VIGLIACCA E TRADITORA

Quando Antonio Del Genio (ma tutti lo chiamano Giovannino e così lo chiameremo anche noi) si stabilisce a Diamante dopo aver lasciato Palmi, il suo paese natale, verso la fine dell’estate del 1925, ha quasi diciannove anni. Motivi di lavoro, ha trovato un impiego come cementista presso la Ditta Coscarelli.
Giovannino, dopo le lunghe giornate passate a impastare cemento, si guarda in giro per conoscere la realtà del posto e subito la sua attenzione viene catturata da una bella ragazzina, la sedicenne Carmelina Bruno, orfana di padre. È un vero e proprio colpo di fulmine e i due ragazzi si fidanzano in casa. Non passano che un paio di mesi quando la parola matrimonio irrompe prepotentemente sulla scena e i fidanzatini cominciano a fare le carte necessarie. Giovannino però ha un problema, lui le carte le deve fare a Palmi ma non ci può andare perché lavora, così comincia a tempestare i genitori affinché provvedano al posto suo. I suoi genitori, da parte loro, sono un po’ perplessi per la fretta e l’insistenza con la quale Giovannino chiede le carte e il padre glielo scrive con parole dure:
Palmi 24 gennaio 1926
Oggi appunto ricevuto un telegramma e io sono stuffo di questi telegrammi tu ne ai scritto che vuoi le carte del municipio e io te lo mandato e ho cacciato i soldi, non credere che le cose si fanno coi labbra e anche quelle della chiesa ti ho mandato tanto che il prete a fatto il bando per 3 e ti puoi sposare liberamente perché se io non ti dava il consento, tu non ti sposavi, allora se tu non crede, vai dal paraco del paese e domande se io ho spedito le carte della chiesa matrici. Quando io ti ho spedito tutto a me che cosa mi vuoi io non sono di bisogno perché se io era di bisogno allora tu ti trovava in famiglia, io poteva venire ma cagione di malattia di tua madre perché tu sai i condizioni suoi sennò veniva e faceva il mio dovere; chi sa se tua madre si può trovare nei suoi condizioni di poter viaggiare per trovare questa nora nuova con tutti i suoi.
Alla fine queste benedette carte arrivano e il 5 marzo Giovannino e Carmelina coronano il loro sogno d’amore. Ma ricevono un brutto regalo: la cartolina di precetto. Giovannino dovrà partire soldato e trovarsi a Palermo tra due mesi. Due mesi e poi chissà quando si rivedranno.
Questa, però, è l’occasione buona per far conoscere i suoi genitori a Carmelina e passare un po’ di tempo in famiglia e così, verso la fine di aprile, partono in treno alla volta di Palmi e pare che la sposina sia accettata molto bene.
Palmi 1 maggio 1927
Carissima Madre
Vi faccio sapere che io me la passo molto bene che mi vogliono bene tutti fatime sapere come si la passa lamia sorella (…).
Ma è davvero così? A leggere ciò che la madre di Giovannino scrive alla consuocera qualche giorno prima che il figlio parta soldato non si direbbe:
Palmi 7-5-1927
Cara Signora
Vi scrivo questa lettera perché desidero da voi sapere certe cose che a me mi interessano, voi mi dicevavo che ci date una bella dote come pure 2 mila lire; io di tutto questo non vedo nulla, non ò visto biancheria e ne danari. Vorrebbe sapere di che cosa ci avete spese le 2 mila lire. Lo desidero sapere subito, io non credevo tutto c’iò che le davavo cose in piccolezze, io non so con quale coraggio avete sposato una figlia senza biancheria, ecco per esempio le avete dato quattro cuscina di lana e pisandola e 4 quinti, pensando mi sembra una cosa molto strana dunque cara Signora li avete scritto a Carmelina dicendo che avete debiti che lei sa come vi à lasciato, se lo sa o non lo sa non ave che farne. Forse sapeva che lei si è portato quella grande somma ed ora sentendovi che avete debiti vi aiuta, non è vero? vi avete fatto un grande onore che di pochi giorni sposata di non avere un bel vestito per indossarlo, di non avere nienti io non so con quale coraggio l’aveta sposato, Signora carissima. Quando Carmelina arrivo da me io sempre le diceva dove tieni i vestiti e biancheria e lei mi diceva che le tiene nel baullo, ora ricevendo questo benedetto baullo i vicini di casa per curiosità anno venuto per vedere la biancheria che si pensavano che porta grandi cosi, invece restanno tutti meravigliati vedendo quella bella biancheria specialmente illetto che per noi sembra un sacco, cossì avete rovinato un figlio, me lo avete messo nella miseria, avete sposato una figlia che non sa fare niente, nemmeno sa scopare la casa, abbasta dire questo, non sa lavorare in campagna, non sa fare servizi di casa, sa solo mangiare e ne altro. Ora vi prego di scrivermi subito per spiegarmi tutto di che cosa avete speso i soldi se no io e i vostri antichi lettere e sono per me i testimoni, qualche volta mi servono; ancora non vi scrivevo perché non avevo tempo ma ora ricevendo questa lettera che ci avete scritto a Carmelina, il cuore mi bolle pensando con quale coraggio le avete scritto a quel modo. Carmelina sta beni. Aspetto vostre notizie
Mi firmo
Caterina
Intanto Giovannino parte, Carmelina resta a Palmi e continua a scrivere a sua madre dicendo che sta bene, che tutti le vogliono bene che non faccio altro che spasseggiare. Però termina la lettera con un appello accorato:
Cara madre vi prego di spedire subito la cassa pirche la robba mi fa bisogno.
E nella lettera successiva le cose sembrano essere radicalmente cambiate:
Palmi 29 maggio 1927
Cara mamma io qui piancio sempre che non mi posso vedere con i miei compagne, tu dice che non ti oscritto lettere che qui senevanno al campagna ogni giorno e venino la sera notte e quando venino del campagna mangiano essicurcano e non possono pensare amme perche sono stanchi. Cara Mamma voi dite che venite a pigliare con il cognato Peppino più presto oggi che domani che amme voi lo sapete che amme mi dole sempre latesta forsi non mi agiovi laria e aposta io vidico che meglio oggi che domane.
Cara Mamma Giovannino miascritto che ci piglia sempre il dolore e dice che vade al spitale per fare una visita superiore.
E infatti Carmelina se ne torna a Diamante. È la fine di giugno 1927. Giovannino è furibondo perché sua moglie si è allontanata da casa senza il suo permesso e se la prende con la suocera. Poi se la prende anche con sua moglie e le chiede spiegazioni:
Corleone 4 agosto 1927
(…) ti ne andasti del mio paese senza farmi sapere nienti e le miei Genitori che mi anno scritto che ti ai voluta andare tu e percio io sentendo questo mi sono tanto riabiato. Dunque ora tu mi dici che ti anno fatto andare i miei genitore e tindivai ora io non posso sapere come fu questo fatto perche tu mi dici che furono i miei genitore che ti anno fatto andare, loro mi dinno che fusti stata tu che ti sei voluta andare. non posso sapere proprio come va questo fatto. Basta ormai e passato tutto voglio che quando riceve mi le rispondi subito. Ti faccio sapere che i miei genitore mi anno scritto che tu dopo che ti sei andata tu ne ai scritto piu io voglio che ni scrivi (…).
Ma ormai qualcosa si è rotto nel loro rapporto e il tarlo del dubbio si insinua nella mente di Giovannino: perché Carmelina è andata via? C’è qualcos’altro o, meglio, qualcun altro? Si, ci deve per forza essere qualcun altro. Pensa che ti ripensa, si convince che il ganzo di sua moglie è un certo Giuseppe Vaccari, suo unico amico a Diamante. Dopo un lungo scambio di lettere con sempre nuove richieste di chiarimenti, di moneta per alleviare la vita militare e l’annuncio che sta per arrivare un figlio, a Carmelina arriva una lettera di minaccia da Palmi. È di Giovannino che è arrivato al suo paese con una licenza di 10 giorni più 2 di viaggio:
Palmi 17 Gennaio 1927
Cara signora ti prego che ti divertissi un poco con Vaccari Giuseppe come ti hai divertuto, ti prego che te lo metti in casa perché fa molto freddo, sai che ho tenuto 10 giorni di prolica e fra giorni ndi vediamo al tribunale insieme e discorriamo un poco; io di Palmi ti ho rinunciato perché non ti conoscio più e ti credevi forse che non lo saccio mi dicevi che sei da 8 mesi e invece sei di 3 nelle 4 ti ai divertuto un poco nel mese d’ottobre io mi trovava sotto le armi e tu facevi festa a me non mi ai fatto niente il scorno ce l’ai fatto a tuo cognato che si trova nel paese ma sai che fra giorni per l’amore mio fate un poco di carciere tu e il tuo innamorato perché io ti ho arrinunciato se ti mandano in galera io non lavro niente almeno ho piacere che soffri un poco. Coraggio, il più che potete fare 7 anni per uno donna vigliacca e traditora mi ai fatto questo tradimento deve baciare in terra che non seppe niente quando mi trovava a Diamante che ti facevo il più piccolo morso come 2 soldi, a me non mi ai fatto niente io mi ho addirizzato la casa a palmi io ho trovato una ragazza per bene e l’ammantegno, io ci ho fatto una carta quando non sisterai tu io mi la sposo perché sono sicuro che mi sposero presto perché tu mori in galera vatti a divertire questi poco di giorni che stai di fora col tuo innamorato Vaccari Giuseppe, ti piaceva troppo perché io ero da lontano.

Poi fa un disegno inquietante, una sorta di cimitero con una grande croce e un riquadro che sembra una tomba e una scritta all’interno: morerai presto che vengo a sotterrarti io, questa sarà la tua tomba.

Possibile? Intanto dovremmo dubitare dell’autenticità della lettera non tanto per l’indicazione dell’anno 1927 che è palesemente errata, quanto per il giorno, 17 gennaio, in quanto Giovannino la licenza l’avrà solo il 28 dello stesso mese. Un errore anche questo o qualcuno molto bene informato ha scritto al posto suo? E che dire dei conti della gravidanza? Giovannino è partito da Palmi verso Palermo non più tardi del 10 maggio 1927 e quindi, supponendo che Carmelina sia rimasta incinta al più tardi nei primi del mese, il parto dovrebbe avvenire nella prima metà di febbraio del 1928, più o meno come c’è scritto nella lettera. Ma se fosse vero che Carmelina si trova al massimo al quarto mese di gravidanza, sarebbe dovuta restare incinta nel mese di ottobre 1927, proprio come dice la lettera, e dovrebbe partorire entro il mese di maggio 1928.
Però ad ottobre Giovannino è a Palermo e quindi come la mettiamo? Le cose si ingarbugliano e grossi guai potrebbero arrivare da un momento all’altro.
Quando Giovannino arriva a Diamante la sua rabbia sbollisce perché Carmelina e sua madre lo convincono che mancano davvero pochi giorni al parto, nonostante la pancia non sia poi così grossa. Ma i giorni, i mesi passano e del bambino nemmeno l’ombra. Giovannino non sembra più furibondo, anzi al ritardo del parto e al probabile tradimento di sua moglie sembra non pensarci più. Sembra addirittura allegro quando scrive a sua cognata Ines, la sorella di Carmelina:
Cara cognata sento quanto mi dice che ti diverti quando ti dico che ciò la fidanzata, non credo che ti sei presa di collera, tu lo sai che io scherzo che voglio beni sempre a mia moglie e a voaltri, che vi penzo sempre, specie quando non ciò soldi che non so cosa fare. Dunque cara cognata il piacere che mi fa quando sento nelle vostre lettere che mi volete molto bene e che pensate sempre a me ma io il pensiero che o e il beni che vi voglio non ve lo so descrivere perche in carta non si puo conoscere il bene ma vorrei che ve lo spiegassi a voci ma non fa nienti che speriamo che finisce presto questo tempo e ci vedremo e così possiamo parlare col nostro comodo (…).
Poi il 25 aprile arriva a Giovannino una lettera di sua suocera che gli annuncia la nascita del bambino e lui ha la conferma che aspettava ma fa buon viso a cattivo gioco e continua a dimostrarsi affettuoso nelle lettere che ormai scambia solo con sua cognata Ines, senza mai un accenno al bambino.
Finalmente il 26 settembre 1928 Giovannino è congedato e torna dai suoi genitori a Palmi. Ci resta fino alla fine dell’anno e poi, apparentemente all’improvviso, parte per Diamante. A casa della suocera comincia a bussare insistentemente verso l’una di notte del 31 dicembre e succede il finimondo. La suocera e la moglie non vogliono aprire e i colpi, come la rabbia, diventano sempre più violenti finché le donne non si decidono a urlare per chiedere aiuto. Accorre una vicina, della provincia di Reggio come lui, che riesce a calmarlo e addirittura a mettergli le mani in tasca per controllare che non abbia armi e ben fa perché il coltello che gli trova è un lungo coltello da macellaio.
La porta si apre e Giovannino entra. C’è commozione e gli occhi si inumidiscono. Ci sono parole di perdono e di riconciliazione e nel letto matrimoniale c’è anche il bambino che Giovannino non accetta: non gli ho mai fatto una carezza né gli ho dato un bacio, dirà.
Ma bambino o non bambino Giovannino e Carmelina tornano insieme e quella stessa notte fanno l’amore due volte di seguito. Le cose però non vanno lisce come si sperava: Giovannino comincia a passare tutti i giorni a gozzovigliare con gli amici, gente pregiudicata, e a niente servono le esortazioni della moglie e della suocera perché si trovi un lavoro per campare la famiglia. Non serve nemmeno la diffida che gli fanno i Carabinieri.
– Ho soldi da buttar via – risponde al Maresciallo Nicola Minora – li ho messi da parte a Palmi dove ho lavorato in terreni tenuti da mio padre in fitto.
Ma al di là di questa risposta arrogante, Giovannino decide di andare a cercare lavoro di nuovo presso la Ditta Coscarelli.
È il 4 febbraio 1929. È mattina presto quando Giovannino si veste per uscire e andare a chiedere il lavoro.
– È tutta impolverata, aiutami a spazzolarla – dice a Carmelina riferendosi alla giacchetta e la moglie, ubbidiente, si mette a pulirgliela con una spazzola davanti agli occhi divertiti del suo fratellino più piccolo, che sta uscendo per andare a scuola. Il bambino nota un particolare strano nel comportamento del cognato: tiene ostinatamente la mano destra nella tasca dei pantaloni, ma si è fatto tardi ed esce di corsa.
Anche Giovannino esce, ma è roso dalla gelosia, è ossessionato dall’idea che quando lui non è in casa sua moglie riceva chissà quanti amanti che se la godono e se la ridono alle sue spalle. Si, è vero, durante tutto il mese non ha mai fatto scenate e ha tenuto i nervi a posto, eccetto quella volta che ha mostrato a una vicina di casa che sa leggere una dichiarazione resa da Carmelina davanti a due testimoni quando era a Palmi, dove c’era scritto che si era congiunta carnalmente con Giuseppe Vaccari al tempo della raccolta degli aranci. Ma la vicina nota un particolare che la fa dubitare fortemente dell’autenticità del documento: le firme dei testimoni apparivano dello stesso carattere. Carmelina nega tutto energicamente davanti alla vicina e giura che durante il tempo in cui dimorò a Palmi, il suocero di lei un giorno voleva farle apporre il crocefisso su di una dichiarazione di cui non le si lesse il contenuto e che, messa sull’avviso da una di lei cognata, ella si era rifiutata di fare quanto il suocero pretendeva.
Con la mano in tasca che accarezza il coltello a serramanico, Giovannino cammina a passo svelto. Poi si ferma e rimugina qualcosa: “stamattina li voglio beccare e li ammazzo tutti e due come cani”. Torna indietro e si nasconde nei pressi della casa nella speranza che presto o tardi avesse potuto cogliere la coppia infedele sul fatto, ma il suo proposito fallisce perché nessun uomo si avvicina alla porta di casa. Spazientito, frustrato dall’insuccesso, furioso per essere stato fatto fesso un’altra volta, decide senza pensarci su un attimo.
Apre piano la porta per non farsi sentire, vede Carmelina all’impiede con le spalle rivolte allo specchio che è sopra un tavolino. Fulmineamente estrae il coltello, lo apre e senza che Carmelina se ne accorga le vibra una micidiale coltellata alla faccia anteriore del collo che le apre in due la carotide e la laringe. Mentre il sangue comincia a zampillare a fiotti imbrattando tutta la stanza, lei istintivamente cerca di ripararsi e si copre il collo con una mano mentre il coltello le si sta abbattendo di nuovo addosso. Il secondo colpo le attraversa la mano e si pianta sotto la nuca. Carmelina annaspa e cerca di scappare ma cade prima di arrivare alla porta. Giovannino esce tranquillamente e comincia a camminare in direzione di Belvedere Marittimo. Lungo la strada si lava le mani imbrattate di sangue a una fontana e poi va a costituirsi in quella caserma.
Mi decisi ad uccidere mia moglie perché non volevo più sentire che si parlasse da tutti sul mio onore… Io non sono affatto pentito di quello che ho fatto perché ciò rappresenta la giusta punizione che mia moglie meritava. Il coltello l’ho comprato qualche tempo fa da un venditore ambulante… l’ho buttato per strada non so dove…
Qualche vicino ha sentito il trambusto e va a vedere cosa è successo: Carmelina boccheggia in un lago di sangue. Braccia pietose la sollevano e la adagiano sul letto ma non c’è niente da fare, l’emorragia è troppo copiosa e la ragazza muore nel giro di pochi minuti.
Per mia coscienza debbo dire che la Bruno Carmelina era una ragazza onesta, sul cui conto nulla poteva dirsi di male. Ritengo perciò che quanto eventualmente è stato riferito al marito è semplicemente calunnioso – i testimoni che vengono chiamati dal Pretore sono assolutamente concordi su questo.
Ma ci sono sempre le incongruenze sui tempi della gravidanza, hai voglia a dire che Carmelina era una ragazza onesta! Anzi, lei e sua madre hanno anche mentito a Giovannino sulla data di nascita del bambino che non nacque il 25 aprile 1928 ma l’11 maggio successivo, come attesta il Comune. E allora?
Allora i Carabinieri accertano che Carmelina è andata a Palmi due volte: la prima appena sposata, quando Giovannino stava per partire soldato, e la seconda tre mesi dopo circa. I Carabinieri scrivono anche che Giovannino, durante il servizio militare, secondo alcuni testimoni si sarebbe recato una volta in licenza per pochi giorni e più volte in permesso a Palmi e propriamente nel tempo che la sua consorte trovavasi presso i genitori di lui perché gli rendeva facile ottenere tali concessioni per il fatto che era stato destinato al 6° fanteria con sede a Palermo.
Ci siamo, basta solo chiedere conferma al 6° Fanteria e l’ergastolo è assicurato. Macché. La conferma viene richiesta invece ai Carabinieri di Palmi, dai quali Giovannino si sarebbe dovuto recare per timbrare il foglio o i fogli di licenza, ma questi rispondono che dagli atti di quest’ufficio non risulta che l’individuo in oggetto si sia recato in licenza in Palmi negli anni 1927 e 1928, per quanto i di lui genitori domiciliassero in questa città. Il che è quantomeno inesatto perché almeno una volta in licenza di 10 giorni più 2 di viaggio a Palmi c’è stato, con decorrenza 28 gennaio 1928, ma a nessuno viene in mente di chiedere conto dell’inesattezza al Maresciallo Domenico Pagano, comandante la stazione di Palmi, o almeno di approfondire la questione direttamente al 6° Fanteria.
Per la Sezione d’Accusa questo è un particolare quasi irrilevante perché ritiene che ci siano tutti i presupposti per rinviare Antonio Del Genio detto Giovannino al giudizio della Corte d’Assise di Cosenza con la pesantissima accusa di omicidio premeditato. È il 16 ottobre 1929.
Il dibattimento inizia un anno dopo e non accade nulla di significativo. Nelle prime fasi alcuni testimoni giurano che a Giovannino, già prima di sposarsi, crebbe sulla testa una sorta di vescica che produceva una specie di neve. Questo dà lo spunto all’avvocato difensore Pietro Mancini per chiedere di inserire nel questionario da sottoporre alla Giuria il vizio di mente nelle due forme, totale e parziale, ma il Pubblico Ministero si oppone e il Presidente decide di non accogliere la richiesta perché non c’è nessun atto nel processo che induca a dubitare delle facoltà mentali dell’imputato.
Pietro Mancini fa i salti mortali per trovare una strada che eviti una condanna molto dura per il suo assistito ma è tempo sprecato perché il Pubblico Ministero, l’8 novembre 1929 stupisce tutti, difensore e imputato compresi, chiedendo che Antonio Del Genio sia assolto. La Giuria si adegua e pur riconoscendo che l’imputato ha commesso il fatto, ritiene  che non sia colpevole di avere ucciso volontariamente Carmelina Bruno e lo assolve.[1]
Ciò significa che le due tremende coltellate gliele ha date involontariamente e che a Diamante tutti si sono sbagliati sul conto di Carmelina la quale, quindi, era solo una vigliacca traditora, una puttana insomma.

 

[1] ASCS, Processi Penali.

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