quindi il giurato può validamente essere sostituito con uno dei supplenti all’uopo chiamati e va avanti. Francesco Frontera, concesse le attenuanti generiche e cancellata l’aggravante della premeditazione, viene condannato a 15 anni tondi tondi di reclusione.
Ma i difensori di Frontera non si arrendono e ricorrono per Cassazione evidenziando la palese violazione commessa dal Presidente:
Chi può dire quale influenza abbia esercitato anche prima del verdetto sui propri colleghi il giurato che per espressa ed inderogabile disposizione di legge è ritenuto assolutamente incompatibile? Quali domande abbia diretto agli imputati, parti lese o testimoni per far emergere circostanze che possono aver avuto importanza decisiva nella decisione, per quanto alla stessa non abbia preso parte? E ciò senza considerare che egli col partecipare al giudizio illegalmente, ha impedito che venisse estratto altro giurato cui sarebbe spettato il compito senza rendere necessario il ricorso ad uno dei supplenti, i quali assistono al dibattimento per gli impedimenti che possono sorgere dopo la costituzione della giuria e mai preesistenti.
Non è una parte del ricorso della difesa, ma la motivazione della Suprema Corte di Cassazione che, censurando l’operato del Presidente, accoglie il ricorso della difesa, annulla il verdetto e rinvia la causa per nuovo giudizio alla Corte d’Assise di Cosenza.
Francesco Frontera è in carcere da ormai due anni quando il 10 giugno 1926 si apre il nuovo dibattimento. Errori procedurali non ne vengono commessi, ma i testimoni ricominciano a litigare in aula smentendosi a vicenda e creando una confusione terribile: chi dice che in paese non fu più visto dopo la morte di Fabbricatore e chi dice di averlo visto che andava a chiamare il prete per benedire la salma. Chi di averlo visto allontanare dal paese dopo il fatto e chi afferma il contrario. Viene screditato uno dei principali testimoni dell’accusa, Gennaro Sica, perché associato alla malavita locale come il morto. Al contrario Frontera, pur essendo un pessimo soggetto, non fa parte di alcuna consorteria criminale. Viene tirato in ballo anche il Brigadiere Gurnari che nutrirebbe dei rancori verso l’imputato perché il 24 febbraio [1924] venne egli col Carabiniere Boscarelli a ballare in casa Ranieri ed io, pel contegno tenuto fui costretto a metterlo alla porta, accusa Frontera.
Il 16 giugno la Giuria sorprende tutti: nessuno ha ucciso Miliu Fabbricatore perché, ubriaco, è scivolato e il coltello che teneva in mano gli si è conficcato nell’addome; il peso dell’uomo sulla lama ha fatto si che questa penetrasse più dei 9 centimetri della sua lunghezza.[1]

 

[1] ASCS, Processi Penali.

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